La nuova conferenza dei servizi decisoria dopo l’introduzione della legge 15/05.

Sono sotto gli occhi di tutti i rilevanti sforzi che il Legislatore sta compiendo da un decennio a questa parte per consentire all’amministrazione pubblica del nostro paese di raggiungere livelli di efficienza tali da porci in linea con i sistemi amministrativi delle altre nazioni più sviluppate.
L’ultima fatica è costituita dalla legge 11 febbraio 2005 n 15[1], giunta al termine di un iter legislativo non poco travagliato che ha visto l’approvazione del disegno di legge n.3890-B, dopo quattro anni dalla prima proposta di un disegno di legge di modifica della legge 7 agosto 1990, n.241 presentata dal Deputato Prof.Vincenzo Cerulli Irelli.
La nuova legge, sotto alcuni profili,”costituisce, per così dire, un restyling della l.241/90, dopo 15 anni dalla sua entrata in vigore(in quanto si pone come recepimento di orientamenti maturati nella giurisprudenza amministrativa), sotto altri contiene delle norme che sono innovative”[2].
Essa è stata predisposta per innestarsi sull’impianto originario della l.241/90 e “vorrebbe proporsi come un intervento non di pura integrazione episodica della legge 241 del 1990, bensì di completamento organico e sistematico della medesima”[3].
L’intento di operare una ricomposizione anche sistematica delle complessive modalità dell’azione amministrativa emerge anche dalla sola rubricazione di tutti gli articoli della legge 241 del 1990, che, nella stesura originaria, si limitava a titolare soltanto i capi in cui veniva suddiviso l’articolato.
Il legislatore della riforma, infatti, ha agito in più direzioni: dal regime sull’efficacia e l’invalidità del provvedimento alla disciplina della conferenza dei servizi, dalle modalità di accesso ai documenti amministrativi alla necessità di utilizzo da parte della P.A, in maniera sempre più diffusa, di strumenti di natura privatistica.
Volendo procedere ad un rapido excursus delle modifiche apportate, occorre prendere le mosse dall’integrazione che la nuova legge opera con riguardo ai principi ai quali deve uniformarsi la pubblica amministrazione.
L’art. 1 della nuova legge aggiunge ai canoni tradizionali della legalità, economicità, efficacia e pubblicità,quello della trasparenza accanto a riferimenti espressi ai principi dell’ordinamento comunitario[4].
Ma soprattutto, attraverso l’aggiunta all’art. 1 della legge 241 del 1990 del comma 1 ter, interviene ad evitare asimmetrie tra i soggetti pubblici e i privati preposti all’esercizio di attività amministrativa, chiamando questi ultimi al rispetto dei medesimi principi menzionati precedentemente.
Questo riconoscimento”risulta notevole in relazione alla progressiva estensione ai privati che svolgono pubbliche funzioni di criteri in passato applicabili alle sole amministrazioni, in una concezione che esalta il profilo oggettivo del perseguimento dei fini pubblici”[5].
Accanto al comma 1-ter, la legge 15/05 introduce pure un 1 comma bis, ai sensi del quale la pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente.
A differenza di quanto potrebbe sembrare, almeno ad una lettura immediata della disposizione, la portata della norma non è affatto rivoluzionaria, in quanto si limita a recepire legislativamente il principio per cui quando non viene esercitato un potere, quando l’amministrazione adotta atti non autoritativi agisce secondo le regole del diritto comune, ossia del diritto privato.[6]
Rilevante è, invece, la disposizione aggiunta all’art. 2 della legge 241 del 1990, a proposito della conclusione del procedimento,mediante il comma 4-bis.
Dalla nuova norma emerge che il ricorso avverso il silenzio-rifiuto può essere proposto senza obbligo di diffida all’amministrazione.
Essa non fa altro che recepire un orientamento giurisprudenziale, sia pure non univoco,abbastanza recente[7], il quale, rilevando che ormai sussiste un obbligo generale per la P.A di concludere il procedimento con un provvedimento espresso e che tale obbligo deve essere osservato entro un preciso termine,ha ritenuto superflua la preventiva diffida ai fini della formazione del silenzio.
La norma precisa però che il silenzio della P.A deve essere impugnato non oltre un anno dalla scadenza del termine entro il quale deve intervenire il provvedimento.
Rimane, invece, immutato l’art. 3 circa la motivazione del provvedimento amministrativo; mentre viene aggiunto un articolo 3-bis a norma del quale “per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati”.
L’intero capo II, dedicato alla figura del responsabile del procedimento, non subisce particolari modifiche, ma solo un’integrazione, laddove viene aggiunto che qualora l’organo competente all’adozione del provvedimento finale sia diverso dal responsabile del procedimento, tale organo non possa discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria svolta dallo stesso responsabile, se non indicando specificatamente le motivazioni della difforme conclusione nel provvedimento finale.
Per quanto riguarda, invece, il capo III sulla partecipazione, anch’esso è stato integrato dalla legge di riforma, nell’ottica di rafforzare l’istituto della partecipazione procedimentale e il principio della trasparenza.
L’articolo 5 della legge 15/05, infatti, stabilisce che, nella comunicazione con cui si dà notizia dell’avvio del procedimento, l’amministrazione debba indicare anche la data di conclusione dello stesso nonché le conseguenze e i rimedi esperibili dall’interessato in caso di inerzia della medesima amministrazione; ed inoltre deve essere indicata la data di presentazione dell’istanza, nei casi in cui il procedimento avviene ad iniziativa di parte.
Quest’ultima previsione è particolarmente significativa, in quanto sancisce indirettamente che”anche nel caso in cui il procedimento sia iniziato sulla base dell’istanza della parte, va comunque inviato avviso di inizio del procedimento, dato che in tali casi l’inizio del procedimento non è automatico e comunque può intervenire dopo un certo lasso di tempo dalla presentazione dell’istanza; va inoltre considerato che nel caso di procedimenti non ufficiosi della P.A, gli interessati ai quali va comunicato l’inizio dle procedimento non sono solo coloro che hanno presentato l’istanza, ma anche i c.d. controinteressati, i quali debbono essere congruamente avvisati con la specificazione anche della data in cui è stata presentata l’istanza”.[8]
Qualora l’amministrazione,inoltre, ritenga di non poter accogliere l’istanza è tenuta ad informare gli interessati dei motivi ostativi, prima che il procedimento si concluda formalmente con l’adozione di un provvedimento negativo.[9]
Tale comunicazione è finalizzata a consentire agli interessati di presentare eventuali osservazioni e documenti dei quali l’amministrazione dovrà tenere conto ai fini della decisione finale.
L’amministrazione, infatti, se conferma il rigetto dell’istanza definitivamente, deve dare conto nelle motivazioni delle ragioni che hanno portato al mancato accoglimento delle ulteriori considerazioni della controparte.
In merito all’importanza di quest’ultima novità introdotta dalla legge di riforma, la dottrina appare divisa.
Alcuni sembrano apprezzarla molto, in quanto rafforza la partecipazione, fino ad ora concepita quasi”come un dialogo a distanza, e in alcuni casi, anche tra sordi”[10], nel corso del quale al privato era consentito solo di visionare gli atti, estrarne copia e produrre memorie, che andavano obbligatoriamente esaminate dalla P.A procedente.
Con la nuova disposizione sembra aprirsi un’era nuova, caratterizzata da un dialogo tra amministrazione e amministrato che finisce per focalizzarsi nella parte conclusiva del procedimento, quando l’amministrazione sta per assumere la decisione finale.
Inoltre essa costituisce un’ulteriore manifestazione di quel principio di trasparenza già insito nella stesura originaria della legge 241 del 1990, e sembra perseguire anche”un obiettivo deflattivo del contenzioso”[11], se si pensa che fino ad oggi, l’interessato, informato dei fattori ostativi all’accoglimento della domanda solo con il provvedimento finale, non poteva far altro che imboccare la strada della tutela autodichistica o giurisdizionale.
Altri però ne mettono in dubbio la portata “rafforzativa” della partecipazione al procedimento e della tutela del destinatario del provvedimento.
Infatti si fa notare che l’amministrazione, pur in assenza del contributo partecipativo del privato, sarebbe comunque tenuta ad acquisire al procedimento tutti i fatti rilevanti, anche se taciuti dall’interessato o sopravvenuti rispetto all’inoltro della comunicazione; ciò in applicazione del principio inquisitorio, che implica l’obbligo di completezza dell’istruttoria.[12]
Tralasciando tali disquisizioni e procedendo nell’analisi delle modifiche introdotte dalla norma, vengono in rilievo, subito dopo quelle esposte fino ad ora, le novità apportate alla disciplina della conferenza dei servizi, specie quella decisoria, alla quale però dedicherò una trattazione più approfondita nel proseguo del capitolo.
Non resta, quindi, che concentrarci sulle disposizioni relative all’efficacia, invalidità, revoca e recesso del provvedimento amministrativo.
In particolare,con riferimento all’istituto dell’invalidità, una delle novità di maggior rilievo concerne l’eventuale violazione da parte della P.A delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti amministrativi.
Il legislatore, mutando alcune esperienze di altri ordinamenti(in particolare quello tedesco e quello spagnolo), prevede che tali tipi di violazioni non diano luogo ad annullabilità del provvedimento, se il contenuto di quest’ultimo non avrebbe potuto essere diverso.
La mancata comunicazione dell’avvio del procedimento,inoltre, non consente di invocare l’annullabilità del provvedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto dello stesso non avrebbe potuto essere diverso.[13]
Viene così introdotto sul piano normativo un istituto, quello dell’irregolarità, fino ad ora frutto di una elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria.[14]
Con riguardo all’annullabilità l’art. 21-nonies disciplina gli istituti dell’annullamento d’ufficio e della convalida dei provvedimenti amministrativi annullabili.
Per quanto riguarda il primo punto, il legislatore, recependo le indicazioni che emergono dalla giurisprudenza[15],riconosce l’esistenza in capo ad ogni autorità amministrativa del potere d’annullamento e contemporaneamente prende in considerazione il fattore tempo, disponendo che”il provvedimento illegittimo ai sensi dell’art. 21-octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge”.
La convalida del provvedimento annullabile, invece, può essere disposta in presenza di ragioni di interesse pubblico e sempre che ciò avvenga entro un ragionevole lasso di tempo.
Per quanto concerne l’efficacia del provvedimento, viene stabilito, in sede di riforma, che i provvedimenti destinati ad incidere negativamente sulla sfera giuridica del destinatario sono necessariamente ricettivi.
Questo principio viene meno nei soli casi di necessità ed urgenza, nelle ipotesi motivate dall’amministrazione o nelle ipotesi di provvedimenti cautelari.
Si prevede inoltre che i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo, ammettendo però che l’efficacia del provvedimento può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che ha emanato l’atto ovvero da altro organo previsto dalla legge.
Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell’atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze.[16]
In riferimento ai provvedimenti esecutori, l’art. 21-ter, cos’ come modificato dalla legge di riforma, prevede che”nei casi e con le modalità stabilite dalla legge, le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l’adempimento degli obblighi nei loro confronti.Il provvedimento costitutivo di obblighi indica il termine e le modalità dell’esecuzione da parte del soggetto obbligato.Qualora l’interessato non ottemperi, le pubbliche amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all’esecuzione coattiva nelle ipotesi previste dalla legge”.
La revoca trova la sua disciplina nell’art. 21-quinquies,che nel testo modificato richiama ad un’adeguata comparazione dell’interesse pubblico con quello privato, tanto più nell’ipotesi in cui sia intercorso un lungo lasso di tempo dall’adozione dell’atto.
Infine, la legge n.15 del 2005 riscrive, in parte, l’art. 22 della legge n.241.
Si definisce,in maniera specifica, l’ambito soggettivo attivo del diritto d’accesso designando come titolari tutti i privati e ricomprendendo tra essi anche i portatori di interessi pubblici o diffusi, i quali dimostrino di avere un interesse diretto, concreto ed attuale, che corrisponda ad un asituazione giuridicamente tutelata e connessa al documento al quale si richiede l’accesso.
I soggetti controinteressati sono individuati nei soggetti terzi che hanno interesse alla riservatezza dei documenti richiesti con la domanda di accesso, mentre l’oggetto di tale diritto viene indicato in tutti quei documenti amministrativi o comunque atti inerenti ad un procedimento amministrativo detenuti dall’amministrazione e che si riferiscano ad un’attività di pubblico interesse, prescindendo dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale.
La legge n.15 del 2005, finalmente enuclea i soggetti nei cui confronti può essere esercitato il diritto d’accesso.
Oltre ai soggetti di diritto pubblico sono ricompresi anche coloro che svolgono un’attività di pubblico interesse regolamentata dalla normativa nazionale o comunitaria.
La riforma si occupa anche dei problemi relativi al contemperamento fra il diritto d’accesso e quello alla riservatezza, stabilendo che, nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’art. 60 del Codice sulla privacy, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
Queste le novità apportate da una legge, sulla quale non è ancora possibile esprimere un giudizio, dovendo attendere un po’ di tempo prima di poterne riscontrare gli effetti e valutarli.
 
 
 
 
 


[1] Per E.Bonelli”La nuova legge sul procedimento amministratvo si conferma come una carta dei diritti del cittadino, ispirata da un lato a criteri di maggire efficienza e celerità dell’azione amministrativa,dall’altro a principi di conoscibilità dell’operato della p.a. e di partecipazione dell’amministratoal concreto svolgimento della funzione pubblica”.E.Bonelli”Efficienza, partecipazione ed azione amministrativa: regioni ed enti locali a confronto con la riforma del procediemtno” in www.giustamm.it 2005
[2] G.Virga”Le modifiche ed integrazioni introdotte alla legge n.241 del 1990 recentemente approvate.Osservazioni derivanti da una prima lettura”.in www.lexitalia.it n.1/2005
[3] F.Francario”Dalla legge sul procedimento amministrativo alla legge sul provvedimento amministrativo(sulle modifiche ed integrazioni recate dalla legge 15/05 alla legge 241/90)in www.giustamm.it
[4] In relazione a quest’ultimi particolare importanza assumono alcuni principi elaborati dalla Corte di Giustizia della Comunità europea tra i quali quello della proporzionalità e quello del legittimo affidamento.V.Cerulli Irelli”Osservazioni generali sulla legge di modifica della l.241/90” parte I, in www.giustamm.it,2005, n.2
[5] S.Spuntarelli”Le nuove norme generali sull’azione amministrativa introdotte dalla legge 11 febbraio 2005 n.15, di modifica e integrazione della l.241/90.In www.diritto.it
[6] G.Virga pone in risalto come il tentativo di trasformare l’attività della pubblica amministrazione in attività di diritto comune non sia nuovo.
Nello scorso decennio,infatti, andava di moda lo slogan che preannunciava una amministrazione “per accordi” soggetta alle norme di diritto civile.
Tale slogan non ha mai ritrovato il riscontro atteso e gli accordi tra privati e P.A, sostitutivi del provvedimento conclusivo non hanno mai avuto successo.
Le ragioni di tale fallimento sono da rintracciare in molteplici fattori: tra questi acquista un peso determinante il fatto che la legge 241 del 1990 è stata emanata nel periodo più buio, quello di tangentopoli, nel corso del quale era quasi impossibile trovare un’amministratore pubblico che si assumesse la responsabilità di concludere un accordo con un privato;la resistenza culturale degli amministratori ancora legati ai vecchi sistemi autoritativi, e da ultimo, ma non per importanza, la stessa natura dell’azione amministrativa, la quale, pur potendo essere piegata in alcune materie agli schemi del diritto privato, in altre materie difficilmente può essere gestita per accordi con i privati.
In www.lexitalia.it n1/2005.
Tomei invece mette in guardia da quella che lui chiama”infatuazione contrattualistica”, affermando che questa verso il diritto privato è solo una tendenza del momento, sicchè”sbaglierebbe chi ritenesse che il divenire giuridico abbia trovato la sua direzione, assoluta e definitiva,nella transazione dal diritto pubblico al diritto privato.
È più giusto ritenere che del diritto pubblico sia in atto una ridefinizione, una riperimetrazione, che risulta coerente con l’attuale concezione del potere, da considerare, peraltro, storica e relativa.
In “La nuova disciplina dell’azione amministrativa.Commento alla legge 241 del 1990 aggiornato alle leggi n15 e n.80 del 2005” Cedam editore 2005.
[7] T.A.R Lazio-Roma Sez.I bis,18 gennaio 2005, 384 secondo cui”deve ritenersi, ai sensi della legge 7 agosto n,.241, che –di fronte al silenzio della P.A- non sia necessario, ai fini della diretta adizione del giudice amministrativo, notificare previamente un atto di diffida e di messa in mora, atteso che, una volta decorso inutilmente il termine essenziale stabilito per l’espressa e motivata conclusione del procedimento amministrativo,l’inadempimento di tale obbligo da parte della P.A procedente è in re ipsa e, quindi, può essere immediatamente impugnato.
[8] G.Virga”La partecipazione al procedimento amministrativo”Milano, 1998, pag.34 ess.
[9] Tale disposizione si applica ai soli procedimenti intrapresi su istanza di parte e sono stati comunque esclusi i procedimenti concorsuali e i procedimenti in materia previdenziale ed assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti da enti previdenziali.
[10] G.Virga””Le modifiche ed integrazioni alla legge 241 del 1990 recentemente approvate.Osservazioni derivanti da una prima lettura”in www.lexitalia.it. 2005 n.1 cit.
[11] Tarullo S.”L’art 10 bis della legge 241 del 1990: il preavviso di rigetto tra garanzia partecipativa e collaborazione istruttoria”, in www.giustamm.it
[12] M.S Giannini”diritto amministrativo”, vol. II, Ed. Giuffrè, Milano 1970.
[13] Riguardo a tale disposizione, sancita dall’art 21-octie, va rilevato “che il legislatore dimostra poca abilità nella tecnica legislativa creando ,in tal modo, non poche incertezze.Infatti prima afferma che “è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”, e poi al secondo comma dello stesso art 21-octies, afferma, poco coerentemente, che”non è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato”.
È come “ se il legislatore dicesse qui affermo, e qui nego quello che appena un istante prima ho affermato;senza contare che il dato sorprendente è che sembra di fatto ritenuto superabile il principio del contraddittorio tra autorità amministrativa e cittadini prima dell’adozione del provvedimento”. Così R.Rolli”Brevi riflessioni sulla riforma della legge n.241 del 1990” in www.giustamm.it 2005 n.2
[14]Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale e dottrinale esistono alcune anormalità di minima rilevanza, tali da non dare luogo ad invalidità dei provvedimenti. amministrativi, dal momento che l’interesse pubblico non ne risulta leso.
[15] Cons. di Stato, sez.VI, sent.16 ottobre 1989, n.641, secondo la quale non esistono termini perentori che circoscrivono nel tempo il potere d’annullamento della P.A, essendo solo sufficiente che quest’ultimo sia esercitato in ragionevole collegamento logico e casuale con la situazione illegittima da rimuovere.in www.giustiziaamministrativa.it 
[16] “Viene così sanzionata una certa prassi di sospensione sine die dell’efficacia del provvedimento amministrativo che si traduceva in una sorta di revoca del provvedimento senza le garanzie della revoca”.Così G.Virga”Le modifiche ed integrazioni alla legge 241 del 1990 recentemente approvate”, cit.

Asprone Maurizio

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