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Introduzione
La problematica relativa al contemperamento del diritto di sciopero con i diritti della persona, riconosciuti e tutelati dalla Costituzione, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, alla previdenza sociale, alla libertà di comunicazione ed all’istruzione, garantiti, in via principale o sussidiaria, dal corretto svolgimento dei servizi pubblici essenziali, ha trovato puntuale disciplina solamente negli ultimi dieci anni, con l’emanazione della Legge 12 giugno 1990, n.146, recentemente novellata dalla legge 11 aprile 2000, n.83.
L’intento del legislatore è stato, in estrema sintesi, quello di regolamentare l’esercizio del diritto di sciopero in modo tale da non riversare sulla collettività il costo delle rivendicazioni sociali dei lavoratori.
La Legge[1] infatti prevede, prima della proclamazione dello sciopero, l’esperimento di procedure di moderazione e prevenzione delle tensioni tra i soggetti esercenti i servizi pubblici essenziali e le parti sindacali; proprio la previsione di queste forme negoziali di raffreddamento è, a parere di chi scrive, l’elemento caratterizzante di tutta la normativa in materia. Infatti, è proprio questo invito al confronto ed alla mediazione preventiva che denuncia, inequivocabilmente, il mutato contesto socio-culturale in materia di sciopero; la consapevolezza, cioè, della maggiore produttività di un sistema di relazioni industriali improntato sulla collaborazione e sulla partecipazione piuttosto che sullo scontro; inoltre l’istituzione della “Commissione di Garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali”[2] ha introdotto, nel confronto tra le parti, un terzo soggetto “arbitro-controllore” dotato di ampi poteri, sanzionatori e “normativi[3]”; l’oggetto delle considerazioni che seguono è proprio l’esercizio di tale potestà normativa da parte della Commissione riguardo la disciplina delle prestazioni indispensabili e delle altre misure da garantire in caso di sciopero nel settore del trasporto pubblico urbano ed extraurbano che, tra i servizi pubblici essenziali, riveste un ruolo particolare, sia per l’incidenza sulla collettività, sia per la notevole frammentazione dell’attività in numerose imprese di esercizio che, di fatto, contribuisce ad aumentare la possibilità del verificarsi di tensioni e, quindi, di scioperi.
Gli articoli 2 e 13 della legge 146/90[4]
L’articolo 2, comma 2, della Legge prevede che le amministrazioni e le imprese erogatrici dei servizi concordino, nei contratti collettivi o negli accordi di cui al D.lgs 29/93 (e nei conseguenti regolamenti di servizio), “le prestazioni indispensabili che sono tenute ad assicurare anche durante lo sciopero, nonché le procedure di mediazione e di raffreddamento obbligatorie da esperire prima della proclamazione dello sciopero”[5]. In caso di mancata previsione nei suindicati accordi, la Commissione può indicare le prestazioni minime e le procedure di raffreddamento nel regolamento provvisorio adottato con propria deliberazione (articolo 13); regolamento questo che, comunicato alle parti, è vincolante fino al raggiungimento di un accordo valutato idoneo dalla Commissione[6].
Quindi la Commissione, oltre ai poteri di controllo preventivo di cui all’articolo 13, comma 1, lettere b), c), d), e) ed f), ed ai poteri anche sanzionatori[7] di cui alle successive lettere h) ed i), dispone di un vero e proprio potere normativo con cui colmare le lacune della disciplina pattizia[8]; tale intervento postula una valutazione di inidoneità, da parte della Commissione, di un accordo stipulato tra le parti, nonché una successiva proposta sulla quale sindacati e rappresentanti dei datori di lavoro si devono pronunciare entro quindici giorni. Nel caso in cui si riscontri una indisponibilità delle parti a raggiungere un accordo, l’esercizio da parte della Commissione, del potere di dettare una provvisoria regolamentazione, è addirittura doveroso.
La potestà normativa de qua è appunto stata recentemente esercitata con la deliberazione 02/13 (seduta del 31 gennaio 2002) avente ad oggetto, appunto, la regolamentazione provvisoria delle prestazioni indispensabili e delle altre misure di cui all’articolo 2, comma 2, L.146/90 nel settore del trasporto locale[9]. La Regolamentazione integra, introducendo anche alcune significative variazioni, la precedente disciplina in materia contenuta nell’accordo nazionale del 7 febbraio 1991 come modificato dall’accordo del 23 marzo 1999, valutato parzialmente idoneo dalla Commissione; in particolare, come indicato nella premessa al Regolamento[10], la carenze più rilevanti erano relative a:
campo di applicazione della disciplina;
regolamentazione della rarefazione;
previsione di un intervallo oggettivo in occasione di scioperi per il rinnovo del contratto collettivo nazionale,
divieto di proclamazione di pacchetti di scioperi;
individuazione delle prestazioni indispensabili nel settore extraurbano;
determinazione del bacino di utenza ai fini dell’intervallo o della concomitanza tra azioni di sciopero;
definizione di procedure di raffreddamento e di conciliazione del conflitto.
Campo di applicazione della disciplina
La definizione dell’ambito di applicazione della Regolamentazione provvisoria individua taluni servizi pubblici di trasporto:
autofiloferrotranvie (trasporto pubblico urbano ed extraurbano);
navigazione interna lagunare;
navigazione interna lacuale;
funivie portuali;
funicolari terrestri ed aeree assimilate per atto di concessione delle ferrovie,
soggetti di cui all’articolo 2 bis della L. 146/90[11].
Innovazioni maggiormente significative
Il Regolamento della Commissione si articola in due titoli, il primo (artt. 1-3) relativo al campo di applicazione, di cui si è già detto, ed alla prevenzione dei conflitti, ed il secondo (artt. 4-17) relativo alla regolamentazione dell’esercizio del diritto di sciopero.
La struttura della “norma” distingue quindi logicamente la fase ante proclamazione dello sciopero, da quella post proclamazione. In ordine alle procedure di mediazione e raffreddamento rimane fermo il divieto di azioni unilaterali delle parti ed è introdotto l’obbligo, per le aziende, di sospendere l’applicazione degli atti e/o delle manifestazioni d’intenti che hanno dato origine alla vertenza. Prima della proclamazione dello sciopero, il soggetto collettivo deve avanzare richiesta di incontro al soggetto gestore del servizio specificando, per iscritto, le motivazioni poste alla base dell’eventuale sciopero[12] e l’oggetto specifico della rivendicazione, con l’ulteriore possibilità di proporre quelle forme di azione sindacale, affrontate anche nel “Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia”, che non comportino alcun pregiudizio ai diritti costituzionalmente garantiti degli utenti[13]; ma è sulla tempistica di tale prima fase della procedura che interviene la Commissione, prevedendo (rectius prescrivendo) un termine di tre giorni (esclusi i festivi) per la fissazione e la comunicazione della data e del luogo stabilito per la mediazione e comunque un termine di otto giorni (con decorrenza sempre dal momento del ricevimento della richiesta di incontro) per la realizzazione dell’incontro. La mancata convocazione o la mancata partecipazione a tale fase di raffreddamento sottopone i gestori e le Organizzazioni sindacali alle valutazioni[14] della Commissione di cui all’articolo 13 lett. c), d), h), i), ed m) L. 146/90. La seconda fase della procedura prevede un ulteriore incontro, da esaurirsi entro dieci giorni dalla richiesta, o nella sede negoziale di livello superiore, ovvero, in caso di mancato accordo tra le parti, presso la Prefettura (in caso di sciopero locale), presso il Comune (nel caso di scioperi nei servizi pubblici di competenza dello stesso), o presso l’apposita struttura del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, ora Ministero del Welfare, in caso di sciopero a rilevanza nazionale[15].
La Commissione ha anche precisato (articolo 3 del Regolamento) che, nell’ambito della medesima vertenza, per le successive azioni di sciopero, le procedure di mediazione e raffreddamento non devono essere ripetute, salvo che non siano trascorsi più di novanta giorni dall’ultimazione della conciliazione.
Un’altra importante innovazione è l’aumento da cinque a sei giorni del termine per comunicare la revoca o la sospensione dello sciopero di cui deve essere dato annuncio con tutti i mezzi informativi; in tal modo è resa più agevole la comunicazione agli utenti, da parte dei gestori, previste dall’articolo 2, comma 6, della L. 146/90.
Proclamazione dello sciopero
Riguardo la fase successiva alla proclamazione, in cui devono essere incluse anche le proclamazioni di scioperi successivi, non può non essere menzionata la notevole innovazione[16] in materia di rarefazione oggettiva[17]laddove è previsto che tra l’effettuazione di due azioni di sciopero da qualunque soggetto sindacale proclamate e incidenti sul medesimo bacino d’utenza, deve in ogni caso intercorrere un intervallo di dieci giorni[18]; con la precisazione, da considerare novità assoluta, che l’area del bacino d’utenza è, seppur in via sperimentale, l’area territoriale di operatività dell’azienda interessata. In sintesi, se uno sciopero riguarda una società esercente una parte del trasporto pubblico (es: esercizio metroferroviario) in una città, uno sciopero successivo non può, nel limite dei dieci giorni, essere effettuato nei confronti di un’altra società esercente un’altra parte del trasporto pubblico nella medesima città (es: trasporto su gomma), le conseguenze sono evidenti.
Tuttavia, una delle prescrizioni più importanti ma, ad oggi, sostanzialmente inosservata, è quella dettata dalle lettere B e C dell’articolo 11 del Regolamento laddove si ribadisce l’obbligatorietà, durante lo sciopero, di fornire, comunque, il servizio completo su due fasce orarie di sei ore complessive (c.d. fasce di garanzia), coincidenti, in linea di massima, con i tempi di utilizzo del sistema di trasporto per recarsi sul luogo di lavoro (o scuole). Il rispetto di tale prescrizione imporrebbe, soprattutto per settori particolari come, ad esempio, il metroferroviario, la ripresa del servizio anche un’ora prima dell’inizio delle fasce di garanzia, con una notevole compressione del diritto di sciopero. La questione è ancora all’esame delle parti.
Si può affermare, per concludere queste brevi note, che le innovazioni introdotte vanno decisamente nella direzione di salvaguardare i diritti degli utenti pur senza compromettere il diritto dei lavoratori alle forme di lotta più efficaci, nell’ambito delle quali, però, sempre maggiore rilevanza assumono le azioni alternative all’astensione dal lavoro.
Saverio Lopes
Note:
[1] Il riferimento è alla Legge 146/90 come modificata dalla Legge 93/00
[2] Di seguito: Commissione – articolo 12 della Legge 146/90. L’attività della Commissione investe, è giusto ricordarlo, tutti i servizi pubblici essenziali, come, ad esempio, il servizio radiotelevisivo pubblico, nell’ambito del quale è stato concluso, in data 22 novembre 2001 (G.U., S.G., n. 131 del 6-6-2002, pagg. 65 e ss)., l’accordo alle prestazioni indispensabili in caso di sciopero di cui all’art. 2 comma 2 della L. 146/90 (analogo, per contenuti, alla Regolamentazione di cui trattiamo).
[3] Articoli 2 e 13 della legge 146/90come modificata dalla Legge 83/00.
[4] Di seguito il riferimennto alla Legge 146/90 deve intendersi: come modificata dalla Legge 83/00.
[5] La norma citata prevede anche l’obbligo dell’indicazione, nei predetti accordi, degli intervalli minimi da osservare tra la proclamazione di uno sciopero ed il successivo (c.d. “rarefazione oggettiva”)
[6] L’articolo 2 citato prevede anche una forma di conciliazione preventiva indipendente da accordi inter partes, da esperire, se lo sciopero ha rilievo locale, presso la Prefettura (o presso il Comune), se lo sciopero ha livello nazionale, presso l’apposita struttura del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
[7] Invero la lettera h) introduce un potere di “invito a desistere dal comportamento posto in essere in violazione della legge”, ma tale invito, a differenza dell’indicazione di cui alla precedente lettera d) può intendersi anche nel senso di sanzione, come peraltro chiarito nel documento di presentazione ai Presidenti dell camere legislative, dell’attività della Commissione di Garanzia nel periodo aprile 2000-settembre 2003)
[8] Anche tale potere è attribuito alla Commissione dall’articolo 13 della legge 146/90 novellato dalla L.83/00.
[9] Anteriormente all’adozione del Regolamento provvisorio de quo è stata esperita la procedura ex art. 13, comma 1, lett. a) L. 146/90 mediante la notifica alle parti interessate della proposta di regolamentazione delle prestazioni indispensabili e delle altre misure di cui all’articolo 2, comma 2, L. 146/90, adottata con delibera 01/123; pervenute le osservazioni delle parti ed il parere favorevole delle associazioni dei consumatori ADOC e Unione nazionale consumatori e svolte le audizioni previste per legge, nel perdurare dell’impossibilità delle parti a raggiungere un accordo, la Commissione ha, quindi, formulato la Regolamentazione provvisoria.
[10] Cfr. punto 6 della Premessa.
[11] L’articolo 2 bis L. 146/90 include nell’ambito della disciplina sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali anche “l’astensione collettiva dalle prestazioni (…) da parte di lavoratori autonomi, professionisti o piccoli imprenditori, che incida sulla funzionalità dei servizi pubblici di cui all’articolo 1”.
[12] Tali motivazioni dovranno essere le stesse dell’eventuale, successiva, proclamazione di sciopero.
[13] Al riguardo una forma di azione sindacale, alternativa all’astensione dal lavoro, non pregiudizievole per i diritti degli utenti, è il c.d. “sciopero virtuale” (Capitolo III, punto 4 del “Libro bianco”) consistente nella non interruzione del servizio a fronte di una rinuncia al risultato (salario per i lavoratori scioperanti e profitto per il soggetto gestore dell’erogazione del servizio). Tale profitto sarà, successivamente devoluto in beneficenza. Dell’utilità dello scioper virtuale come forma di azione sindacale alternativa all’astensione dal lavoro ed alla conseguente interruzione del servizio si parla anche a pagina 42 della citata Relazione sull’attività della Commissione.
Un’altra rilevante novità ipotizzata nel Libro bianco è l’adozione, come condizione di legittimità per la proclamazione dello sciopero, di un referendum come accertamento preventivo della volontà dei lavoratori chiamati a scioperare. Si tratterebbe, quindi, di una ulteriore forma di raffreddamento.
[14] Valutazioni che possono comportare, come già evidenziato alla nota 7, anche sanzioni.
[15] Articolo 2, comma 2 L. 146/90.
[16] In precedenza la materia era regolata dall’articolo 3 lett. b) dell’accordo nazionale del 7 febbraio 1991 che più semplicisticamente prevedeva un’intervallo minimo di 7 giorni tra uno sciopero e l’altro.
[17] La rarefazione soggettiva, ovvero quella relativa alla proclamazione da parte dello stesso soggetto in relazione al medesimo bacino d’utenza, è disciplinata dall’articolo 9 del Regolamento.
[18] Articolo 10 del Regolamento.
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