Parte Seconda
Proseguiamo l’analisi, iniziata sul numero precedente, della nuova Legge sulla Polizia Locale nella Regione Lazio, approvata il 13 Gennaio scorso, ( L.R. 01/2005), arrivata dopo 15 anni dalla prima legge regionale sulla polizia locale che risaliva al 24 febbraio 1990 (Legge 20/90).
RIDEFINIZIONE DELLE FUNZIONI DELLA POLIZIA LOCALE
Nella precedente legge regionale del 1990 traspariva la vecchia e triste concezione della polizia locale come istituzione minoritaria e quasi ausiliaria alle altre forze di polizia, soprattutto dove disponeva (art.6) che le funzioni della polizia locale erano svolte “limitatamente ai servizi di istituto e alle qualifiche rivestite”, una frase giuridicamente incomprensibile, sappiamo bene infatti che le qualifiche rivestite dalla polizia locale sono le medesime di qualsiasi altra forza di polizia, e poi quale è il senso di limitare queste funzioni “ai servizi d’istituto”, forse la legge regionale si preoccupava di vietare l’attività a fini di interesse privato o per fini illeciti, più di quanto non facesse già il codice penale!
La precedente legge regionale definiva i compiti dei servizi e corpi di Polizia Locale nelle funzioni di polizia amministrativa (art.6 comma 3) e nell’elenco tassativo contenuto nel primo comma dell’art.6:
a) prevenire e reprimere le infrazioni ai regolamenti di polizia locale;
b) vigilare sull’osservanza delle leggi statali e regionali, dei regolamenti, delle ordinanze e provvedimenti amministrativi, la cui esecuzione e demandata alla polizia locale;
c) assolvere incarichi di informazione, di accertamento e di rilevazione con nessi ai compiti di istituto;
d) vigilare sulla integrità e conservazione del patrimonio pubblico;
e) prestare i servizi d’ordine, di vigilanza e di scorta necessari per l’espletamento delle attività e i compiti istituzionali degli enti di appartenenza;
f) prestare opera di soccorso in occasione di pubbliche calamità e disastri.
La nuova normativa (art.3) ribalta l’idea della definizione tassativa dei compiti della polizia locale, per esprimere una definizione generale dell’attività di polizia locale intesa come “le funzioni ed i compiti dei corpi e dei servizi di polizia locale comprendono l’insieme delle attività dirette a tutelare l’ordinata e civile convivenza a livello locale attraverso la prevenzione e il contrasto delle situazioni e dei comportamenti che violano le leggi o i regolamenti”
A questa nuova concezione del ruolo della polizia locale alla quale sono attribuite tutte le funzioni che non siano riservate istituzionalmente (e potremo dire costituzionalmente) alla competenza dello Stato e dei suoi organi, si unisce anche una elencazione di funzioni particolari che, all’elenco della precedente normativa introduce una dimensione diversa di polizia amministrativa, definita dall’articolo 183 della legge regionale 6 agosto 1999, n.14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo) ed inoltre dispone che nello svolgimento dell’attività di soccorso in occasione di pubbliche calamità e disastri si operi in collegamento con gli altri servizi operanti nel settore della protezione civile.
Si registra inoltre una grande novità costituita dall’attribuzione alla Polizia Locale della funzione di Polizia Tributaria (art.3 comma 1 punto g), intesa come l’attività ispettive e di vigilanza sull’osservanza delle disposizioni relative ai tributi locali e a quelle di cui all’articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n.600.
Su questo punto ci si riserva di svolgere un approfondimento specifico poiché si apre un nuovo campo dagli sviluppi tutti da definire nel cammino di rivalutazione del ruolo della polizia locale e nel rapporto amministrazioni locali – cittadini.
ARMI E STRUMENTI DI AUTOTUTELA
La nuova legge entra nel merito della dotazione e del porto delle armi da fuoco e degli strumenti da difesa non letali, sebbene nella votazione in aula il testo originario, evoluto e perequativo per tutti gli operatori della regione, ha dovuto subire emendamenti importanti che hanno purtroppo lasciato troppo spazio ai regolamenti degli enti locali che, in molti casi, sono influenzati più dal confronto partitico che non da una astratta visione professionale che meriterebbe l’argomento e la tutela della sicurezza degli operatori.
Innanzitutto si stabilisce (art.3 comma 4) che tutti gli appartenenti ai corpi e servizi di polizia locale possono portare le armi da fuoco e gli strumenti di autotutela senza licenza anche fuori dall’orario di servizio.
Benché la stessa disposizione faccia salve le modalità previste dai regolamenti degli enti locali questa è sicuramente una conquista sotto il profilo della dignità, poiché sappiamo bene che la qualifica di agente ausiliario di P.S. consente ex lege il porto senza licenza e senza alcun limite della sola arma di ordinanza (a differenza degli ufficiali di P.S.) e non si capisce perché possano essere imposte limitazioni agli operatori della Polizia Locale, che non sono previste non solo per le altre forze di polizia, ma anche per tutti gli altri soggetti muniti della qualifica di Pubblica Sicurezza, come ad esempio gli ex ufficiali sanitari ora U.P.G. delle Aziende Sanitarie Locali.
Altra novità di rilievo è la previsione di apposito regolamento regionale che disponga le modalità di organizzazione dei corsi di addestramento obbligatori per il personale di polizia locale dotato di armi da fuoco e dei corsi di addestramento alla difesa personale (art.15 comma 1 lettera e). E’ previsto che il medesimo regolamento regionale stabilisca le tipologie e le caratteristiche degli strumenti di autotutela e dei relativi accessori nonché i criteri generali per l’assegnazione (art.15 comma 1 lettera d).
Purtroppo anche in questo caso, il testo originario è stato variato in aula per salvaguardare la potestà regolamentare degli enti locali sia in ordine all’eventuale adozione dei predetti strumenti che degli specifici criteri per l’assegnazione; questo emendamento contrasta con la premessa su cui si basa la previsione del Regolamento Regionale di Polizia Locale (art.15 comma 1), e cioè la volontà di garantire funzionalità, economicità ed omogeneità sull’intero territorio regionale.
ISTITUZIONALIZZAZIONE VIGILE DI QUARTIERE
La Regione Lazio aveva già istituzionalizzato la figura del Vigile di Quartiere attraverso la Legge Regionale 10 maggio 2001 n.10 (art.41), prevedendo anche specifici contributi.
Questa nuova legge prevede espressamente interventi diretti della Regione per favorire l’istituzione del vigile di quartiere (art.8 comma 1 lettera b punto 2) attraverso la costituzione nei corpi di polizia municipale di appositi nuclei o unità operative di quartiere, ai quali siano preposti almeno due addetti, destinati in via principale ad un rapporto di specifica conoscenza della realtà del territorio a livello di quartiere, di rione o di zona. E’ previsto anche che i vigili di quartiere provvedano ad inserire tutte le informazioni che raccolgono nella banca dati della polizia locale istituita con questa stessa legge.
La serietà di questi interventi presuppongono, per espressa previsione della stessa legge (art. 8 comma 2), un piano triennale dei finanziamenti che preveda sia un cofinanziamento da parte degli enti locali attraverso i proventi delle sanzioni amministrative, troppo spesso destinate a settori estranei alla Polizia Locale, ed inoltre un sistema di verifica sulla realizzazione degli interventi ammessi al finanziamento a pena di revoca dell’intervento regionale in caso di mancata attuazione.
FINANZIAMENTI PER LA POLIZIA LOCALE E LA SICUREZZA URBANA
Già con la Legge Regionale 11 settembre 2003 n.29 (art.10), erano stati previsti contributi regionali per il potenziamento dei servizi di polizia locale.
La nuova legge sulla polizia locale ha stabilito, con le stesse modalità viste sopra per garantire l’efficacia e l’attuazione dell’intervento, importanti finanziamenti regionali per realizzare il controllo del territorio mediante un più efficiente svolgimento delle funzioni di polizia locale.
Sono previsti quindi contributi sulla spesa d’acquisto di attrezzature necessarie per il potenziamento dei corpi e dei servizi di polizia locale (art.8 comma 1 lettera a), per la costituzione e il miglioramento delle sale operative (art.8 comma 1 lettera b punto 1) per il potenziamento delle attività di vigilanza nelle aree più soggette a rischio di esposizione ad attività criminose (art.8 comma 1 lettera b punto 3).
PROMOZIONE DELLA GESTIONE ASSOCIATA DEI CORPI E SERVIZI DI POLIZIA LOCALE
Uno delle novità di maggior rilievo di questa riforma normativa è costituita dalla promozione di forme di collaborazione istituzionale tra le forze di polizia locale (ed in particolare tra le polizie provinciali e municipali) estesa anche alle altre forze di polizia ed organi dello stato (art.7). Per queste finalità sono previste sale operative della polizia locale collegate con quelle delle polizie nazionali, l’integrazione nella gestione degli interventi di emergenza, l’interscambio di informazioni e la realizzazione di sistemi informativi integrati.
Il tempo ci dirà se queste lungimiranti disposizioni produrranno risultati concreti o rimarranno semplici dichiarazioni di principio.
Per quanto riguarda i consorzi e la gestione associata dei corpi e servizi di polizia locale dobbiamo registrare grandi novità, infatti mentre la precedente normativa (art.2 comma 3 L.R,20/1990) si esprimeva in termini molto restrittivi su queste possibilità, riservandole esclusivamente ai Comuni che non possedevano i requisiti per costituire un proprio corpo di polizia locale (quindi almeno 7 addetti), ora l’articolo 12 della nuova legge prevede espressamente che “Le funzioni di polizia locale sono esercitate dagli enti locali mediante i corpi ed i servizi di polizia locale istituiti, in forma singola o associata, in maniera tale da garantirne l’efficienza, l’efficacia e la continuità operativa.”.
Questa nuova filosofia è una delle novità più importanti di questa nuova legge, che pur favorendo la gestioni associate dei servizi e corpi di polizia locale nei comuni più piccoli (art.9), con popolazione inferiore ai cinquemila abitanti, con questa dicitura così ampia non esclude i comuni più grandi, estendendo questo strumento a tutte le realtà come già avviene, in maniera molto diffusa ed estesa nelle realtà dell’Italia Settentrionale.
Ma l’articolo 12, a ben vedere, estendendo le gestioni associate a tutti gli enti locali, include implicitamente persino le province, aprendo la partecipazione dei Corpi di Polizia Provinciale ai Consorzi ed alle gestioni associate di Polizia Locale dei comuni, con sviluppi del tutto nuovi nel panorama nazionale ed assolutamente imprevedibili.
Si deve registrare inoltre che questa nuova legge ha disciplinato espressamente tutti gli aspetti istituzionali e normativi più importanti della gestione associata dei servizi e dei corpi di polizia locale, prevedendo tra l’altro la competenza degli enti locali a definire, con apposito regolamento, l’istituzione, il territorio di competenza e la regolamentazione della gestione associata dei servizi e corpi di polizia locale (art.12 comma 4), stabilendo che con lo stesso regolamento gli enti locali associati istituiscano un organo che assuma le funzioni di indirizzo politico-amministrativo e che possa impartire le direttive al responsabile del servizio o al comandante del corpo di polizia associato o consorziato (art.13 comma 1).
Sono previsti anche specifici finanziamenti Regionali a favore delle gestioni in forma associata dei corpi e dei servizi di polizia locale (art.9 comma 1 lettera b).
PATENTI DI SERVIZIO E TARGHE PER LE AUTO DELLA POLIZIA LOCALE
L’articolo 20 della nuova legge dispone lo svolgimento di appositi corsi per il personale della Polizia Locale per il conseguimento della Patente di Servizio, prevista dall’art.139 del nuovo C.d.S., da svolgere in strutture pubbliche o private attraverso un adeguato insegnamento sia teorico che pratico.
E’ previsto anche che i veicoli adibiti all’espletamento delle funzioni e dei compiti di polizia locale siano dotati, nel rispetto della normativa statale vigente, di un’apposita targa identificativa da definire con il Regolamento Regionale (art.15 comma 2).
Sappiamo che di questa possibilità si sta discutendo da tempo (si sarebbe anche definita la sigla FPL) nell’ambito della riforma della legge quadro dello Stato sulla polizia locale, e sebbene non sarà facile intervenire sulle disposizioni relative alla targa degli autoveicoli con gli attuali strumenti normativi rimessi alla competenza delle regioni, questa norma è comunque da apprezzare per la volontà, dimostrata, ancora una volta, di rivalutare il ruolo della polizia locale e la dignità dei suoi operatori.
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