L’articolo 5, comma 3[1], del D.Lgs. 14/09/2015 n. 147[2], fornisce l’interpretazione c.d.“autentica”[3] delle norme in tema di calcolo delle plusvalenze immobiliari, ed esclude espressamente che l’esistenza di un maggior corrispettivo derivante dalla cessione di un immobile, una azienda od un diritto reale sugli stessi beni, possa essere presunto soltanto sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (D.P.R. 26/04/1986, n. 131), ipotecaria o catastale (D.lgs. n. 31/10/1990, n. 347[4]).
La ratio dell’intervento legislativo è quella di impedire qualsiasi automatismo nell’ambito dell’attività di accertamento che porterebbe a giustificare la presunzione dell’esistenza di un corrispettivo maggiore rispetto a quello dichiarato nella cessione del terreno, soltanto alla luce del maggior valore dichiarato ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale. Pertanto, non sarà più possibile un accertamento fondato unicamente sulla differenza tra valore dichiarato e corrispettivo della cessione percepito. Ciò comporta che l’accertamento basato solo sul dato presuntivo del valore definito in sede di accertamento con adesione ai fini del calcolo dell’imposta di registro risulta illegittimo[5].
Sin dai primi commenti, si è rilevato correttamente che la novella legislativa, fornendo un’interpretazione autentica, avrà efficacia non solo per le transazioni future aventi ad oggetto immobili ed aziende, ma anche per quelle avvenute prima della relativa pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per le quali siano ancora pendenti contestazioni (avvisi di accertamento da impugnare) oppure giudizi tributari (ma dovrebbero restare escluse tutte le transazioni per le quali è stata emessa una sentenza sfavorevole passata in giudicato).
Gli effetti del nuovo Decreto “Liberalizzazioni” si colgono sia nella giurisprudenza di merito con la sentenza n. 548/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Catania, del 20/01/2016, sia nella giurisprudenza di legittimità con la recente sentenza del 30/03/2016, n. 6135.
Il Caso e la decisione della Commissione Provinciale di Catania[6]
Il caso affrontato nella sentenza in rassegna trae origine dal ricorso avverso il maggior valore attribuito dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate alla cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, e rettificato in sede di liquidazione dell’imposta ai fini di registro. L’Ufficio , in particolare, basava il suo recupero facendo riferimento al valore accertato in sede di liquidazione dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale. Tuttavia, come rilevato dai ricorrenti, l’accertamento basato solo sul valore definito in sede di accertamento con adesione ai fini di registro risulta illegittimo alla luce della novella legislativa introdotta dal D.Lgs. n. 147/2015.
La commissione dà pienamente ragione ai ricorrenti: precisamente, annulla l’atto impugnato, e rileva che l’accertamento dell’Ufficio, che per la definizione del valore della plusvalenza realizzata con la cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria si basa esclusivamente sul valore definito in sede di rettifica del valore dell’immobile ai fini di liquidazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, deve essere dichiarato illegittimo e deve essere annullato alla luce dell’art, 5, comma 3, del D.lgs. n. 147/2015 che fornisce l’interpretazione “autentica” degli artt. gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5-bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
La decisione della Corte di Cassazione 30/03/2016, n. 6135
I giudici della Suprema Corte giungono a ritenere che deve ormai ritenersi superato il principio secondo cui l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro[7], alla stregua dello ius superveniens di cui all’art. 5, 3° comma del D. Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, e gli articoli 5, 5 bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, resistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347″.
L’attuale art. 68 TUIR (corrispondente all’art. 82 della vecchia numerazione) prevede al 1° comma, in relazione al precedente art. 67 che le plusvalenze realizzate mediante cessione di terreni sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.
La presunzione sin qui affermata in via giurisprudenziale circa la corrispondenza del corrispettivo incassato al valore venale in comune commercio del bene compravenduto quale accertato ai fini dell’imposta di registro non è più sostenibile alla stregua della nuova disposizione normativa come sopra trascritta, che, ponendosi espressamente quale norma d’interpretazione autentica, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della L. n. 212/2000, è applicabile retroattivamente.
La presunzione di cui sopra non può essere, infatti, più legittimata, secondo il disposto del succitato art. 5, 3° comma, del D. Lgs. n. 147/2015, solo sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
Limitatamente a tale motivo i Giudici di legittimità concludono per l’accoglimento e, pertanto, cassano la sentenza impugnata: «affinché il giudice di rinvio, adeguandosi al principio di diritto come ormai normativamente stabilito dalla succitata norma d’interpretazione autentica, proceda a nuovo accertamento in ordine al quantum del prezzo di cessione percepito dalla contribuente per la verifica della sussistenza o meno di plusvalenza soggetta a tassazione ai sensi delle richiamate disposizioni del TUIR».
Dott. in Legge Antonino Nicotra
antonionicotra88@gmail.com
[1] L’art. 5, c.3, dispone che: “gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5-bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 , ovvero ai fini delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347”. Per visualizzare il testo completo del decreto legislativo consultare il sito della Gazzetta Ufficiale al seguente indirizzo www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/09/22/15G00163/sg
[2] Si tratta del decreto recante “disposizioni per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese”, c.d. “Decreto Liberalizzazioni”, pubblicato in G.U. n. 220 in data 22/09/2015 ed entrato in vigore in data 07/10/2015.
[3] L’interpretazione “autentica”, delineata nell’art. cit., riguarda in particolare, le norme in materia di calcolo delle plusvalenze derivanti dalle cessioni di terreni, ex artt. 58, 68, 85 e 86 TUIR (D.p.r. n. 917/86) e artt. 5, 5-bis, 6 e 7 del D.Lgs. n. 446/1997.
[4] Di regola, l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate procede all’accertamento della plusvalenza Irpef conseguita con la cessione di tale area presumendo la corrispondenza tra il valore dell’immobile o dell’azienda accertato ai fini dell’imposta di registro (il valore di mercato di tali beni)[4] e il corrispettivo conseguito dalla cessione di detto immobile o azienda rilevante per determinare la plusvalenza Irpef. Nel campo delle imposte sui redditi d’impresa, la plusvalenza si determina sottraendo al corrispettivo pattuito per la cessione il costo storico non ammortizzato (articolo 86, comma 2 del Tuir). Analogamente avviene per la determinazione delle plusvalenze conseguite da persone fisiche e derivanti dalla cessione di terreni edificabili o di immobili acquisiti da non più di 5 anni: la plusvalenza è pari alla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo (articolo 68, comma 1, del Tuir).
[5] Viene sciolto, così, uno dei nodi più avvertiti dai contribuenti, su cui si era acceso un forte dibattito tra l’Agenzia delle entrate, la dottrina e la giurisprudenza di legittimità. Si veda E. Della Valle, V. Ficari, G. Marini, L’accertamento di maggior valore
dell’avviamento ai fini dell’imposta di registro: eventuali effetti ai fini delle imposte sui redditi, Padova, 2012, 365 ss., nota 2, per una prima ricostruzione delle posizioni dottrinali più rilevanti.
[6] La si legga nel sito: http://www.servizieconsulenzasrl.it/
[7] Tra le molte in tal senso, Cass. civ. sez. V 19 giugno 2009, n. 14485, oltre ad altre pronunce citate nel controricorso dell’Amministrazione finanziaria, ciò comportando che incombe al contribuente, al fine di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato a quello coincidente con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrare di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore, implicitamente quindi la sentenza impugnata ritenendo inidonea a superare detta presunzione la documentazione versata in atti dalla contribuente circa l’entità del prezzo effettivamente incassato.
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