Memorandum: ART. 170 (Opposizione al decreto di pagamento) 1. Avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui è affidato l’incarico di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione, entro venti giorni dall’avvenuta comunicazione, al presidente dell’ufficio giudiziario competente.
2. Il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e l’ufficio giudiziario procede in composizione monocratica.
3. Il magistrato può, su istanza del beneficiario e delle parti processuali compreso il pubblico ministero e quando ricorrono gravi motivi, sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto con ordinanza non impugnabile e può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione.
La Corte Costituzionale con ordinanza n. 30 del 27 gennaio 2010 ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 170, comma 2, del d.lgs. 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia- Testo B), come riprodotto nel d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui, in materia di spese di giustizia, attribuisce al giudice in composizione monocratica la competenza a conoscere dell’opposizione avverso il decreto di pagamento di liquidazione dei compensi anche nell’ipotesi in cui il provvedimento opposto sia stato pronunciato dal giudice in composizione collegiale.
La Corte di Appello di Catania, con ordinanza del 13 maggio 2005 e del 15 aprile 2008, ha sollevato, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 170, comma 2, del d.lgs. 30 maggio 2002, n. 113, come riprodotto nel d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
La Corte territoriale ritiene che il d.lgs. n. 113 del 2002, che trova il proprio fondamento nella delega contenuta nell’art. 7 della legge delega n. 50 del 1999, modificato dall’art. 1 della legge n. 340 del 2000, ha attribuito al Governo il potere di riordinare la materia delle spese di giustizia, ma quest’ultimo è andato oltre il potere attribuito, perché ha apportato sostanziali modifiche all’ordinamento giudiziario ed ha istituito la figura del giudice in composizione monocratica negli uffici giudiziari che, come la Corte d’appello, operano esclusivamente in composizione collegiale, trattandosi di materia coperta da riserva di legge ai sensi dell’art. 108 della Costituzione.
La Corte Costituzionale con l’ordinanza in oggetto, emessa il 27 gennaio 2010, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione, in quanto, richiamando una sua precedente pronuncia (sent. n. 53 del 2005 cui ha fatto seguito la sentenza n. 52 del 2006 dello stesso tenore e commentata nel sito dell’*****) ha osservato che poiché tra i criteri direttivi contenuti nella legge di delegazione vi era quello di “garantire la coerenza logica e sistematica della normativa”, il legislatore delegato ha introdotto la composizione monocratica in luogo di quella collegiale al fine di adeguare la disciplina del processo in questione alla riforma operata dal d.lgs. n. 51 del 1998, in base alla quale il giudice monocratico è la regola, mentre quello in composizione collegiale costituisce l’eccezione.
Il testo della ordinanza-pdf
(* Avv ************************************** e ricerca dell’**********-Associazione Nazionale Volontari Avvocati per il Gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti-02/10)
ORDINANZA N. 30- ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
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– Franco GALLO Giudice
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ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 170, comma 2, del decreto legislativo 30 maggio 2002 n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia – Testo B), promossi dalla Corte d’appello di Catania con ordinanze del 15 aprile 2008 e del 13 maggio 2005, iscritte ai nn. 138 e 199 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 20 e 33, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
Udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 2009 il Giudice relatore *****************.
Ritenuto che con due ordinanze di identico contenuto, emesse rispettivamente in data 13 maggio 2005 (r.o. n. 199 del 2009) e 15 aprile 2008 (r.o. n. 138 del 2009), nel corso di altrettanti procedimenti aventi ad oggetto l’opposizione avverso decreti di liquidazione di compensi rispettivamente in favore di un soggetto nominato perito in un procedimento avente ad oggetto misure di prevenzione, e del procuratore di un soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, la Corte d’appello di Catania ha sollevato, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 170, comma 2, del d.lgs. 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia – Testo B) come riprodotto nel d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), nella parte in cui, nel regolare il procedimento di opposizione in materia di spese di giustizia, dispone che l’ufficio giudiziario procede in composizione monocratica;
che il rimettente osserva che il d.lgs. n. 113 del 2002 trova il proprio fondamento nella delega contenuta nell’art. 7 della legge delega 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1998), modificato dall’art. 1 della legge 24 novembre 2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999), che ha attribuito al Governo il potere di riordinare le norme contenute nel decreto legislativo e nel regolamento adottati ai sensi degli artt. 14 e 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), con l’osservanza dei principi direttivi di cui all’art. 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50, tra i quali vi è quello del “coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo”;
che non risulta attribuito al Governo, nell’ambito del riordino della materia delle spese di giustizia, il potere di apportare sostanziali modifiche all’ordinamento giudiziario e di istituire la figura del giudice in composizione monocratica negli uffici giudiziari che, come la Corte d’appello, operano esclusivamente in composizione collegiale, trattandosi di materia coperta da riserva di legge ai sensi dell’art. 108 della Costituzione;
che il legislatore delegato non si sarebbe, dunque, attenuto al criterio sopra enunciato, tanto più che l’art. 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794 (Onorari di avvocato e di procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile), attribuiva la materia de qua all’esame degli uffici giudiziari nella loro ordinaria composizione;
che nei giudizi innanzi a questa Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza della questione alla luce del dettato testuale dell’art. 7, comma 2, della legge n. 50 del 1999 e della giurisprudenza costituzionale in materia.
Considerato che la Corte d’appello di Catania, con le due ordinanze in epigrafe, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 170, comma 2, del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia – Testo B), come riprodotto nel d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), nella parte in cui, in materia di spese di giustizia, attribuisce al giudice in composizione monocratica la competenza a conoscere dell’opposizione avverso il decreto di pagamento di liquidazione dei compensi anche nell’ipotesi in cui il provvedimento opposto sia stato pronunciato dal giudice in composizione collegiale;
che ad avviso del Collegio rimettente la norma de qua si porrebbe in contrasto con l’art. 76 della Costituzione sotto il profilo del mancato rispetto dei principi e criteri direttivi fissati nella legge delega 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1998), che non menziona il criterio relativo al mutamento di composizione dell’organo giudiziario;
che le ordinanze sollevano questione di legittimità costituzionale della stessa disposizione di legge con motivazioni identiche, e che, pertanto, i relativi giudizi devono essere riuniti per essere decisi con unico provvedimento;
che identica questione è stata già dichiarata infondata con la sentenza n. 53 del 2005, la quale ha osservato che, poiché tra i criteri direttivi contenuti nella legge di delegazione vi era quello di “garantire la coerenza logica e sistematica della normativa”, il legislatore delegato, senza con ciò eccedere dal coordinamento formale, ha introdotto la composizione monocratica in luogo di quella collegiale al fine di adeguare la disciplina del processo in questione alla riforma, operata dal decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), in base alla quale il giudice monocratico è la regola, mentre quello in composizione collegiale costituisce un’eccezione;
che la predetta sentenza ha anche chiarito che a ciò non osta la disposizione dell’art. 50-bis cod. proc. civ., il quale, nell’elencare in via di eccezione, rispetto al successivo art. 50-ter, le cause in cui il tribunale decide in composizione collegiale, richiama i procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli artt. 737 e seguenti del codice di rito, salvo che sia altrimenti disposto, giacché il procedimento camerale disciplinato dall’art. 29 della legge 15 giugno 1942, n. 794, al quale rinvia la norma impugnata, non rientra tra quelli di cui agli artt. 737 e seguenti del codice;
che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 170, comma 2, del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia – Testo B) come riprodotto nel d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), sollevata, in riferimento all’articolo 76 della Costituzione, dalla Corte d’appello di Catania, con le ordinanze in epigrafe indicate.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2010.
F.to:******************, Presidente
*****************, Redattore
*****************, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 febbraio 2010.
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