Indice
1. La questione
Il Tribunale di Catanzaro annullava – limitatamente ad un solo capo – l’ordinanza con cui il giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Catanzaro aveva applicato ad un indagato le misure dell’obbligo di dimora e dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria in relazione a plurime ipotesi di cessione di sostanze stupefacenti (art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990) descritte nei capi n. 90, 111, 128 e 178, nonché in relazione alla partecipazione dello stesso all’associazione volta al traffico di sostanze stupefacenti (art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990), di cui al capo di imputazione n. 1, confermando nel resto l’ordinanza.
Avverso siffatto provvedimento proponeva ricorso per Cassazione l’indagato, per il tramite del difensore, e tra le doglianze addotte, si prospettava la violazione della legge penale e vizio di motivazione in rapporto agli artt. 273, comma 1 e 1-bis, e 192 cod. proc. pen. in quanto, secondo la difesa, dal compendio investigativo, emergeva come il ricorrente avesse ceduto sostanza stupefacente solo in sporadiche occasioni mentre non sarebbe emerso alcun nessun rapporto stabile di messa a disposizione o di collegamento a vantaggio del sodalizio criminale.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il ricorso proposto, proprio in relazione alla doglianza summenzionata, era accolto.
Gli Ermellini, difatti, dopo avere richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo cui integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori che immettono la droga nel consumo al minuto sempre che si accerti la coscienza e volontà di far parte dell’associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga, ritenevano come nel caso di specie non sarebbe emersa la consapevolezza e la volontà del ricorrente di far parte dell’associazione criminale di cui si accusava di farne parte posto che, dalle conversazioni captate, si evinceva, piuttosto, l’estraneità dell’indagato alle sorti del sodalizio oggetto di indagine.
La Suprema Corte, pertanto, annullava con rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, rigettando nel resto il ricorso.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito cosa integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Difatti, in tale pronuncia, si afferma, sulla scorta di un pregresso orientamento ermeneutico, che integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori che immettono la droga nel consumo al minuto sempre che si accerti la coscienza e volontà di far parte dell’associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga.
Pertanto, solo ove ricorrano congiuntamente tali condizioni, è possibile ritenere una persona intranea ad un sodalizio criminoso di questo genere.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.
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