La partecipazione delle organizzazioni non governative in qualità di amicus curiae nei procedimenti della World Trade Organization

Sgueo Gianluca 29/05/08
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1. Le garanzie partecipative nella giurisprudenza degli organismi di mediazione del commercio globale. Il caso “shrimps and turtles” – 2. Il caso “Asbestos”: quali condizioni legittimano l’ammissione delle parti interessate alle controversie tra Stati? – 3. Il caso “sardines”
 
 
1. Le garanzie partecipative nella giurisprudenza degli organismi di mediazione del commercio globale. Il caso “shrimps and turtles”
La Wto adotta un atteggiamento pragmatico relativamente alla partecipazione degli interessi privati nelle procedure decisionali del commercio globale. Le motivazioni addotte a supporto di questa interpretazione sono semplici. Secondo il Consiglio Generale della Wto la primary responsibility di garantire la partecipazione della società civile risiede negli ordinamenti domestici. Ma ciò comporta comunque la presenza di una responsibility in capo al contesto giuridico sovranazionale entro il quale questi interessi vengono trattati.
Tale approccio è stato arricchito dalle riflessioni svolte dagli organismi di conciliazione operanti nella Wto. La giurisprudenza degli organi di conciliazione, infatti,ha riconosciuto nel tempo l’esistenza e l’operatività di un nucleo di principi del giusto processo operanti a favore delle parti interessate della società civile in seno alle procedure globali del commercio. Tra questi, ad esempio, sono stati affermati il principio di non discriminazione tra le parti interessate; quello dell’esatta e completa rappresentazione dei fatti; il principio del contraddittorio e, soprattutto, il principio di partecipazione delle parti diverse dagli Stati[1].
I casi più interessanti, a tale proposito, sono tre. Il primo è costituito dal caso shrimp and turtles, relativo al ricorso presentato dai governi indiano, pakistano, malese e thailandese contro l’embargo imposto dagli Stati Uniti all’importazione di gamberetti, quale forma di ritorsione contro la mancata adozione di adeguate misure a tutela delle tartarughe marine da parte di questi Stati. Uno degli aspetti più interessanti dibattuti di fronte al Panel e, successivamente, all’Appellate Body risiede nella questione relativa alla possibilità di ammettere in seno al contraddittorio, purchè pertinenti, le osservazioni formulate da alcune Ong, in qualità di amicus curiae.
Già il Panel costituito per dirimere la controversia aveva accolto le osservazioni svolte dalle Ong, a condizione che fossero incorporate in quelle presentate dalle parti in causa[2]. In altre parole, secondo il Panel, l’interpretazione delle regole procedurali che presiedono alla risoluzione delle controversie impediva, nella teoria, di accogliere le osservazioni di parti terze alla controversia. Tuttavia, il fatto che una delle parti coinvolte decidesse di accogliere quelle osservazioni e presentarle come proprie – come è accaduto, in effetti, con gli Stati Uniti – consente di aggirare l’ostacolo.
La decisione dell’Appellate Body n. WT/DS58/AB/R, dell’ottobre 1988, va oltre[3]. L’Appellate Body, infatti, ritiene che sia ammissibile: «(…) allowing any party to the dispute to attach the briefs by non-governmental organisations, or any portion thereof, to its own submissions». Le ragioni che giustificano il coinvolgimento delle Ong nelle procedure di risoluzione delle controversie vengono fatte derivare proprio da un’interpretazione estensiva degli articoli dodici e tredici delle Procedures Governing the Settlement of Disputes; gli stessi che, nella interpretazione del Panel, impedivano un ingresso “diretto” delle parti terze nelle procedure. Questa interpretazione estensiva, sostiene l’Appellate Body, è non solo auspicabile, ma necessaria. Essa, infatti, accresce il livello di trasparenza delle procedure e, per il suo tramite, l’accountability del decisore globale[4].
Ora, la circostanza per cui la consultazione della società civile sia, nell’opinione dell’Appellate Body, uno dei veicoli garantiscono l’accountability del decisore globale permette di leggere sotto una nuova luce le argomentazioni introdotte a partire dalla decisione n. WT/L/162 relative alla consultazione delle parti interessate. Se, infatti, queste operavano sporadici riferimenti al ruolo e alla responsabilità della Wto riguardo la valutazione degli interessi della società civile nelle procedure decisionali, ora la precisazione dell’esistenza di una necessità di rispettare il duty della accountability sposta il baricentro del discorso. Non si discute più dell’esistenza di una responsabilità della sfera sovranazionale nel garantire il rispetto della consultazione degli interessi dei soggetti terzi, ma, semmai, in cosa questa consista e quali limiti incontri. È, dunque, ancora vero che la voce delle parti interessate deve essere assunta negli ordinamenti giuridici domestici. Ma gli stessi interessi possono, qualora sorga una controversia tra Stati che li coinvolge, accedere direttamente anche alle procedure globali, che debbono tenerli in adeguata considerazione.
 
2. Il caso “Asbestos”: quali condizioni legittimano l’ammissione delle parti interessate alle controversie tra Stati?
Restano da chiarire due problemi. Il primo riguarda le condizioni e i limiti che le parti interessate incontrano nell’esercizio delle garanzie consultive presso la Wto. Il secondo, più generale, fa riferimento al problema più generale del rapporto tra la consultazione instaurata presso la sfera giuridica domestica e, sul versante opposto, quella globale.
È possibile tentare di offrire una risposta ai due problemi approfondendo l’esame di alcuni casi pratici. Il primo risale al 2001, allorchè l’Appellate Body viene interessato dall’appello del governo canadese contro il report del Panel che respingeva, ritenendolo privo di fondamento, il reclamo precedentemente sporto conto il Décret n. 96-1133 del governo francese “relatif à l’interdiction de l’amiante, pris en application du code de travail et du code de la consommation[5].
Nell’occasione il collegio giudicante, prima di entrare nel merito della controversia, ha affrontato e risolto alcune questioni procedurali preliminari. Tra queste, quella di maggior interesse ha fatto riferimento all’accoglimento delle memorie difensive presentate da alcune Ong all’interno del dibattimento. L’Appellate Body, che decidere di prendere in considerazione i documenti, spiegandone le ragioni: «we recognized the possibility that we might receive submissions in this appeal from persons other than the parties and the third parties to this dispute, and stated that we were of the view that the fair and orderly conduct of this appeal could be facilitated by the adoption of appropriate procedures, for the purposes of this appeal only, pursuant to Rule 16(1) of the Working Procedures, to deal with any possible submissions received from such persons».
Fin qui nulla di nuovo rispetto al contenuto della decisione resa nel caso shrimps and turtles. Quando, però, l’Appellate Body redige le additional procedures che (seppure limitatamente al solo caso in questione) dispongono in ordine alle condizioni che ammettono parti terze rispetto agli Stati a presentare le proprie osservazioni in seno alla procedura di risoluzione delle dispute, si sofferma, anzitutto, sulle condizioni che legittimano attivamente le parti terze a presentare le proprie osservazioni, stabilendo che: «Any person, whether natural or legal, other than a party or a third party to this dispute, wishing to file a written brief with the Appellate Body, must apply for leave to file such a brief from the Appellate Body (…)[6]». Spiega, poi, quali sono le modalità attraverso cui presentare le memorie[7], imponendo limiti quantitativi (ad esempio, la lunghezza massima delle memorie stesse) e qualitativi (in particolare, la dimostrazione del proprio interesse nella controversia e della rilevanza delle osservazioni svolte ai fini della soluzione del caso esaminato).
 
3. Il caso “sardines”
Il caso Asbestos è particolarmente interessante perché offre una migliore definizione dei limiti che incontrano le garanzie procedurali riconosciute a livello globale. L’Appellate Body è tornato, talora, sul medesimo argomento, offrendo ulteriori chiarimenti circa le condizioni (e i limiti) che legittimano l’ingresso di parti interessate diverse dagli Stati all’interno delle procedure di risoluzione delle controversie. Il caso “sardines” è uno di questi.
Nel 2002 la Comunità europea presenta ricorso in appello contro la decisione del Panel che respingeva il ricorso contro il governo peruviano, relativamente alla diversa denominazione da questo adottata di alcune specie di sardine. Come nel caso Asbestos, una delle questioni che l’Appellate Body si trova a dover risolvere riguarda la facoltà per le Ong di presentare le proprie osservazioni e il dovere dell’organo di conciliazione di prenderle in considerazione.
Con riferimento al secondo aspetto – ovvero, come debba interpretarsi il duty to take into account delle osservazioni proposte da soggetti terzi in capo al collegio giudicante – la decisione, facendo richiamo alla precedente giurisprudenza, ricorda l’esistenza di una differenza sostanziale tra due posizioni, quella delle parti coinvolte, da una parte, e quella dei soggetti terzi interessati, dall’altra. In altre parole: «(…) on the one hand, parties and third parties to a dispute, which have a legal right to participate in panel and Appellate Body proceedings, and, on the other hand, private individuals and organizations, which are not Members of the WTO, and which, therefore, do not have a legal right to participate in dispute settlement proceedings»[10].
Ciò chiarito, l’Appellate Body spiega di essere obbligato legalmente a prendere in considerazione le osservazioni dei soggetti membri della Wto, su cui basare la propria decisione. Non, anche, dei soggetti privati interessati. La facoltà che si riserva di decidere se prendere in considerazione le osservazioni di questi ultimi, ammettendo le loro osservazioni all’interno del procedimento[11], non ingenera, in capo a questi, l’ulteriore diritto a ricevere adeguata considerazione. In altre parole, qualora il collegio giudicante ignorasse nella decisione finale il merito delle osservazioni svolte dalle parti terze, queste non potrebbero né pretendere una motivazione, né, a maggior ragione, impugnare la decisione.
 


[1] Per un’analisi dettagliata dell’evoluione della giurisprudenza della Wto relativamente ai principi del giusto processo, si veda A. Battaglia, Il giusto procedimento dinanzi all’organizzazione mondiale del commercio, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2004, I, pagg. 91 ss. Sul merito, anche J. Peel, Giving the Public a Voice in the Protection of the Global Environment: Avenues for Participation by NGOs in Dispute Resolution at the European Court of Justice and World Trade Organization, in colorado Journal of International Environmental Law and Policy, 2001, XII, pag. 61: «Until recently, the dispute settlement process of the WTO’s General Agreement on Tariffs and Trade (GATT) was relatively impenetrable for NGOs. (…) The restrained, exclusive process serves the GATT well when dealing with technical issues concerning tariffs because it allows panels to render timely and diplomatic solutions».
[2] Le osservazioni del Panel sono contenute nel WTO Panel Report on United States Import Prohibition of Certain Shrimps and Shrimp Products, 15 maggio 1998, paragrafo 7.7
[3] La decisione è trattata in modo esaustivo da S. Cassese, Global Standards for National Administrative Procedures, in Law and Contemporary Problems, 2005, 68, pag. 109: «In 1989, the United States imposed an embargo on the importation of shrimp from countries that used fishing methods harmful to marine turtles. The shrimp were not a protected endangered species, but the marine turtles were. The embargo was thus motivated by the rightful concern to protect an animal species from extinction. Claiming this embargo to be a violation of Article XI of the General Agreement on Tariffs and Trade 1994 (GATT 1994), which provided for the general elimination of quantitative restrictions on trade, India, Malaysia, Pakistan, and Thailand commenced proceedings on the basis of the Dispute Settlement Understanding (DSU) of the World Trade Organization (WTO)»; B. Kingsbury, N. Krisch, R.B. Stewart, The Emergency of Global Administrative Law, in Law and Contemporary Problems, 68, 2005, pag. 29: «the Wto Appellate Body’s first ruling in the Shrimp-Turtle case was a striking effort to promote forum state protection of the interests of affected foreign states. The Appellate Body ruled that in order for process-based import restrictionsto be sustainable under the GATT Article XX exceptions, a state must show the countries and foreigns producers affected were provided with some form of due process A. Battaglia, op. cit., pag. 112: «Il riconoscimento della possibilità di terzi, diversi dagli Stati membri, di presentare comunicazioni nel procedimento di risoluzione delle controversie è avvenuto per la prima volta con il caso Gamberetti»; M. Noortmann, op. cit., pag. 73.»;
[4] Cfr. J. Peel, Giving the Public a Voice in the Protection of the Global Environment: Avenues for Participation by NGOs in Dispute Resolution at the European Court of Justice and World Trade Organization, op. cit., pag. 67: «The AB’s ruling in the Shrimp/Turtle dispute is significant for two reasons. First, it creates new legal avenues for NGO to influence WTO panels and the AB. Second, the increased external participation resulting from the ruling has the potential to reshape the WTO dispute settlement process»
[5] Una breve analisi del caso è svolta da A. Battaglia, op. cit., pag. 113: «In una decisione successiva, quella sull’Amianto, lo stesso Organo di appello ha emanato dettagliate isposizioni ai fini dell’ammissione di memorie da parte di persone fisiche e giuridiche diverse dagli Stati, esercitando così il potere di decidere le modalità di svolgimento del procedimento».
[6] Si veda il punto 3 delle additional procedures.
[7] Il punto 4 delle additional procedures dispone che: «An application for leave to file such a written brief shall: a) be made in writing, be dated and signed by the applicant, and include the address and other contact details of the applicant; b) be in no case longer than three typed pages; c) contain a description of the applicant, including a statement of the membership and legal status of the applicant, the general objectives pursued by the applicant, the nature of the activities of the applicant, and the sources of financing of the applicant; d) specify the nature of the interest the applicant has in this appeal; e) identify the specific issues of law covered in the Panel Report and legal interpretations developed by the Panel that are the subject of this appeal, as set forth in the Notice of Appeal (WT/DS135/8) dated 23 October 2000, which the applicant intends to address in its written brief; f) state why it would be desirable, in the interests of achieving a satisfactory settlement of the matter at issue, in accordance with the rights and obligations of WTO Members under the DSU and the other covered agreements, for the Appellate Body to grant the applicant leave to file a written brief in this appeal; and indicate, in particular, in what way the applicant will make a contribution to the resolution of this dispute that is not likely to be repetitive of what has been already submitted by a party or third party to this dispute; and g) contain a statement disclosing whether the applicant has any relationship, direct or indirect, with any party or any third party to this dispute, as well as whether it has, or will, receive any assistance, financial or otherwise, from a party or a third party to this dispute in the preparation of its application for leave or its written brief».
[8] Così stabilisce il punto 9 delle additional procedures: «The parties and the third parties to this dispute will be given a full and adequate opportunity by the Appellate Body to comment on and respond to any written brief filed with the Appellate Body by an applicant granted leave under this procedure».
[9] Si vedano soprattutto i punti 4 e 5 delle additional procedures.
[10] Si veda il paragrafo 159 della decisione.
[11] Cfr. A. Battaglia, op. cit., pag. 114: «Nel caso Sardine, dunque, viene ribadito un orientamento già espresso dall’Organo di appello. Questi ammette che le comunicazioni amicus curiae siano firmate da soggetti privati o organizzazioni separatamente dall’accettzione della parte. Si afferma, quindi, un loro diritto a presentarli, come se provenissero dagli Stati membri, ma solo una facoltà dell’Organo di accettarli nel caso in cui possano essere utili alla decisione e non ritardino il procedimento».

Sgueo Gianluca

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