La partecipazione pubblica totalitaria non è elemento determinante la giurisdizione erariale

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Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sulla pretesa risarcitoria dei danni arrecati
dall’amministratore unico al patrimonio dell’ente partecipato totalitario in cui il controllo pubblico previsto
dallo statuto non si estrinsechi iure imperii ma con ordinari strumenti di diritto privato.
E’ quanto è stato deciso con l’ordinanza n. 11983 del 21 marzo 2017 emessa dalle Sezioni unite
della Corte di Cassazione sul ricorso per regolamento di giurisdizione dell’amministratore unico di una
società interamente partecipata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (cfr. anche Cass., Sez. un., n.
26806/2009; Cass., Sez. un., n. 519/2010; Cass., Sez. un., n. 1419/2012).
La fattispecie
L’amministratore unico e un alto funzionario di un ente gestore del servizio di t.p. su ferrovia e
autolinee erano stati chiamati a giudizio dalla Procura regionale presso la Corte dei Conti per rispondere del
danno al patrimonio societario per operazioni di acquisto che, secondo la ricostruzione della procura,
sarebbero state inutilmente dispendiose.
La Procura erariale contestava l’utilità dell’intermediazione di una società polacca cui l’ente gestore
del servizio aveva dapprima venduto e poi riacquistato, a prezzo ampiamente maggiorato, carrozze al fine di
farle sottoporre ad una ristrutturazione integrale (c.d. revamping).
In particolare, veniva contestata non soltanto l’inutilità dell’intermediazione della società estera, ma
anche la congruità di quanto sborsato dall’ente gestore per la ristrutturazione dei mezzi.
Muovendo dalla premessa generale per cui la giurisdizione erariale «richiede l’interposizione del
legislatore, che si traduce in norme che prevedono la giurisdizione contabile in fattispecie determinate» ed
analizzando la specifica vicenda normativa della società, la sua organizzazione interna e le sue modalità
operative, le Sezioni unite giungono ad escludere la giurisdizione erariale.
La decisione delle Sezioni unite
Fondando la propria argomentazione sugli orientamenti sposati dalla Corte di Cassazione circa la
responsabilità erariale configurabile in materia di società di diritto privato a partecipazione pubblica (sulla
rilevanza erariale del danno arrecato in modo diretto al socio pubblico – Cass., Sez. unite, ord., n.
20941/2011; Cass., Sez. unite, ord., n. 10299/2013; Cass., Sez. unite, ord., n. 21692/2016 – sul danno all’ente
di natura sostanzialmente pubblica – Cass., Sez. unite, ord., n. 24737/2016 – e, in materia di società in house,
con centralità delle disposizioni dello statuto – Cass., Sez. unite, ord., n. 7177/2014), le sezioni unite hanno
escluso la giurisdizione contabile valorizzando non soltanto il pertinente quadro normativo, anche di
derivazione europea (tra i quali il d.lgs. n. 188/2003 e la direttiva Ue 2012/34 – d.lgs. 112/2015), quanto
piuttosto le specificità organizzative ed operative dell’ente gestore ricavabili sia dallo statuto che dal
contratto di servizio.
Infatti, posto che la società in esame non poteva ricondursi né alla tipologia dell’ente pubblico né a
quella del soggetto in house e rilevata, altresì, la separatezza contabile e costitutiva nella gestione delle reti e
delle infrastrutture ferroviarie per l’esercizio dell’attività di trasporto (ex direttiva Cee n. 91/440 e d.p.r. n.
277/98), la Corte segnalava che, in base al contratto di servizio corrente con la Regione, il rischio d’impresa
connesso ad ogni eventuale disavanzo gestionale non coperto doveva rimanere esclusivamente a carico della
società.
La ricostruzione della Corte veniva poi ad essere definitivamente confermata anche dal fatto che,
secondo il disposto statutario dell’ente gestore, l’influenza pubblica doveva essere esercitata nell’ambito
delle dinamiche fisiologiche della vita sociale, secondo mezzi di diritto privato e non iure imperii.
Secondo tale ricostruzione, pertanto, l’allocazione in una società di patrimonio pubblico, nonostante
determini la totale appartenenza dell’ente alla compagine pubblica, non è sufficiente a radicare la
giurisdizione contabile nei confronti di coloro che al suo interno cagionino danni al suo stesso patrimonio.
A questo scopo occorre avere riguardo, piuttosto, allo statuto e alle modalità operative della società;
questo, in particolar modo allorché, come nell’ipotesi esaminata, l’ente non possa ricondursi né alla categoria
degli enti pubblici né a quella dei soggetti in house

Avv. Selmo Luigi

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