■ Si individuano i passaggi-chiave della pronuncia (Corte di Giustizia, IV, 15 maggio 2008, C-147/06 e C-148/06):
«(…) 30 Spetta in linea di principio all’amministrazione aggiudicatrice interessata valutare, prima di definire le condizioni del bando di appalto, l’eventuale interesse transfrontaliero di un appalto il cui valore stimato è inferiore alla soglia prevista dalle norme comunitarie, fermo restando che tale valutazione può essere oggetto di controllo giurisdizionale.
31 Tuttavia, una normativa può certamente stabilire, a livello nazionale o locale, criteri oggettivi che indichino l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo. Tali criteri potrebbero sostanziarsi, in particolare, nell’importo di una certa consistenza dell’appalto in questione, in combinazione con il luogo di esecuzione dei lavori. Si potrebbe altresì escludere l’esistenza di un tale interesse nel caso, ad esempio, di un valore economico molto limitato dell’appalto in questione (v., in tal senso, sentenza 21 luglio 2005, causa C-231/03, Coname, Racc. pag. I-7287, punto 20). È tuttavia necessario tenere conto del fatto che, in alcuni casi, le frontiere attraversano centri urbani situati sul territorio di Stati membri diversi e che, in tali circostanze, anche appalti di valore esiguo possono presentare un interesse transfrontaliero certo.
32 Anche in presenza di un interesse transfrontaliero certo, l’esclusione automatica di talune offerte a causa del loro carattere anormalmente basso potrebbe rivelarsi accettabile qualora il ricorso a tale regola sia giustificato dal numero eccessivamente elevato delle offerte, circostanza questa che potrebbe obbligare l’amministrazione aggiudicatrice interessata a procedere alla verifica in contraddittorio di un numero di offerte talmente alto da eccedere la capacità amministrativa della detta amministrazione aggiudicatrice ovvero da poter compromettere la realizzazione del progetto a causa del ritardo che tale verifica potrebbe comportare.
33 In siffatte circostanze, una normativa nazionale o locale o ancora l’amministrazione aggiudicatrice stessa potrebbe legittimamente fissare una soglia ragionevole per l’applicazione dell’esclusione automatica delle offerte anormalmente basse. Tuttavia, la soglia di cinque offerte valide fissata all’art. 21, n. 1 bis, terzo comma, della legge n. 109/94 non può essere considerata ragionevole. (…)
Le norme fondamentali del Trattato CE relative alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi, nonché il principio generale di non discriminazione, ostano a una normativa nazionale che, per quanto concerne gli appalti di valore inferiore alla soglia stabilita dall’art. 6, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1997, 97/52/CE, e che presentano un interesse transfrontaliero certo, imponga tassativamente alle amministrazioni aggiudicatrici, qualora il numero delle offerte valide sia superiore a cinque, di procedere all’esclusione automatica delle offerte considerate anormalmente basse rispetto alla prestazione da fornire, in base all’applicazione di un criterio matematico previsto da tale normativa, precludendo alle suddette amministrazioni aggiudicatrici qualsiasi possibilità di verificare la composizione di tali offerte richiedendo agli offerenti interessati precisazioni in merito a queste ultime. Ciò non si verificherebbe nel caso in cui una normativa nazionale o locale, o ancora l’amministrazione aggiudicatrice interessata, a motivo del numero eccessivamente elevato di offerte che potrebbe obbligare l’amministrazione aggiudicatrice a procedere alla verifica in contraddittorio di un numero di offerte talmente alto da eccedere la sua capacità amministrativa o da poter compromettere la realizzazione del progetto a causa del ritardo che tale verifica potrebbe comportare, fissasse una soglia ragionevole al di sopra della quale si applicherebbe l’esclusione automatica delle offerte anormalmente basse».
■ In sintesi completa, questo il ragionamento della Corte.
Spetta alla singola amministrazione aggiudicatrice valutare l’eventuale interesse transfrontaliero di un appalto, cioè la possibilità che anche un’impresa non italiana possa partecipare a una procedura selettiva. Resta comunqe fermo che tale valutazione è suscettibile di controllo giurisdizionale.
Si potrebbe escludere l’esistenza di tale interesse nel caso, ad esempio, di un valore economico molto limitato dell’appalto. Tuttavia, anche appalti di valore esiguo possono presentare un interesse transfrontaliero certo.
Pur in presenza di un interesse transfrontaliero certo, il criterio dell’esclusione automatica potrebbe tuttavia trovare giustificazione, ma ciò solo in relazione al numero eccessivamente elevato delle offerte da sottoporre a verifica di anomalia. I criteri motivazionali di valutazione di questa possibile esimente sono due: o che si ecceda la capacità amministrativa della singola amministrazione nel valutare l’anomalia delle offerte, ovvero che si pregiudichi la realizzazione del progetto a causa del ritardo che tale verifica potrebbe comportare.
Pertanto, o il legislatore o l’amministrazione stessa – in subordine – potrebbero legittimamente fissare una soglia ragionevole per l’applicazione dell’esclusione automatica delle offerte anormalmente basse.Certamente, la soglia di cinque offerte valide (oggi prevista dal D.Lgs. 163/2006, art. 86, comma 4) non può essere considerata ragionevole.
Va detto, infine, che è oggi superata la questione della «normativa nazionale»che, per importi inferiori alla soglia comunitaria, «imponga tassativamente alle amministrazioni aggiudicatrici (…) di procedere all’esclusione automatica delle offerte». Il codice dei contratti è infatti venuto a prevedere, rispetto alla “Merloni”, il principio della facoltatività.
■ Da esaminare, ora, i problemi che si pongono dalla pronuncia della Corte (che, si rammenta, riguarda solo la fascia d’affidamento inferiore alla soglia comunitaria).
1. Il criterio dell’esclusione automatica – previsto, oggi, dal D.Lgs. 163/2006, agli artt. 122, comma 9 (per i lavori) e 124, comma 8 (per servizi e forniture) – appare teoricamente sempre legittimo laddove la singola stazione appaltante valuti che, nel caso concreto, non ricorra l’«interesse transfrontaliero di un appalto».
1.1. Si tratta di valutazione discrezionale che, però, non è sottratta a sindacato giurisdizionale. E, siccome «anche appalti di valore esiguo possono presentare un interesse transfrontaliero certo» (come afferma la Corte), per le stazioni appaltanti – al fine di legittimarsi a far ricorso al criterio dell’esclusione automatica – viene a configurarsi un onere di previa e congrua motivazione sulla rilevanza dell’appalto per il solo mercato nazionale. I parametri motivazionali potrebbero essere quelli dell’importo e del luogo di esecuzione dell’appalto (cfr. infra, a proposito del richiamo della Corte a un intervento normativo interno).
a) ordinariamente, per usare le parole della Corte, si potrebbe «escludere l’esistenza di un tale interesse nel caso, ad esempio, di un valore economico molto limitato dell’appalto»; l’affidamento di lavori mediante cottimo (che comunque deve avvenire nel rispetto dei principi fondamentali del Trattato) dovrebbe ragionevolmente essere coperto da questo parametro motivazionale; parimenti, dovrebbe ritenersi sempre coperta, nei lavori, la fascia fino a EUR 150.000 (in relazione al criterio, comunque discrezionale, che per tale fascia non vige il regime del sistema unico di qualificazione); dovrebbe ragionevolmente essere coperta anche la fascia inferiore a EUR 500.000, in considerazione del fatto che la sufficienza della pubblicazione agli albi (D.Lgs. 163/2006, art. 122, comma 5) evidenzierebbe ex lege l’insussistenza di un interesse transfrontaliero;
b) nella mancanza di certezza che il criterio dell’importo possa ritenersi sufficiente, occorre far riferimento – per importi più alti e sempre nel settore dei lavori – anche al criterio del luogo (ad esempio, la particolarità del luogo potrebbe essere tale che parteciperebbero – di fatto – solo le imprese locali);
c) per servizi e forniture il problema è più complesso, in ragione del fatto che la soglia comunitaria è per i ministeri inferiore di ben trentotto volte rispetto a quella dei lavori e per gli altri enti di venticinque; come dire: appare difficile, sotto soglia comunitaria, individuare un modesto importo al di sopra del limite di EUR 20.000.
1.2. Ecco allora – sostiene la Corte – che «una normativa può certamente stabilire, a livello nazionale o locale, criteri oggettivi che indichino l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo. Tali criteri potrebbero sostanziarsi, in particolare, nell’importo di una certa consistenza dell’appalto in questione, in combinazione con il luogo di esecuzione dei lavori». L’intervento possibile del legislatore interno (alla Corte non interessa se la competenza normativa sia statale o regionale) servirebbe a dare «criteri oggettivi» alle stazioni appaltanti, in modo che quest’ultime – avendo certezza sui criteri di individuazione dell’«interesse transfrontaliero» – possano per converso applicare legittimamente il criterio dell’esclusione automatica, laddove appunto quell’interesse non ricorra. Resta il fatto che l’intervento normativo all’interno dello stato membro, se posto in essere, non deve comunque ingenerare nuovi problemi di compatibilità con il diritto comunitario.
2. Il criterio dell’esclusione automatica può tuttavia essere legittimo anche laddove certamente sussista l’«interesse transfrontaliero di un appalto», ma solo quando vi sia un numero eccessivamente elevato delle offerte da sottoporre a verifica di anomalia.
2.1. Il «numero eccessivamente elevato delle offerte» non viene preso in considerazione in assoluto, ma in relazione al fatto che «potrebbe obbligare l’amministrazione aggiudicatrice interessata a procedere alla verifica in contraddittorio di un numero di offerte talmente alto», che ne sarebbe pregiudicato l’interesse pubblico (cfr. infra).
In sostanza, più offerte presentate porterebbero a un maggior numero di offerte da sottoporre a verifica di anomalia, che sono quelle pari o superiori alla cifra di ribasso così come determinata con la formula matematica del c.d. “taglio delle ali”.
Se si proseguisse nel ragionamento della Corte, questo criterio di eccezionale legittimazione all’adozione dell’esclusione automatica sarebbe depotenziato dalla considerazione che – anche con un elevato numero di offerte presentate – non necessariamente aumenterebbe il numero delle offerte di cui verificare la congruità. Si applicherebbe, infatti, il principio di economia giuridica di cui all’art. 88, comma 7, del codice dei contratti pubblici: «La stazione appaltante sottopone a verifica la prima migliore offerta, se la stessa appaia anormalmente bassa, e, se la esclude, procede nella stessa maniera progressivamente nei confronti delle successive migliori offerte, fino ad individuare la migliore offerta non anomala». Siccome però la richiamata norma configura solo un’eventualità possibile (nel senso che potrebbe finanche verificarsi la naturale necessità, alla fine, di dover esaminare tutte le offerte pari o superiori alla soglia di anomalia), la stazione appaltante, nella valutazione che deve porre in essere preventivamente in ordine alla legittima scelta del criterio dell’esclusione automatica, non può far altro che riferirsi al numero delle offerte che saranno effettivamente presentate.
Si dirà, cioè, in analogia a quanto prevede il D.Lgs. 163/2006, art. 86, comma 4, che il criterio dell’esclusione automatica non si applicherà qualora il numero delle offerte ammesse sia inferiore, ad esempio, a cinquanta.
2.2. Stabilire preventivamente un ragionevole limite numerico, tendente verso l’alto, non è tuttavia sufficiente. La proporzionatezza della fissazione di tale limite, che può variare di volta in volta, si deve collegare a due possibili criteri motivazionali da evidenziarsi nella disciplina di gara: o che si ecceda la capacità amministrativa della singola amministrazione nel valutare l’anomalia delle offerte, ovvero che si pregiudichi la realizzazione del progetto a causa del ritardo che tale verifica potrebbe comportare.
Nel primo caso, gioca il profilo dimensionale della stazione appaltante; nel secondo, la comprovata necessità della celerità procedimentale nella fattispecie concreta (senza, peraltro, che si richieda necessariamente la sussistenza del presupposto dell’urgenza).
Notiamo che, mentre l’ordinamento nazionale riconduceva l’inapplicabilità dell’esclusiome automatica a un problema di sostenibilità matematica della formula del “taglio delle ali” (numero di ribassi inferiori a cinque), l’ordinamento comunitario la riconduce a un problema di garanzia per gli offerenti. È diversa quindi la ragione per cui, con poche offerte, l’esclusione automatica non è ammessa.
2.3. Certamente, dice la Corte, la soglia di cinque offerte valide non può essere considerata ragionevole. Spetta al legislatore, o comunque alla singola amministrazione procedente (come sopra si è visto), di fissare una soglia idonea al fine dell’applicazione dell’esclusione automatica delle offerte. Tale scelta deve essere ragionevole anche quando sia il legislatore a farla, in anticipo sulle stazioni appaltanti in quanto a loro garanzia ([1]).
[1] Per approfondimenti, cfr. http://www.linobellagamba.it/index.asp?pag=3 .
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