La posta elettronica certificata ha attirato, sin dalla sua nascita, non poche critiche: vorremmo occuparci, in particolare, di una censura sollevata negli ultimi tempi, secondo cui la PEC potrebbe sconvolgere la gestione informatica dei flussi documentali, a causa della novità introdotta dal DPCM 6.5.2009 che, all’art. 4, dispone che l’invio tramite PEC costituisce sottoscrizione elettronica ai sensi dell’art. 21, comma 1, del D.Lgs. 82/2005 (tale sottoscrizione elettronica configura la c.d. firma elettronica non qualificata, definita comunemente come firma elettronica leggera, debole, etc.).
Ci permettiamo di contraddire la ritenuta rilevanza della suddetta novità, osservando che quest’ultima potrebbe non comportare alcuno sconvolgimento nella gestione informatica dei flussi documentali, ove si condividano le seguenti considerazioni:
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la firma digitale rimane, nell’ambito della gestione informatica dei flussi documentali, il superiore contrassegno di autenticità, per nulla scalfito dalla configurazione della PEC come firma elettronica (non qualificata). Nella disciplina generale della trasmissione telematica alle pubbliche amministrazioni di istanze e dichiarazioni, il D.Lgs. 82/2005 si affida alla firma digitale quale strumento che può essere configurato come indispensabile nei casi necessari: infatti, l’art. 65, comma 2, stabilisce che le pubbliche amministrazioni possano stabilire quando è necessaria la sottoscrizione con firma digitale. Le cautele di una corretta gestione dei flussi documentali, anzi, impongono alle pubbliche amministrazioni di effettuare tale valutazione ai fini della conseguente scelta: si configura, quindi, una deroga al generale principio di possibilità di utilizzo della sola PEC (o della carta nazionale servizi o, ancora, della carta d’identità elettronica). La predetta disposizione è ribadita dall’art. 4, comma 4, del DPCM 6.5.2009, secondo cui le pubbliche amministrazioni devono sì accettare l’invio, da parte dei cittadini, di istanze tramite PEC (o CEC-PAC), ma non per questo esse sono private del potere di richiedere anche la sottoscrizione con firma digitale (ove lo ritengano, appunto, necessario).
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L’invio di un’istanza tramite PEC (senza firma digitale ove non escluso dall’amministrazione destinataria) sarà inquadrato, dal ricevente/gestore del flusso documentale, come firma elettronica non qualificata, la cui efficacia probatoria deriverà dalle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità (art. 21, comma 1, CAD). La configurabilità della PEC come firma elettronica (non qualificata) costituisce un riflesso della peculiare gerarchia italiana delle firme elettroniche: d’altro canto, nel recente passato molti commentatori propugnarono la tesi della configurabilità della semplice e-mail come firma elettronica “leggera”; coerentemente, adesso non si dovrebbe pretendere di spogliare la PEC del requisito reclamato con vigore, invece, per il suo parente “povero” (sulla questione originaria ci sia consentito di rinviare a Rognetta, “Decreti ingiuntivi basati su e-mail: la configurabilità della firma elettronica ai fini della prova scritta”, in Diritto dell’Internet, n. 1/2005).
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La PEC, nell’ambito della gestione dei flussi documentali di una pubblica amministrazione, non deve essere isolata dal procedimento amministrativo di riferimento: la PEC può essere uno strumento prezioso per lo stesso procedimento, se sottoposta a corrette e predeterminate regole di gestione, in armonia con la disciplina dell’iter del procedimento amministrativo; la PEC, se proficuamente integrata nel protocollo informatico, può apportare un benefico arricchimento delle informazioni sui flussi documentali.
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Un buon sistema di protocollo informatico e di gestione dei flussi documentali dovrebbe già da tempo aver consolidato regole di trattamento della PEC; la configurazione della PEC quale firma elettronica non qualificata sarà disciplinata, ove non già previsto nel manuale di gestione, con un opportuno adeguamento dello stesso manuale, finalizzato ad armonizzare le procedure relative ai documenti con firma elettronica non qualificata, con le eccezioni di trattamento sopra previste (che dovranno essere trasparenti, come impone la normativa sul protocollo informatico).
Il problema, quindi, non ci sembra quello relativo alla configurazione della PEC quale firma elettronica.
Riteniamo, invece, che la gestione informatica dei flussi documentali potrebbe subire qualche ripercussione qualora tra i cittadini si diffonderà intensamente l’uso della PEC (o, meglio, della CEC-PAC gratuita) per dialogare con le pubbliche amministrazioni: queste ultime, infatti, si potrebbero trovare impreparate a gestire un’improvvisa massa di comunicazioni telematiche (alla CEC-PAC, inoltre, si aggiungeranno le comunicazioni inviate tramite PEC da professionisti e imprese).
E’ possibile, in effetti, che gli utenti, una volta acquisita confidenza con il nuovo strumento e scoperta l’economicità di PEC e CEC-PAC rispetto alla raccomandata a/r, inizieranno a sommergere le pubbliche amministrazioni di comunicazioni ridondanti e superflue: questo è uno dei rischi che dovrà essere affrontato con una accorta gestione dei flussi documentali.
Rognetta Giorgio
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