Il decreto legge 193/2009, convertito in legge 24/2010, introducendo la posta elettronica certificata (PEC) quale nuovo strumento del processo telematico, comporta la necessità di aggiornare le regole tecniche attualmente contenute nel D.M. 17 luglio 2008.
Il testo di queste nuove regole tecniche è stato protetto da una misteriosa cappa di segretezza, poiché si è inteso evitare, con una scelta forse criticabile, la trasparente formazione di regole sia pure così importanti per gli operatori della giustizia.
Dopo una prima lettura del testo, che circola comunque in questi giorni tra gli addetti ai lavori, la nostra prima impressione riguarda la sostituzione della PEC dedicata del processo telematico (la CPECPT) con la PEC “ordinaria” (come del resto poteva desumersi dal tenore delle novità introdotte dal D.L. 193).
Infatti l’art. 2, contenente le definizioni, definisce la PEC come “sistema di posta elettronica in cui è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l’invio e la consegna di documenti informatici, di cui al DPR 11.2.2005, n. 68”, eliminando la definizione di CPECPT contenuta nelle attuali regole tecniche; inoltre il punto di accesso, nella definizione di cui al nuovo art. 2, non rilascia più caselle di CPECPT: scompare quindi, già a livello di definizioni, ogni riferimento alla CPECPT.
L’art. 4 stabilisce che il Ministero della giustizia si avvale del proprio gestore di PEC, secondo quanto previsto dal codice dell’amministrazione digitale: quindi anche in tal caso si prevede l’utilizzo della PEC “ordinaria”.
Anche per gli avvocati il riferimento è agli elenchi di indirizzi PEC “ordinari” di cui al D.L. 185/2008 (si veda il nuovo art. 7 che attua, del resto, l’art. 4 del D.L. 193); stesso riferimento è contenuto nell’art. 17 per quanto concerne i destinatari (imprese e professionisti) delle notifiche.
Per quanto concerne la certificazione del difensore, le nuove norme si adattano a quelle relative alla modalità di tenuta informatica dell’albo degli avvocati, introdotta dal D.L. 193, che ha previsto l’obbligo di inserire la PEC degli iscritti nell’albo informatico degli avvocati; la certificazione del difensore, quindi, non ruoterà più attorno all’attuale struttura complessa dell’indirizzo elettronico cui è associata la CPECPT.
La PEC diviene lo strumento anche per la trasmissione dei documenti da parte degli avvocati e degli altri soggetti “abilitati esterni”, nonché degli utenti privati: tali documenti si intenderanno ricevuti dal “dominio giustizia” quando sarà generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di PEC del Ministero; tale ricevuta attesterà anche l’avvenuto deposito dell’atto o documento presso l’ufficio giudiziario competente (art. 13).
Insomma, la PEC diviene il perno del nuovo processo telematico, ma con qualche problema per quanto concerne i contratti in essere per la maggior parte degli avvocati, ai sensi del D.L. 185/2008: le nuove regole tecniche prevedono che la casella PEC disponga di almeno 10 gigabyte, ampiamente al di sopra dei limiti di spazio disco delle caselle PEC di cui dispongono gli avvocati per effetto dei contratti stipulati a seguito del D.L. 185.
Ci ha sorpreso, inoltre, l’eliminazione dalle regole tecniche dei riferimenti per la disciplina della conservazione (attualmente nel capo VII delle regole tecniche). Sembra un azzardo, soprattutto con riferimento ai soggetti abilitati esterni, non suggerire una solida base normativa che, in modo chiaro e rassicurante, espliciti come conservare nel tempo le ricevute informatiche dei documenti inviati tramite PEC, procedura questa per nulla semplice. Infatti, l’art. 20 delle nuove regole tecniche stabilisce soltanto che l’avvocato deve conservare “con ogni mezzo idoneo” le ricevute di avvenuta consegna dei messaggi trasmessi al dominio giustizia: una disposizione, questa, insufficiente, che rimanda all’improvvisazione e alla buona volontà dell’utente, mentre questo è uno dei punti più delicati della nuova disciplina, che doveva essere disciplinato con il massimo rigore, tramite precise scelte normative anche a livello tecnico.
Si tratta di una trascuratezza delle regole tecniche, che regolamentano solo la formazione e la trasmissione dei documenti informatici processuali, lasciando un grosso punto interrogativo sulle modalità di archiviazione e conservazione. É vero che sono in corso di revisione le regole tecniche sulla conservazione informatica dei documenti, ma questo non giustifica una simile lacuna, nel momento in cui si introduce nel processo la PEC, cioè uno strumento inedito per il difensore, che dovrà fare i conti anche con altri obblighi connessi (la quantità minima di gigabyte, i c.d. avvisi di saturazione, il software antivirus e antispam, i periodi limitati in cui sarà consentito modificare l’indirizzo elettronico).
Infine, l’abbandono della CPECPT in favore della PEC è suggellato dall’art. 35, il quale stabilisce che l’attuale indirizzo elettronico sarà utilizzabile solo sino al 31 dicembre 2010. Un varco, forse non del tutto ortodosso, potrebbe aprirsi considerando il rinvio che molti articoli delle nuove regole, anche per gli aspetti sopra considerati, fanno a successive specifiche tecniche, che dovranno essere stabilite dal responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia.
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