L’introduzione dell’obbligo incombente sul “costruttore (…) a contrarre ed a consegnare all’acquirente all’atto del trasferimento della proprietà una polizza assicurativa indennitaria decennale a beneficio dell’acquirente e con effetto dalla data di ultimazione dei lavori a copertura dei danni materiali e diretti all’immobile, compresi i danni a terzi, cui sia tenuto ai sensi dell’art. 1669 c.c., derivanti da rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione e comunque manifestatasi successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o di assegnazione” (art. 4 del D. Lgs. 122/05) costituisce un elemento, non l’unico, introdotto dal Legislatore del 2005 con il precipuo scopo di realizzare un impianto legislativo che assicuri piena tutela patrimoniale (cfr. art. 1 Legge Delega 02.08.04 n. 210) dell’acquirente di immobili da costruire o in costruzione nella fase antecedente al trasferimento della proprietà dell’immobile stesso (di seguito per semplicità: rogito) e nella fase successiva a detto trasferimento.
Quanto alla fase “pre-rogito”, in via di estrema sintesi data la complessità dell’argomento che merita una trattazione ad hoc, il Legislatore del 2005 (Cfr. art. 2, 3 D. Lgs. 122/05) ha previsto l’obbligo per il costruttore, sanzionato a pena della nullità del contratto, “di procurare il rilascio e di consegnare all’acquirente all’atto di stipula o in un momento precedente (…) una fideiussione”, che garantisca l’acquirente stesso in relazione agli “acconti” versati prima del rogito nell’l’ipotesi in cui “il costruttore incorra in uno stato di crisi”.
Quanto alla fase “post-rogito”, il Legislatore ha introdotto la polizza oggetto del presente approfondimento. Quest’ultima è, infatti, destinata a garantire il risarcimento dei danni conseguenti a vizi dell’immobile verificatisi in epoca successiva alla stipulazione del contratto definitivo di compravendita indipendentemente dal verificarsi di uno stato di crisi in capo all’imprenditore.
Il soggetto attivo obbligato alla consegna di detta polizza è il costruttore. Grazie alla limpida tecnica definitoria utilizzata dal Legislatore del 2005, ben si comprende che tenuto alla consegna della polizza in questione è solo il soggetto che ha venduto un immobile ancora non costruito: l’art. 1, comma 1, lett. b) definisce costruttore “l’imprenditore o la cooperativa edilizia che promettano in vendita o che vendano un immobile da costruire, ovvero che abbiano stipulato ogni altro contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto la cessione o il trasferimento non immediato in favore di un acquirente della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire, sia nel caso in cui lo stesso venga edificato direttamente dai medesimi, sia nel caso in cui la realizzazione della costruzione sia data in appalto o comunque eseguita da terzi”.
Si deve pertanto escludere in maniera tassativa dall’ambito di applicazione del Decreto Legislativo n. 122/05 ed, in particolare, della norma di cui all’art. 4, il soggetto che vende un immobile già costruito, anche se va detto che la Relazione tiene a precisare che nell’ipotesi in cui il costruttore sia diverso dal venditore, quest’ultimo avrà “l’obbligo di procurarsi dal costruttore copia della polizza e di consegnarla all’acquirente, come parte integrante dei propri obblighi contrattuali”.
Quanto al delicato profilo temporale, si deve precisare che il costruttore (nel senso sopra specificato) è tenuto a stipulare e a consegnare la polizza de qua “all’atto della stipula del contratto ovvero in un momento precedente”. Quando viene consegnata in un momento precedente al trasferimento della proprietà, la polizza avrà efficacia in ogni caso “dalla data di ultimazione dei lavori” e si protrarrà per i successivi dieci anni dal completamento degli stessi.
I problemi applicativi di maggiore spessore si pongono in relazione all’operatività di detta polizza.
In altre parole, il quesito a cui occorre dare risposta è il seguente: quali sono i danni materiali e diretti all’immobile, compresi i danni a terzi, derivanti da rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto di costruzione?
Dal tenore letterale della norma risulta chiaro il riferimento alle garanzie previste ex lege derivanti dal contratto di appalto e, precisamente, ai casi disciplinati dall’art. 1669 c.c.
Il rinvio consente di precisare che l’impianto normativo così creato non costituisce un assoluto novum del nostro ordinamento giuridico.
Infatti, già prima del D. Lgs. 122/05 1’acquirente di un immobile era tutelato dalla garanzia prevista ex art. 1669 c.c. norma, posta a tutela di evidenti interessi pubblicistici, che espressamente stabilisce che “quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purchè sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta”.
L’aspetto fortemente innovativo e decisamente garantistico della disposizione in oggetto è costituito dall’introduzione di un diverso soggetto obbligato (la Compagnia Assicurativa) tendenzialmente solvibile, contrattualmente tenuto a risarcire l’acquirente nel caso in cui si appalesino i vizi sopra meglio indicati.
Quando l’assicuratore è tenuto a risarcire un danno materiale e diretto all’immobile, compresi i danni a terze persone?
Ora, grossi problemi ermeneutici non si pongono in caso di rovina totale dell’edificio, vale a dire in caso di totale perimento dell’opera (Cass. Civile, sez. III, 27 gennaio 2005 n. 1666), ipotesi peraltro decisamente remota sulla quale non sembra il caso di dilungarsi ulteriormente.
Più complesso dal punto di vista definitorio-applicativo è il concetto di rovina parziale dell’edificio. All’uopo viene in aiuto l’attività esegetica del Supremo Collegio che, più volte intervenuto sul punto, ha indicato che per rovina parziale si deve intendere “ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati che influiscono sulla stabilità dell’edificio” (ex plurimis: Cass. Civile, sez. III, 27 gennaio 2005, n. 1666; Cass. Civile, sez. III, 8 settembre 1998, n. 8876).
Meno agevole è la definizione dei gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione.
Sulla scorta dei risultati applicativi cui è giunta la giurisprudenza di legittimità e di merito, si può sicuramente affermare che dalla categoria in esame esulano quei fenomeni che influiscono sulla stabilità dell’edificio, pena ovviamente, l’inammissibile assimilazione con l’altra ipotesi di rovina parziale dell’edificio.
Per gravi difetti costruttivi si devono perciò intendere tutte quelle alterazioni che, “pregiudichino in modo grave e non necessariamente globale la funzione cui l’immobile interessato è destinato”, cioè “limitino in modo notevole la possibilità di godimento anche di una sola parte del medesimo” (ex plurimis: Cass. Civile, sez. II, 28 aprile 2004, n. 8140; Cass. Civile, sez. II, 1 agosto 2003 n. 11740), ovvero “incidono in maniera profonda sugli elementi strutturali essenziali”,così compromettendone statica e conservazione.
La casistica della Suprema Corte fornisce una corposa elencazione pratica di che cosa si deve intendere per grave difetto: si pensi, ad esempio, all’ipotesi di “mattonelle del pavimento scollate e rotte in misura percentuale notevole rispetto alla superficie rivestita” (Cass. Civ., sez. II, 28 aprile 2004, n. 8140), all’“insufficiente numero delle tegole, con pericolo di caduta di tegole e non un semplice spostamento, che si potrebbe definire fisiologico, di singole tegole” (Cass. Civ., sez. II, 28 marzo 1997, n. 2775), ai “pavimenti in legno con distacco in più punti del parquet con la conseguenza che quasi tutte le porte strisciavano a terra; chiudendosi con difficoltà o non chiudendosi affatto” (Cass. Civ., sez. II, 1 febbraio 1995 n. 1164).
Quid juris se il costruttore non consegna la polizza?
E’ di tutta evidenza che il compratore può legittimamente rifiutarsi di stipulare il contratto definitivo ed eventualmente, se non intende chiedere l’adempimento del contratto magari deducendo dal prezzo il valore della Polizza (facendo dedurre dal Giudice, in caso di disaccordo), può recedere chiedendo il doppio della caparra, il che dovrebbe scoraggiare inutili ostruzionismi del costruttore.
Ma, posto che, in mancanza di disposizioni imperative in tal senso, il Notaio non può rifiutarsi di stipulare, quid juris se il contratto è ugualmente stipulato? Il contratto a noi pare perfettamente valido ed efficace, l’unica conseguenza è che l’acquirente, che ha scelto di non giovarsi di questa disposizione normativa in suo favore, in caso di ulteriore vendita nei dieci anni dalla ultimazione delle opere, potrebbe essere costretto a proprie spese a procurare al proprio subacquirente (che poteva presumerla compresa nel prezzo) la Polizza in questione.
Como, 14 marzo 2006
Avv. Claudio Bocchietti – Como
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