Avere particolari tendenze o qualsivoglia perversioni, certamente e giustamente non costituisce reato ma lo diventa quando, e se, una persona venga posta in pericolo; sarà, quindi, perseguibile se realizzerà concretamente la sua attrazione con un atto sessuale.
Nel caso della pedofilia, il legislatore italiano ha previsto una particolare forma di tutela dei minori, perseguendo penalmente non solo la mera condotta fisica riconducibile ad esso, ma qualsiasi comportamento avente ad oggetto rappresentazioni con minori, riguardanti la sfera erotico-sessuale. Infatti, l’art. 600 ter c.p. prevede il reato di pornografia minorile: sanzionando severamente la realizzazione di materiale pedopornografico, perseguendo anche chiunque, pur non prendendo parte attiva alla creazione di dati pedopornografici, ne favorisca la diffusione, produzione o commercio.
Per cui, la ratio legis delle norme riguardanti la tutela sessuale del minore, concerne la garanzia dell’integrità fisica e psichica di quest’ultimo.
La pedopornografia
La pornografia minorile è un reato previsto dall’art. 600 ter c.p., che sanziona severamente una serie di condotte riconducibili ad ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore di anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite (realizzazione, diffusione o distribuzione del materiale, reclutamento dei minori per tali fini, ecc), al fine di predisporre una completa tutela della sessualità e dello stato psicologico del minore.
A tal fine, infatti, non soggiace a sanzione penale soltanto chi fa commercio di pedopornografia per trarne profitto; lo è anche chiunque offre o cede ad altri il materiale a titolo gratuito. Per quest’ultimo caso, il comma 4 dell’art. 600 ter c.p. prevede una pena più lieve rispetto alle fattispecie di commercio a fini di lucro, prevista dal comma 2 del medesimo articolo.
È doveroso sottolineare che il codice penale, prevede altresì, che la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi, se il materiale pedopornografico divulgato, pubblicizzato o diffuso, a titolo commerciale o gratuito, sia di ingente quantità.
Si arguisce la severità con cui l’ordinamento penale sanziona le condotte inerenti la pedopornografia, anche dalle norme procedurali che nei casi di realizzazione, produzione e reclutamento o induzione di minori al materiale pornografico, consentono misure cautelari personali (280, 287 c.p.p.), il fermo di indiziato (384 c.p.p.) e l’arresto obbligatorio in flagranza (380 c.p.p.).
Detenzione di materiale pornografico minorile
La sanzione ex art. 600 quarter c.p., è diretta, invece, contro chiunque si procuri o detenga materiale pedopornografico, seppure non ne sia stato l’autore o gli sia stata offerta a titolo gratuito.
Le condotte in oggetto, non integrano due distinti reati. Procurarsi o detenere dati pedopornografici rappresenta due diverse modalità di perpetrazione del medesimo reato, potendo quindi concorrere tra loro se riguardano lo stesso materiale. Qualora, invece, si consti che il materiale pedopornografico sia stato procurato in momenti diversi e poi detenuto, ricorre la continuazione tra i reati.
Anche nella fattispecie di reato ex art. 600 quarter c.p., soggiace all’aggravante della pena ove il materiale pedopornografico detenuto sia di ingente quantità.
Per quanto riguarda la quantificazione a cui fa riferimento circostanza aggravante, la sent. Cass. pen. n. 39543/2017 impone al giudice di tener conto del numero dei supporti informatici detenuti e del numero di immagini contenute in ognuno di essi. Le immagini in oggetto, sono da considerare come obiettiva unità di misura, perciò “l’ingente quantità” in esame, risulta configurabile nell’ipotesi di detenzione di almeno un centinaio di immagini pedopornografiche.
Il legislatore prescinde dal fine di lucro. Infatti, commette reato anche chi, solo per soddisfare la propria libidine, scatti fotografie alle parti intime di un minorenne consenziente. L’irrilevanza dello scopo a cui destinato il materiale pedopornografico detenuto (domestico o pubblicitario), mette in evidenza l’importanza, ancora una volta, della tutela dell’integrità del minore. L’austerità della sanzione anche per colui che “semplicemente” ma coscienziosamente detiene qualsiasi prodotto pedopornografico, evidenzia la priorità di salvaguardare il minore, dalla condotta di un adulto che possa minacciare o influire sulla sua innocuità.
Sul punto:”Reato di produzione di materiale pedopornografico: quando ricorre la fattispecie?”
Pornografia virtuale
Il quadro della tutela penalistica della sessualità minorile si chiude con l’estensione delle norme sopra analizzate. La c.d. pornografia virtuale, ex art. 600 quarter 1, attiene al materiale pornografico che rappresenta immagini virtuali realizzate con tecniche di elaborazione grafica utilizzando immagini di minori.
In questo caso la pena è comunque diminuita di un terzo rispetto alla detenzione di immagini pedopornografiche reali.
È un reato che ha suscitato ben pochi dibattiti giurisprudenziali, soprattutto riguardo a disegni, pitture o fumetti raffiguranti immagini erotiche riconducibili a minori.
Nel caso di specie, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che il fatto commesso non costituisse reato ex art. 600 quarter 1 c.p., poiché “non apparivano effigiati minorenni, per così dire veri, ossia realmente esistenti e non erano state utilizzate immagini, o parti di immagini reali, di soggetti minori degli anni 18”.
A tal proposito, con sent. n. 22265/2017, la Suprema Corte di legittimità classifica il delitto di pedopornografia virtuale come un reato di pericolo in concreto.
Ciò significa che, per rilevare sul piano penale, l’immagine pedopornografica virtuale (anche un fumetto o un cartone animato), deve avere una qualità rappresentativa tale da far apparire come accadute o realizzabili nella realtà e quindi vere, ovvero verosimili, situazioni non reali, ossia frutto di immaginazione di attività sessuali coinvolgenti bambini/e. Ne deriva che, se l’immagine pedopornografica virtuale per la sua grossolanità e rozzezza non ha la forza in concreto di rappresentare un minore in carne ed ossa, non rientra nei cari di fattispecie di reato di cui all’art. 600 quarter 1 c.p.
Una volta delineati i margini dei casi rientranti nella fattispecie dell’art. 600 quarter 1 c.p., la Cass. Penale, sottolinea l’importanza della codificazione della pedopornografia virtuale ricordando che il legislatore, così facendo, ha ampliato e rafforzato la tutela penale contro la pornografia minorile, perseguendo chi utilizza in qualunque modo, o diffonde, materiale pedopornografico virtuale, in quanto, conducono comportamenti che alimentano l’attrazione per manifestazioni di sessualità rivolte al coinvolgimento di minori.
Lo scopo della criminalizzazione delle suddette condotte soggiace, altresì, nell’evitare che tali immagini possano divenire strumento per sedurre dei soggetti minori od invitarli a partecipare ad attività sessuali.
Sulla base di quanto sopra esposto, la Corte censura la sentenza impugnata per avere escluso la sussistenza del fatto soltanto perché le immagini incriminate rappresentavano minori di fantasia. Atteso che, come si è visto, anche il disegno pedopornografico di un minore di fantasia sia del tutto simile a un minore reale, va ricompreso nella definizione data dall’art. 600 quater 1 c.p.
Se, come si è visto, l’art. 600 quater 1 c.p. serve a proteggere i percorsi di crescita del soggetto minorenne, è indubbio che per poter raggiungere questo obiettivo tale norma, deve perseguire coloro che producono, diffondono e/o detengono immagini virtuali pedopornografiche che, proprio per la loro alta capacità evocativa di situazioni reali, siano potenzialmente in grado di sedurre o traviare minori.
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