La porta in ferro realizzata sul terrazzo viola la distanza tra costruzioni

Ai sensi dell’art. 905 Cc non risulta possibile aprire vedute dirette verso il fondo o sopra il tetto del vicino se non ad una distanza di un metro e mezzo. Allo stesso modo, non si possono costruire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi sul fondo del vicino, se non vi è la distanza di un metro e mezzo.

Viceversa, per quanto concerne le vedute laterali o oblique, l’art. 906 Cc stabilisce che non si possono aprire vedute sul fondo del vicino ad una distanza inferiore a settantacinque centimetri dal confine.

 

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La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20273, pubblicata in data 22 agosto 2017 chiarisce che tra le “vedute” deve essere ricompresa anche la porta di accesso al lastrico solare, a prescindere dal materiale utilizzato per la sua realizzazione.

Ed invero il proprietario di un immobile conveniva in giudizio il dirimpettaio lamentando la violazione delle distanze legali per le vedute, ex art. 905 Cc, per avere lo stesso realizzato una porta in ferro per l’accesso al lastrico solare, ad una distanza inferiore a quella prevista dalla legge.

Il Tribunale di Bari accoglieva la domanda, ordinando al convenuto la rimozione della porta e la sopraelevazione del muro di confine.

Tuttavia la Corte d’Appello di Bari, successivamente investiva del gravame, riformava la sentenza ritenendo come dalla porta di accesso al lastrico solare non fosse possibile esercitare una comoda “inspectio” e “prospectio”, in altri termini, che la porta realizzata dall’appellante non costituisse veduta, specie in relazione al materiale utilizzato per la sua realizzazione.

Il giudizio, giunto dinnanzi alla VI sezione civile della Corte di Cassazione, veniva definito in camera di consiglio con ordinanza, ex art. 380 bis Cpc, che accoglieva il ricorso proposto dall’originario attore e rinviava la causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari.

La stessa, per motivare la propria decisione, richiama il precedente per cui “in tema di limitazioni legali della proprietà, con particolare riferimento alle scale, ballatoi e alle porte, che fondamentalmente sono destinati all’accesso all’edificio, e soltanto occasionalmente utilizzabili per l’affaccio, possono configurare vedute quando – indipendentemente dalla funzione primarie del manufatto – risulti obiettivamente possibile, in via normale, per le particolari situazioni o caratteristiche di fatto, anche l’esercizio della “prospectio” ed “inspectio” su o verso il fondo del vicino (Cfr. Cass. n. 499 del 2006 e Cass. 16 marzo 1981 n. 1451)”.

Ciò posto, la Suprema Corte ritiene che erra la corte territoriale nel ritenere dirimente solo la circostanza per cui la porta collega due spazi, atteso che tale elemento non vale ad escludere di per sé l’obiettiva esistenza di una servitù di veduta, né si può ritenere che il materiale utilizzato per la realizzazione della porta, nello specifico il ferro, possa escludere una comoda “inspectio” e “prospectio”.

Pertanto, come detto, la Corte di Cassazione annulla la sentenza in relazione alla censura (violazione dell’art. 905 Cc) accolta e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, a diversa sezione della Corte d’Appello.

Sentenza collegata

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Avv. Accoti Paolo

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