La prostituzione è una attività di prestazione di servizi retribuita e quindi assimilabile al lavoro autonomo se svolta in modo continuativo e abituale, è comunque soggetta ad imposizione fiscale se è invece esercitata in modo occasionale poiché rientra nella categoria dei redditi diversi.
La guardia di Finanza esegue una verifica fiscale a carico di una signora che, ad eccezione dell’anno 2003, non aveva mai presentato una dichiarazione dei redditi.
A seguito degli accertamenti effettuati la signora risultava possedere numerose autovetture, alcune di lusso, risultava intestataria di un immobile, di diversi contratti di locazione, di dieci conti correnti attivi e di gestioni patrimoniali. La Guardia di Finanza emette quindi un avviso di accertamento. La signora ricorre contro il provvedimento sostenendo che tali redditi, provenendo dalla propria attività di prostituzione, non sono tassabili.
La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze accoglie parzialmente il ricorso ma la sentenza viene contestata dall’Agenzia delle Entrate che propone appello.
Il Giudice di appello conferma in seguito che i proventi dell’attività da prostituzione devono essere tassati e compresi nella categoria residuale dei “redditi diversi”. Contro la sentenza d’appello la signora ha proposto un nuovo ricorso ma la Corte di Cassazione lo ha respinto affermando che:
– l’elemento comune dei diversi tipi di redditi considerati dal testo Unico delle imposte sui redditi è la derivazione del reddito stesso da una fonte produttiva;
– tale impostazione è stata poi ampliata da leggi successive che hanno stabilito che i proventi derivanti da attività illecita (civile, penale o amministrativa), se non sottratti con sequestro o confisca, sono sottoposti a tassazione e che i proventi illeciti sono comunque considerati redditi diversi;
– se sono considerati reddito i proventi derivanti da attività illecita a maggior ragione devono considerarsi reddito i proventi derivanti da attività di prostituzione, di per sé non illecita (infatti, è illecito solo il favoreggiamento o lo sfruttamento della prostituzione).
– nel caso specifico il giudice di merito ha accertato che la signora svolgeva autonomamente e liberamente tale attività ottenendo dei profitti e ha correttamente stabilito che tale attività è assimilabile al lavoro autonomo, se esercitato in forma abituale, o da redditi diversi se, sempre in modo autonomo, è esercitata in maniera occasionale.
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