La pubblica amministrazione: definizione, principi, struttura e profili di criticità

Il diritto amministrativo si occupa di regolare l’organizzazione, i mezzi e le forme delle attività della PA nonché i rapporti tra PA e gli altri soggetti dell’ordinamento, sia nel caso in cui la PA agisca come “autorita” (spendendo il potere autoritativo) e sia quando la PA agisce come un qualsiasi “soggetto privato” (utilizzando i mezzi e gli strumenti del diritto privato, come prescrive l’art. 1-bis, legge n. 241/1990, introdotto dalla legge n. 15/2005). La nozione di PA puo essere intesa in senso: a) OGGETTIVO; b) SOGGETTIVO. In riferimento al punto a), la PA svolge l’attività diretta alla cura concreta degli interessi pubblici, posta in essere in base alla legge e nel rispetto dei fini dalla stessa (legge) predeterminati. Merita mensione la differenza tra “attività politica” e “attività amministrativa”: la prima tendenzialmente insindacabile in sede giurisdizionale (es. art. 31, TU Consiglio di Stato, affermante: è esclusa l’impugnazione in sede giurisdizionale degli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico); la seconda, ampiamente discrezionale, ma sempre suscettibile d’essere contestata in sede giurisdizionale. In riferimento al punto b), la PA è l’insieme delle strutture costituite per lo svolgimento di funzioni amministrative. E’ noto, pertanto, che manca una definizione legislativa di carattere generale, mentre il legislatore si preoccupa di definire la PA solo in riferimento ad un certo ambito (es. art. 1, comma 2, T.U. n. 165/2001 in materia di lavoro pubblico). La Dottrina e la Giurisprudenza, hanno elaborato degli INDICI DI RICONOSCIMENTO DELLA NATURA PUBBLICA DI UN ENTE; per cui, la natura pubblica viene desunta da: a) esistenza di un sistema di controlli pubblici; b) partecipazione dello Stato o altro Ente pubblico alle spese di gestione; c) costituzione su iniziativa pubblica; d) esistenza di un potere di direzione in capo ad un ente pubblico; e) ingerenza di un ente pubblico nella nomina degli organi di vertice. La nozione comunitaria di PA e, anch’essa, multiforme, in base al settore specifico; per es., in riferimento all’art. 45, par. 4, TFUE, per cui la libera circolazione dei lavoratori non si applica con riguardo agli impieghi nella PA, la Sent. Corte Giustizia, 17/12/1980, C-149/79, ha accolto una nozione ristretta di PA, ritenendo che rientrano nella suddetta deroga solo i posti che implicano la partecipazione diretta o indiretta all’esercizio dei pubblici poteri e alle mansioni che hanno ad oggetto, la tutela degli interessi generali dello Stato e delle altre collettività pubbliche. Restando sempre in ambito comunitario, la nozione di PA in riferimento alla materia degli appalti è più ampia, assoggettando anche gli “organismi di diritto pubblico”, cioè qualsiasi soggetto che (sebbene formalmente privato): a) soddisfi specificamente bisogni d’interesse generale non avente carattere industriale e commerciale; b) abbia personalità giuridica; c) sia sottoposto all’influenza dominante dello Stato [nonostante cio, anche a loro spetta l’obbligo, quando scelgono il contraente, di fare una gara sottoposta alle regole dell’evidenza pubblica di matrice comunitaria. 

Indice

1. I principi reggenti la PA e la sua attività

1.1 Il principio di legalità


Indica la necessità che l’attività dei pubblici poteri trovi il proprio fondamento nella legge. Secondo questo principio, non ci può essere apparato amministrativo, ne attribuzione di poteri se non in base alla legge. Questa definizione del principio di legalità, deve essere intesa a livello formale, si affianca ad un principio di legalità sostanziale secondo cui l’amministrazione, non solo deve agire nei limiti e sulla base di una previsione di legge ma altresì in conformità ad un disciplina sostanziale posta dalla legge. Pertanto, abbiamo tre concezioni del principio di legalità: a) NON CONTRADDITTORIETA’, nel senso che i regolamenti amministrativi non possono contenere norme contrarie alle disposizioni di legge; b) IN SENSO FORMALE, per cui la PA ha solo poteri conferiti dalla legge; c) IN SENSO SOSTANZIALE, per cui la PA deve esercitare i suoi poteri in conformità a ciò che la legge prescrive. La prima riserva di legge è sancita all’art. 97 Cost., che afferma: i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Tale riserva di legge è generalmente riconosciuta “relativa”, nel senso che lascia spazio alle fonti secondarie. Le Sentt. C. Cost., n. 307/2003 e 32/2009 hanno affermato che l’assoluta indeterminatezza del potere demandato ad una PA senza indicazione di alcun criterio da parte della legge, viola il principio di legalità sostanziale desumibile dal 97 Cost.. La seconda riserva di legge è sancita all’art. 95, comma 3 Cost., che afferma: la legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri e determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri

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1.2 Il principio di buon andamento e imparzialità


Questi principi, previsti dall’art. 97 Cost., prescrive il dovere dell’amministrazione di non discriminazione delle posizione dei soggetti coinvolti dalla sua azione, nel perseguimento degli interessi affidati alla sua cura (imparzialità) e l’esigenza della PA d’essere un soggetto agente efficace, cioe mentre un’impresa privata agisce con efficienza se raggiunge un certo profitto, per la PA il profitto e rappresentato dall’utile sociale raggiunto attraverso un piu o meno grande sacrificio di posizioni soggettive (buon andamento). Per l’art. 97 Cost.i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. In particolare, il BUON ANDAMENTO afferma che l’attività della PA deve essere diretta a realizzare l’interesse pubblico. Per far ciò, l’azione amministrativa deve essere guidata non solo dal principio della legalita ma anche dai principi dell’efficacia ed efficienza. Riguardo il principio di efficienza o di economicità fa riferimento hai mezzi impiegati dall’amministrazione nella propria attività dove un’amministrazione si dice che è efficiente quando adotta i mezzi piu adatti e meno costosi per svolgere i propri compiti (un’amministrazione che impiega piu personale, piu denaro, etc…agisce in modo inefficiente o comunque non economico). Tale principio in sostanza ha lo scopo di evitale gli sprechi. Il principio di efficacia riguarda invece i risultati effettivamente raggiunti dalla PA. Un’amministrazione si dice che è efficiente se riesce a raggiungere i risultati che si e prefissata di voler raggiungere. Quindi, per es., l’amministrazione scolastica e efficiente se riesce a ottenere una buona preparazione culturale o professionale degli studenti o riesce ad evitare troppe bocciatture. Sulla base di tale previsione normativa, i criteri generali da osservare sono: 1) economicità; 2) rapidità; 3) efficacia; 4) efficienza; 5) miglior contemperamento dei vari interessi. In riferimento alla IMPARZIALITA’, si stabilisce che l’attività della pubblica amministrazione, volta alla realizzazione dell’interesse pubblico, deve essere svolta con imparzialità. L’imparzialità deve intendersi sia come divieto di qualsiasi forma di favoritismo nei confronti di alcuni soggetti (divieto di comportamento negativo), sia come ugual diritto di tutti i cittadini ad accedere ai servizi erogati dalla PA (obbligo di comportamento positivo). 

1.3 I principi di autonomia e del decentramento


Questi due principi sono previsti dall’art. 5 Cost., nel quale “si riconosce e promuove le autonomie locali e attua nei servizi che dipendono dallo Stato, il più ampio decentramento amministrativo“. 

1.4 Il principio di sussidiarietà


Viene indicato con principio di sussidiarietà, quel principio sociale e giuridico che stabilisce l’intervento degli Enti pubblici territoriali (Regioni, Citta Metropolitane, Province e Comuni), sia nei confronti dei cittadini sia degli enti e suddivisioni amministrative ad esso sottostanti (ovvero l’intervento di organismi sovranazionali nei confronti degli stati membri), debba essere attuato esclusivamente come sussidio (ovvero come aiuto, dal latino subsidium) nel caso in cui il cittadino o l’entita sottostante sia impossibilitata ad agire per conto proprio. Detto in altri termini, il principio di sussidiarietà stabilisce che le attivita amministrative vengono svolte dall’entita territoriale amministrativa piu vicina ai cittadini (i comuni), ma esse possono essere esercitate dai livelli amministrativi territoriali superiori (Regioni, Province, Citta metropolitane, Stato) solo se questi possono rendere il servizio in maniera piu efficace ed efficiente. Si parla di sussidiarietà verticale quando i bisogni dei cittadini sono soddisfatti dall’azione degli enti amministrativi pubblici, e di sussidiarietà orizzontale quando tali bisogni sono soddisfatti dai cittadini stessi, magari in forma associata eo volontaristica. Il principio di sussidiarietà è stato recepito nell’ordinamento italiano con l’art. 118 Cost.. Tale principio implica che: a) le diverse istituzioni, nazionali come sovranazionali, debbano tendere a creare le condizioni che permettono alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente senza sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attivita: un’entita di livello superiore non deve agire in situazioni nelle quali l’entita di livello inferiore (e, da ultimo, il cittadino) e in grado di agire per proprio conto; b) l’intervento dell’entita di livello superiore debba essere temporaneo e teso a restituire l’autonomia d’azione all’entita di livello inferiore; c) l’intervento pubblico sia attuato quanto piu vicino possibile al cittadino. 

1.5 Il principio di adeguatezza


Il principio d’adeguatezza stabilisce che l’entita organizzativa che è potenzialmente titolare di una potesta amministrativa, deve avere un’organizzazione adatta a garantire l’effettivo esercizio di tali potesta; l’adeguatezza va considerata sia rispetto al singolo ente, sia rispetto all’ente associato con altri enti, per l’esercizio delle funzioni amministrative. Il principio di adeguatezza è citato nell’ordinamento italiano all’art. 118 Cost., unitariamente al principio di sussidiarieta e differenziazione. Dal combinato di questo principio con il principio di sussidiarietà, si ricava che se l’ente territoriale a cui è affidata una funzione amministrativa, che per il principio della sussidiarietà dovrebbe essere quello più vicino al cittadino amministrato, non ha la struttura organizzativa per rendere il servizio, questa funzione deve essere attribuita all’entità amministrativa territoriale superiore

1.6 Il principio di differenziazione


Il principio di differenziazione stabilisce che nell’assegnare una potestà amministrativa, si devono considerare le caratteristiche degli enti amministrativi riceventi; queste sono caratteristiche demografiche, territoriali, associative, strutturali che possono variare anche in misura notevole nella realta del paese. Il principio di differenziazione è citato nell’ordinamento italiano all’art. 118 Cost.

1.7 Il principio della pubblicità e della trasparenza.


Con l’emanazione della legge n. 241/1990 sono stati introdotti questi due nuovi principi. Si tratta di due principi che fanno riferimento al fatto che l’amministrazione deve permettere ai cittadini di potersi informare sulle sue attivita. Infatti a riguardo, la legge n. 241/1990 riconosce a tutti i cittadini di aver il diritto di accesso ai documenti amministrativi. Non tutti i documenti sono comunque accessibili non lo sono quelli coperti da segreto di stato, quelli indicati dal governo con proprio decreto, etc… Dall’applicazione di questi due principi ne deriva che: a) il procedimento di formazione dell’atto amministrativo e un procedimento pubblico; b) l’avvio del procedimento deve essere portato a conoscenza degli interessati; c) gli atti finali del procedimento devono essere pubblicizzati; d) gli interessati hanno diritto di prendere visione degli atti e dei documenti procedimentali; e) gli interessati hanno diritto di ottenere copia degli atti amministrativi. 

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1.8 Il principio di responsabilità


Per l’art. 28 Cost:, “I funzionari ed i dipendenti dello stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende anche allo Stato e agli enti pubblici”. Questo principio ci dice che determinati soggetti che svolgono la propria attivita in un determinato ufficio, devono rendere conto della loro attivita svolta perche di quegli atti compiuti essi ne rispondono in solido con l’amministrazione. 

1.9 Il principio dell’azionabilità delle situazioni giuridice dei cittadini contro la PA e il principio di sindacabilità degli atti amministrativi


Si tratta di principi disciplinati dagli: a) art. 24 Cost. (tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi); b) art. 113 Cost. (contro gli atti della PA è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della PA nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa). Secondo questi principi, tutti possono agire in giudizio per tutelare i propri diritti soggettivi e gli interessi legittimi, dinanzi ad un giudice ordinario quando vi è stata una violazione dei diritti soggettivi dove qui il giudice ordinario se vi è stata una violazione di un diritto soggettivo, disapplica l’atto amministrativo dichiarandolo illegittimo, oppure dinanzi ad un giudice amministrativo quando è stato violato un interesse legittimo dove qui il giudice annulla l’atto amministrativo illegittimo.

1.10 Il principio di finalizzazione dell’amministrazione pubblica agli interessi pubblici.


Secondo questo principio, la PA svolge la sua attività che è diretta a perseguire finalità collettive che lo stesso ordinamento generale gli attribuisce

2. L’organizzazione della pubblica amministrazione

2.1. L’ufficio


L’unita elementare dell’organizzazione amministrativa è l’ UFFICIO , definito come l’insieme di persone fisiche (tra cui il “titolare” che dirige e gli altri “addetti” all’ufficio, che svolgono compiti assegnati) e materiali organizzati per il perseguimento degli scopi istituzionali dell’ente. Tra il “Titolare” e gli “Addetti” c’e una relazione organizzativa denominata “GERARCHIA PROPRIA”. Coloro che prestano la loro attivita presso l’ente, alla persona giuridica (cioè tutte le persone fisiche che fanno parte della struttura, anche se non titolari di uffici od organi), sono legati dal “RAPPORTO DI SERVIZIO“, che ha come contenuto principale il “dover d’agire nell’interesse dell’ente, prestando una determinata attività (DOVERE D’UFFICIO) al quale si contrappone una serie di diritti che fanno capo al singolo“. Il RAPPORTO DI SERVIZIO ha varia natura: a) PROFESSIONALE o d’IMPIEGO, che è il rapporto che hanno i dipendenti; b) COATTIVO, che è il rapporto che hanno determinati soggetti nei casi previsti ex lege (art. 23 Cost.), es. il militare di leva; c) ONORARIO, che è il rapporto che hanno i Ministri e il Sindaco, i quali pur non essendo dipendenti della struttura, sono comunque legati ad essa da un rapporto di servizio che ovviamente ha contenuto diverso rispetto al rapporto d’impiego o professionale. 

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2.2. L’ufficio e l’organo. Il rapporto organico o l’imputazione organica


L’ufficio si differenzia dall’ ORGANO, in quanto, il primo verte su un piano organizzativo e risulta estraneo al tema delle imputazioni, il secondo rappresenta il principale strumento d’imputazione attraverso il quale l’Amministrazione agisce; in tal caso si parlerà di RAPPORTO ORGANICO IMPUTAZIONE ORGANICA. L’IMPUTAZIONE ORGANICA consiste nell’imputazione alla persona giuridica, sia degli atti (siano essi rilevanti o meno) che dei fatti (la PA risponde degli illeciti commessi dai suoi dipendenti a norma dell’art. 28 Cost. e dell’art. 25, d.P.R. n. 3/1957), che degli effetti; tema discusso e se debba risponde a titolo di “responsabilita per fatto proprio” o per “responsabilita per fatto altrui” (sulla falsariga dell’art. 2046 c.c.). Il Consiglio di Stato ha affermato che il rapporto organico si interrompe, e viene meno l’imputazione dell’atto alla PA, ove l’atto medesimo sia stato adottato dal funzionario in un ambiente collusivo penalmente rilevante (Sent. C. Stato, Sez. V, n. 890/2008); ulteriore ipotesi ex lege d’iinterruzione del rapporto organico è l’art. 191, comma 4, TUEL, il quale prevede che nel caso in cui vi sia l’acquisizione di beni e servizi in assenza dell’impegno di spesa registrato (cd. mancanza di copertura finanziaria), il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile, tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che ha consentito la fornitura [e nel caso in cui si presenti l’ipotesi per cui la PA possa arricchirsi ingiustificatamente, e prevista la possibilita per il fornitore di agire contro di essa ex art. 2041 c.c., sempre se vi sia stato riconoscimento dell’utilita della prestazione (Sent. Cass. Civ., Sez. I, n. 7966/2008)]. E’, quindi, IMPUTAZIONE/ RAPPORTO ORGANICO, il rapporto che lega il titolare dell’organo all’ente, in base al quale, gli atti e gli effetti compiuti dal primo s’imputano al secondo. Il RAPPORTO ORGANICO ha varia natura: a) GERARCHICA; b) DIREZIONE; c) COORDINAMENTO. In riferimento al punto a), la GERARCHIA è la relazione organizzativa che racchiude in sè tutte le potestà di sovraordinazione (quali, l’ordine, l’indirizzo, la programmazione, il controllo e l’avocazione). La POTESTA’ D’ORDINE è la possibilità dell’ufficio sovraordinato di prescrivere, con atti generali o puntuali, le modalità di comportamento cui deve attenersi l’ufficio subordinato; da qui, derivano ulteriori poteri, quali quello di: 1) INDIRIZZO (impartire direttive); 2) PROGRAMMAZIONE; 3) RISOLUZIONE (risolvere conflitti tra organi sottordinati, decidere su ricorsi gerarchici e revocare/riformare gli atti adottati da organi subordinati); 4) AVOCAZIONE; 5) SOSTITUZIONE; 6) DELEGAZIONE. L’AVOCAZIONE è l’atto mediante al quale un organo decide di esercitare un potere attribuito alla competenza di un altro organo. Può essere esercitato solo in presenza di una norma di legge che lo prevede espressamente (e non sono moltissimi), perchè indice sull’ordine legale delle competenze. La riforma della dirigenza pubblica ha abolito il potere d’avocazione che spettava al Ministro sugli atti di competenza dei dirigenti: l’art. 14, comma 3, d.lgs. n. 165/2001 prevede che il ministro non può revocare o avocare a sè o altrimenti adottare provvedimenti di competenza dei dirigenti. La SOSTITUZIONE si ha quando la legge prevede che un determinato ente possa sostituirsi ad un altro (spesso posto sotto la sua vigilanza) nel compimento di determinate operazioni o nell’adozione di determinati atti che siano obbligatori per legge. Il presupposto della sostituzione e l’INERZIA DEL PRIMO ENTE OD ORGANO NEL COMPIMENTO DI DETERMINATI ATTI OBBLIGATORI. Un potere di sostituzione è previsto espressamente nell’art. 120, comma 2 Cost., ai sensi del quale “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione“. Va tenuta distinta dalla SOSTITUZIONE NELL’EMANAZIONE DI ATTI, la “sostituzione di organi” (GESTIONE SOSTITUTIVA COATTIVA) che comporta lo scioglimento dell’organo di un ente e la nomina di altri organi (cd. Commissari), quali organi straordinari che gestiscono l’ente per un limitato periodo di tempo (es. l’art. 141 TUEL). La DELEGAZIONE si ha quando un soggetto (delegante) titolare di un determinato potere attribuisce, mediante un proprio atto, l’esercizio di un determinato potere ad altro soggetto (delegato). La Delegazione modifica l’ordine legale delle competenze e richiede un’espressa previsione legislativa che la consenta. La delega puo sempre essere revocata dal delegante, anche implicitamente (mediante l’esercizio del potere delegato). Dalla Delegazione pura (o vera e propria) si differenzia la DELEGA DI FIRMA, nella quale un organo, pur mantenendo la titolarita del potere, delega un altro organo il compito di firmare gli atti nei quali detto potere si esercita; in quest’ultimo caso pero, l’attivita del delegato resta imputata al delegante che ne risponde anche di fronte a terzi. Sempre dalla Delegazione pura, si differenzia l’AVVALIMENTO, che e (secondo l’art. 118, comma 3 Cost.) la relazione tra due organizzazioni nella quale, la prima, nell’esercizio delle funzioni di cui sia titolare, utilizza uffici di un’altra amministrazione. Il D.lgs. n. 165/2001 ha introdotto il PRINCIPIO DI SEPARAZIONE QUALITATIVA TRA LE COMPETENZE DEL VERTICE POLITICO E L’APPARATO DIRIGENZIALE, comportando che: 1) al “vertice politico” spetta il potere d’indirizzo e di controllo; 2) all’ “apparato dirigenziale” spetta il compito gestionale vero e proprio; 3) nei rapporti tra il vertice politico e l’apparato dirigenziale, c’e l’eliminazione della gerarchia, sostituita da un “rapporto di sovraordinazione assimilabile alla DIREZIONE. In riferimento al punto b), la DIREZIONE è una relazione meno intensa di quella della gerarchia ed e caratterizzata dal fatto che l’ufficio sovraordinato è dotato del potere di emanare atti (DIRETTIVE) con i quali, anzichè imporre comportamenti (come nel caso del potere d’ordine) indica gli scopi da perseguire, stabilendo eventuali priorità, lasciando all’ufficio inferiore di decidere circa le modalità di realizzazione di tale scelta. L’organo superiore, rispetto a quello inferiore, ha i poteri di AVOCAZIONE e SOSTITUZIONE, solo se previsti dalla legge. In riferimento al punto c), il COORDINAMENTO è la figura di coordinamento nell’ambito dei rapporti d’equiordinazione. Ciò può avvenire tramite: 1) ORGANO COLLEGIALE, nel quale tutti gli uffici equiordinati sono rappresentati; 2) ASSEGNAZIONE AD UNO DEGLI ORGANI EQUIORDINATI, IL POTERE DI COORDINAMENTO, che non consta in poteri di direzione, ma di armonizzazione, mediante contratti/ raccolta d’informazione/ confronto di risultati (CERULLI IRELLI).

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2.3. La competenza


La nozione di ORGANO, poi, e strettamente legata a quello di COMPETENZA, che è la porzione di attribuzione spettante a ciascun singolo ente, organo od ufficio e comprende il complesso di poteri e funzioni che possono essere esercitati secondo quanto previsto dalla legge. Si distingue tra: a) COMPETENZA ESTERNA; b) COMPETENZA INTERNA. La prima si ha quando si riferisce ai poteri e alle funzioni che possono essere esercitate con rilevanza esterna verso i destinatari (la riserva di legge ex art. 97 Cost. riguarda la sola competenza in esame). La seconda si ha se si riferisce ai compiti attribuiti a ciascun ufficio od organo all’interno di un ente. Tale competenza può essere prevista anche da una disciplina non legislativa. Ancora si può distinguere tra: c) COMPETENZA PER MATERIA (in base all’argomento trattato); d) COMPETENZA PER TERRITORIO (in base alla localizzazione spaziale); e) COMPETENZA PER VALORE (in base alla quantizzazione dell’oggetto); f) COMPETENZA PER GRADO (qualora vi siano una identica competenza per materia e per territorio; questo tipo di competenza assume rilievo, con riferimento alla definitività del provvedimento adottato e di conseguenza, indice sulla possibilità di esperire il rimedio del ricorso gerarchico, proponibile solo all’autorità di grado superiore. Secondo il PRINCIPIO DI COMPETENZA ED INDEROGABILITA’ DELL’ORDINE LEGALE DELLE COMPETENZE, ciascun organo ha individuato dalla legge l’ambito delle proprie competenze che, in quanto tale, non può essere derogato (a pena di illegittimita) per volontà dell’Amministrazione.

2.4. La legittimità


La nozione di ORGANO, poi, e ancora strettamente legata a quella di LEGITTIMAZIONE, che e l’esser titolare di una situazione giuridica legittimante, cioè un Diritto Soggettivo o un Interesse Legittimo. Ad es. A ha un terreno confinante con Caio il quale si accinge a costruire una nuova abitazione sulla base di una concessione edilizia irregolare, la cui mole impedirebbe al primo di godere di una vista bellissima, A e legittimato a proporre ricorso perche titolare di un interesse legittimo e di un interesse e ricorrere. La “legittimazione ad agire” e un concetto diverso dalla “legittimazione processuale” con il quale s’intende la capacità di un soggetto nello stare in giudizio. La LEGITTIMAZIONE puo essere ATTIVA o PASSIVA o ancora DI FATTO. In riferimento all’ultimo caso, si parla di “funzionario di fatto”, quando un soggetto privo di legittimazione adotta uno o più provvedimenti in nome dell’amministrazione; pertanto, il difetto di giurisdizione puo essere “originario” o “sopravvenuto”, per mancanza/ nullita/ inefficacia dell’atto d’investitura o nel caso di prorogatio dell’organo scaduto e nell’illegittima investitura perchè annullata in sede amministrativa o giurisdizionale. La sorte dei provvedimenti adottati dal FUNZIONARIO DI FATTO, si distinguono in base al fatto se risultano favorevoli o meno al destinatario: a) se favorevoli, conservano la validita del provvedimento ascritto all’Amministrazione (in base al principio dell’apparentia iuris, cioe la tutela dell’affidamento in buona fede di chi si crede il funzionario effettivamente investito dell’efficacia giuridica); b) se sfavorevoli, si considerano nulli o inefficaci. Vi sono casi, poi, in cui l’esercizio della funzione amministrativa e attribuito dalla legge o dall’autorita amministrativa (in base alla legge) a soggetti esterni all’amministrazione (PRIVATI), a loro volta persone fisiche o giuridiche: in tal caso, il soggetto esterno diviene titolare del cd. MUNUS PUBBLICO (cd. compiti di funzioni pubblici), es. il notario quando riceve atti pubblici o l’impresa concessionaria di un pubblico servizio quando stipula appalti o il curatore fallimentare (o anche il SOA) rilasciano le attestazioni per le partecipazioni agli appalti di lavoro. Per definizione, quindi, il MUNUS non è parte dell’organizzazione pubblica e rimane assoggettato interamente alla disciplina privatistica, sia nelle sue azioni che nella sua organizzazione, ma per la parte della sua attività corrispondente al “munus” è tenuto ad applicare i principi di diritto pubblico (per l’art. 1, comma 1-ter, legge n. 241/1990i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrativa assicurano il rispetto dei principi generali dell’azione amministrativa). 

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3. L’amministrazione dello Stato.

3.1. Il concetto di Stato.


Lo STATO presenta peculiarita rispetto ad altre persone giuridiche pubbliche, poiche per gli organi dello Stato non valgono le regole proprie delle altre persone giuridiche. Lo Stato non è una persona giuridica unitaria, presentandosi come diversi organi (MINISTERI) aventi autonoma legittimazione sostanziale processuale (infatti, la responsabilita civile grava sui Ministeri che hanno posto in essere gli atti illeciti e non dello Stato) e rispetto alle altre persone giuridiche, ove il Dirigente dell’Ufficio Tecnico di un Comune neghi il permesso di costruire, il ricorso viene proposto dal privato chiamando in giudizio il Comune, al quale viene imputato l’atto adottato dal suo organo. Inoltre, i Ministeri hanno una propria rilevanza patrimoniale, godendo e potendo gestire beni immobili e mobili, hanno poteri di spesa e di gestione ed hanno del proprio personale con ruoli autonomi e distinti. Per la Dottrina prevalente, poi, i MINISTERI sono “organi con personalita giuridica” (anche se non totalmente condiviso). Lo STATO è una comunità d’individui, stanziata su di un territorio ed organizzata secondo un ordinamento giuridico. Gli ELEMENTI COSTITUTIVI dello STATO sono: a) ELEMENTO PERSONALE; b) ELEMENTO SPAZIALE; c) ELEMENTO GIURIDICO-ORGANIZZATIVO. In riferimento al punto a), lo Stato è costituito dalla comunione di persone (POPOLO) legate dal vincolo della CITTADINANZA, condizione per cui lo Stato riconosce una serie di diritti e doveri. Per la legge n. 91/1992, è CITTADINO, per: 1) NASCITA, se da genitori italiani, chi è nato nel territorio della Repubblica con entrambi i genitori apolidi o ignoti o il figlio non segue la cittadinanza dei genitori e il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica; 2) ESTENSIONE, se il figlio è dichiarato o riconosciuto giudizialmente, durante la minore età, se il minore straniero è adottato da cittadino italiano o ancora quando il coniuge straniero o apolide, di cittadino italiano, dopo il matrimonio, risiede legalmente per almeno due anni nel territorio della Repubblica o dopo tre anni dalla data del matrimonio se risiede all’estero o con i termini ridotti dei 1/2 se ci sono figli nati o adottati dai coniugi; 3) BENEFICIO DI LEGGE, se lo straniero/ apolide ha genitore o ascendente in linea retta di II° che è stato cittadino per nascita o ha prestato effettivo servizio militare/ pubblico impiego/ risiede legalmente dopo la maggiore età da almeno due anni, nello Stato Italiano o lo straniero, nato in Italia e ivi residente per diciotto anni consecutivi (senza interruzioni); 4) NATURALIZZAZIONE, quando lo straniero abbia reso eminenti servizi all’Italia o quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato. Con l’entrata in vigore del Trattato dell’UE del 1992, alla cittadinanza nazionale si è aggiunta la CITTADINANZA EUROPEA, attribuita a tutti coloro che sono cittadini di uno Stato dell’UE (9, TUE e 20, TFUE). In riferimento al punto b), lo Stato è costituito dal luogo dove il Popolo è stanziato e su cui si esercita la sovranità dello Stato (TERRITORIO). Il TERRITORIO è l’ambito spaziale sul quale è stanziata stabilmente la comunità statale soggetta alla sovranità dello Stato, e comprende la TERRAFERMA, delimitata dai confini naturali e artificiali, il MARE TERRITORIALE, la cui estensione raggiunge, normalmente, le dodici miglia marine dal litorale, il SOTTOSUOLO e SPAZIO AEREO sovrastante al Terraferma e il Mare territoriale, fino all’altezza raggiungibile dagli aerei, escluso lo SPAZIO EXTRA-ATMOSFERICO e il TERRITORIO FLUTTUANTE, costituito da navi ed aerei militari (ovunque si trovino) e navi ed aerei mercantili che viaggiano in alto mare e nel cielo sovrastante. In riferimento al punto c), lo Stato è costituito dall’ORDINAMENTO GIURIDICO che regola la vita e l’organizzazione della comunità (SOVRANITA’ o POTESTA’ D’IMPERIO). La SOVRANITA’ consiste nel potere supremo dello Stato all’interno del proprio territorio (SOVRANITA’ INTERNA) e nella indipendenza dello Stato rispetto a qualsiasi altro Stato (SOVRANITA’ ESTERNA). 

3.2. La struttura dello Stato. I ministeri.


MINISTERI sono organizzazioni complesse, composte da pluralita di uffici e di organi, chiamate a curare in modo stabile e continuativo, uno o più interessi pubblici. Hanno un’organizzazione centrale (Roma) e una rete di uffici periferici regionali e provinciali (e in alcuni casi, anche sub-provinciali). Al vertice c’e un organo a titolarita politica, il MINISTRO, che risponde in Parlamento dell’andamento complessivo di ciascuna organizzazione e degli atti promanati. L’art. 95, comma 3 Cost. afferma che la legge determina il numero/ attribuzioni/ organizzazioni dei Ministeri, mentre la legge n. 121/2008 determina il numero di dodici Ministeri con portafoglio (cioe con apparato organizzativo di uffici) e 9 MINISTERI SENZA PORTAFOGLIO (nell’attuale legislazione 2008-2011, Berlusconi) che sono preposti a DIPARTIMENTI presso la Presidenza del Consiglio. Il d.lgs. n. 29/1993 ha introdotto il PRINCIPIO DI SEPARAZIONE TRA POLITICA ED AMMINISTRAZIONE, per cui il rapporto tra il Ministro e i Dirigenti non è di gerarchia ma di direzione: 1) il Ministro fissa gli obiettivi e i programmi da attuare e verifica la rispondenza dei risultati (inoltre, annulla d’ufficio i provvedimenti dei dirigenti per motivi di legittimità); 2) ai Dirigenti spetta la gestione amministrativa/ finanziaria e tecnica, compresa l’adozione di tutti gli atti che impegnano l’Amministrazione verso l’esterno, mediante autonomi poteri di spese/ organizzazione di risorse umane e strumentali/ controllo. Il Ministro e, poi, coadiuvato da uno o più SOTTOSEGRETARI, che esercitano le competenze a loro espressamente delegate ma non prendono parte alle sedute del CONSIGLIO DEI MINISTRI, a differenza dei Ministri senza portafoglio e del SOTTOSEGRETARIO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO (che svolge funzioni di segretario del Consiglio dei Ministri). Ai sensi dell’art. 10, legge n. 400/88, come modificato dalla legge n. 81/2001può essere conferito a non più di dieci sottosegretari, il titolo di VICE-MINISTRO, se ad essi sono conferite dal Ministro competente, deleghe relative all’intera area di competenza di una o più strutture dipartimentali o una o più direzioni generali; i VICE-MINISTRI possono partecipare alle sedute del Consiglio dei Ministri, senza diritto di voto, per riferire su argomenti e questioni attinenti alla materia loro delegata. A livello amministrativo, il d.lgs. n. 300/99, i Ministeri sono organizzati secondo due modelli, aventi in comune la struttura denominata UFFICIO DI GABINETTO, composta da personale di staff aventi rapporto fiduciario: a) MODELLO DIPARTIMENTALE; b) MODELLO A DIREZIONE GENERALE. Il primo è tipico dei Ministeri la cui azione investe settori d’amministrazione tra loro fortemente differenziati ed omogenei al loro interno (es. Ministero delle Finanze) e si articola in DIPARTIMENTI, che assicurano l’esercizio organico delle funzioni del Ministero e, a loro volta, in DIREZIONI GENERALI. Il secondo è tipico dei Ministeri la cui azione investe un solo settore, pur articolato in una pluralità di specializzazioni (es. Ministero degli Esteri o Ambiente); al vertice c’e il SEGRETARIO GENERALE, che opera alle dirette dipendenze del Ministro e coordina gli uffici dirigenziali. 

3.3. La struttura dello Stato. Le Agenzie.


Previste dal d.lgs. n. 300/99, le AGENZIE , affiancano a supporto tecnico-specialistico, le attività ministeriali. Sono quindi, strutture che svolgono attività a carattere tecnico-operativo d’interesse nazionale, a livello regionale e locale e hanno piena autonomia nei limiti di legge, ma: a) sono sottoposte al controllo della CORTE DEI CONTI , ai sensi dell’art. 3, comma 4, legge n. 20/1994; b) sono sottoposte ai poteri d’indirizzo e vigilanza del MINISTRO. Il d.lgs. n. 300/99 istituisce quattro AGENZIE FISCALI e altre cinque, il d.lgs. n. 303/99, tra le principali nel panorama istituzionale: 1) AGENZIA DELLE ENTRATE, 2) AGENZIA DEL TERRITORIO, 3) AGENZIA DEL DOGANTE, 4) AGENZIA DEL DEMANIO, 5) AGENZIA DELLA DIFESA E DELL’INDUSTRIA, 6) AGENZIA PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE, 7) AGENZIA DEI TRASPORTI E DELLE INFRASTRUTTURE, 8) AGENZIA DI PROTEZIONE CIVILE, 9) AGENZIA DI FORMAZIONE E ISTRUZIONE PROFESSIONALE, 10) AGENZIA PER IL SERVIZIO CIVILE. Non hanno personalita giuridica autonoma e pertanto sono inserite nell’ambito della persona giuridica dello Stato; nonostante cio, ad esse spetta la stessa legittimazione sostanziale ed autonoma che viene riconosciuta ai Ministeri. Le quattro Agenzie Fiscali (punto 1, 2, 3 e 4) svolgono compiti tecnico-operativi già attribuiti al Ministero delle Finanze; hanno, infatti, personalità giuridica e forte autonomia. In particolare, l’AGENZIA DEL DEMANIO ha assunto la veste di “ente pubblico economico”. 

3.4. La struttura dello Stato. Le Aziende o le Autorità indipendenti


Nell’organizzazione di alcuni Ministeri, sono incarnate organizzazioni denominate AZIENDE AUTONOME DELLO STATO. A differenza degli Enti Pubblici, pur separatamente connotate sul piano soggettivo e funzionale rispetto al Ministero, sono parte dell’Amministrazione dello Stato. Svolgono generalmente attivita di tipo produttivo, godendo di autonomia contabile/ operativa/ finanziaria: 1) poteri ispettivi e d’indagine; 2) poteri di sollecito e di sanzione in caso di perseranza nella condotta; 3) poteri decisori; 4) poteri regolamentari. Tali modelli sono in via di superamento: sono state, infatti, trasformate in ENTI PUBBLICI ECONOMICI o in S.P.A., come per esempio e successo con: 1) l’ AMMINISTRAZIONE DELLE POSTE E TELECOMUNICAZIONI; 2) l’ AZIENDA AUTONOMA DELLE FERROVIE DELLO STATO; 3) l’ AZIENDA NAZIONALE AUTONOMA DELLA STRADA (ANAS); 4) l’ AMMINISTRAZIONE AUTONOMA DEI MONOPOLI DI STATO (anche se ancora in via di definizione, avendo trasferito la maggior parte delle sue originarie competenze all’ENTE TABACCHI ITALIANO e poi privatizzato attraverso un’asta vinta dalla BRITISH AMERICAN TOBACCO, divenendo definitivamente BRITISH AMERICAN TOBACCO ITALIA). Tra quelle che ancora persistono: 1) BANCA D’ITALIA; 2) CONSOB; 3) ISVAP; 4) A.G.C.M.; 5) AUTORITA’ PER LE TELECOMUNICAZIONI; 6) GARANTE PER LA SORVEGLIANZA DEI PREZZI. 

3.5. La struttura dello Stato. Gli enti pubblici


. DEFINIZIONE E CARATTERI Lo STATO è l’ente territoriale per eccellenza, e all’interno vi sono altri enti che esercitano la loro attività entro una specifica circoscrizione territoriale, vincolati da una necessaria connessione con un determinato territorio. L’elemento territoriale non rappresenta solo l’ambito di competenza e di azione di tali soggetti, ma ne è l’elemento costitutivo. Sono enti ad appartenenza necessaria (ne fanno parte necessariamente tutti i cittadini che risiedono stabilmente nel territorio di riferimento) e a competenza generale (aventi finalità generale dirette a tutelare gli interessi della comunita che rappresentano). La “comunita locale” (il popolo), il “territorio” e gli “organi rappresentativi”, stabiliti dai singoli ordinamenti e che hanno funzione esponenziale della comunita locale, integrano gli elementi essenziali e costitutivi degli enti territoriali. Con la legge n. 70/1975 (legge sul parastato) e espressamente sancito che sono enti pubblici esclusivamente quelli a cui la legge istitutiva riconosce espressamente tale natura (cd. criterio nominalistico). Gli ENTI PUBBLICI che agiscono in regime di diritto amministrativo e che sono qualificati come PA, godono del seguente regime giuridico: a) autarchia, cioè la capacità d’amministrare i propri interessi svolgendo un’attività avente gli stessi caratteri e la stessa efficacia dell’attività amministrativa dello Stato; b) autonomia, cioè la capacità della PA di darsi le proprie regole; c) autogoverno, cioe la facolta di amministrarsi per mezzo di organi i cui membri sono eletti da coloro che ne fanno parte; d) autotutela, cioè il complesso d’attivita amministrative con cui ogni PA risolve i conflitti, potenziali o attuali, relativi ai suoi provvedimenti o alle sue pretese. In particolare, l’autotutela si distingue in “decisoria” ed “esecutiva”: la prima consiste nell’emanazione di una decisione amministrativa; la seconda consiste nel complesso d’attività volte ad attuare decisioni già adottate. 4.5.2. TIPOLOGIE Gli enti pubblici sono: 1) ISTITUZIONI (cd. ENTI NON TERRITORIALI) caratterizzati dall’elemento personale (associazioni di persone) e dall’elemento patrimoniale; 2) ENTI TERRITORIALI, se uno degli elementi costitutivi è il territorio (sono lo STATO, REGIONE, PROVINCIE, COMUNE, AREE METROPOLITANE, COMUNITA’ MONTANE, COMUNITA’ ISOLANE E COMUNITA’ D’ARCIPELAGO); 3) ENTI NECESSARI, perchè devono necessariamente esistere (es. CAMERE DI COMMERCIO); 4) ENTI AUTARCHICI, operanti in regime di diritto amministrativo; 5) ENTI PUBBLICI ECONOMICI, che non agiscono in regime di diritto amministrativo, bensì di diritto privato e sono soggetti alla disciplina di quest’ultimo. E proprio in riferimento agli enti autoarchici e agli enti pubblici economici, quest’ultimi: a) svolgono in via principale/esclusiva, attività di produzione per il mercato e d’intermediazione nello scambio di beni e servizi; b) pongono in essere attività sullo stesso piano degli imprenditori privati, in regime di concorrenza; c) sono soggetti all’iscrizione nel registro delle imprese; d) non falliscono; e) stipulano contratti di diritto privato; f) operano in regime di concorrenza. Ancora, sono enti pubblici: 6) ENTI STRUMENTALI, che perseguono fini propri ed esclusivi di altro ente da cui ricevono ordini e direttive: ISTAT (istituto di statistica), INAIL (istituto per l’assistenza dagli infortuni sul lavoro), CNR (consiglio nazionale delle ricerche) e CRI (croce rossa italiana); 7) ENTI AUSILIARI, che completano/ integrano/ aiutano l’azione statale perseguendo fini che, pur non essendo propri ed esclusivi dello Stato, vengono da quest’ultimo considerati con interesse: CONI (comitato olimpico nazionale italiano), LUISS (libera universita internazionale studi sociali) e ACCADEMIA DEI LINCEI. 4.5.3. I SOGGETTI PUBBLICI DI MATRICE EUROPEISTICA Sono SOGGETTI PUBBLICI DI MATRICE EUROPEISTICA: 1) ORGANISMO DI DIRITTO PUBBLICO; 2)IMPRESA PUBBLICA. I soggetti al punto 1) sono “amministrazioni aggiudicatrici” (oltre lo Stato e gli Enti pubblici territoriali) istituiti per soddisfare specificamente bisogni d’interesse generale avente carattere non industriale e commerciale, dotati di personalita giuridica e la cui attivita sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali e da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia sottoposta al controllo di quest’ultimo, oppure gli organi di vigilanza o direzione ha il 50% + 1 dei membri designati dallo Stato/ Enti pubblici territoriali/ Organismi di diritto pubblico (disposizione della Direttiva CE 2004/18 del 31/03/2004, recepita dal Codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 163/2006) [in particolare, la normativa nazionale individua tre parametri per individuare la nozione d’organismo di diritto pubblico: a) possesso della personalita giuridica; b) fine perseguito; c) sottoposizione ad un’influenza pubblica. I soggetti al punto 2), hanno poteri pubblici che esercitano, direttamente o indirettamente, un’influenzando in maniera dominante il mercato con le loro partecipazioni finanziarie e in virtù di norme favorevoli che le disciplinano. Per POTERI PUBBLICI, la direttiva europea chiarisce che s’intendono tutte le autorità pubbliche, compresi lo Stato, le amministrazioni regionali e locali e tutti gli altri enti territoriali. 4.5.4. MODALITA’ DI NASCITA DELL’ENTE PUBBLICO Gli ENTI PUBBLICI possono nascere sulla base di due modalita: 1) CREAZIONE EX NOVO, operata dallo Stato per soddisfare proprie esigenze organizzative e funzionali; 2) ATTRIBUZIONE DELLA NATURA PUBBLICISTICA, applicata a preesistenti organizzazioni nate dall’autonomia privata o sociale (es. Casse di Risparmio). Questa ultima modalità è, pero, spesso criticata, perche: a) l’attribuzione della natura pubblicistica non avviene con atti normativi a formulazione esplicita ma in via implicita, mediante il conferimento (a queste organizzazioni preesistenti) di qualità strutturali o funzionali incompatibili con la precedente natura privatistica; b) tale modalità incontra dei limiti costituzionali, che in diverse forme e modalita, tutela e garantisce l’autonomia privata (es. art. 8, comma 33 e art. 38 Cost.) [cosi, la Sent. C. Cost., n. 396/1988 ha riconosciuto l’incostituzionalita dell’art. 1, legge n. 6972/1890 in riferimento alla libera assistenza privata ex art. 38, ult. comma, Cost.nella parte in cui non prevede che le istituzioni di assistenza e beneficienza possano continuare a sussistere, assumendo la personalità giuridica di diritto privato, qualora abbiano tutti i requisiti di un’istituzione privata. E ancora, la Sent. C. Cost., n. 259/1992 ha riconosciuto l’incostituzionalita di quelle norme che attribuivano il carattere di ente pubblico alle Comunita Israelite, in riferimento all’art. 8, comma 2 Cost.perchè la natura pubblicistica contrasta col principio secondo cui, per la capacità delle confessioni religiose diverse da quella cattolica delle comunità, di munirsi di proprio statuto, corrisponde all’abbandono da parte dello Stato della pretesa di fissarne per legge direttamente i contenuti4.5.5. I CRITERI IDENTIFICATIVI DEGLI ENTI PUBBLICI I CRITERI IDENTIFICATIVI DEGLI ENTI PUBBLICI , sono molteplici e sintomatici, non essendo risolutivo (perche non fornisce criteri identificativi) l’art. 4, legge n. 70/1975, secondo cui nessun nuovo ente può essere istituito o riconosciuto se non per legge, ma non per atto amministrativo. La Giurisprudenza ha elaborato una serie di “indici sintomatici della pubblicita”: a) ATTRIBUZIONE DI POTERI SPECIFICI (AMMINISTRATIVI) ALLA PERSONA GIURIDICA PER LA CURA DI INTERESSI PUBBLICI; b) RAPPORTO DI SERVIZIO DELL’ENTE RISPETTO ALLO STATO (esistenza di una solida relazione organizzativa tra l’ente e lo Stato); c) POTERE DI NOMINA E DI REVOCA DEGLI AMMINISTRATORI; d) ESISTENZA DI POTERI DI CONTROLLO SUL FUNZIONAMENTO DEGLI ORGANI O SUL MERITO DI DETERMINATI ATTI; e) POTERE DI DIRETTIVA NEI CONFRONTI DEGLI ORGANICI CIRCA DETERMINATI OBIETTIVI DELL’AZIONE DELL’ENTE; f) PREVISIONE DI UN FINANZIAMENTO STABILE DA PARTE DELLO STATO. Conseguenze della qualificazione come “ente pubblico”: 1) SOSTANZIALI, quali l’obbligo di gara e il diritto d’accesso; 2) PROCESSUALI, quale il riparto di giurisdizione. 4.5.6. LE TIPOLOGIE DI ENTI PUBBLICI SECONDO LO SCHEMA DELLA MIGLIORE DOTTRINA Seguendo l’impostazione della Dottrina Autorevole (CERULLI IRELLI), gli ENTI PUBBLICI si dividono in tre categorie: a) ENTI STRUMENTALI, che sono costituiti dallo Stato ad hoc per far fronte a specifici compiti (es. enti previdenziali, quali INPS, INAIL e INPDAP); b) ENTI AD AUTONOMIA FUNZIONALE, che sono espressione di comunità di settore, esponenziali d’interesse di categoria (es. Camere di commercio, Universita, Enti di ricerca, Ordini professionali, Federazioni sportive) e inoltre, a differenza di quanto accade per gli Enti Strumentali, lo Stato non puo esercitare poteri d’indirizzo, di direttiva, di controllo e di tutti quei poteri che possono intaccare l’autonomia dell’ente (salvo i poteri di controllo intesi ad assicurare la legalità); c) ENTI PUBBLICI IN FORMA SOCIETARIA (anche se è discussa la possibilità di riconoscere natura di ente pubblico anche alle società). In particolare, in Giurisprudenza, gli enti pubblici in forma societaria sono ammissibili, in quanto non vi e una formale incompatibilita tra struttura societaria e natura pubblica dell’ente (come confermato dall’art. 11, legge n. 887/1984 che definisce l’AGE Control s.p.a. come “s.p.a. con personalità giuridica di diritto pubblico” e dalla Sent. C. Cost. n. 466/1993, affermante che la C. dei Conti conserva i suoi poteri di controllo sulla gestione sulle s.p.a., nate in seguito alla privatizzazione, solo formale degli enti pubblici economici) e la struttura societaria in se e un concetto neutro. Con Sent. C. Stato, Sez. VI, n. 1206/2001 n. 1303/2002, si e affermato che affinchè una società possa essere qualificata come ente pubblico non è sufficiente una qualsiasi deviazione rispetto alla disciplina ordinaria ma è necessaria l’attribuzione legislativa in capo a soggetti pubblici diversi da quelli che rivestono all’interno della struttura societaria, la qualità di soci; pertanto, non è sufficiente l’attribuzione di poteri speciali all’azionista pubblico (cd. golden shares), ma e necessario che siano attribuiti incisivi poteri d’ingerenza sulla vita societaria a soggetti pubblici non soci

3.6. La struttura dello Stato. Gli organi consultivi


Gli organi consultivi sono: a) CONSIGLIO DI STATO; 2) AVVOCATURA DELLO STATO; 3) CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO (C.N.E.L.)4.6.1. IL CONSIGLIO DI STATO Il CONSIGLIO DI STATO (CdS) è un organo di rilievo costituzionale, previsto dall’art. 100 Cost., che lo inserisce tra gli organi ausiliari del Governo, nonchè organo giurisdizionale, essendo anche giudice speciale amministrativo, in posizione di terzietà rispetto alla PA, ai sensi dell’art. 103 Cost.. Il CdS ha quindi una doppia natura, una amministrativa e una giurisdizionale. Quale organo amministrativo il Consiglio di Stato e il supremo organo di consulenza giuridicoamministrativa del Presidente della Repubblica, mentre come organo di giurisdizione amministrativa e preposto alla tutela dei DS e degli IL dei privati nei confronti della PA. La sua sede e Palazzo Spada, a Roma. Il CdS e composto dal Presidente del Consiglio di Stato, dal Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, dai Presidenti di Sezione e dai Consiglieri di Stato. Il Presidente del Consiglio di Stato e nominato con d.P.R. su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa. I posti che si rendono vacanti nella qualifica di Consigliere di Stato sono conferiti, ai sensi dell’art. 19, legge n. 186/1982, nel seguente modo: 1) in ragione della 1/2, ai consiglieri di tribunale amministrativo regionale che ne facciano domanda e che abbiano almeno quattro anni di effettivo servizio nella qualifica; 2) in ragione di 1/4, a professori universitari ordinari di materie giuridiche o ad avvocati che abbiano almeno quindici anni di esercizio professionale e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori, o a dirigenti generali od equiparati dei Ministeri, degli organi costituzionali e delle altre amministrazioni pubbliche nonche a magistrati con qualifica non inferiore a quella di magistrato di Corte d’appello o equiparata; si provvede alla nomina, in questo caso, con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, previo parere del consiglio di presidenza, contenente valutazioni di piena idoneità all’esercizio delle funzioni di consigliere di Stato sulla base dell’attivita e degli studi giuridico-amministrativi compiuti e delle doti attitudinali e di carattere; 3) in ragione di 1/4, mediante concorso pubblico per titoli ed esami teorico-pratici, al quale possono partecipare i magistrati dei tribunali amministrativi regionali con almeno un anno di anzianità, i magistrati ordinari e militari con almeno quattro anni di anzianita, i magistrati della Corte dei conti, nonche gli avvocati dello Stato con almeno un anno di anzianita, i funzionari della carriera direttiva del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati con almeno quattro anni di anzianita, nonche i funzionari delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e degli enti pubblici, con qualifica dirigenziale, appartenenti a carriere per l’accesso alle quali sia richiesta la laurea in giurisprudenza. Il concorso è indetto dal presidente del Consiglio di Stato nei primi quattro mesi dell’anno. I vincitori del concorso conseguono la nomina con decorrenza dal 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui è indetto il concorso stesso. In passato, il concorso per accedere al consiglio di Stato era ritenuto il piu selettivo della PA. Il personale del Consiglio concorre a formare le 7 sezioni in cui è organizzato il Consiglio di Stato e, ogni anno, il Presidente del Consiglio di Stato, in base alla nuova normativa in materia, ha facolta di decidere se assegnare funzioni consultive o giurisdizionali (ma mai entrambe) a ciascuna sezione. Attualmente la prima e la seconda sezione svolgono funzioni consultive insieme alla sezione per gli atti normativi mentre la terza, la quarta, la quinta e la sesta svolgono le funzioni giurisdizionali assegnate al Consiglio. In base all’art. 23, Statuto Regione Siciliana, venne istituito il C.G.A., il Consiglio di Giustizia Amministrativa. A tale organo furono attribuite le stesse identiche funzioni (consultive e giurisdizionali) del Consiglio di Stato, ma limitatamente agli atti delle Autorita amministrative della Regione Siciliana, le sezioni dal TAR di Palermo e Catania. Di recente, e stato oggetto di riforma legislativa, introdotta con il D.lgs. n. 373/2003. Le attribuzioni del Consiglio di Stato, come s’e visto, si distinguono in: a) CONSULTIVE; b) GIURISDIZIONALI. In riferimento al punto a), nell’espletamento della sua funzione consultiva, il Consiglio di Stato fornisce pareri circa la regolarità e la legittimità, il merito e la convenienza degli atti amministrativi dei singoli ministeri, del Governo come organo collegiale o delle Regioni. I pareri possono essere facoltativi o obbligatori. I pareri facoltativi possono essere richiesti dalla Pubblica Amministrazione, nel caso lo ritenga opportuno. Essi non sono mai vincolanti: l’Amministrazione richiedente, puo sempre discostarsi dandone motivazione. Sono sempre facoltativi i pareri richiesti dalle Regioni. In altri casi la Pubblica Amministrazione deve richiedere un parere al Consiglio di Stato. Si parla allora di pareri obbligatori. Ai sensi della legge n. 127/97, il parere del Consiglio e obbligatorio per: 1) l’emanazione di atti normativi (regolamenti) del Governo o dei singoli ministeri; 2) l’emanazione dei TU; 3) la decisione sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica; 4) l’approvazione degli schemi generali di contratti-tipo ed accordi e convenzioni predisposti dai Ministeri. La stessa legge ha abrogato ogni diversa disposizione legislativa che preveda il parere del Consiglio di Stato in via obbligatoria, tenendo fermo il combinato disposto dell’art.2.3, legge n. 400/1988 e dell’art. 33, TU CdS. I pareri obbligatori si distinguono, inoltre, in vincolanti o non vincolanti, a seconda che l’Amministrazione richiedente, in sede di emanazione dell’atto per il quale e stato emesso il parere, sia tenuta o meno a seguirli. In riferimento al punto b), in sede giurisdizionale il Consiglio di Stato ha solo funzione di tutela nei confronti degli atti della PA. In particolare il Consiglio di Stato e il Giudice di II° della giustizia amministrativa, ovvero il Giudice d’appello avverso le decisioni dei TAR. Il Consiglio di Stato, inoltre, svolge funzioni di Giudice in unico grado in sede di giudizio di ottemperanza, ovvero in quel giudizio teso ad ottenere che una PA esegua una sentenza emessa dal Giudice ordinario o dal Consiglio di Stato stesso; tuttavia, quando il giudizio di ottemperanza riguarda l’esecuzione di una sentenza emessa da un TAR, che sia stata confermata dal Consiglio di Stato in grado di appello, è competente il TAR stesso che l’ha emessa. Per le decisioni assunte dal Consiglio di Stato nelle sue funzioni giurisdizionali e ammesso ricorso alla Corte di Cassazione unicamente per motivi inerenti alla giurisdizione. 4.6.2. L’AVVOCATURA DELLO STATOL’Avvocatura è “l’organo statale istituzionalmente preposto alla tutela legale delle PA”. L’Avvocatura svolge due tipologie di funzioni: a) CONTENZIOSA; b) CONSULTIVA. Difende le amministrazioni statali e gli enti, ma solo qualora ad essi sia estesa tale possibilita. Analoga situazione la troviamo per le Regioni. Quando si propone un’azione giudiziale contro un’Amministrazione dello Stato, rappresentata dall’Avvocatura dello Stato, colui che la propone deve farlo dinanzi al tribunale competente. In tal caso infatti, in base al dettato dell’art. 25 c.p.c., “è competente, a norma delle leggi speciali sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e nei casi ivi previsti, il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie“. L’Avvocatura dello Stato consta di una sede centrale in Roma, l’Avvocatura Generale dello Stato, e di 25 sedi distrettuali, che sono situate in tutte le citta in cui sono presenti sedi di Corte d’Appello). E’ composta da personale togato, che sono gli Avvocati e i Procuratori dello Stato, suddivisi in differenti classi stipendiali, nonchè da personale amministrativo. A capo dell’Avvocatura vi e l’Avvocato Generale dello Stato. 4.6.3. IL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO (C.N.E.L.) Il CNEL costituisce un organo collegiale di rilievo costituzionale previsto dall’art. 99 Cost., con funzioni ausiliarie (solo consultive) del Parlamento e del Governo. E’ composta da esperti e rappresentanti delle categorie produttive ed associative, oltre il Presidente e il Segretario Generale, nel numero di 70 (68 con l’intervento del d.l. n. 201/2011). Svolge le seguenti funzioni: a) emette pareri in materia economica, sociale e lavorativa su richiesta di ciascuna camera, governo, regioni e province autonome; b) iniziativa legislativa nelle materie di competenza; c) attivita informativa e conoscitiva, esaminando le relazioni ed esprimendo proprie valutazioni; d) raccoglie ed aggiorna annualmente, l’archivio nazionale dei contratti pubblici, relazionando annualmente al Parlamento, anche sulla qualita dei servizi erogati dalla PA. 

3.7. La struttura dello Stato. Gli organi di controllo.


La CORTE DEI CONTI è il massimo organo di controllo dell’amministrazione dello Stato, nonchè la Suprema Magistratura in materia di contabilita pubblica. La funzione di controllo può essere: a) PREVENTIVO DI LEGITTIMITA’; b) SUCCESSIVO SUI SINGOLI ATTI; c) GIUDIZIO DI PARIFICAZIONE; d) CONTROLLO SUGLI ENTI SOVVENZIONATI; e) CONTROLLO SUGLI ENTI LOCALI; f) CONTROLLO SULLA GESTIONE E BILANCI DELLE PA. In riferimento al punto a), la Corte verifica che gli atti sottoposti al suo controllo rispettino le norme del diritto oggettivo, per cui, devono essere quindi esenti da vizi di legittimità (incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge). Il controllo incide sull’efficacia degli atti, paralizzandoli, in caso di rifiuto di apporre il visto; in caso di rifiuto di registrazione, ogni 15 giorni, la Corte invia al Parlamento l’elenco di provvedimento “registrati con riserva” (cioè rifiutati) così da far sottoporre a quest’ultimi il controllo politico sul Governo. Tuttavia, ci sono atti che non ammettono riserve e il rifiuto e assoluto (elenco ex art. 25, TU n. 1214/1934). Gli ATTI ASSOGGETTABILI AL CONTROLLO PREVENTIVO DI LEGITTIMITA’ sono (art. 3, legge n. 20/1994art. 17, comma 30, dl n. 78/2009, convertito in legge n. 102/2009art. 7, comma 6, d.lgs. n. 165/2001dl n. 225/2010, convertito in legge n. 10/2011): 1) provvedimenti emanati a seguito di deliberazione del Consiglio dei Ministri; 2) atti che hanno una rilevante incidenza sul bilancio; 3) atti a rischio, cioè atti per cui corso sia stato necessario l’ordine scritto del Ministro di richiesta d’assoggettamento al controllo per un periodo di tempo; 4) atti che il Presidente del CdM lo richiede; 5) atti e contratti per le collaborazioni esterne con la PA; 6) atti e contratti concernenti studi e consulenze esterne di cui all’art. 1, comma 9, legge 266/2005; 7) provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze del Presidente del CdM conseguenti alla dichiarazione dello stato d’emergenza. In riferimento al punto b), il CONTROLLO SUCCESSIVO SUI SINGOLI ATTI si esercita solo su determinati atti o documenti rappresentativi di intere gestioni (d.lgs. n. 165/2011). In riferimento al punto c), entro il 31 maggio di ogni anno, il Ministero dell’Economia trasmette alla Corte il rendiconto generale dello Stato, che delibera a SS.UU. con una relazione ritrasmessa al mittente che ne cura la presentazione al Parlamento (art. 41 e 43, TU n. 1214/1934). In riferimento al punto e), il CONTROLLO SUGLI ENTI LOCALI è effettuato (con apposita sezione) di/in tutte le province e comuni avente > 8.000 abitanti. 

3.8. La struttura dello Stato. Gli organi periferici statali


Sono ORGANI PERIFERICI STATALI: a) PREFETTURE – UFFICI TERRITORIALI DEL GOVERNO (UTG); b) SINDACO. In riferimento al punto a), è organo di rappresentanza generale del Governo sul territorio, avente compiti di amministrazione generale e di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Il titolare e il Prefetto e ha sede nel capoluogo di Regione. In riferimento al punto b), il SINDACO, invece, riveste una doppia veste giuridica: oltre alle attribuzioni che gli sono proprie quale capo dell’ente locale, e ufficiale di Governo, nei limiti del suo territorio. Tra le sue funzioni: anagrafe, stato civile, procedimenti elettorali. Inoltre, dipende gerarchicamente dal Prefetto e sovraintende all’emanazione di atti e regolamenti in materia di ordine e pubblica sicurezza. 

Perrotta Giulio

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