La pubblicità dell’atto amministrativo

Questioni relative alla conoscenza del vizio ed al termine di impugnazione, in particolare per quanto concerne il contratto pubblico e l’istituto dell’accesso, anche alla luce dell’adunanza plenaria 12/2020.

La finalità perseguita attraverso il principio di pubblicità dell’atto amministrativo, ai sensi dell’art. 1 l. 241/1990, è garantire a chiunque la conoscibilità o almeno la conoscenza potenziale dell’atto stesso.

Si tratta di un principio diverso, ma strumentale, rispetto agli altri principi che sorreggono l’attività amministrativa: trasparenza, legalità procedimentale, buon andamento, certezza dell’azione amministrativa, legittimo affidamento.

In una fase patologica, la pubblicità è inoltre fondamentale per garantire, anche in tale contesto, la conoscenza dell’atto, ma soprattutto di un eventuale vizio, in modo da permetterne l’impugnazione da parte del soggetto interessato.

Per questi motivi è riconosciuta come regola generale la partecipazione del destinatario al procedimento amministrativo. Ciò avviene generalmente attraverso la comunicazione di avvio del procedimento, la cui funzione è portare a conoscenza del soggetto l’esistenza di un procedimento amministrativo potenzialmente idoneo ad incidere sulla propria sfera giuridica.

Tale regola subisce eccezioni: è infatti esclusa per legge rispetto ai procedimenti cautelari ed a quelli sorretti da particolari esigenze di celerità. Inoltre la giurisprudenza esclude l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento qualora nel caso concreto la finalità di conoscenza venga raggiunta in altro modo o sia completamente priva di rilevanza.

Ai fini della pubblicità e quindi della conoscenza dell’atto amministrativo, l’art. 41 c.p.a.[1], rubricato “Notificazione del ricorso e suoi destinatari”, è norma generale: al comma 2 individua tre eventi a partire dai quali è possibile proporre l’azione di annullamento. Ciascun evento segna il dies a quo per impugnare il provvedimento. In particolare la norma parla di comunicazione individuale o notificazione, pubblicazione, e piena conoscenza del provvedimento.

Mentre le prime due situazioni non destano alcuna difficoltà, l’ultimo profilo è quello che manifesta maggiori problematiche: è possibile ottenere la piena conoscenza del provvedimento anche aliunde, in mancanza di notificazione o pubblicazione, quindi con qualsiasi mezzo.

È necessario pertanto individuare in che modo si realizza l’evento, per definire chiaramente il problema del momento a partire dal quale decorre il termine per impugnare l’atto.

Intendendo la piena conoscenza come percezione della lesività, è sufficiente la semplice percezione dell’incidenza negativa dell’atto sulla sfera giuridica del destinatario, per cui il dies a quo del termine per impugnare inizia a decorrere a prescindere dalla conoscenza o conoscibilità di eventuali vizi di legittimità dell’atto stesso. In tal modo però si onera il privato a proporre il cosiddetto ricorso al buio: dal momento in cui decorrono i termini, per evitare di incorrere nella decadenza dal potere di impugnare, questi deve farlo, data la percezione della lesività dell’atto. Tale atto però potrebbe essere in concreto lesivo, ma potrebbe anche non esserlo, in quanto il destinatario, nell’impugnarlo, non è a conoscenza della motivazione, della documentazione a supporto del provvedimento e quindi dei vizi di legittimità. In una situazione così delineata, l’istituto dei motivi aggiunti permette di far valere eventuali vizi in un momento successivo all’impugnazione, una volta avutane conoscenza. La lesività pertanto è un concetto che prescinde dalla legittimità.

Intendendo invece l’evento della piena conoscenza come percezione di almeno un vizio di legittimità, si consente la proposizione del ricorso avverso il provvedimento. L’Istituto dei motivi aggiunti si presta, in questa diversa prospettiva, a far valere eventuali ed ulteriori vizi emersi successivamente.

È possibile infine intendere l’evento in questione come percezione dell’illegittimità dell’intero atto.

L’opinione prevalente propende per un’impostazione basata sulla nozione della percezione della lesività, a prescindere dalla conoscenza o conoscibilità dei vizi di legittimità dell’atto: se da un lato in tal modo si diffonde il fenomeno dei ricorsi al buio, di contro è garantita la certezza dell’atto amministrativo che, decorso il termine di 60 giorni dal momento della percezione della lesività, non può più essere impugnato, cristallizzandosi.

Il contratto pubblico

Il contratto pubblico, nella sua fase di formazione, segue le regole pubblicistiche. Pertanto è soggetto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma soprattutto dovrebbe essere soggetto all’applicazione di tale concezione maggioritaria di conoscenza.

L’art. 120 c.p.a.[2], rubricato “Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a)”, cioè i provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture nonché i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche, risulta in questo contesto particolarmente rilevante.

Nel disciplinare la pubblicità dei contratti pubblici, sembra richiamare al comma 5, ai fini dell’impugnazione, eventi speculari rispetto a quelli previsti dall’art. 41 c.p.a., dimezzando però il termine di impugnazione a 30 giorni.

La norma cita infatti la data della comunicazione ai sensi dell’art. 79 del previgente Codice dei Contratti Pubblici, la data della pubblicazione ai sensi dell’art. 66 del previgente Codice dei Contratti Pubblici, ed infine la conoscenza.

L’art. 120 c.p.a. si atteggia così a norma speciale rispetto all’art. 41 c.p.a. e dovrebbe pertanto seguire l’orientamento tradizionale giurisprudenza, cioè della conoscenza come percezione della lesività dell’atto.

L’Adunanza Plenaria 12/2020 invece contrasta con tale posizione rispetto al problema del dies a quo per l’impugnazione dell’aggiudicazione della gara. Difatti, nell’affermare che il termine inizia a decorrere da una data oggettivamente riscontrabile, individuata nei tre eventi descritti dalla norma, pone in luce alcune problematiche che dalla norma stessa discendono.

In primis, il primo evento, della comunicazione, fa riferimento ad una norma ormai abrogata. L’ art. 79 del previgente Codice dei Contratti Pubblici trova però corrispondenza in una norma analoga, l’art. 76 dell’odierno Codice dei Contratti Pubblici che, così come in precedenza, prevede un sistema di comunicazione. È possibile quindi postulare un difetto di coordinamento normativo: il rinvio deve intendersi all’attuale art. 76.

Lo stesso problema si pone per l’evento della pubblicazione, dove il rinvio all’art. 66 deve intendersi come rinvio all’attuale art. 29.  Nello specifico, rispetto a tale profilo della pubblicazione, l’Adunanza Plenaria aggiunge un ulteriore elemento: la completezza. È la pubblicazione con i relativi allegati, quindi una pubblicazione completa, ad essere idonea a far decorrere il termine per impugnare l’aggiudicazione: non è sufficiente la mera pubblicazione dell’aggiudicazione della gara.

Attraverso il principio di diritto si evince come implicitamente l’Adunanza Plenaria non ritenga soddisfacente la percezione della lesività dell’atto, richiedendo la pubblicazione di tutti quei documenti relativi alla gara, che ne consentano la percezione dell’illegittimità.

Un’ulteriore precisazione viene effettuata dalla stessa Adunanza rispetto all’evento comunicazioni: il dies a quo decorre qualora tali comunicazioni consentano di ottenere elementi per apprezzare vizi o per accertarne altri. In tale angolo prospettico è inoltre concessa la proposizione di motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale. Consentire la proposizione di motivi aggiunti significa consentire la conoscenza dei vizi di legittimità. I motivi aggiunti sono equiparati qui al ricorso principale in quanto alle informazioni su cui si basano, per cui il ricorso principale stesso è comunque ammesso sulla base della conoscenza dei vizi di legittimità.

Pertanto il dies a quo del termine per impugnare è rappresentato anche qui, come per le pubblicazioni, dalla percezione dell’illegittimità.

L’istituto dell’accesso

Infine, ulteriore problema è posto dall’Adunanza Plenaria rispetto all’evento della conoscenza, in relazione all’istituto dell’accesso.

Trattandosi di un istituto ispirato al principio della trasparenza dell’azione amministrativa, risponde all’esigenza di consentire la partecipazione all’operato della pubblica amministrazione, al fine di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza.

Una tale esigenza si concretizza attraverso ciò in cui l’istituto in questione si sostanzia: il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi. Un diritto che si rivolge quindi a tutti i soggetti che vantino un interesse diretto, concreto e attuale, relativo ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento di cui si richiede l’accesso.

Per quanto concerne la decorrenza del termine, l’accesso, garantendo la conoscenza, non rileva ai fini del dies a quo per impugnare l’atto amministrativo, nello specifico il contratto pubblico, nel caso in cui l’evento da ultimo descritto dall’art. 120 c.p.a., cioè la conoscenza, sia inteso come percezione della lesività. Se di contro lo si intendesse come percezione dell’illegittimità dell’atto, il tempo necessario ai fini dell’accesso assumerebbe rilevanza, permettendo di conoscere i vizi di legittimità e spostando così in avanti il termine per impugnare.

Secondo l’Adunanza Plenaria, l’istanza di accesso comporta una forma di dilazione temporale, consentendo la conoscenza dei documenti dell’offerta dell’aggiudicatario e delle anomalie, quindi la percezione dell’illegittimità dell’atto.

Conclusioni

Da un lato la giurisprudenza maggioritaria, nel suo orientamento tradizionale, concepisce la conoscenza come percezione della lesività dell’atto, in primo luogo in relazione all’art. 41 c.p.a. e, di conseguenza, recependo la stessa impostazione, in relazione alla norma speciale rappresentata dall’art. 120 c.p.a.

D’altro canto invece, l’Adunanza Plenaria 12/2020 non risulta in linea con tale posizione tradizionale della giurisprudenza, soprattutto per quanto riguarda l’ultima norma in questione.

La conoscenza di cui all’art. 120 c.p.a. è infatti intesa ed estesa al concetto di percezione dell’illegittimità, in una logica volta ad evitare i ricorsi al buio.

La conseguenza è consentire anche la proposizione di un ricorso principale, che sia relativo alle informazioni corrispondenti alla conoscenza dei vizi di legittimità, e la dilazione temporale del dies a quo del termine di impugnazione, in virtù dell’istanza di accesso, rispetto all’evento della conoscenza.

Note

[1] Art. 41 c.p.a, comma 2: “Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge. Qualora sia proposta azione di condanna, anche in via autonoma, il ricorso è notificato altresì agli eventuali beneficiari dell’atto illegittimo, ai sensi dell’articolo 102 del codice di procedura civile; altrimenti il giudice provvede ai sensi dell’articolo 49”.

[2] Art. 120 c.p.a., comma 5: “Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto. Per il ricorso incidentale la decorrenza del termine è disciplinata dall’articolo 42”.

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Il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione ha avuto di recente una brusca accelera­zione a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Dopo una prima fase di digitalizzazione forzata di alcune attività amministrative – che si è resa necessaria in seguito all’adozione da parte del Governo italiano di misure di contenimento della pandemia – nel corso dei mesi è emersa con evidenza l’esigenza di giungere, in prospettiva futura, alla conclusione del percorso di trasformazione digitale avviato oltre quindici anni fa ma ancora, in larga parte, incompiuto. Il Decreto Legge “Semplificazioni” (D.l. n. 76/2020) contiene alcune disposizioni molto rilevanti in mate­ria di digitalizzazione dell’attività amministrativa: si tratta di uno dei provvedimenti normativi più importan­ti degli ultimi anni. La parola chiave è “switch off”, cioè “spegnere”, ovvero abbandonare le modalità di lavoro ed erogazione dei servizi diverse da quelle indicate dal Legislatore. Dopo una lunga convivenza forzata con la carta, la mo­dalità digitale diventa (obbligatoriamente) l’unica modalità di gestione dei procedimenti amministrativi e di erogazione di servizi pubblici a cittadini e imprese. Due le novità rispetto al passato. Da un lato il termine assai breve dato alle amministrazioni per organiz­zarsi e una scadenza ravvicinatissima: il 28 febbraio 2021. Dall’altro, l’obbligo di ricorrere a soluzioni, siste­mi e piattaforme unici per tutte le amministrazioni (SPID, CIE, pagoPA, appIO). Il segnale è chiaro: non ci sono più scuse per rimandare la trasformazione digitale che diventa, quindi, una vera e propria urgenza per tutte le amministrazioni. La presente analisi si propone di mettere in fila le prossime scadenze per provare a stimolare un approc­cio alla trasformazione digitale in cui i singoli adempimenti, non più trattati come monadi, siano considera­ti, in una prospettiva unitaria, come una parte di una strategia complessiva. La scelta di realizzare una guida agli switch off trova ragion d’essere proprio nella necessità per le ammi­nistrazioni di avere, alla luce dei recenti interventi legislativi, un quadro sistematico e aggiornato delle nor­me vigenti. Questo testo – almeno nelle intenzioni e anche attraverso il tono discorsivo dell’esposizione – vuole es­sere utile non solo alle amministrazioni, ma anche ai loro fornitori e consulenti che vogliano approfondire in modo agevole le attività da porre in essere per concludere il processo di trasformazione digitale. La trattazione, che non ha pretesa di esaustività, mira a fornire una sintetica ma puntuale guida alle prin­cipali scadenze che vengono analizzate criticamente con l’indicazione di tutte le risorse utili per un ulterio­re approfondimento. Siamo sempre più convinti, infatti, che la crescente complessità delle regole dell’amministrazione digita­le sia una delle ragioni della loro scarsa attuazione. Il primo capitolo è dedicato all’introduzione alla normativa e alla strategia nazionale sulla trasformazio­ne digitale. Il secondo capitolo contiene una ricostruzione complessiva degli obblighi in capo alle amministrazioni e dei diritti digitali di cittadini e imprese. Il terzo capitolo approfondisce gli switch off del 28 febbraio 2021 e le attività da effettuare entro tale data. Il quarto capitolo, infine, ricostruisce le sanzioni e le responsabilità per gli Enti che non ottemperano al dettato normativo. L’obiettivo, ambizioso, è quello di aiutare le amministrazioni in questo delicato passaggio, fondamentale per renderle sempre meno distanti dai cittadini e sempre più orientate al servizio della comunità.    Ernesto BelisarioAvvocato cassazionista, è specializzato in diritto amministrativo e scienza dell’amministrazione. Si occupa da anni di diritto delle tecnologie e innovazione nel settore pubblico, assistendo imprese e pubbliche amministrazioni in questioni relative al diritto delle tecnologie e del diritto amministrativo in ambito stragiudiziale e giudiziale. È stato Consigliere del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e componente del Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda digitale italiana. È il curatore di lapadigitale.it, progetto di informazione e formazione di Maggioli Editore.Francesca RicciulliAvvocato. Assiste pubbliche amministrazioni, imprese e società pubbliche in questioni relative al diritto amministrativo e al diritto delle tecnologie, con particolare riferimento alla trasparenza dell’attività amministrativa, ai contratti pubblici e alle varie implicazioni del processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni.Stelio PagnottaICT e communication consultant. Si occupa di comunicazione istituzionale, con particolare riferimento al settore della digitalizzazione della pubblica amministrazione. Giornalista pubblicista, è autore di articoli e pubblicazioni in materia di diritto delle nuove tecnologie e innovazione nella PA.

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Marcella Biondi

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