La quantificazione del danno derivante da illegittima esclusione

Ultimo arresto della giurisprudenza in tema di risarcimento del danno per illegittima esclusione di un operatore che ha partecipato ad una procedura di affidamento pubblico, ove sono attentamente approfondite tutte le possibili voci di danno risarcibili ed in che limiti.

 

Con sentenza n. 2966 del 07/03/2016, il TAR Lazio, Sez. I ha affermato che l’operatore economico illegittimamente escluso da una gara d’appalto ha diritto all’integrale risarcimento dei danni derivanti dalla scelta dell’Amministrazione di preferirgli un altro concorrente, qualora sia accertato che laddove la gara si fosse svolta regolarmente egli sarebbe risultato vincitore.

 

In particolare, i giudici del TAR hanno chiarito che l’operatore escluso illegittimamente dalla gara ha diritto all’integrale risarcimento dei danni subiti, e pertanto al ristoro tanto del danno emergente, quanto del lucro cessante.

 

Con peculiare lucidità, i giudici romani hanno peraltro analizzato le varie “voci” riferibili al danno emergente tra le quali sono indicate le spese sostenute dall’operatore per la partecipazione alla gara ed il danno c.d. “curriculare”.

 

Per quanto riguarda la voce “spese di partecipazione alla gara”, il TAR, premesso che la partecipazione alle gare ad evidenza pubblica comporta dei costi che restano a carico dell’impresa partecipante, sia in caso di aggiudicazione, che di mancata aggiudicazione, chiarisce che detti costi di partecipazione rientrano a tutti gli effetti nel danno emergente qualora l’impresa sia esclusa illegittimamente, e ciò in quanto in una tale circostanza verrebbe in considerazione la pretesa del contraente a non essere coinvolto in inutili trattative (Cons. St., sez. III, 14 dicembre 2012, n. 6444; TAR Bari, sez. I, 6 ottobre 2011, n. 1466).

 

Ad ogni modo, il Collegio precisa che i suddetti costi di partecipazione debbono essere contenuti nell’ambito dei costi diretti, ossia dei costi relativi alla partecipazione, e non anche degli oneri afferenti al mancato utilizzo dei mezzi dedicati alle peculiarità dei servizi appaltati, in quanto rientranti nell’ambito del lucro cessante, né di quelli legati al mancato abbattimento delle spese generali in ragione dell’inattività dell’impresa, perché non direttamente connessi e di non facile determinazione.

 

Per quanto concerne il danno curriculare, invece, la Prima Sezione del TAR Lazio ammette, in linea di massima, la possibilità per l’impresa ingiustamente esclusa di rivendicare anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare.

 

Tale voce di danno, che rappresenta una specificazione del danno per perdita di chance, si correla necessariamente alla qualità di impresa operante nel settore degli appalti pubblici; e, più in particolare, al fatto stesso dell’esecuzione di uno di questi tipi di contratto, a prescindere dal lucro che l’impresa stessa si riprometta di ricavare per effetto del corrispettivo pagato dalla stazione appaltante.

 

Questa qualità imprenditoriale è fonte per l’impresa di un vantaggio economicamente valutabile, in quanto idonea ad accrescere la capacità competitiva sul mercato e, quindi, la chance di aggiudicazione di ulteriori futuri appalti. Del resto, l’aggiudicazione di un appalto rappresenta di per sé l’interesse principale dell’operatore economico, a prescindere dall’esecuzione dell’opera e dai relativi ricavi.

 

Di conseguenza, la mancata aggiudicazione di una commessa pubblica determina in capo all’operatore economico, oltre al danno diretto, per così dire, “materiale”, anche un pregiudizio all’immagine della società, al suo radicamento sul mercato, nonché all’ampliamento della qualità industriale o commerciale dell’azienda e al suo avviamento.

 

Infine, con riferimento al lucro cessante, il TAR ha affermato che deve essere integralmente riconosciuto all’operatore l’utile che avrebbe conseguito laddove non fosse stato illegittimamente escluso. Mentre, con riferimento alla quantificazione del danno da mancato utile, si è ritenuto ragionevole un risarcimento determinato equitativamente nel 10% del valore dell’appalto, in assenza di una dimostrazione in giudizio che il margine di utile sarebbe stato maggiore di quello presunto.

Sentenza collegata

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Dott. Ventura Marco

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