La responsabilità civile extracontrattuale: analisi dell’art. 2043 c.c.

Premessa

Lo scopo del presente scritto è quello di esaminare dettagliatamente l’Art. 2043 del Codice Civile nel quale trova fondamento la disciplina della Responsabilità Extracontrattuale.

Di seguito, si andranno ad analizzare i singoli elementi costitutivi di questo articolo e le loro rispettive peculiarità.

Gli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale

Il Codice Civile al TITOLO IX – Dei fatti illeciti all’Art. 2043 rubricato “Risarcimento per fatto illecito” disciplina che “Qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Gli elementi costitutivi di questo articolo, sul quale si fonda la Responsabilità Extracontrattuale, sono:

  1. il fatto illecito
  2. il dolo o la colpa
  3. il danno ingiusto
  4. il nesso di causalità tra il fatto illecito ed il danno ingiusto

Il fatto illecito

Il fatto illecito si riferisce a qualunque fatto commesso, vale a dire un fatto umano ovvero un’azione umana che può portare – e che porta – alla situazione di svantaggio per il soggetto. Il fatto è, quindi, la vicenda che cagiona il danno ingiusto.

Pare opportuno precisare che il fatto ad oggetto non deve necessariamente essere un’azione umana, può trattarsi anche di una vicenda naturale, di un incendio, di un’inondazione.

Tali vicende possono ricondursi al fatto illecito allorquando sono state poste in essere dall’uomo ovvero è venuto a mancare l’intervento dello stesso per evitare il danno – ad esempio la manomissione di una diga, un incendio cagionato dalla mano dell’uomo – che definiamo doloso.

Il fatto illecito non deve essere necessariamente istantaneo nella produzione del danno, può altresì essere permanente se continua nel tempo a cagionare il danno – si può trattare ad esempio di emissione di sostanze nocive.

Il dolo

Il dolo è l’elemento psicologico, è l’intenzione di cagionare il danno con un determinato comportamento che poi porta alla responsabilità ed all’obbligo al risarcimento.

I requisiti specifici del dolo sono: la volontarietà del fatto e la consapevolezza quanto delle conseguenze dannose derivanti dal fatto, tanto dell’ingiustizia del danno stesso[1].

Tra i vari gradi di dolo, in questa sede la distinzione rilevante è quella tra:

  • Dolo diretto, se si ha un’intenzione netta e precisa di compiere un danno;
  • Dolo indiretto – eventuale – se si accetta il rischio che si possa verificare il danno – ad esempio un soggetto che apre la finestra e lancia dei mattoni dal quinto piano senza guardare giù, è chiaro che “sta accettando il rischio di poter cagionare un danno altrui”.

La colpa

La colpa è la divergenza tra lo standard di comportamento che un soggetto deve tenere e quello che poi effettivamente tiene. Essa è da intendere ed interpretare come l’inosservanza della diligenza dovuta; non è un elemento psicologico, ma un dato obiettivo e per tale motivo è da accertare.

La colpa è posta al centro della teoria dell’illecito perché risponde all’esigenza di delimitare il contenuto del precetto “non arrecare danno ad altri”.

Orbene, la colpa è un evento non voluto dal soggetto agente che si verifica per

  • negligenza, mancanza di attenzione per salvaguardare i beni altrui – ad esempio la madre disattenta che lascia cadere il neonato dalla culla;
  • imprudenza, che consiste nel non adottare le misure idonee ad evitare il danno – ad esempio accendere un fiammifero vicino al materiale infiammabile;
  • imperizia, intesa come inosservanza delle regole di una determinata professione – ad esempio un chirurgo che usa un coltello da cucina e non un bisturi;
  • illegalità, quale inosservanza di norme giuridiche che prevedono misure idonee ad evitare o diminuire il danno.

I gradi della colpa. Colpa lieve o grave.

Altresì la colpa può essere lieve o grave a seconda del grado della diligenza dovuta. Generalmente, si risponde per colpa lieve ed eccezionalmente, per colpa grave.

Vicina al dolo eventuale vi è la colpa cosciente, qui il soggetto sa che vi è la possibilità che si possa verificare un danno, ma è sicuro che questo non avverrà perché confida nelle sue abilità ed il dubbio qui si risolve prima della sua azione.

Invero per ciò che concerne il dolo eventuale, il soggetto agisce con un dubbio continuo e costante, senza risolverlo. Un famigerato esempio è il lanciatore di coltelli, il dubbio che possa verificarsi un danno si risolve confidando nelle sue abilità.

Il danno ingiusto e il nesso di causalità

Il danno ingiusto, che compare nella prima parte della norma, genera l’obbligo al risarcimento.

È un danno definito ingiusto perché lede gli interessi giuridicamente tutelati.

La norma specifica l’ingiusto del danno, poiché esistono anche dei danni “giusti”; si pensi ad un creditore che espropria dei suoi beni il debitore. Questa prima nozione di danno è definito evento lesivo, a questo evento lesivo segue una seconda nozione di danno inteso come effetto economico negativo.

Ultimo elemento costitutivo di questa responsabilità, ma non per importanza, è il nesso di causalità tra il fatto ed il danno, una relazione che vede l’uno come conseguenza dell’altro.

Il risarcimento del danno

Si è detto che l’Art. 2043 cita due volte “il danno”.

Nella prima parte della norma viene citato il danno come evento lesivo, quale violazione di un interesse giuridicamente tutelato. Nella seconda parte, il danno viene richiamato in ordine al risarcimento dovuto per il danno cagionato e subìto.

Proprio ai fini della Responsabilità Extracontrattuale, il danno della fattispecie in esame è presupposto necessario: non ci può essere responsabilità se non c’è un fatto che ha provocato ovvero che sia diretto a provocare un danno, dal momento che questo tipo di illecito civile viene definito di danno e non meramente di condotta. Se – invece- il danno è solo ipotetico, ovvero vi è semplicemente il pericolo che possa esistere – ma non sussiste nella realtà – non si potrà, in questo ultimo caso, invocare l’Art. 2043 c.c., ma si dovrà fare riferimento ad altre norme.

L’Art. 1223 c.c. rubricato “Risarcimento del danno” disciplina che “Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subìta dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata”.

Orbene, per danno bisogna anche intendere la conseguenza economica negativa che deriva dall’evento lesivo e può dar luogo a due fattispecie, quali: il danno emergente ed il lucro cessante.

Il danno emergente ed il lucro cessante

Il danno emergente è la perdita che subisce il patrimonio del danneggiato, che si specifica nella perdita del valore economico dei beni distrutti ovvero danneggiati. In questo caso, il danno andrà valutato anche tenendo conto della mancanza di qualità di questi beni e delle spese sostenute per la loro riparazione ovvero sostituzione.

Il lucro cessante è il guadagno patrimoniale netto che viene meno, lo si può definire una ricchezza che viene sottratta al danneggiato e che, questi, non potrà più conseguire a causa dell’illecito.

Le ipotesi del lucro cessante sono:

  1. La mancata utilizzazione del bene, ad esempio di uno strumento di lavoro; in questo caso occorrerà vedere quale sarebbe stato il guadagno netto che il danneggiato avrebbe realizzato se il bene non gli fosse stato sottratto, distrutto o danneggiato.
  2. La mancata realizzazione di specifici rapporti contrattuali, ad esempio, un bene distrutto che era destinato alla vendita e non può più essere venduto; in questo caso la perdita consiste nel profitto che il danneggiato avrebbe tratto dalla vendita stessa.
  3. La perdita o la diminuzione della capacità di lavoro che può essere temporanea. In questa ipotesa il danno è facilmente determinabile perché si tratta di accertare quali guadagni il danneggiato avrebbe realizzato in quell’arco di tempo[2].

Nel caso in cui, invece, la perdita fosse permanente, andrà prima determinare la percentuale di invalidità con apposite tabelle sugli infortuni che tengono conto del guadagno attuale e di quello futuro prevedibile. Ad esempio, se il danneggiato stava studiando per conseguire una specializzazione professionale, sarà sufficiente vedere la successiva occupazione e la retribuzione per quel tipo di specializzazione.

  1. La perdita di prestazioni alimentari ed assistenziali, ad esempio, nel caso in cui viene a mancare una persona che provvedeva al mantenimento dei figli, questi avranno diritto al risarcimento del danno rappresentato dal fatto che il genitore non può più provvedere al loro mantenimento.
  2. La perdita della reputazione professionale, ad esempio, un soggetto che inietta delle sostante inquinanti nei prodotti che un altro soggetto passivo è costretto a vendere, questo subisce una perdita in termini di lesione della sua reputazione.

 

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Note

[1] Cfr. C.M. Bianca, Diritto Civile – Libro V – La Responsabilità, Seconda Edizione, Giuffrè Editore, Milano, 2012

[2] Cfr. C.M. Bianca, Diritto Civile – Libro V – La Responsabilità, Seconda Edizione, Giuffrè Editore, Milano, 2012

Fortunata Maria Tripodi

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