La responsabilità dell’amministratore condominiale in ordine al reato di cui all’art. 595 cod. pen. (Diffamazione)

Nel caso sottoposto all’attenzione dei Giudici di Piazza Cavour, l’amministratore di un condominio aveva affisso nell’atrio condominiale un avviso di imminente distacco della fornitura idrica, a seguito della presunta persistenza del debito di alcuni condomini, indicandone espressamente i nominativi.

Il Tribunale di Messina, in sede di appello, conferma la decisione del giudice di primo grado, affermando la responsabilità dell’amministratore condominiale in ordine al reato di cui all’art. 595 cod. pen. (Diffamazione) commesso nei confronti di un condomino, in quanto con la condotta posta in essere ne aveva offeso la reputazione.

La V Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n.4364/2013, premettendo che “secondo quanto già affermato da questa Corte ( Sez. 5, n.35543 del 18/09/2007) integra il delitto di diffamazione il comunicato, redatto all’esito di un’assemblea condominiale, con il quale alcuni condomini siano indicati come morosi nel pagamento delle quote condominiali e vengano conseguentemente esclusi dalla fruizione di alcuni servizi, qualora esso sia affisso in un luogo accessibile-non già ai soli condomini dell’edificio per i quali può sussistere un interesse giuridicamente apprezzabile alla conoscenza di tali fatti- ma ad un numero indeterminato di altri soggetti”, ritiene esatti i percorsi argomentativi seguiti dai giudici di merito.

Il Tribunale di Messina, da un lato, ha ritenuto dubbia la fondatezza della richiesta del saldo nei confronti del condomino che aveva preso in locazione l’appartamento quando era già maturata una parte del debito; dall’altro, richiamando la sentenza n. 716 del 2008 della stessa Corte, ha affermato che la condotta dell’amministratore non può ritenersi scriminata ai sensi dell’art. 51 cod. pen. (Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere), poiché egli aveva affisso l’avviso sulla porta dell’ascensore del palazzo, con la conseguenza che la comunicazione poteva essere percepita da chiunque avesse frequentato l’immobile, andando al di là dell’ambito di potenziale interesse della notizia.

L’amministratore condominiale si difende sostenendo che egli aveva agito al solo scopo di informare celermente i condomini dell’imminente interruzione del servizio. Tuttavia, i giudici di legittimità condividono quanto affermato dal giudice di secondo grado, e cioè che l’amministratore era da tempo a conoscenza della situazione di morosità e quindi ben avrebbe potuto assumere tempestive iniziative di recupero e di risoluzione del contenzioso.

Gli Ermellini aggiungono, inoltre, che “se davvero la prospettiva dell’amministratore fosse stata quella dell’informazione celere rispetto all’imminente interruzione del servizio, attraverso modalità comunicative potenzialmente percepibili da terzi estranei al condominio, egli avrebbe dovuto calibrare il contenuto dell’informazione a tale esigenza, evitando di menzionare anche l’identità dei condomini morosi”.

Quanto al profilo psicologico della condotta dell’amministratore condominiale, il Tribunale di Messina ricorda che nel reato di diffamazione il dolo dell’agente è generico e che, tenendo conto dell’oggettivo significato delle espressioni adoperate e del silenzio serbato per lungo tempo dall’amministratore sulla situazione di morosità, era evidente l’intento di sottoporre ad una “pubblica gogna” coloro che non avevano pagano le quote.

La Corte di Cassazione precisa che “secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Sez. 5, n.7597 del 11/05/1999) in tema di delitti contro l’onore, non è richiesta la presenza di un animus iniurandi vel diffamandi, ma appare sufficiente il dolo generico, che può anche assumere la forma del dolo eventuale, in quanto basta che l’agente, consapevolmente, faccia uso di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive, ossia adoperate in base al significato che esse vengono oggettivamente ad assumere, senza un diretto riferimento alle intenzioni dell’agente”.

Gli Ermellini concludono dunque per la condanna dell’amministratore del condominio, colpevole di aver leso l’integrità dell’onore, del decoro e della reputazione del condomino, confermando l’indirizzo della giurisprudenza prevalente e la tesi espressa dal Garante della privacy nel parere del 18 maggio 2006.

In questa occasione il Garante per la protezione dei dati personali, dando voce ai diversi quesiti e segnalazioni pervenute all’Autorità e riguardanti le operazioni di trattamento di dati personali effettuate nell’ambito delle attività connesse all’amministrazione dei condomini, prescrive ai titolari del trattamento l’adozione di alcune misure indicandole specificamente.

In particolare, relativamente alla comunicazione e diffusione di dati relativi ai condomini, il Garante per la privacy precisa che “Integra un trattamento illecito (anche in violazione del principio di proporzionalità) la diffusione di dati personali effettuata mediante l’affissione di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento) in spazi condominali accessibili al pubblico, potendo tali informazioni venire a conoscenza di una serie indeterminata di soggetti, nell’intervallo di tempo in cui l’avviso risulta visibile. L’esposizione di dette informazioni in tali luoghi può contenere solo avvisi di carattere generale utili ad una più efficace comunicazione di eventi di interesse comune (ad esempio, inerenti allo svolgimento dell’assemblea condominiale o relative a comunicazioni urgenti: si pensi ad anomalie nel funzionamento degli impianti), rimettendo a forme di comunicazione individualizzata, o alla discussione in assemblea, la trattazione di affari che importi il trattamento di dati personali riferiti a condomini individuati specificatamente”.

Com’è noto il 20 novembre 2012 è stata definitivamente approvata dal Senato la riforma del condominio, contenuta nella legge 11 dicembre 2012 n. 220 “Modifica alla disciplina del condominio negli edifici” e con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 17 dicembre 2012 n.293 iniziano a decorrere i sei mesi per l’effettiva entrata in vigore della riforma fissata per il 18 giugno 2013.

Una parte importante della riforma riguarda per l’appunto la gestione delle morosità dei condomini. L’art. 18 della riforma prevede che “per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini. In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui e’ trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.

Dunque, la nuova normativa prevede la possibilità, per l’amministratore, di ricorrere in giudizio per riscuotere i contributi dei condomini, e ciò senza la necessità di un’autorizzazione dell’assemblea condominiale. Inoltre, il protrarsi per un semestre delle morosità nel pagamento dei contributi, riconosce all’amministratore la facoltà di sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. La riforma stabilisce anche che, qualora l’amministratore venga interpellato dai creditori insoddisfatti, egli è tenuto a comunicare loro i dati dei condomini morosi, quindi, viene sacrificato il diritto alla privacy di questi ultimi.

Tuttavia, come affermato dalla giurisprudenza, e da ultimo la sentenza n. 4364 del 29 gennaio 2013, resta un atto illecito esibire,nell’atrio di un condominio e quindi in luogo accessibile ad un numero indeterminato di soggetti, un comunicato contenente l’indicazione dei nominativi dei condomini morosi.

Tra le prerogative di un amministratore condominiale vi è certamente quella di rimettere gli inquilini ai loro doveri, senza tuttavia superare i limiti imposti dalla propria funzione e dal rispetto dell’altrui persona e della sua privacy.

Celentano Giusy Fabiola

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