Il caso
Il Sig.X frequenta un corso di deltaplano presso la Union club scuola di volo, con istruttore il Sig. Y. Dopo alcune lezioni di teoria e di pratica, svolge una prova di volo su un deltaplano seguito da terra via radio dall’istruttore; l’atleta in quell’occasione effettua pericolosamente una virata contro pendio (ossia verso la montagna, quando avrebbe dovuto andare verso valle), e spinto dal vento si schianta contro la montagna. Il Sig. X sopravvive ma riporta lesioni gravissime a seguito dell’incidente, con una valutazione di danno biologico pari al 90%.
A seguito della vicenda, il Sig. cita in giudizio, Tribunale di Roma adito, l’istruttore e la Union club scuola di volo, perché siano condannati in solido al ristoro dei danni subiti. I convenuti si costituiscono e chiamano in garanzia la compagnia di assicurazioni
Nel corso della dialettica forense, prima in tribunale e poi in Corte d’Appello, emerge quanto segue:
- Il ricorrente lamenta che la propria inesperienza era percepibile ictu oculi, dato che aveva effettuato solo sei voli alti prima dell’incidente, sempre con difficoltà e atterrando ‘’di pancia’’. In questa chiave di lettura, la scelta dell’istruttore di non salire con lui sul deltaplano biposto durante il volo veleggiato alto occasione dell’incidente, ma di seguirlo da terra, sarebbe stata inopportuna. Inoltre, per quanto non obbligatorio, non gli era stato fatto indossare il paracadute; per finire, l’istruttore da terra nella prova di volo seguiva contemporaneamente venti allievi.
- Dalle memorie dei resistenti si solleva per prima cosa la questione della natura dell’attività sportiva, dotata d’una pericolosità in re ipsa. Per questo, in presenza di un contratto atipico di istruzione sportiva, si ritiene che la responsabilità del debitore debba essere valutata con minor rigore, invocando la teoria dell’accettazione preventiva del rischio. Inoltre, i convenuti contestano la chiave di lettura dell’attore, poiché dai registri della scuola risultano svolti sei voli alti e circa una ventina in generale, lezioni pratiche (di volo) e quindi il Sig. deve poter essere considerato utente esperto. Si assume pure che il Sig. non sapesse usare la radio, o che questa non avesse funzionato nel momento dell’atterraggio. Pertanto, una volta che l’istruttore ha dato l’ordine di atterrare, l’allievo si assume ogni rischio derivante dalle proprie manovre, o perlomeno concorre nella causazione del fatto dannoso ex art. 1227 c.c.
L’iter giudiziario e la quaestio iuris
In primo grado, l’attore vede la propria domanda rigettata. Infatti, sull’assunto che il volo in deltaplano è uno sport estremo, chi lo pratica accetta preventivamente il rischio di sinistri. Gli obblighi contrattuali della scuola di volo – continua il Tribunale – consistono nell’impartire l’insegnamento professionale con la presenza costante dell’istruttore, e nell’uso di tutte le precauzioni necessarie per la sicurezza dello sportivo, ma senza assumere responsabilità per l’incolumità fisica dell’allievo in caso di errori nell’esecuzione delle manovre nella pratica sportiva.
La Corte d’Appello di Roma, adita dall’attore soccombente, ribalta in toto l’esito della sentenza. I giudici riconoscono l’istruttore e la scuola inadempienti ex art. 1218 c.c. e conseguentemente responsabili per i danni che il Sig. ha subito. In particolare, pur riconoscendo che il danneggiato aveva ricevuto l’ordine di atterrare da parte dell’istruttore, risultava positivamente accertato nei fatti che l’allievo non aveva ricevuto un adeguato addestramento e avrebbe dovuto essere escluso dai voli.
Specularmente, la scuola di volo e il suo istruttore non avevano assolto l’onere probatorio al fine di escludere una loro responsabilità nella causazione dell’evento dannoso.
In ultimo l’istruttore e la Scuola di volo ricorrono in Cassazione criticando quanto stabilito in seconde cure. La Corte, però con ordinanza dichiara inammissibile il ricorso poiché la quaestio iuris, così come risolta dalla Corte d’Appello, risulta conforme alla principale giurisprudenza della Cassazione.
Il rapporto giuridico tra l’allievo e la scuola – ricorda il Collegio – sorge per contatto sociale, sicché si applica il regime probatorio di cui all’art. 1218 c.c., in virtù del quale il danneggiato deve provare esclusivamente che l’evento dannoso si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre la scuola ha l’onere di dimostrare che l’evento è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante. Se la causa resta ignota, le conseguenze patrimoniali negative restano a carico di chi ha oggettivamente assunto la posizione di inadempiente (così anche Cass. n. 3612/2014). Gli obblighi contrattuali che pendono sulla scuola e sull’istruttore ineriscono non solo all’adeguata formazione (che anche il Tribunale aveva riconosciuto), ma anche alla vigilanza sulla incolumità e sicurezza dell’allievo per tutta la durata del corso.
Il dictum della Suprema Corte non lascerebbe scanso ad equivoci: la responsabilità di scuola ed istruttore è squisitamente contrattuale. Tuttavia, prescindendo dal caso in esame, le perplessità per l’interprete non scompaiono del tutto. L’elevata possibilità di sinistri che si possono verificare negli sport estremi coniugata a quell’obbligo di ‘’vigilanza sulla incolumità e sicurezza dell’allievo’’, sortisce uno strano effetto, nel pratico, sull’assolvimento dell’onere probatorio di discostarsi dalla sequenza causale dannosa. In assenza di un’actio finium regundorum, mentre si ripete che la responsabilità è contrattuale ex art. 1218 – e che il debitore deve provare che il fatto non è a lui imputabile – si sente riecheggiare in sottofondo quell’aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno che invece è la severissima prova liberatoria di cui all’art. 2050 c.c. per il danno da attività pericolose.
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