Gli ultimi interventi normativi[5] sono stavi volti ad un inasprimento dei trattamenti punitivi dei dipendenti pubblici, snellendo il procedimento disciplinare, al fine di punire alcune condotte, attuando interventi idonei ad accelerare e concretizzare l’azione disciplinare, evitando che cavilli ed impedimenti procedurali, come anche una lenta gestione di una pratica, portino alla impunità.
Indice
- La sottrazione della competenza del responsabile di struttura nel procedimento disciplinare
- Gli obblighi e i doveri dei dipendenti pubblici
- La responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici
1. La sottrazione della competenza del responsabile di struttura nel procedimento disciplinare
In particolare, la Riforma Madia ha proseguito il percorso già tracciato dalla precedente Riforma Brunetta. Le maggiori novità introdotte hanno riguardato, in primo luogo, l’attribuzione ai responsabili di struttura[6], anche senza qualifica dirigenziale, la sola sanzione minimale, consistente nel richiamo verbale, assegnando le competenze su tutte le restanti sanzioni ad un Ufficio Procedimenti Disciplinari appositamente competente, previa trasmissione dei fatti da parte del responsabile della struttura entro dieci giorni. Questa modifica è stata spinta dal fatto che i responsabili di struttura per varie ragioni, come inadeguata competenza in materia o eccessivo coinvolgimento emotivo con il dipendente da sanzionare, non erano efficaci nell’infliggere le sanzioni, che spesso non erano di pari livello al comportamento illecito del dipendente, o addirittura non venivano proprio esercitate[7]. Invece, L’Ufficio Procedimenti Disciplinari è dotato di maggiore competenza proprio per l’esercizio di questa funzione ed è soggetto ad una garanzia di terzietà, perché non è a stretto contatto con i dipendenti[8].
In secondo luogo, vengono inserite nuove ipotesi di licenziamento disciplinare all’art. 55-quater del Testo Unico sul Pubblico Impiego.
Infine, in terzo luogo, viene incrementato il termine massimo nel quale il responsabile di struttura deve segnalare i fatti accaduti all’Ufficio Procedimenti Disciplinari, che diventa di dieci giorni, mentre i successivi trenta giorni sono il termine massimo che scatta dalla conoscenza dei fatti alla contestazione dell’addebito da parte dell’UPD. Il termine per l’audizione è di venti giorni, mentre il termine per l’adozione della sanzione è di centoventi giorni dalla contestazione dell’addebito al dipendente[9].
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2. Gli obblighi e i doveri dei dipendenti pubblici
Gli obblighi e i doveri che devono rispettare i dipendenti pubblici sono regolati dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici[10], le cui previsioni sono integrate e specificate dai Codici adottati dalle singole amministrazioni. Il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici definisce i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare[11]. Lo stesso Codice dispone che il dipendente deve conformare la propria condotta a principi di buon andamento ed imparzialità[12] e nel rispetto dei principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza[13], astenendosi in caso di potenziale conflitto di interessi, anche solo potenziale, oltre a non utilizzare per scopi privati le informazioni di cui dispone.
In sostanza, il lavoratore pubblico deve comportarsi con diligenza, fedeltà e obbedienza nell’attività lavorativa alla quale è preposto, sia nell’interesse dell’amministrazione in quanto datrice di lavoro, sia nel rispetto della Costituzione, servendo la Nazione con disciplina e onore. Questi sono i tre principali doveri che, se non rispettati, danno luogo a sanzioni disciplinari[14].
La violazione degli obblighi previsti dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici rappresenta un comportamento contrario al dovere di ufficio e, per cui, dà luogo a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile ed è fonte di responsabilità disciplinare, da accertare all’esito di un procedimento disciplinare[15]. La violazione viene valutata per ogni singolo caso, in riferimento alla gravità del fatto commesso, e può portare anche al licenziamento disciplinare[16].
3. La responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici
La responsabilità disciplinare riguarda quell’aspetto della responsabilità, aggiuntiva rispetto a quella penale, civile, amministrativo-contabile e dirigenziale, in capo al lavoratore che non rispetta gli obblighi contrattuali, fissati dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e accettati nel contratto individuale. Tale responsabilità comporta l’applicazione da parte del datore di lavoro di sanzioni conservative[17] o espulsive[18].
La responsabilità disciplinare trova la sua fonte nell’articolo 28 della Costituzione, che dispone che i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti. Inoltre, l’articolo 97 della Costituzione dispone che negli ordinamenti degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari[19]. Per cui, la responsabilità disciplinare non si riferisce solo al cattivo comportamento dei dipendenti pubblici, ma più in generale ad una cattiva amministrazione[20].
Si viene a creare così una stretta correlazione tra il rendimento del dipendente e l’efficienza lavorativa, possiamo per cui individuare due fattispecie principali che determinano la c.d. responsabilità disciplinare[21].
In primo luogo, l’art. 55, co. 1, del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, è stato rinnovato individuando la figura generale di illecito disciplinare, che riguarda la violazione colposa o dolosa delle disposizioni enunciate nell’art. 55 e ss. che comportano una responsabilità disciplinare e che riguardano il dipendente che ha effettivamente commesso il fatto.
In secondo luogo, l’illecito disciplinare riguarda il soggetto responsabile che procuri il mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare, tale illecito comporta la sospensione senza retribuzione fino a tre mesi del soggetto, salvo in alcuni casi per i quali la sanzione commessa può portare anche al licenziamento[22].
In ogni caso, per il rispetto della gradualità e della proporzionalità delle sanzioni è importante considerare che le irregolarità commesse dai dipendenti pubblici devono essere valutate sotto due profili, il primo concernente la circostanza oggettiva in cui si è svolta l’azione[23], il secondo riguardante le modalità soggettive che hanno spinto il dipendente ad agire in un quel determinato modo[24]. Difatti, a seconda della gravità, le sanzioni disciplinari tengono conto di alcuni criteri[25], quali l’intenzionalità del comportamento, la negligenza, l’imprudenza, la rilevanza degli obblighi violato, il grado di danno o pericolo causato all’azienda o all’utente, la presenza di circostanze aggravanti e la recidività del comportamento[26].
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Note
[1] Articolo 2 del decreto legislativo del 30 marzo del 2001, n. 165.
[2] Articolo 3 del decreto legislativo del 30 marzo del 2001, n. 165.
[3] Recante “Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.
[4] Lattari P., Compendio di diritto disciplinare del pubblico impiego privatizzato: doveri ed obblighi, sanzioni e procedimento, Milano, Key Editore, 2018.
[5] Riforma Brunetta (d.lgs. del 27 ottobre 2009, n. 150) e Riforma Madia (d.lgs. del 25 maggio 2017, n. 75 e d.lgs. del 20 luglio 2017, n. 118).
[6] Come modificato all’art. 55-bis, co.1, del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165.
[7] Tenore V., Le novità apportate al procedimento disciplinare nel pubblico impiego dalla riforma Madia (d.lgs. n.75 del 2017 e n.118 del 2017), Rivista Lavoro Diritti Europa, fasc. 1, 2017.
[8] Gavioli F., Procedimento disciplinare e composizione dell’Ufficio procedimenti disciplinari (UPD), quotidianopa.leggiditalia.it, 2019.
[9] Tenore V., Le novità apportate al procedimento disciplinare nel pubblico impiego dalla riforma Madia (d.lgs. n.75 del 2017 e n.118 del 2017), Rivista Lavoro Diritti Europa, fasc. 1, 2017.
[10] D.p.r. del 16 aprile 2013, n. 62 recante “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici”.
[11] Art. 1, co. 1, del D.p.r. del 16 aprile 2013, n. 62.
[12] Art. 3, co. 1, del D.p.r. del 16 aprile 2013, n. 62.
[13] Art. 3, co. 2, del D.p.r. del 16 aprile 2013, n. 62.
[14] Bassani M., Italia V., Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, Milano, Key Editore, 2018.
[15] Art. 16, co. 1, del D.p.r. del 16 aprile 2013, n. 62.
[16] Bassani M., Italia V., Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, Milano, Key Editore, 2018.
[17] Conservative: richiamo, multa, sospensione dal servizio e dalla retribuzione.
[18] Licenziamento con o senza preavviso.
[19] Busico L., La responsabilità dei pubblici dipendenti ed il potere disciplinare: cenni alle recenti riforme normative, diritto.it, 2017.
[20] Santonicola R., La responsabilità disciplinare e profili di compatibilità con la responsabilità dirigenziale, www.iusinitinere.it, 2018.
[21] Bassani M., Italia V., Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, Milano, Key Editore, 2018.
[22] Militello M.G., Etica comportamentale, procedimento disciplinare e sanzioni. L’homo novus nel pubblico impiego?, in Il lavoro pubblico a vent’anni dalla scomparsa di Massimo D’Antona, Centre For The Study Of European Labour Law “Massimo D’Antona”, Bruno C. (a cura di), 2019, 192 ss.
[23] Bassani M., Italia V., Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, Milano, Key Editore, 2018.
[24] Conti B., Le Responsabilità del dipendente pubblico, www.laleggepertutti.it, 2018.
[25] Bassani M., Italia V., Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, Milano, Key Editore, 2018.
[26] Vannini C., Le norme disciplinari del dipendente pubblico, www.nurse24.i, 2018.
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