Il fatto
La Corte di Appello di L’Aquila confermava la sentenza del Tribunale di Teramo in forza della quale l’imputato era stato condannato alla pena di giustizia per il reato di tentata rapina.
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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo: 1) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in riferimento all’art. 178 c.p.p., comma 1 lett. c), in quanto l’appello era stata deciso all’udienza dibattimentale del 27 Giugno 2018 nonostante il difensore avesse comunicato, tramite posta elettronica certificata, la propria adesione all’astensione generale dalle udienze dichiarata per quella data dalle Camere Penali; 2) vizio di motivazione in relazione all’elemento oggettivo e soggettivo del reato di rapina atteso che la corte di appello era pervenuta alla conferma dell’affermazione della penale responsabilità dell’imputato in relazione al reato di tentata rapina contestato non considerando che dal tenore delle dichiarazioni rese in dibattimento dalla persona offesa non era emersa alcuna violenza o minaccia nei confronti della vittima nè alcuna limitazione della capacità di autodeterminazione della stessa; 3) omessa pronunzia in merito allo specifico motivo di appello riguardante la configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 nonché la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione
Il ricorso veniva ritenuto fondato alla stregua delle seguenti considerazioni.
Veniva in particolare ritenuta fondata la eccezione di nullità della sentenza impugnata deliberata nonostante il difensore dell’imputato avesse tempestivamente comunicato a mezzo PEC di aderire alla astensione delle udienze proclamata per il giorno 27 Giugno 2018, istanza che risulta in atti.
Veniva a tal proposito chiarito come, nel caso in esame, trattandosi di istanza di rinvio per adesione del difensore all’astensione di categoria, dovesse trovare applicazione – in base ai criteri di specialità – la norma posta dalla fonte speciale diretta a regolare la specifica materia, ossia l’art. 3 del vigente codice di autoregolamentazione, che stabilisce che l’atto contenente la dichiarazione di astensione sia “trasmesso o depositato nella cancelleria del giudice o nella segreteria del pubblico ministero” rilevandosi al contempo come risultasse palese che, con questa locuzione, la norma abbia esplicitamente previsto, oltre al tradizionale deposito, anche la trasmissione nella cancelleria o segreteria con qualsiasi mezzo tecnico idoneo – quale normalmente il telefax ovvero altro mezzo equipollente – ad assicurare la provenienza della comunicazione dal difensore e l’arrivo della stessa nella cancelleria o nella segreteria tenuto conto altresì del fatto che una simile soluzione si impone non solo sulla scorta di una interpretazione letterale (dal momento non è previsto il rispetto di formalità particolari, potendo la comunicazione e il deposito avvenire con qualsiasi mezzo e forma, mentre laddove siano richieste forme vincolate, il legislatore lo ha previsto espressamente, come, ad esempio, per l’art. 162 c.p.p.: cfr. Sez. 3, n. 10637 del 20/01/2010) ma anche da una interpretazione conforme ai principi costituzionali in tema di diritto di difesa e diritto al contraddittorio e, comunque, da una interpretazione sistematica più rispondente alla evoluzione del sistema delle comunicazioni e notifiche (cfr. art. 148 c.p.p., comma 2 bis; D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 febbraio 2010, n. 24) nonché alle esigenze di semplificazione e celerità richieste dal principio della ragionevole durata del processo.
Ciò posto, in ordine alla esigenza di autenticità della provenienza e della ricezione di simili forme di comunicazione, si evidenziava come le Sezioni Unite avessero già rilevato – a proposito dell’art. 148 c.p.p., comma 2 bis, – che il telefax è “uno strumento tecnico che da assicurazioni in ordine alla ricezione dell’atto da parte del destinatario, attestata dallo stesso apparecchio di trasmissione mediante il cosiddetto OK o altro simbolo equivalente” (Sez. U, n. 28451 del 28/04/2011) specificando anche che “la mancata individuazione, in sede normativa, dei mezzi tecnici idonei ad assicurare la effettiva conoscenza dell’atto… è evidentemente legata all’esigenza di non rendere necessario il continuo aggiornamento legislativo degli strumenti utilizzabili, nè in qualche modo obbligatorio il loro utilizzo, tenuto conto della evoluzione scientifica e dell’effettivo grado di diffusione di nuovi mezzi tecnici di trasmissione”.
Oltre a ciò, veniva fatto presente che le indicazioni, automaticamente impresse sul documento ricevuto dall’ufficio, sono idonee ad assicurare l’autenticità della provenienza dal difensore (peraltro facilmente controllabile dall’ufficio in caso di dubbio) così come la norma vigente consente che la dichiarazione sia fatta anche tramite sostituto senza speciali formalità.
Gli Ermellini, inoltre, evidenziavano come in sede nomofilattica fosse stato del resto osservato che, in tema di adesione del difensore all’astensione proclamata dagli organismi rappresentativi della categoria, la relativa dichiarazione può essere trasmessa a mezzo telefax alla cancelleria del giudice procedente dovendo applicarsi la norma speciale contenuta nell’art. 3, comma 2, del vigente codice di autoregolamentazione secondo la quale l’atto contenente la dichiarazione di astensione può essere “trasmesso o depositato nella cancelleria del giudice o nella segreteria del pubblico ministero”. (In motivazione, la S.C. ha precisato che tale soluzione appare imposta non solo da un’interpretazione letterale della norma, che non richiede l’adozione di forme particolari per la comunicazione o il deposito, ma anche da un’interpretazione adeguatrice e sistematica, più rispondente all’evoluzione del sistema di comunicazioni e notifiche, oltre che alle esigenze di semplificazione e celerità richieste dal principio della ragionevole durata del processo). (Sez. U, n. 40187 del 27/03/2014).
Tal che si perveniva alla conclusione secondo la quale dovesse conseguentemente darsi seguito all’orientamento secondo cui la richiesta di rinvio per adesione all’astensione dalle udienze proclamata dai competenti organismi della categoria può essere trasmessa, secondo quanto stabilito dall’art. 3 del Codice di “Autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati“, anche a mezzo posta elettronica certificata alla cancelleria del giudice procedente. (Sez. 4, n. 35683 del 06/06/2018).
Alla luce della norma speciale attualmente in vigore, pertanto, i giudici di piazza Cavour ritenevano come la dichiarazione del difensore di astensione, fatta pervenire a mezzo PEC alla cancelleria del giudice procedente, dovesse ritenersi ricevibile ed ammissibile.
Conclusioni
La decisione in esame è condivisibile.
L’affermazione secondo la quale la richiesta di rinvio per adesione all’astensione dalle udienze proclamata dai competenti organismi della categoria può essere trasmessa, secondo quanto stabilito dall’art. 3 del Codice di “Autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati“, anche a mezzo posta elettronica certificata alla cancelleria del giudice procedente trova difatti conferma in un precedente della Cassazione con cui gli Ermellini già erano addivenuti alla medesima conclusione.
Si ritiene tuttavia come questo principio non possa valere anche per le istanze di rinvio avanzate dal difensore ma non perché viene indetta un’astensione dai competenti organismi della categoria.
Il principio di diritto succitato, invero, è stato formulato in quanto vi è una specifica norma che consente che l’istanza possa essere inviata anche tramite il ricorso alla pec.
Come in questo specifico caso, sarebbe invece opportuno che il legislatore intervenisse al fine di poter ricorrere alla posta elettronica certificata ogni volta il difensore chieda un rinvio dell’udienza.
Difatti, avvalendoci di parte di un passaggio argomentativo di questa decisione (seppur addotto per motivi del tutto diversi), l’introduzione di una norma giuridica di questo genere sarebbe conforme ai principi costituzionali in tema di diritto di difesa e diritto al contraddittorio e, comunque, sarebbe sicuramente rispondente alla evoluzione del sistema delle comunicazioni e notifiche (cfr. art. 148 c.p.p., comma 2 bis; D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 febbraio 2010, n. 24) nonché alle esigenze di semplificazione e celerità richieste dal principio della ragionevole durata del processo.
L’auspicio, dunque, è che il legislatore intervenga in tal senso.
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