Premessa
Nella seduta n. 29 del 13 febbraio del 2020, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia, ha approvato un disegno di legge che prevede deleghe al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti d’appello.
Orbene, scopo del presente scritto è quello di esaminare i tratti salienti che connotano questo progetto di legge.
Ciò posto, va prima di tutto fatto presente che tale disegno di legge consta di 18 articoli i quali regolano a loro volta diverse tematiche giuridiche.
In particolare, il capo I, intitolato “Delega al Governo per la modifica del codice di procedura penale, del codice penale e della collegata legislazione speciale e per la revisione del regime sanzionatorio delle contravvenzioni” consta di tredici articoli così strutturati: a) l’art. 1 riguarda l’oggetto e il procedimento cioè in cosa consiste il settore di intervento con cui si vuole operare con questa normativa; b) l’art. 2 concerne le disposizioni per l’efficienza dei procedimenti penali e in materia di notificazioni e quindi si riferisce alla materia processual-penalistica inerente le notificazioni afferenti per l’appunto la materia penale; c) l’art. 3 afferisce le indagini preliminari e l’udienza preliminare; d) l’art. 4 riguarda i procedimenti speciali; e) l’art. 5 concerne il giudizio; f) l’art. 6 afferisce il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica; g) l’art. 7 riguarda l’appello; h) l’art. 8 concerne le condizioni di procedibilità; i) l’art. 9 afferisce il ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive; l) l’art. 10 riguarda la disciplina sanzionatoria delle contravvenzioni; m) l’art. 11 inerisce le disposizioni in materia di controllo giurisdizionale della legittimità della perquisizione; n) l’art. 12 regola i termini di durata del processo; o) l’art. 13 prevede delle disposizioni per la trattazione dei giudizi di impugnazione delle sentenze di condanna.
A sua volta il capo II, intitolato “Modifiche al codice penale” consta di un solo articolo, ossia l’art. 14, che riguarda le disposizioni in materia di sospensione della prescrizione.
Dal canto suo il capo III, rubricato “Disposizioni concernenti l’arretrato penale presso le Corti d’appello e la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti” prevede tre articoli, ossia: l’art. 15 (Misure straordinarie per la definizione dell’arretrato penale presso le Corti di appello); l’art. 16 (Misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti) e l’art. 17 (Norma di copertura).
Orbene, chiarito come è articolato questo disegno di legge, non resta che esaminare questi articoli uno per uno non senza precisare però, che ad eccezione dell’articolo inerente la prescrizione del reato, che entrerà subito in vigore quando verrà approvato questo progetto di legge, per le altre norme, invece, dovrà essere emanato il decreto legislativo in riferimento al quale è stato presentato questo disegno di legge governativo che ha per l’appunto ad oggetto una legge di delega.
Delega al Governo per la modifica del codice di procedura penale, del codice penale e della collegata legislazione speciale e per la revisione del regime sanzionatorio delle contravvenzioni.
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Introduzione
Come evidenziato in precedenza, buona parte di questa legge riguarda la delega che si vuole dare al Governo per modificare il codice di procedura penale, del codice penale e della collegata legislazione speciale e per la revisione del regime sanzionatorio delle contravvenzioni.
Si tratta difatti, come già visto in precedenza, di un intervento che va ad incidere su diversi settore di queste materie giuridiche.
Orbene, non resta che vedere in cosa consistono queste modifiche una per una.
Oggetto e procedimento
L’oggetto che dovrà riguardare l’intervento del legislatore delegato concerne la “modifica del codice di procedura penale, del codice penale e della collegata legislazione speciale e per la revisione del regime sanzionatorio delle contravvenzioni con finalità di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo penale, nel rispetto delle garanzie difensive e secondo i princìpi e criteri direttivi previsti dalle disposizioni del presente capo” (art. 1, c. 1) fermo restando che gli “schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione e con il Ministro per la pubblica amministrazione e sono successivamente trasmessi alle Camere perché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari entro il termine di sessanta giorni dalla data della ricezione” (art. 1, c. 2, primo capoverso) e decorso “il predetto termine i decreti possono essere emanati, anche in mancanza dei pareri” (art. 1, c. 2, secondo capoverso) mentre qualora “detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti alla scadenza del termine previsto per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni” (art. 1, c. 2, terzo capoverso).
A sua volta il Governo, da un lato, “è delegato ad adottare, nei termini e con la procedura di cui ai commi 1 e 2, decreti legislativi recanti le norme di attuazione delle nuove disposizioni e di coordinamento delle stesse con le altre leggi dello Stato, anche modificando la formulazione e la collocazione delle norme del codice penale, del codice di procedura penale e delle disposizioni contenute in leggi speciali non direttamente investite dai princìpi e criteri direttivi di delega, in modo da renderle ad essi conformi, operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune disposizioni transitorie” (art. 1, c. 3), dall’altro, “con la procedura indicata al comma 2, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui al comma 1 e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi da essa fissati, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi” (art. 1, c. 4).
Disposizioni per l’efficienza dei procedimenti penali e in materia di notificazioni
Il primo settore di intervento riguarda le notificazioni in materia penale dato che l’art. 2 stabilisce quanto segue: “1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il decreto o i decreti legislativi recanti disposizioni dirette a rendere il procedimento penale più celere ed efficiente, nonché a modificare il codice di procedura penale in materia di notificazioni, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) prevedere che, nei procedimenti penali di ogni ordine e grado, il deposito di atti e documenti possa essere effettuato anche con modalità telematiche; b) prevedere che con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, sentiti l’Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense e i consigli dell’ordine degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica e accertata la funzionalità dei servizi di comunicazione, individui gli uffici giudiziari e la tipologia di atti per i quali il deposito telematico è obbligatorio; c) prevedere che nel caso di deposito telematico obbligatorio spetti al capo dell’ufficio autorizzare il deposito con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non siano funzionanti e sussista una situazione d’urgenza, assicurando che agli interessati sia data conoscenza adeguata e tempestiva anche dell’avvenuta riattivazione del sistema; d) prevedere che, nei procedimenti penali di ogni ordine e grado, il deposito telematico di atti e documenti possa avvenire anche con soluzioni tecnologiche che assicurino la generazione di un messaggio di avvenuto perfezionamento del deposito nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici; e) prevedere che, nel caso di utilizzo di deposito telematico nei procedimenti penali di ogni ordine e grado, il deposito si abbia per avvenuto nel momento in cui viene generato il messaggio di conferma del completamento della trasmissione;
f) prevedere che nei procedimenti penali di ogni ordine e grado le comunicazioni avvengano in modalità telematica anche con soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici; g) prevedere che nei procedimenti penali di ogni ordine e grado le notificazioni a persona diversa dall’imputato avvengano in modalità telematica anche con soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata; h) prevedere che nel caso in cui la notifica venga eseguita con soluzione tecnologica diversa dalla posta elettronica certificata il sistema generi un messaggio di conferma del completamento della trasmissione; i) prevedere per la notifica e la comunicazione telematica a persona diversa dall’imputato eseguita con soluzione tecnologica diversa dalla posta elettronica certificata, che le stesse si considerino avvenute nel momento in cui viene generato il messaggio di conferma della trasmissione; l) prevedere che tutte le notificazioni all’imputato non detenuto successive alla prima siano eseguite mediante consegna al difensore; estendere a tali casi la possibilità di eseguire le notificazioni in modalità telematica anche con soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata, che diano garanzia dell’avvenuta ricezione; al di fuori dei casi previsti dagli articoli 161 e 162 del codice di procedura penale, prevedere opportune deroghe alla notificazione degli atti mediante consegna di copia al difensore, a garanzia della effettiva conoscenza dell’atto da parte dell’imputato, nel caso in cui questi sia assistito da un difensore d’ufficio e la prima notifica non sia stata eseguita mediante consegna dell’atto personalmente all’imputato o a persona che con lui conviva anche temporaneamente o al portiere o a chi ne fa le veci; m) prevedere che il primo atto notificato all’imputato contenga anche l’espresso avviso che le successive notifiche saranno effettuate mediante consegna al difensore, anche con modalità telematiche e che l’imputato abbia l’onere di indicare al difensore un recapito idoneo ove effettuare le comunicazioni, nonché ogni mutamento dello stesso; n) prevedere che non costituisca inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato professionale del difensore l’omesso o ritardata comunicazione all’assistito imputabile al fatto di quest’ultimo; o) disciplinare i rapporti tra la notificazione mediante consegna al difensore e gli altri criteri dettati dal codice di procedura penale per le notificazioni degli atti all’imputato, in particolare con riferimento ai rapporti fra la notificazione mediante consegna al difensore e la notificazione nel caso di dichiarazione o elezione di domicilio e, nel caso di imputato detenuto, ai rapporti fra dette notificazioni e quelle previste dall’articolo 156 del codice di procedura penale; p) prevedere che, nel caso di impugnazione dell’imputato o di opposizione al decreto penale di condanna, tutte le notificazioni all’imputato siano effettuate mediante consegna di copia al difensore; q) prevedere la possibilità di eseguire tali notificazioni in modalità telematica anche con soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata che diano garanzia dell’avvenuta ricezione”.
Si tratta dunque di un intervento che va ad incidere considerevolmente sul sistema delle notificazioni in materia penale essendo previsto un largo uso delle notificazioni telematiche prevedendo: 1) nei procedimenti penali di ogni ordine e grado, il deposito di atti e documenti anche, e quindi non solo, con modalità telematiche fermo restando che ciò può avvenire anche con soluzioni tecnologiche che assicurino la generazione di un messaggio di avvenuto perfezionamento del deposito nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici; 2) nel caso di utilizzo di deposito telematico nei procedimenti penali di ogni ordine e grado, che il deposito si abbia per avvenuto nel momento in cui viene generato il messaggio di conferma del completamento della trasmissione; 3) nel caso di utilizzo di deposito telematico nei procedimenti penali di ogni ordine e grado, il deposito si abbia per avvenuto nel momento in cui viene generato il messaggio di conferma del completamento della trasmissione.
Oltre a ciò, è altresì stabilito che: I) nei procedimenti penali di ogni ordine e grado le comunicazioni avvengano in modalità telematica anche con soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici; II) nei procedimenti penali di ogni ordine e grado le notificazioni a persona diversa dall’imputato avvengano in modalità telematica anche con soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata; III) nel caso in cui la notifica venga eseguita con soluzione tecnologica diversa dalla posta elettronica certificata il sistema generi un messaggio di conferma del completamento della trasmissione; IV) per la notifica e la comunicazione telematica a persona diversa dall’imputato eseguita con soluzione tecnologica diversa dalla posta elettronica certificata, che le stesse si considerino avvenute nel momento in cui viene generato il messaggio di conferma della trasmissione.
Ciò posto, un altro elemento di novità è rappresentato dalla modifica della normativa inerente le notificazioni all’imputato non detenuto successive alla prima essendo stabilito, per un verso, che tutte le notificazioni all’imputato non detenuto successive alla prima siano eseguite mediante consegna al difensore, per altro verso, che siano estense a tali casi la possibilità di eseguire le notificazioni in modalità telematica anche con soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata, che diano garanzia dell’avvenuta ricezione; al di fuori dei casi previsti dagli articoli 161[1] e 162[2] del codice di procedura penale, contemplandosi al contempo opportune deroghe alla notificazione degli atti mediante consegna di copia al difensore, a garanzia della effettiva conoscenza dell’atto da parte dell’imputato, nel caso in cui questi sia assistito da un difensore d’ufficio e la prima notifica non sia stata eseguita mediante consegna dell’atto personalmente all’imputato o a persona che con lui conviva anche temporaneamente o al portiere o a chi ne fa le veci.
E’ dunque previsto che, dopo la prima notifica all’imputato non detenuto, le successive siano eseguite tramite la consegna al difensore come regola ma sono previste apposite eccezioni laddove la prima notifica non sia stata eseguita personalmente all’imputato o suo convivente, anche se temporaneamente o al portiere, o, ancora, a chi ne fa le veci.
Oltre a ciò, è inoltre disposto, da una parte, che il primo atto notificato all’imputato contenga anche l’espresso avviso che le successive notifiche saranno effettuate mediante consegna al difensore, anche con modalità telematiche e che l’imputato abbia l’onere di indicare al difensore un recapito idoneo ove effettuare le comunicazioni, nonché ogni mutamento dello stesso, dall’altro, che non costituisce inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato professionale del difensore, l’omesso o ritardata comunicazione all’assistito imputabile al fatto di quest’ultimo.
L’imputato, dunque, deve essere messo a conoscenza del fatto che le successive notifiche saranno fatte tramite consegna al difensore anche con modalità telematiche avendo l’onere costui di indicare al difensore un recapito idoneo ove effettuare le comunicazioni, nonché ogni mutamento dello stesso fermo restando che il difensore non risponde professionalmente se l’assistito, per fatto a lui imputabile, non assolva a tale onere.
Ci si pone anche il problema, per il legislatore delegato pur, ad onor del vero, non chiarendo come costui debba farlo, di disciplinare i rapporti tra la notificazione mediante consegna al difensore e gli altri criteri dettati dal codice di procedura penale per le notificazioni degli atti all’imputato, in particolare con riferimento ai rapporti fra la notificazione mediante consegna al difensore e la notificazione nel caso di dichiarazione o elezione di domicilio e, nel caso di imputato detenuto, ai rapporti fra dette notificazioni e quelle previste dall’articolo 156 del codice di procedura penale[3].
E’ infine previsto che, nel caso di impugnazione dell’imputato o di opposizione al decreto penale di condanna, tutte le notificazioni all’imputato siano effettuate mediante consegna di copia al difensore fermo restando come sia stabilito al contempo che tali notificazioni siano eseguite in modalità telematica anche con soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata che diano garanzia dell’avvenuta ricezione.
Indagini preliminari e udienza preliminare
L’art. 3 interviene sulle indagini preliminari e sull’udienza preliminare nel seguente modo: “1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di indagini preliminari e di udienza preliminare, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) modificare la regola di giudizio per la presentazione della richiesta di archiviazione, ai sensi dell’articolo 125 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, prevedendo che il pubblico ministero chieda l’archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari risultano insufficienti, contraddittori o comunque non consentono una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria in giudizio; b) escludere l’obbligo di notificazione dell’avviso della richiesta di archiviazione, di cui all’articolo 408, comma 2, del codice di procedura penale, alla persona offesa che abbia rimesso la querela; c) modificare i termini di durata delle indagini preliminari di cui all’articolo 405 del codice di procedura penale, in relazione alla gravità dei reati: sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni sola o congiunta alla pena pecuniaria; un anno e sei mesi dalla stessa data quando si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale; un anno dalla stessa data in tutti gli altri casi; d) prevedere che il pubblico ministero possa chiedere al giudice la proroga del termine di cui all’articolo 405 del codice di procedura penale una sola volta, prima della scadenza di tale termine, per un tempo non superiore a sei mesi; e) prevedere che il pubblico ministero, se entro tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini preliminari o nei diversi termini di sei e dodici mesi dalla stessa scadenza nei casi, rispettivamente, dell’articolo 407, comma 2, lettera b) e comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), del codice di procedura penale non ha notificato l’avviso della conclusione delle indagini previsto dall’articolo 415-bis del codice di procedura penale o non ha richiesto l’archiviazione, notifichi senza ritardo alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere esserne informata, avviso del deposito della documentazione relativa alle indagini espletate presso la segreteria del pubblico ministero e della facoltà della persona sottoposta alle indagini e del suo difensore o della persona offesa dal reato di prenderne visione ed estrarne copia; prevedere che la notifica del predetto avviso possa essere ritardata, per un limitato periodo di tempo e con provvedimento motivato, nei procedimenti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), del codice di procedura penale; f) prevedere che la violazione da parte del pubblico ministero delle prescrizioni di cui alla lettera e) integri un illecito disciplinare quando il fatto è dovuto a negligenza inescusabile; g) prevedere che dopo la notifica dell’avviso di deposito di cui alla lettera e), l’omesso deposito della richiesta di archiviazione o il mancato l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della richiesta del difensore della persona sottoposta alle indagini o della parte offesa integri un illecito disciplinare quando il fatto è dovuto a negligenza inescusabile; h) prevedere che gli uffici del pubblico ministero, per garantire l’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, individuino criteri di priorità trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle procure della Repubblica, al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre; prevedere che nella elaborazione dei criteri di priorità il procuratore della Repubblica curi in ogni caso l’interlocuzione con il procuratore generale presso la corte d’appello e con il presidente del tribunale e tenga conto della specifica realtà criminale e territoriale, delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili e delle indicazioni condivise nella conferenza distrettuale dei dirigenti degli uffici requirenti e giudicanti; i) modificare la regola di giudizio di cui all’articolo 425, comma 3, del codice di procedura penale, al fine di escludere il rinvio a giudizio nei casi in cui gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non consentono una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria in giudizio; l) prevedere che il giudice, su istanza dell’interessato, fino a che le parti non abbiano formulato le conclusioni nell’udienza preliminare o, se questa manchi, subito dopo il compimento per la prima volta delle formalità di accertamento della costituzione delle parti in giudizio, accerti la data di effettiva acquisizione della notizia di reato, ai fini della valutazione di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari; m) prevedere a pena di inammissibilità l’onere, a carico dell’interessato che chiede l’accertamento della data di effettiva acquisizione della notizia di reato, di indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la richiesta”.
Tal che, per effetto di questa norma di questo progetto di legge, è prima di tutto emendata la regola di giudizio per la presentazione della richiesta di archiviazione, ai sensi dell’articolo 125 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, prevedendo che il pubblico ministero chieda l’archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari risultano insufficienti, contraddittori o comunque non consentono una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria in giudizio.
Dunque, se adesso la richiesta di archiviazione è presentata al giudice quando il pubblico ministero ritiene l’infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere accusa in giudizio (così ora: art. 125-bis disp. att. c.p.p.), nel futuro, per effetto di questa norma, se verrà approvata, prima, e recepita, poi, in un decreto legislativo, tale richiesta potrà essere avanzata quando l’autorità requirente ritenga che gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari risultano insufficienti, contraddittori o comunque non consentono una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria in giudizio ossia verrebbe introdotta una previsione di legge formulata in modo non dissimile dall’art. 425, c. 3, c.p.p. il quale, come è noto, prevede adessoche il “giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizi” tenuto conto altresì del fatto che, come vedremo da qui a breve, anche per questa norma procedurale è prevista una modifica analoga.
Oltre a ciò, è altresì disposto come debba essere escluso l’obbligo di notificazione dell’avviso della richiesta di archiviazione, di cui all’articolo 408, comma 2, del codice di procedura penale, alla persona offesa che abbia rimesso la querela e di conseguenza, nel caso di rimessione della querela, non si applicherà più questa norma procedurale che così dispone: “L’avviso della richiesta è notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere essere informata circa l’eventuale archiviazione”.
Sono anche radicalmente modificati i termini di durata delle indagini preliminari.
Orbene, vediamo in che modo.
E’prima di tutto disposto che i termini di durata delle indagini preliminari di cui all’articolo 405 del codice di procedura penale siano diversificati in relazione alla gravità dei reati e, precisamente: a) sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni sola o congiunta alla pena pecuniaria; b) un anno e sei mesi dalla stessa data quando si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale[4]; 3) un anno dalla stessa data in tutti gli altri casi;
A sua volta il pubblico ministero, da un lato, potrà chiedere al giudice la proroga del termine di cui all’articolo 405 del codice di procedura penale[5] una sola volta, prima della scadenza di tale termine, per un tempo non superiore a sei mesi, dall’altro, se entro tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini preliminari o nei diversi termini di sei e dodici mesi dalla stessa scadenza nei casi, rispettivamente, dell’articolo 407, comma 2, lettera b) e comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), del codice di procedura penale, la pubblica accusa non ha notificato l’avviso della conclusione delle indagini previsto dall’articolo 415-bis del codice di procedura penale o non ha richiesto l’archiviazione, deve notificare senza ritardo alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere esserne informata, avviso del deposito della documentazione relativa alle indagini espletate presso la segreteria del pubblico ministero e della facoltà della persona sottoposta alle indagini e del suo difensore o della persona offesa dal reato di prenderne visione ed estrarne copia fermo restando che la notifica del predetto avviso potrà essere ritardata, per un limitato periodo di tempo e con provvedimento motivato, nei procedimenti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), del codice di procedura penale fermo restando che la violazione da parte del pubblico ministero delle prescrizioni di cui alla lettera e) integri un illecito disciplinare quando il fatto è dovuto a negligenza inescusabile così come è stabilito che, dopo la notifica dell’avviso di deposito di cui alla lettera e), l’omesso deposito della richiesta di archiviazione o il mancato l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della richiesta del difensore della persona sottoposta alle indagini o della parte offesa integra un illecito disciplinare quando il fatto è dovuto a negligenza inescusabile.
Ebbene, come rilevato dalla Giunta dell’Unione delle Camere penali (da ora in poi: U.C.P.I.), l’inattività del Pubblico Ministero viene sanzionata solo sul piano disciplinare ma resta priva di qualsiasi sanzione rispetto al procedimento e ai tempi dell’azione e forse sul punto sarebbe auspicabile, ad avviso di chi scrive, un intervento correttivo da parte del Parlamento[6].
Ciò posto, è inoltre disposto che gli uffici del pubblico ministero, per garantire l’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, dovranno individuare criteri di priorità trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle procure della Repubblica al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre richiedendosi al contempo che, nella elaborazione dei criteri di priorità, il procuratore della Repubblica curi in ogni caso l’interlocuzione con il procuratore generale presso la corte d’appello e con il presidente del tribunale e tenga conto della specifica realtà criminale e territoriale, delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili e delle indicazioni condivise nella conferenza distrettuale dei dirigenti degli uffici requirenti e giudicanti.
Ebbene, ad avviso della Giunta dell’U.C.P.I., è “incostituzionale la scelta di consegnare all’Ufficio del Pubblico Ministero l’individuazione di criteri di priorità, al fine della selezione delle notizie di reato da trattare”[7] posto che solo “il Parlamento può essere legittimato a regolare il sistema penale con decisioni fondate su trasparenti criteri di politica giudiziaria”[8] mentre l’“unico temperamento al principio di obbligatorietà dell’azione penale che il nostro ordinamento può recepire non può che essere quello che riserva al potere legislativo il compito di regolare il sistema penale con regole fondate su trasparenti criteri di politica giudiziaria”[9].
A tal proposito non resta da vedere se il Parlamento condividerà tale profilo di criticità costituzionale e ne trarrà le dovute conseguenze.
Detto questo, in corrispondenza al progetto di modifica dell’art. 125 disp. att. c.p.p., è del pari richiesta la modifica della regola di giudizio di cui all’articolo 425, comma 3, del codice di procedura penale, al fine di escludere il rinvio a giudizio nei casi in cui gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non consentono una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria in giudizio;
E’ infine contemplato, da una parte, che il giudice, su istanza dell’interessato, fino a che le parti non abbiano formulato le conclusioni nell’udienza preliminare o, se questa manchi, subito dopo il compimento per la prima volta delle formalità di accertamento della costituzione delle parti in giudizio, accerti la data di effettiva acquisizione della notizia di reato, ai fini della valutazione di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari, dall’altra, a pena di inammissibilità, è richiesto l’onere, a carico dell’interessato, di chiedere l’accertamento della data di effettiva acquisizione della notizia di reato, di indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la richiesta.
Procedimenti speciali
Per quanto attiene i procedimenti speciali, l’art. 4 di questo progetto di legge prevede quanto segue: “1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di procedimenti speciali, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) applicazione della pena su richiesta: 1) aumentare a otto anni di reclusione, sola o congiunta a pena pecuniaria, il limite di pena applicabile su richiesta dalle parti a norma dell’articolo 444, comma 1, del codice di procedura penale; 2) ampliare il novero delle preclusioni di cui all’articolo 444, comma 1-bis del codice di procedura penale, al fine di escludere l’ammissibilità del rito, quando l’accordo ha ad oggetto l’applicazione di una pena superiore a cinque anni di reclusione, nei procedimenti per i delitti di cui ai seguenti articoli del codice penale: 422; 558-bis; 572; 575; 578, secondo comma; 579, terzo comma; 580, secondo comma; 582 e 583-quinquies, nelle ipotesi in cui ricorre taluna delle aggravanti di cui agli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma; 609-quinquies; 612-bis; 612-ter; b) giudizio abbreviato: 1) modificare le condizioni per l’accoglimento della richiesta di giudizio abbreviato subordinata a una integrazione probatoria, ai sensi dell’articolo 438, comma 5, del codice di procedura penale, prevedendo l’ammissione del giudizio abbreviato se l’integrazione risulta necessaria ai fini della decisione e se il procedimento speciale produce un’economia processuale in rapporto ai tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale; c) giudizio immediato: 1) prevedere che, a seguito di notifica del decreto di giudizio immediato, nel caso di rigetto da parte del giudice delle indagini preliminari della richiesta di giudizio abbreviato subordinata a una integrazione probatoria, l’imputato possa proporre la richiesta di giudizio abbreviato di cui all’articolo 438, comma 1, del codice di procedura penale oppure la richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale; 2) prevedere che, a seguito di notifica del decreto di giudizio immediato, nel caso di dissenso del pubblico ministero o di rigetto da parte del giudice delle indagini preliminari della richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, l’imputato possa proporre la richiesta di giudizio abbreviato; d) procedimento per decreto: 1) prevedere che la richiesta di decreto penale di condanna possa essere formulata dal pubblico ministero entro il termine di un anno dall’iscrizione ai sensi dell’articolo 335 del codice di procedura penale. 2) prevedere che, nei casi previsti dall’articolo 460, comma 5, del codice di procedura penale, ai fini dell’estinzione del reato sia necessario il pagamento della pena pecuniaria; 3) assegnare un termine di dieci giorni a decorrere dalla notificazione del decreto penale di condanna entro il quale il condannato possa, rinunciando a proporre opposizione, pagare la pena pecuniaria in misura ridotta di un quinto”.
Dunque, procedendo per gradi, e iniziando per prima dall’analisi dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, è disposto, per potere accedere a siffatto rito speciale, l’aumento della pena detentiva a otto anni di reclusione, sola o congiunta a pena pecuniaria, quale limite di pena applicabile su richiesta dalle parti a norma dell’articolo 444, comma 1, del codice di procedura penale che, come è noto, prevede attualmente quanto segue: “L’imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria”.
Pur tuttavia, è stabilito al contempo un incremento del novero delle preclusioni di cui all’articolo 444, comma 1-bis del codice di procedura penale[10], al fine di escludere l’ammissibilità del rito, quando l’accordo ha ad oggetto l’applicazione di una pena superiore a cinque anni di reclusione, nei procedimenti per i delitti di cui ai seguenti articoli del codice penale: 422; 558-bis; 572; 575; 578, secondo comma; 579, terzo comma; 580, secondo comma; 582 e 583-quinquies, nelle ipotesi in cui ricorre taluna delle aggravanti di cui agli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma; 609-quinquies; 612-bis; 612-ter.
Pertanto, anche per questi illeciti penali, non sarà più possibile accedere a questo rito speciale.
Per il giudizio abbreviato, invece, è prevista la modifica delle condizioni per l’accoglimento della richiesta di giudizio abbreviato subordinata a una integrazione probatoria, ai sensi dell’articolo 438, comma 5, del codice di procedura penale[11], prevedendo l’ammissione del giudizio abbreviato se l’integrazione risulta necessaria ai fini della decisione e se il procedimento speciale produce un’economia processuale in rapporto ai tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale.
A sua volta il rito immediato viene modificato prevedendosi, per un verso, che, a seguito di notifica del decreto di giudizio immediato, nel caso di rigetto da parte del giudice delle indagini preliminari della richiesta di giudizio abbreviato subordinata a una integrazione probatoria, l’imputato possa proporre la richiesta di giudizio abbreviato di cui all’articolo 438, comma 1[12], del codice di procedura penale oppure la richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per altro verso, che a seguito di notifica del decreto di giudizio immediato, nel caso di dissenso del pubblico ministero o di rigetto da parte del giudice delle indagini preliminari della richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, l’imputato possa proporre la richiesta di giudizio abbreviato.
Infine, per il procedimento per decreto, è previsto che: a) la richiesta di decreto penale di condanna possa essere formulata dal pubblico ministero entro il termine di un anno dall’iscrizione ai sensi dell’articolo 335 del codice di procedura penale; b) nei casi previsti dall’articolo 460, comma 5, del codice di procedura penale[13], ai fini dell’estinzione del reato sia necessario il pagamento della pena pecuniaria; c) l’assegnazione di un termine di dieci giorni a decorrere dalla notificazione del decreto penale di condanna entro il quale il condannato possa, rinunciando a proporre opposizione, pagare la pena pecuniaria in misura ridotta di un quinto.
Giudizio
L’art. 5 a sua volta dispone che nell’“esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di giudizio, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) prevedere che, quando non è possibile esaurire il dibattimento in una sola udienza, dopo la lettura dell’ordinanza con cui provvede all’ammissione delle prove il giudice comunichi alle parti il calendario delle udienze per l’istruzione dibattimentale e per lo svolgimento della discussione; b) prevedere, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, la relazione illustrativa delle parti sulla richiesta di prove; c) prevedere che la rinunzia di una parte all’assunzione delle prove ammesse a sua richiesta non sia condizionata al consenso delle altre parti; d) prevedere il deposito delle consulenze tecniche e della perizia entro un termine congruo precedente l’udienza fissata per l’esame del consulente o del perito, ferma restando la disciplina delle letture e dell’indicazione degli atti utilizzabili ai fini della decisione; e) prevedere che la regola di cui all’art. 190-bis, comma 1, del codice di procedura penale sia estesa, nei procedimenti di competenza del tribunale, anche ai casi nei quali, a seguito del mutamento della persona fisica di uno dei componenti del collegio, è richiesto l’esame di un testimone o di una delle persone indicate nell’articolo 210 e queste hanno già reso dichiarazioni nel dibattimento svolto innanzi al collegio diversamente composto, nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate; f) prevedere che nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, ai sensi dell’articolo 132-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, sia assicurata la priorità assoluta anche ai processi relativi ai delitti colposi di comune pericolo”.
Tal che, per effetto di questo novum legislativo, ove dovesse essere approvato con decreto legislativo, si andrà ad incidere sulla disciplina del giudizio dibattimentale.
In particolare, quando è applicabile la prima parte del primo comma dell’art. 477 c.p.p. cioè quando non è assolutamente possibile esaurire il dibattimento in una sola udienza, sarà previsto ex lege (mentre prima ciò avveniva in via di mera prassi) che, dopo la lettura dell’ordinanza con cui provvede all’ammissione delle prove, il giudice comunichi alle parti il calendario delle udienze per l’istruzione dibattimentale e per lo svolgimento della discussione.
Oltre a ciò, è stabilito che, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, vi sia una relazione illustrativa delle parti sulla richiesta di prove e quindi non sarà più prevista una mera richiesta di prove come avviene adesso (del tipo: esame dei testi indicati in lista di cui si chiede l’ammissione; contro esame dei testi citati dalla pubblica accusa e dalla parte civile (se costituita) ed esame dell’imputato se compaia e vi consenta) ma anche, almeno questo sembra trapelare dalle parole “relazione illustrativa”, una spiegazione sul perché si chieda di sentire dei testi a discarico o a carico a secondo del ruolo rivestito del soggetto processuale che lo chieda (difensore dell’imputato nel primo caso, pubblico ministero e difensore della parte civile, nel secondo caso).
Inoltre, nel prevedere la rinunzia di una parte all’assunzione delle prove ammesse a sua richiesta non sia condizionata al consenso delle altre parti, si abrogherebbe in sostanza l’art. 495, c. 4-bis, c.p.p. che attualmente contempla quanto segue: “Nel corso dell’istruzione dibattimentale ciascuna delle parti può rinunziare, con il consenso dell’altra parte, all’assunzione delle prove ammesse a sua richiesta”.
E’ inoltre disposta la previsione del deposito delle consulenze tecniche e della perizia entro un termine congruo precedente l’udienza fissata per l’esame del consulente o del perito ferma restando la disciplina delle letture e dell’indicazione degli atti utilizzabili ai fini della decisione e questo per l’evidente scopo di mettere in condizione le parti di avere il tempo di valutare attentamente queste prove prima di sentire il consulente o il perito (o tutti e due).
E’ infine disposto, da una parte, che la regola di cui all’art. 190-bis, comma 1, del codice di procedura penale[14] sia estesa, nei procedimenti di competenza del tribunale, anche ai casi nei quali, a seguito del mutamento della persona fisica di uno dei componenti del collegio, è richiesto l’esame di un testimone o di una delle persone indicate nell’articolo 210[15] e queste hanno già reso dichiarazioni nel dibattimento svolto innanzi al collegio diversamente composto, nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, dall’altra, che, nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, ai sensi dell’articolo 132-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale[16], sia assicurata la priorità assoluta anche ai processi relativi ai delitti colposi di comune pericolo.
Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica
Per il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, l’art. 6 dispone quanto segue: “Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) nei procedimenti a citazione diretta di cui all’articolo 550 del codice di procedura penale, prevedere un’udienza innanzi al tribunale in composizione monocratica nella quale il giudice, diverso da quello davanti al quale, eventualmente, dovrà celebrarsi il giudizio, sulla base degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, pronuncia sentenza di non luogo a procedere se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se risulta che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa o se gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non consentono, quand’anche confermati in giudizio, l’accoglimento della prospettazione accusatoria; prevedere nella stessa udienza il termine, a pena di decadenza, per la richiesta del giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta o per la domanda di oblazione; b) prevedere che il giudice non possa pronunciare sentenza di non luogo a procedere, nei casi di cui alla lettera a), se ritiene che dal proscioglimento debba conseguire l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca; c) estendere alla sentenza di non luogo a procedere di cui alla lettera a) le disposizioni dettate dagli articoli 426, 427 e 428 del codice di procedura penale”.
Tal che questo procedimento, ove dovesse essere approvata questa proposta di riforma, verrebbe modificato nel seguente modo.
E’ prima di tutto previsto che, nei procedimenti a citazione diretta di cui all’articolo 550 del codice di procedura penale[17], dovrà essere tenuta un’udienza innanzi al tribunale in composizione monocratica nella quale il giudice, diverso da quello davanti al quale, eventualmente, dovrà celebrarsi il giudizio, sulla base degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, deve emettere una sentenza di non luogo a procedere se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se risulta che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa o se gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non consentono, quand’anche confermati in giudizio, l’accoglimento della prospettazione accusatoria disponendosi al contempo che, nella stessa udienza, sia stabilito, a pena di decadenza, un termine per la richiesta del giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta o per la domanda di oblazione.
Sul punto sarebbe auspicabile anche un intervento sull’art. 34 c.p.p. al fine di prevedere ex lege una espressa ipotesi di incompatibilità per il giudice chiamato a decidere rispetto a colui che deve (eventualmente) pronunciare la sentenza di non luogo a procedere alla luce di quanto previsto da questo articolo.
Ciò posto, è inoltre disposto che il giudice non possa pronunciare sentenza di non luogo a procedere in tali casi se ritiene che dal proscioglimento debba conseguire l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca e in questa ipotesi, nel silenzio della norma, sarebbe opportuno, ad avviso di chi scrive, che il legislatore chiarisca se in questa evenienza questo giudice possa celebrare il giudizio oppure no.
E’ infine stabilita l’applicazione, in riferimento all’emissione di questa sentenza di non luogo a procedere, delle disposizioni dettate dagli articoli 426, 427 e 428 del codice di procedura penale le quali, come è noto, dispongono quanto segue: art. 426 (“1. La sentenza contiene: a) l’intestazione «in nome del popolo italiano» e l’indicazione dell’autorità che l’ha pronunciata; b) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private; c) l’imputazione; d) l’esposizione sommaria dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata; e) il dispositivo, con l’indicazione degli articoli di legge applicati; f) la data e la sottoscrizione del giudice. 2. In caso di impedimento del giudice, la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale previa menzione della causa della sostituzione. 3. Oltre che nel caso previsto dall’articolo 125 comma 3, la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice”); art. 427 (“1. Quando si tratta di reato per il quale si procede a querela della persona offesa, con la sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso il giudice condanna il querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato. 2. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice, quando ne è fatta domanda, condanna inoltre il querelante alla rifusione delle spese sostenute dall’imputato e, se il querelante si è costituito parte civile, anche di quelle sostenute dal responsabile civile citato o intervenuto. Quando ricorrono giusti motivi, le spese possono essere compensate in tutto o in parte. 3. Se vi è colpa grave, il giudice può condannare il querelante a risarcire i danni all’imputato e al responsabile civile che ne abbiano fatto domanda. 4. Contro il capo della sentenza di non luogo a procedere che decide sulle spese e sui danni possono proporre impugnazione, a norma dell’articolo 428, il querelante, l’imputato e il responsabile civile. 5. Se il reato è estinto per remissione della querela, si applica la disposizione dell’articolo 340 comma 4”) e art. 428 (“1. Contro la sentenza di non luogo a procedere possono proporre appello:
a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale nei casi di cui all’articolo 593-bis, comma 2; b) l’imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso. 2. La persona offesa può proporre appello nei soli casi di nullità previsti dall’articolo 419, comma 7. 3. Sull’impugnazione la corte di appello decide in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 127. In caso di appello del pubblico ministero, la corte, se non conferma la sentenza, pronuncia decreto che dispone il giudizio, formando il fascicolo per il dibattimento secondo le disposizioni degli articoli 429 e 431, o sentenza di non luogo a procedere con formula meno favorevole all’imputato. In caso di appello dell’imputato, la corte, se non conferma la sentenza, pronuncia sentenza di non luogo a procedere con formula più favorevole all’imputato. 3-bis. Contro la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in grado di appello possono ricorrere per cassazione l’imputato e il procuratore generale solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606. 3-ter. Sull’impugnazione la corte di cassazione decide in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 611. 3-quater. Sono inappellabili le sentenze di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda o con pena alternativa”).
Appello
Per l’appello, l’art. 7 di questo progetto di legge contempla quanto sussegue: “Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di appello, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) prevedere che il difensore possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato a impugnare, rilasciato successivamente alla pronunzia della sentenza; b) prevedere la modifica delle modalità di presentazione dell’impugnazione e di spedizione dell’atto di impugnazione con l’abrogazione dell’articolo 582, comma 2, e dell’articolo 583 del codice di procedura penale e la previsione della possibilità di deposito dell’atto di impugnazione con modalità telematiche; c) prevedere l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa, salvo che per i delitti di cui agli articoli 590, secondo e terzo comma, 590-sexies e 604-bis, primo comma, del codice penale; d) prevedere l’inappellabilità della sentenza di condanna a pena sostituita con il lavoro di pubblica utilità; e) prevedere l’inappellabilità della sentenza di non luogo a procedere nei casi di cui alla lettera c); f) prevedere la competenza della corte di appello in composizione monocratica nei procedimenti a citazione diretta di cui all’articolo 550 del codice di procedura penale; g) prevedere la forma del rito camerale non partecipato nei procedimenti di impugnazione innanzi alla corte d’appello in composizione monocratica, qualora ne facciano richiesta l’imputato o il suo difensore e non vi sia la necessità di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale; h) prevedere la forma del rito camerale non partecipato, qualora ne facciano richiesta l’imputato o il suo difensore e sempre che non sia necessaria la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, nei casi in cui si procede con udienza in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 599 del codice di procedura penale”.
Dunque, per effetto di questa novità legislativa, si andrebbe a incidere considerevolmente su questo mezzo di impugnazione ordinaria.
In particolare, sarebbe richiesto uno specifico mandato a impugnare rilasciato successivamente alla pronunzia della sentenza affinchè il difensore possa impugnare la sentenza mentre non basterebbe, come adesso attualmente previsto, la nomina fatta dall’assistito al legale in ordine alla fase delle indagini o rilasciata in riferimento al primo grado di giudizio.
Verrebbe inoltre prevista la possibilità di deposito dell’atto di impugnazione con modalità telematiche disponendosi al contempo l’abrogazione dell’articolo 582, comma 2, e dell’articolo 583 del codice di procedura penale che a loro volta prevedono attualmente quanto segue: art. 582, c. 2, c.p.p. (“Le parti private e i difensori possono presentare l’atto di impugnazione anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all’estero. In tali casi, l’atto viene immediatamente trasmesso alla cancelleria del giudice che emise il provvedimento impugnato”); art. 583 c.p.p. (“1. Le parti e i difensori possono proporre l’impugnazione con telegramma ovvero con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria indicata nell’articolo 582 comma 1. Il pubblico ufficiale addetto allega agli atti la busta contenente l’atto di impugnazione e appone su quest’ultimo l’indicazione del giorno della ricezione e la propria sottoscrizione. 2. L’impugnazione si considera proposta nella data di spedizione della raccomandata o del telegramma. 3. Se si tratta di parti private, la sottoscrizione dell’atto deve essere autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore”).
Ciò posto, se l’art. 593, c. 3, c.p.p. dispone adesso che sono “in ogni caso inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda e le sentenze di proscioglimento relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda o con pena alternativa”, per effetto di questo articolo, verrebbe ampliati i casi di inappellabilità in riferimento alle seguenti decisioni: a) sentenze di proscioglimento e sentenza di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa, salvo che per i delitti di cui agli articoli 590, secondo e terzo comma, 590-sexies e 604-bis, primo comma, del codice penale; b) sentenza di condanna a pena sostituita con il lavoro di pubblica utilità.
E’ inoltre contemplata, oltre ad essere prevista la competenza della corte di appello in composizione monocratica nei procedimenti a citazione diretta di cui all’articolo 550 del codice di procedura penale[18], da un lato, la forma del rito camerale non partecipato nei procedimenti di impugnazione innanzi alla corte d’appello in composizione monocratica, qualora ne facciano richiesta l’imputato o il suo difensore e non vi sia la necessità di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, dall’altro, la forma del rito camerale non partecipato, qualora ne facciano richiesta l’imputato o il suo difensore e sempre che non sia necessaria la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, nei casi in cui si procede con udienza in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 599 del codice di procedura penale[19].
Condizioni di procedibilità
L’art. 8, a sua volta, dispone quanto segue: “Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di condizioni di procedibilità, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) prevedere la procedibilità a querela della persona offesa per il reato di lesioni personali stradali gravi previsto dall’articolo 590-bis, primo comma, del codice penale; b) prevedere l’obbligo, quanto ai reati perseguibili a querela, che con l’atto di querela sia dichiarato o eletto domicilio per le notificazioni; prevedere la possibilità dell’indicazione, a tal fine, dell’indirizzo di posta elettronica certificata; c) prevedere quale remissione tacita della querela la ingiustificata mancata comparizione del querelante all’udienza dibattimentale alla quale sia stato citato in qualità di testimone”.
Di conseguenza, ove venisse approvato questo precetto normativo, ne conseguirebbe che: 1) il reato di lesioni personali stradali gravi previsto dall’articolo 590-bis, primo comma, del codice penale[20] sarebbe procedibile a querela della persona offesa e non più d’ufficio; 2) vi sarebbe l’obbligo, quanto ai reati perseguibili a querela, che con l’atto di querela sia dichiarato o eletto domicilio per le notificazioni dando al querelante la possibilità di indicare, a tal fine, il recapito di una posta elettronica certificata; 3) sarebbe introdotta, quale caso di remissione tacita della querela, la mancata comparizione ingiustificata del querelante all’udienza dibattimentale (e dunque in assenza di un giustificato motivo) quando costui debba essere sentito in qualità di testimone.
Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive
L’art. 9 dispone dal canto suo che, nell’“esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice penale in materia di ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive sono adottati rideterminando l’ammontare di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva in un importo non superiore a 180 euro”.
Tal che, per effetto di questo novum legislativo, il ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive verrebbe diminuito da 250 euro a 180 euro.
Disciplina sanzionatoria delle contravvenzioni
L’art. 10 dispone quanto segue: “1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina sanzionatoria delle contravvenzioni sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) prevedere una causa di estinzione delle contravvenzioni destinata a operare nella fase delle indagini preliminari, per effetto del tempestivo adempimento di apposite prescrizioni impartite dall’organo accertatore e del pagamento di una somma di denaro determinata in una frazione del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa; prevedere la possibilità della prestazione di lavoro di pubblica utilità in alternativa alla sanzione pecuniaria; prevedere la possibilità di attenuazione della pena nel caso di adempimento tardivo; b) individuare le contravvenzioni per le quali consentire l’accesso alla nuova causa di estinzione fra quelle suscettibili di elisione del danno o del pericolo mediante condotte ripristinatorie o risarcitorie, salvo che concorrano con delitti; c) mantenere fermo l’obbligo di riferire la notizia di reato ai sensi dell’articolo 347 del codice di procedura penale; d) prevedere la sospensione del procedimento penale dal momento della iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero riceve comunicazione dell’adempimento o dell’inadempimento delle prescrizioni e del pagamento della somma di denaro e la fissazione di un termine massimo per la comunicazione stessa”.
Questa norma, di conseguenza, preveda una nuova causa estintiva consistente nel provvedere tempestivamente all’adempimento di apposite prescrizioni impartite dall’organo accertatore e del pagamento di una somma di denaro determinata in una frazione del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa stabilendosi però al contempo, per un verso, la possibilità della prestazione di lavoro di pubblica utilità in alternativa alla sanzione pecuniaria, per altro verso, la possibilità di attenuazione della pena nel caso di adempimento tardivo.
Oltre a ciò, è disposto che siano individuate quali contravvenzioni per le quali è consentito l’accesso alla nuova causa di estinzione fra quelle suscettibili di elisione del danno o del pericolo mediante condotte ripristinatorie o risarcitorie purchè non concorrano con delitti fermo restando che: a) permane l’obbligo di riferire la notizia di reato ai sensi dell’articolo 347 del codice di procedura penale[21]; b) è stabilita la sospensione del procedimento penale dal momento della iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale[22] fino al momento in cui il pubblico ministero riceve comunicazione dell’adempimento o dell’inadempimento delle prescrizioni e del pagamento della somma di denaro e la fissazione di un termine massimo per la comunicazione stessa.
Disposizioni in materia di controllo giurisdizionale della legittimità della perquisizione
L’art. 11 statuisce quanto sussegue: “1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di controllo giurisdizionale della legittimità della perquisizione sono adottati prevedendo uno strumento di impugnazione del decreto di perquisizione o di convalida della perquisizione, anche quando ad essa non consegua un provvedimento di sequestro”.
Dunque, per effetto di questa norma, sarebbe espressamente previsto e richiesto un apposito mezzo di impugnazione avverso il decreto di perquisizione o di convalida della perquisizione anche quando ad essa non consegua un provvedimento di sequestro.
Termini di durata del processo e disposizioni per la trattazione dei giudizi di impugnazione delle sentenze di condanna
L’art. 12 prevede dei limiti temporali entro cui celebrare il processo stabilendo quanto segue: “1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il decreto o i decreti legislativi recanti la disciplina dei termini di durata del processo penale sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere che i magistrati, nell’esercizio delle rispettive funzioni, adottino misure organizzative volte ad assicurare la definizione dei processi penali, ad eccezione dei processi relativi ai reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), e comma 2, lettera b), del codice di procedura penale, nel rispetto dei seguenti termini: 1) quelli previsti dalla legge 24 marzo 2001, n. 89 nei procedimenti per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione e l’economia; 2) un anno per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità, nei procedimenti per i reati di cui all’articolo 33-ter del codice di procedura penale; 3) due anni per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità nei procedimenti per i reati di cui all’articolo 33-bis del codice di procedura penale; b) prevedere che i termini di cui alla lettera a) possano essere determinati in misura diversa dal Consiglio superiore della magistratura in relazione a ciascun ufficio, con cadenza biennale, sentito il Ministro della giustizia, tenuto conto delle pendenze, delle sopravvenienze, della natura dei procedimenti e della loro complessità, delle risorse disponibili e degli ulteriori dati risultanti dai programmi di gestione redatti dai capi degli uffici giudiziari; c) prevedere che il dirigente dell’ufficio sia tenuto a vigilare sul rispetto delle previsioni di cui alla lettera a) e a segnalare all’organo titolare dell’azione disciplinare la mancata adozione delle misure organizzative quando imputabile a negligenza inescusabile”.
Pertanto, alla luce di questo precetto normativo, sarebbero previsti dei termini “predeterminati” di durata del processo penale ad eccezione dei processi relativi ai reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), e comma 2, lettera b), del codice di procedura penale, vale a dire i delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo; i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306, secondo comma, del codice penale e quei reati che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l’elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese.
Orbene, come appena scritto, ad eccezione di questi illeciti penali, l’articolo suesposto prevede che il processo si debba celebrare entro le seguenti cadenze temporali: 1) quelli previsti dalla legge 24 marzo 2001, n. 89 nei procedimenti per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione e l’economia vale a dire tre anni in primo grado, due anni in secondo grado e un anno nel giudizio di legittimita’ (così: art. 2, c. 2-bis, legge, 24/03/2001, n. 89) fermo restando che si “considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni” (art. 2, c. 2-ter, legge, 24/03/2001, n. 89); 2) un anno per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità, nei procedimenti per i reati di cui all’articolo 33-ter del codice di procedura penale, cioè i delitti previsti dall’articolo 73 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sempre che non siano contestate le aggravanti di cui all’articolo 80 del medesimo testo unico; 3) due anni per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità nei procedimenti per i reati di cui all’articolo 33-bis del codice di procedura penale, ossia i seguenti illeciti penali: i delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), numero 5), c.p.p. sempre che per essi non sia stabilita la competenza della corte di assise; i delitti previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale, esclusi quelli indicati dagli articoli 329, 331, primo comma, 332, 334 e 335, c.p.; i delitti previsti dagli articoli 416, 416-bis, 416-ter, 420, terzo comma, 429, secondo comma, 431, secondo comma, 432, terzo comma, 433, terzo comma, 433-bis, secondo comma,440, 449, secondo comma, 452, primo comma, numero 2, 513-bis, 564, da 600-bis a 600-sexies, c.p. puniti con reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, 609-bis, 609-quater e 644 del codice penale; i reati previsti dal Titolo XI del libro V del codice civile nonché dalle disposizioni che ne estendono l’applicazione a soggetti diversi da quelli in essi indicati; i delitti previsti dall’articolo 1136 del codice della navigazione; i delitti previsti dagli articoli 6 e 11 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1; i delitti previsti dagli articoli 216, 223, 228 e 234 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in materia fallimentare, nonché dalle disposizioni che ne estendono l’applicazione a soggetti diversi da quelli in essi indicati; i delitti previsti dall’articolo 1 del decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43, ratificato dalla legge 17 aprile 1956, n. 561, in materia di associazioni di carattere militare; i delitti previsti dalla legge 20 giugno 1952, n. 645, attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione; i delitti previsti dall’articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43; il delitto previsto dall’articolo 593-ter del codice penale;il delitto previsto dall’articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, in materia di associazioni segrete; il delitto previsto dall’articolo 29, secondo comma, della legge 13 settembre 1982, n. 646, in materia di misure di prevenzione; il delitto previsto dall’articolo 512-bis del codice penale; i delitti previsti dall’articolo 6, commi 3 e 4, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa; i delitti previsti dall’articolo 10 della legge 18 novembre 1995, n. 496, in materia di produzione e uso di armi chimiche, i delitti puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, anche nell’ipotesi del tentativo fermo restando che, per la determinazione della pena, si osservano le disposizioni dell’articolo 4 c.p.p..
Oltre a ciò, è disposto, da un lato, che siffatti termini possono essere determinati in misura diversa dal Consiglio superiore della magistratura in relazione a ciascun ufficio, con cadenza biennale, sentito il Ministro della giustizia, tenuto conto delle pendenze, delle sopravvenienze, della natura dei procedimenti e della loro complessità, delle risorse disponibili e degli ulteriori dati risultanti dai programmi di gestione redatti dai capi degli uffici giudiziari, dall’altro, che il dirigente dell’ufficio sia tenuto a vigilare sul rispetto di tali previsioni e a segnalare all’organo titolare dell’azione disciplinare la mancata adozione delle misure organizzative quando imputabile a negligenza inescusabile.
A sua volta l’art. 13 stabilisce che, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di trattazione dei giudizi di impugnazione delle sentenze di condanna sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi volti a: 1) prevedere che le parti o i loro difensori possano presentare istanza di immediata definizione del processo decorsi i termini di durata dei giudizi in grado di appello e in cassazione determinati ai sensi dell’articolo 12; 2) prevedere che il processo sia definito entro sei mesi dal deposito dell’istanza di immediata definizione; 3) prevedere che i termini di cui alle lettere a) e b) siano sospesi nei casi di cui all’articolo 159, primo comma, del codice penale e, nel giudizio d’appello, anche per il tempo occorrente per la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale; 4) prevedere che il dirigente dell’ufficio giudiziario sia tenuto ad adottare le misure organizzative idonee a consentire la definizione nel rispetto del termine di cui alla lettera b); 5) prevedere che la violazione dell’obbligo di cui alla lettera d), nonché il mancato rispetto del termine di cui alla lettera b), integrino un illecito disciplinare, se il fatto è dovuto a negligenza inescusabile; 6) prevedere che le disposizioni adottate in attuazione del criterio di cui alla lettera e) entrino in vigore in data non anteriore al 1 gennaio 2024, al fine di consentire la preventiva valutazione d’impatto delle modifiche introdotte con i decreti adottati in attuazione della delega di cui all’articolo 1 e con le disposizioni di cui al Capo III, nonché l’adozione dei conseguenti atti di competenza del Consiglio superiore della magistratura e delle necessarie misure organizzative da parte dei dirigenti degli uffici”.
E’ dunque riconosciuto alle parti o ai loro difensori la facoltà di presentare un’istanza di immediata definizione del processo decorsi i termini di durata dei giudizi in grado di appello e in cassazione determinati ai sensi dell’articolo 12 di questo progetto di legge (appena visto poco prima) affinchè il processo sia definito entro sei mesi dal deposito dell’istanza di immediata definizione.
Orbene, pur apprezzandosi il lodevole sforzo compiuto dal Governo di dare tempi certi alla durata del processo dando un potere di sollecito alle stesse parti e ai loro difensori, pur tuttavia, come evidenziato dalla Giunta dell’UCPI, gli “articoli 12 e 13 introducono una previsione dei termini di durata del processo priva di sanzione processuale” [23] “peraltro destinata a scontrarsi con il concreto carico dell’amministrazione giudiziaria”[24].
Ed in effetti, specie in relazione alle Corte distrettuale di più grandi dimensioni (si pensi alle Corti di Appello di Roma, Napoli o Milano), ben potrebbe verificarsi che i suddetti termini possano essere determinati in misura diversa dal Consiglio superiore della magistratura in relazione a ciascun ufficio, con cadenza biennale, sentito il Ministro della giustizia, tenuto conto delle pendenze, delle sopravvenienze, della natura dei procedimenti e della loro complessità, delle risorse disponibili e degli ulteriori dati risultanti dai programmi di gestione redatti dai capi degli uffici giudiziari.
Si rende quindi necessario, per non vanificare la portata applicativa di questa norma, aumentare l’organico dei consiglieri delle Corti di Appello più grandi e dei procuratori generali in servizio presso tali Corti, di coloro che fanno parte delle cancellerie di queste Corte distrettuali affinchè questi termini siano per davvero osservabili da parte delle autorità giudiziarie.
Oltre a ciò, come rilevato dal Presidente(ssa) della Corte costituzionale, Prof.ssa Marta Cartabia, in una Sua recente intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica il 15 febbraio del 2020, i “processi troppo lunghi si tramutano in un anticipo di pena anche se l’imputato non è in carcere”, e dunque, ad avviso di chi scrive, dovrebbero essere approntati ulteriori strumenti normativi che possano in qualche modo incentivare il rispetto di tale termine e garantire l’imputato da una durata eccessiva del processo penale che si celebra a suo carico.
Al riguardo vale la pena di richiamare quanto sostenuto da un autorevole dottrina (GATTA, VIGANO’) secondo la quale “la giurisprudenza tedesca a partire dagli anni ottanta ha elaborato un rimedio che non ha nulla a che fare con la prescrizione e che tende a compensare l’eventuale irragionevole durata del processo (per quanto, in Germania, i processi sia ben più veloci che in Italia, come mostrano le statistiche della CEPJ)”[25]; esso “consiste nel riconoscere al condannato all’esito di un processo dai tempi irragionevolmente lunghi (secondo i parametri della Corte EDU) una riduzione della pena da scontare”[26] fermo restando che la “logica di un simile rimedio viene individuata in ciò: un processo di durata eccessiva costituisce esso stesso una sofferenza, che andrà a sommarsi a quella legittimamente causata dalla pena; ne consegue che il giudice dovrà tener conto di questa sofferenza anticipata, e diminuire la pena in maniera proporzionale”[27].
In particolare, il “meccanismo presente nel sistema tedesco, coniato dalla giurisprudenza, prevede un modello bifasico di commisurazione della pena: nel pronunciare la condanna, il giudice determina la pena secondo i consueti criteri di cui al § 46 StGB (omologo all’art. 133 c.p.), salvo poi dichiarare — in applicazione analogica del § 51 co. 1 StGB, che disciplina il computo del pre-sofferto in custodia cautelare nella pena — quale sia la parte di pena che debba considerarsi già scontata quale compensazione per l’eccessiva durata del processo”[28] mentre nei “casi estremi di irragionevole durata il giudice tedesco ha, infine, la facoltà di dichiarare di non doversi procedere in ragione, appunto, dell’entità del pregiudizio già causato all’imputato dal processo in corso”[29].
Si ritiene dunque da parte di questo autorevole letteratura scientifica che l’introduzione di un simile meccanismo normativo in seno al nostro ordinamento giuridico garantirebbe “un ristoro di natura compensatoria per la violazione dell’art. 6 § 1 CEDU all’imputato condannato, più effettivo rispetto al mero risarcimento pecuniario, senza però giungere alla totale rinuncia alla pena nei confronti di chi sia risultato colpevole della violazione della norma penale, e — prima ancora — senza precludere la naturale conclusione del processo con una pronuncia di accertamento sulla colpevolezza o sull’innocenza dell’imputato”[30].
E’ auspicabile dunque che il Parlamento consideri se delle fattispecie giurisprudenziali di questo genere siano praticabili anche nel nostro ordinamento giuridico e, in caso di risposta affermativa, introdurre norme di legge di questo genere al fine di garantire un effettivo diritto dell’imputato affinché il processo penale si celebri entro tempi certi e di durata non eccessiva.
Ciò posto, “a fronte di questo interessante richiamo di ordine comparativo, si potrebbe ipotizzare, attraverso una apposita legislazione, un meccanismo analogo a quello elaborata da questa giurisprudenza che preveda, nel caso di processi troppo a lungo pendenti nel giudizio di appello e in quello di cassazione, una riduzione del trattamento sanzionatorio”[31] e ciò “potrebbe avvenire attraverso l’intervento dello stesso pubblico ministero, stabilendo già ex lege una diminuzione prefissata del trattamento sanzionatorio quando il processo sia pendente in grado di appello o in quello di cassazione oltre un periodo di tempo anch’esso prestabilito, sia quando costui deve emettere l’ordine di esecuzione, che quando deve disporne la sospensione, o da parte dello stesso condannato in sede di incidente di esecuzione (se non condivida il calcolo fatto dalla pubblica accusa) ovvero attraverso una sua apposita istanza da inoltrare in sede di sorveglianza”[32].
Anche tale ipotesi normative, ad avviso di chi scrive, si potrebbero porre nell’ottica di garantire il diritto dell’imputato ad un processo certo quanto alla sua durata temporale.
Disposizioni in materia di sospensione della prescrizione
Prefazione
Come già dedotto in precedenza, questo progetto di riforma, oltre ad intervenire con delega in diverse materie inerenti la procedura penale, riconsiderare, con una norma di immediata portata precettiva, anche la recente riforma della prescrizione avvenuta con la legge n. 3 del 2019.
Ebbene, vediamo in cosa consiste la modifica proposta con l’art. 14 di questo progetto di legge.
Disposizioni in materia di sospensione della prescrizione
L’art. 14 interviene su parte delle modifiche apportate alla recente riforma dell’istituto della prescrizione avvenuta con la legge n. 3 del 2019.
In particolare il corso della prescrizione, al di là dei casi previsti dal primo comma dell’art. 159 c.p., rimane sospeso non più dalla pronunzia della sentenza di primo grado sic et simpliciter fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna ma solo in riferimento, quale termine iniziale, dalla pronunzia della sentenza di condanna.
Si è voluto quindi riproporre, seppur in parte, il “vecchio” testo dell’art. 160, c. 1, c.p., ossia quello antecedente all’entrata in vigore della legge n. 3 del 2019 che, come è noto, prevedeva che il corso della prescrizione fosse interrotto (e non quindi sospeso come adesso) dalla sentenza di condanna.
Ad avviso di chi scrive, tale modifica non dovrebbe comportare particolare profili di criticità costituzionale stante il fatto che, essendo la prescrizione una causa di estinzione del reato, non può che essere di norma il condannato colui che ha interesse che ricorra questa causa estintiva fermo restando che ovviamente anche l’assolto nel primo grado di giudizio, se condannato nei gradi di giudizio successivi, può avere interesse al maturare di questa causa estintiva.
Ebbene, a parere di chi scrive, il Governo sembra aver agito in questa direzione (ossia nell’evitare una disparità di trattamento tra condannato in primo grado e condannato nei gradi successivi) prevedendo che dopo il comma secondo dell’art. 159 c.p. siano inseriti i seguenti: “«La prescrizione riprende il suo corso e i periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini del tempo necessario al maturare della prescrizione, quando la sentenza di appello proscioglie l’imputato o annulla la sentenza di condanna nella parte relativa all’accertamento della responsabilità o ne dichiara la nullità ai sensi dell’articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis del codice di procedura penale. Quando viene proposta impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento e almeno uno dei reati per cui si procede si prescrive entro l’anno successivo al termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione, il corso della prescrizione è altresì sospeso: 1) per un periodo massimo di un anno e sei mesi dalla scadenza del termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il giudizio di appello; 2) per un periodo massimo di sei mesi dalla scadenza del termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva. I periodi di sospensione di cui al quarto comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario al maturare della prescrizione quando la sentenza che definisce il giudizio in grado d’appello, anche se emessa in sede di rinvio, conferma il proscioglimento. Se durante i termini di sospensione di cui al quarto comma si verifica un’ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini sono prolungati per il periodo corrispondente.»”.
Ciò posto, la Giunta dell’UCPI ha assunto un approccio assai critico su questo punto della riforma ritenendo tale opzione legislativa “un’ipotesi sciagurata, che ancora una volta scommette su una presunzione di colpevolezza, consentendo all’imputato assolto in secondo grado di eventualmente opporre nel giudizio di cassazione o di rinvio, a seguito di annullamento della pronuncia assolutoria, l’intervenuta prescrizione in luogo di un tardivo pronunciamento di condanna”[33].
A fronte di tale censura assai negativa, lo scrivente ritiene come la riforma, nel tentativo, come visto prima, di riequilibrare le sorti dell’imputato assolto in secondo grado sembra però concernere solo parzialmente il diversificarsi degli esiti processuali che possono riguardarlo così come è prevista una sola peculiare ipotesi di sospensione del corso della prescrizione, e cioè quando viene proposta impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento e quando almeno uno dei reati per cui si procede si prescrive entro l’anno successivo al termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione, stabilendosi forme peculiari di sospensione della prescrizione modulate in relazione al deposito della motivazione della sentenza di volta in volta da doversi prendere in considerazione.
Ad umile avviso dello scrivente, si sarebbero potuto percorrere ipotesi normative meno articolate e settoriali che potevano essere considerate in relazione ad ogni grado di giudizio o meglio, dal secondo grado di giudizio in poi prevedendo, ove necessario, apposite eccezioni rispetto a quanto sancito dall’art. 159, c. 2, c.p..
Si fa a tal fine presente che, ad esempio, ove il condannato venga assolto nel secondo grado di giudizio, si potrebbe semplicemente prevedere che, ove l’assolto in primo grado venga condannato nel grado successivo, la prescrizione torna a rimanere sospesa dalla pronunzia della sentenza di primo grado salvo ovviamente il caso in cui l’imputato venga assolto dinnanzi alla Cassazione.
Un secondo caso potrebbe riguardare quello in cui il condannato in primo grado venga assolto nel secondo caso ma venga ricondannato nel terzo grado di giudizio.
In questa eventualità, a sua volta, si dovrebbe distinguere il caso in cui la condanna avvenga in Cassazione mediante annullamento senza rinvio da quello in cui, invece, ciò si verifichi tramite annullamento con rinvio.
Nella prima ipotesi, la sospensione della prescrizione, ad avviso di chi scrive, potrebbe essere calcolata dalla pronunzia della sentenza di primo grado fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio atteso che la condanna viene riconosciuta in via definitiva dinnanzi alla Cassazione.
Nel secondo caso, alla luce di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, “a norma dell’art. 624 c.p.p., la parte di sentenza relativa all’accertamento del reato ed alla responsabilità dell’imputato ha acquistato autorità di cosa giudicata prima del compimento del termine di prescrizione, bloccandone definitivamente il decorso, non può essere dichiarata la prescrizione del reato maturata successivamente all’annullamento parziale con rinvio limitatamente alla misura della pena”[34], si dovrebbe ulteriormente distinguere, nel caso di annullamento con rinvio, il caso in cui la Cassazione rinvii avendo già deciso sull’accertamento del reato e sulla responsabilità dell’imputato da quello in cui ciò non sia avvenuto.
Orbene, nella seconda ipotesi, la sospensione della prescrizione del reato potrebbe decorrere dalla pronunzia della sentenza di primo grado fino alla data di esecutività della sentenza della Cassazione con cui è stato deciso sull’accertamento del reato e sulla responsabilità dell’imputato senza attendere l’esito del giudizio di rinvio; nella prima ipotesi, invece, ove il giudizio di rinvio si concluda con una sentenza (ovviamente di condanna) che non viene impugnata nuovamente in Cassazione, si terrà conto di questa decisione mentre ove venga impugnata, bisognerà fare un ulteriore distinguo.
Infatti, dato che come è noto, secondo un costante orientamento nomofilattico, l’“inammissibilità originaria dell’impugnazione, per la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi, impedendo la valida instaurazione dell’ulteriore fase di impugnazione, non consente di rilevare l’intervenuta prescrizione del reato”[35] ne deriva che se, a seguito del giudizio di rinvio, sia proposto un ricorso dichiarato inammissibile, si potrebbe considerare la data in cui la Corte di Appello, quale giudice di rinvio, ha emesso la sentenza di condanna mentre, se il ricorso è ammissibile, e in Cassazione viene emessa una sentenza di condanna, si dovrà fare riferimento, quale termine finale per la sospensione del corso della prescrizione, alla data di esecutività della sentenza della Cassazione con cui l’imputato è stato condannato.
Ciò posto, un altro caso potrebbe essere quello di una c.d. doppia conforme ossia nel caso in cui l’imputato sia assolto nel primo e nel secondo grado di giudizio ma costui venga condannato in sede di legittimità; anche in questo caso, si potrebbe concepire una norma giuridica che preveda che il corso della sospensione della prescrizione decorra dalla pronunzia della sentenza di primo grado, seppur di natura assolutoria, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio e con cui l’imputato viene condannato per l’appunto in via definitiva.
Norme di questo genere, difatti, potrebbe comprendere tutti i casi in cui l’imputato pur assolto (nel primo e nel secondo grado di giudizio di merito o in uno dei due), venga però condannato in via definitiva essendo in questa evenienza processuale evidente la necessità di determinare il periodo di sospensione della prescrizione in modo diverso da quanto previsto dall’art. 159, c. 2, c.p..
In conclusione, sarebbe pertanto opportuno, a parere di colui che scrive, introdurre delle previsione derogatorie rispetto a quanto disposto dall’art. 159, c. 2, c.p. che contemplino tutte le ipotesi sin qui illustrate.
Disposizioni concernenti l’arretrato penale presso le Corti d’appello e la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti
Premessa
Il disegno di legge in questione, come visto anche prima, prevede inoltre delle disposizioni concernenti l’arretrato penale presso le Corti d’appello e la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti e, segnatamente: 1) misure straordinarie per la definizione dell’arretrato penale presso le Corti di appello (art. 15); 2) misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti (art. 16); 3) norma di copertura (art. 17).
Orbene, esaminiamo questi articoli uno per uno.
Misure straordinarie per la definizione dell’arretrato penale presso le Corti di appello
In riferimento alle misure straordinarie previste per la definizione dell’arretrato penale presso le Corti di appello, l’art. 15 prevede quanto segue: “1. Al decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 98, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 62, comma 1, dopo le parole “definizione dei procedimenti”, sono aggiunte le seguenti: “penali e” e dopo le parole “Corti di appello” sono aggiunte le seguenti: “ai sensi dell’articolo 132-bis, comma 2, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale ovvero”; b) all’articolo 63, comma 1, le parole “trecentocinquanta” sono sostituite dalle seguenti: “ottocentocinquanta”. 2. Entro due mesi dall’entrata in vigore della presente legge è adottato il decreto di cui all’articolo 65, commi 1 e 2, per la rideterminazione della pianta organica ad esaurimento dei giudici ausiliari e per le modalità e i termini di presentazione delle domande. 3. Per le finalità del presente articolo è autorizzata la spesa di euro 10.000.000 per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024”.
Tal che, per effetto di questa previsione di legge, ove approvata, verrebbe previsto: a) che le disposizioni del capo I (“Giudici ausiliari”) si applicano anche i procedimenti penali che a loro volta verranno individuati dai presidenti delle Corti di appello, oltre con i programmi previsti dall’articolo 37, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111[36] (ai sensi dell’articolo 132-bis, comma 2, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale ai sensi del quale i “dirigenti degli uffici giudicanti adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali è prevista la trattazione prioritaria”); b) l’incremento della nomina di giudici ausiliari nel numero massimo da trecentocinquanta a ottocentocinquanta; c) che sia adottato, entro due mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il decreto di cui all’articolo 65, commi 1 e 2[37], per la rideterminazione della pianta organica ad esaurimento dei giudici ausiliari e per le modalità e i termini di presentazione delle domande; c) che sia autorizzata la spesa di euro 10.000.000 per il periodo compreso tra il 2021 e il 2024.
Misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti
Per quanto attiene i procedimenti giudiziari pendenti, è previsto che, al “fine di dare attuazione ad un programma di misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti nonché per assicurare l’avvio della digitalizzazione del processo penale, il Ministero della giustizia è autorizzato ad assumere, nel biennio 2020-2021, con decorrenza non anteriore al 1° settembre 2020, con contratto di lavoro a tempo determinato della durata massima di 24 mesi, anche in sovrannumero rispetto all’attuale dotazione organica e alle assunzioni già programmate, in aggiunta alle facoltà assunzionali ordinarie e straordinarie previste a legislazione vigente, un contingente massimo di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area II/F2” (art. 16, c. 1, primo capoverso) fermo restando che l’“assunzione di personale di cui al periodo precedente è autorizzata, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2001, n. 165[38] e in deroga ai limiti di spesa di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122[39], con le modalità semplificate di cui all’articolo 14, comma 10-ter, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26[40]” (art. 16, c. 1, secondo capoverso).
Oltre a ciò, è stabilito che per “i soggetti positivamente valutati nell’ambito delle procedure di cui all’articolo 50, commi 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114[41], nonché per i soggetti ulteriormente selezionati ai fini dello svolgimento delle attività di tirocinio e collaborazione presso gli uffici giudiziari, come attestato dai capi degli uffici medesimi, l’amministrazione può procedere alle assunzioni di cui al primo periodo mediante procedure per soli titoli e colloquio di idoneità” (art. 16, c. 1, terzo capoverso).
E’ infine disposto che per “le finalità del presente articolo è autorizzata la spesa di euro 13.215.424 per l’anno 2020, di euro 39.646.271 per l’anno 2021 e di euro 26.430.847 per l’anno 2022” (art. 16, c. 3).
Norma di copertura
Quanto alla norma di copertura, è stabilito che gli “oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni degli articoli 15 e 16, pari a euro 13.215.424 per l’anno 2020, euro 49.646.271 per l’anno 2021, euro 36.430.847 per l’anno 2022 e euro10.000.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024, si provvede: a) quanto a euro 13.215.424 per l’anno 2020 e a euro 10.000.000 per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell’ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della missione « Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico per euro 1.700.000 per l’anno 2020, l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze per euro 2.500.000 per l’anno 2020, l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia per euro 5.500.000 per l’anno 2020 e per euro 10.000.000 per l’anno 2021, l’accantonamento relativo al Ministero della difesa per euro 1.700.000 per l’anno 2020 e l’accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per euro 1.815.424 per l’anno 2020; b) quanto a euro 25.000.000 per l’anno 2021, a euro 28.000.000 per l’anno 2022 e a euro 10.000.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307; c) quanto a euro 14.646.271 per l’anno 2021 e a euro 8.430.847 per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190” (art. 17, c. 1).
Ad ogni modo, il “Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio” (art. 17, c. 2).
Disposizioni finanziarie
Le disposizioni finanziarie, infine, sono previste nel capo IV in relazione al quale è previsto un unico articolo, l’art. 18, che così prevede: “1. Dall’attuazione della presente legge e dei decreti legislativi da essa previsti non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, salvo quanto previsto dalle disposizioni di cui agli articoli 15 e 16. Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 2. I decreti legislativi di attuazione delle deleghe contenute nella presente legge sono corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura. 3. In conformità all’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie”.
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Note
[1]Ai sensi del quale: “1. Il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con l’intervento della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato non detenuto né internato, lo invitano a dichiarare uno dei luoghi indicati nell’articolo 157 comma 1 ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni, avvertendolo che, nella sua qualità di persona sottoposta alle indagini o di imputato, ha l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore. Della dichiarazione o della elezione di domicilio, ovvero del rifiuto di compierla, è fatta menzione nel verbale. 2. Fuori del caso previsto dal comma 1, l’invito a dichiarare o eleggere domicilio è formulato con l’informazione di garanzia o con il primo atto notificato per disposizione dell’autorità giudiziaria. L’imputato è avvertito che deve comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l’atto è stato notificato. 3. L’imputato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo e l’imputato che deve essere dimesso da un istituto per l’esecuzione di misure di sicurezza, all’atto della scarcerazione o della dimissione ha l’obbligo di fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio con atto ricevuto a verbale dal direttore dell’istituto. Questi lo avverte a norma del comma 1, iscrive la dichiarazione o elezione nell’apposito registro e trasmette immediatamente il verbale all’autorità che ha disposto la scarcerazione o la dimissione. 4. Se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l’elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l’imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159”.
[2]Secondo cui: “1. Il domicilio dichiarato, il domicilio eletto e ogni loro mutamento sono comunicati dall’imputato all’autorità che procede, con dichiarazione raccolta a verbale ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da persona autorizzata o dal difensore. 2. La dichiarazione può essere fatta anche nella cancelleria del tribunale del luogo nel quale l’imputato si trova. 3. Nel caso previsto dal comma 2 il verbale è trasmesso immediatamente all’autorità giudiziaria che procede. Analogamente si provvede in tutti i casi in cui la comunicazione è ricevuta da una autorità giudiziaria che, nel frattempo, abbia trasmesso gli atti ad altra autorità.
Finché l’autorità giudiziaria che procede non ha ricevuto il verbale o la comunicazione, sono valide le notificazioni disposte nel domicilio precedentemente dichiarato o eletto. 4-bis. L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatari”.
[3]Ai sensi del quale: “1. Le notificazioni all’imputato detenuto sono eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona. 2. In caso di rifiuto della ricezione, se ne fa menzione nella relazione di notificazione e la copia rifiutata è consegnata al direttore dell’istituto o a chi ne fa le veci. Nello stesso modo si provvede quando non è possibile consegnare la copia direttamente all’imputato, perché legittimamente assente. In tal caso, della avvenuta notificazione il direttore dell’istituto informa immediatamente l’interessato con il mezzo più celere. 3. Le notificazioni all’imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari sono eseguite a norma dell’articolo 157. 4. Le disposizioni che precedono si applicano anche quando dagli atti risulta che l’imputato è detenuto per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione o è internato in un istituto penitenziario. 5. In nessun caso le notificazioni all’imputato detenuto o internato possono essere eseguite con le forme dell’articolo 159” c.p.p..
[4]Secondo cui: “La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano: a) i delitti appresso indicati: 1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43; 2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale; 3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo; 4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306, secondo comma, del codice penale; 5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall’articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110; 6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni; 7) delitto di cui all’articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l’arresto in flagranza; 7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall’articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale, nonché dei delitti previsti dall’art. 12,comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l’elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese; c) indagini che richiedono il compimento di atti all’estero; d) procedimenti in cui è indispensabile mantenere il collegamento tra più uffici del pubblico ministero a norma dell’articolo 371”.
[5]Ai sensi del quale: “1. Il pubblico ministero, quando non deve richiedere l’archiviazione, esercita l’azione penale, formulando l’imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV e V del libro VI ovvero con richiesta di rinvio a giudizio. 1-bis. Il pubblico ministero, al termine delle indagini, formula richiesta di archiviazione quando la Corte di cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell’articolo 273, e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini. 2. Salvo quanto previsto dall’articolo 415-bis, il pubblico ministero richiede il rinvio a giudizio entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato. Il termine è di un anno se si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407 comma 2 lettera a). 3. Se è necessaria la querela, l’istanza o la richiesta di procedimento, il termine decorre dal momento in cui queste pervengono al pubblico ministero. 4. Se è necessaria l’autorizzazione a procedere, il decorso del termine è sospeso dal momento della richiesta a quello in cui l’autorizzazione perviene al pubblico ministero”.
[6]In tal senso, Giunta U.C.P.I., DDL di riforma penale: il punto dell’Unione. Tempi infiniti del processo, contrazione delle garanzie difensive, limitazione dell’appello, efficientismo giustizialista al posto delle regole del contraddittorio: il documento della Giunta UCPI sul D.D.L. “per l’efficienza del processo penale” e “per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti di appello”, in https://www.camerepenali.it/cat/10323/ddl_di_riforma_penale_il_punto_dellunione.html.
[7]Giunta U.C.P.I., DDL di riforma penale: il punto dell’Unione. Tempi infiniti del processo, contrazione delle garanzie difensive, limitazione dell’appello, efficientismo giustizialista al posto delle regole del contraddittorio: il documento della Giunta UCPI sul D.D.L. “per l’efficienza del processo penale” e “per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti di appello”, in https://www.camerepenali.it/cat/10323/ddl_di_riforma_penale_il_punto_dellunione.html.
[8]Ibidem.
[9]Ibidem.
[10]Ai sensi del quale: “Sono esclusi dall’applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3‐bis e 3‐quater, i procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600‐bis, 600‐ter, primo, secondo, terzo e quinto comma, 600‐quater, secondo comma, 600‐quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600‐quinquies, nonché 609‐bis, 609‐ter, 609‐quater e 609‐octies del codice penale, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell’articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria”.
[11]Secondo cui: “L’imputato, ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli atti indicati nell’articolo 442, comma 1-bis, può subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Il giudice dispone il giudizio abbreviato se l’integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili. In tal caso il pubblico ministero può chiedere l’ammissione di prova contraria. Resta salva l’applicabilità dell’articolo 423” c.p.p..
[12]Ai sensi del quale: “L’imputato può chiedere che il processo sia definito all’udienza preliminare allo stato degli atti, salve le disposizioni di cui al comma 5 del presente articolo e all’articolo 441, comma 5”, c.p.p..
[13]Per cui: “Il decreto penale di condanna non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, né l’applicazione di pene accessorie. Anche se divenuto esecutivo non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo. Il reato è estinto se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale e la condanna non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena”.
[14]Alla stregua del quale: “Nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, quando è richiesto l’esame di un testimone o di una delle persone indicate nell’articolo 210 e queste hanno già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesi-me saranno utilizzate ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell’articolo 238, l’esame è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze”.
[15]Per cui: “1. Nel dibattimento, le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell’articolo 12, comma 1, lettera a), nei confronti delle quali si procede o si è proceduto separatamente e che non possono assumere l’ufficio di testimone, sono esaminate a richiesta di parte, ovvero, nel caso indicato nell’articolo 195, anche di ufficio. 2. Esse hanno obbligo di presentarsi al giudice, il quale, ove occorra, ne ordina l’accompagnamento coattivo. Si osservano le norme sulla citazione dei testimoni. 3. Le persone indicate nel comma 1 sono assistite da un difensore che ha diritto di partecipare all’esame. In mancanza di un difensore di fiducia è designato un difensore di ufficio. 4. Prima che abbia inizio l’esame, il giudice avverte le persone indicate nel comma 1 che, salvo quanto disposto dall’articolo 66 comma 1, esse hanno facoltà di non rispondere. 5. All’esame si applicano le disposizioni previste dagli articoli 194, 195, 498, 499 e 500. 6. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche alle persone imputate in un procedimento connesso ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lettera c), o di un reato collegato a norma dell’articolo 371, comma 2, lettera b), che non hanno reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell’imputato. Tuttavia a tali persone è dato l’avvertimento previsto dall’articolo 64, comma 3, lettera c), e, se esse non si avvalgono della facoltà di non rispondere, assumono l’ufficio di testimone. Al loro esame si applicano, in tal caso, oltre alle disposizioni richiamate dal comma 5, anche quelle previste dagli articoli 197-bis e 497” c.p.p..
[16]Secondo il quale: “1. Nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi è assicurata la priorità assoluta: a) ai processi relativi ai delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice e ai delitti di criminalità organizzata, anche terroristica; a-bis) ai delitti previsti dagli articoli 572 e da 609-bis a 609-octies e 612-bis del codice penale; a-ter) ai processi relativi ai delitti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma, e 55, secondo comma, del codice penale; b) ai processi relativi ai delitti commessi in violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro e delle norme in materia di circolazione stradale, ai delitti di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché ai delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni; c) ai processi a carico di imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede; d) ai processi nei quali l’imputato è stato sottoposto ad arresto o a fermo di indiziato di delitto, ovvero a misura cautelare personale, anche revocata o la cui efficacia sia cessata; e) ai processi nei quali è contestata la recidiva, ai sensi dell’articolo 99, quarto comma, del codice penale; f) ai processi da celebrare con giudizio direttissimo e con giudizio immediato. f-bis) ai processi nei quali vi sono beni sequestrati in funzione della confisca di cui all’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni. 2. I dirigenti degli uffici giudicanti adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali è prevista la trattazione prioritaria”.
[17]Per cui: “1. Il pubblico ministero esercita l’azione penale con la citazione diretta a giudizio quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 415-bis. Per la determinazione della pena si osservano le disposizioni dell’articolo 4. 2. La disposizione del comma 1 si applica anche quando si procede per uno dei seguenti reati: a) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 336 del codice penale; b) resistenza a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 337 del codice penale; c) oltraggio a un magistrato in udienza aggravato a norma dell’articolo 343, secondo comma, del codice penale; d) violazione di sigilli aggravata a norma dell’articolo 349, secondo comma, del codice penale; e) rissa aggravata a norma dell’articolo 588, secondo comma, del codice penale, con esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime; e-bis) lesioni personali stradali, anche se aggravate, a norma dell’articolo 590-bis del codice penale; f) furto aggravato a norma dell’articolo 625 del codice penale; g) ricettazione prevista dall’articolo 648 del codice penale. 3. Se il pubblico ministero ha esercitato l’azione penale con citazione diretta per un reato per il quale è prevista l’udienza preliminare e la relativa eccezione è proposta entro il termine indicato dall’articolo 491, comma 1, il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero”.
[18]Secondo il quale: “1. Il pubblico ministero esercita l’azione penale con la citazione diretta a giudizio quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 415-bis. Per la determinazione della pena si osservano le disposizioni dell’articolo 4. 2. La disposizione del comma 1 si applica anche quando si procede per uno dei seguenti reati: a) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 336 del codice penale; b) resistenza a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 337 del codice penale; c) oltraggio a un magistrato in udienza aggravato a norma dell’articolo 343, secondo comma, del codice penale; d) violazione di sigilli aggravata a norma dell’articolo 349, secondo comma, del codice penale; e) rissa aggravata a norma dell’articolo 588, secondo comma, del codice penale, con esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime; e-bis) lesioni personali stradali, anche se aggravate, a norma dell’articolo 590-bis del codice penale; f) furto aggravato a norma dell’articolo 625 del codice penale; g) ricettazione prevista dall’articolo 648 del codice penale. 3. Se il pubblico ministero ha esercitato l’azione penale con citazione diretta per un reato per il quale è prevista l’udienza preliminare e la relativa eccezione è proposta entro il termine indicato dall’articolo 491, comma 1, il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero”.
[19]Per cui: “1. Quando l’appello ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, la corte provvede in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 127. 2. L’udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell’imputato che ha manifestato la volontà di comparire. 3. Nel caso di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, il giudice assume le prove in camera di consiglio, a norma dell’articolo 603, con la necessaria partecipazione del pubblico ministero e dei difensori. Se questi non sono presenti quando è disposta la rinnovazione, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che copia del provvedimento sia comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori”.
[20]Secondo il quale: “Chiunque cagioni per colpa ad altri una lesione personale con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale e’ punito con la reclusione da tre mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le lesioni gravissime”.
[21]Per cui: “1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria, senza ritardo, riferisce al pubblico ministero, per iscritto, gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute, delle quali trasmette la relativa documentazione. 2. Comunica, inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti. 2-bis. Qualora siano stati compiuti atti per i quali è prevista l’assistenza del difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la comunicazione della notizia di reato è trasmessa al più tardi entro quarantotto ore dal compimento dell’atto, salve le disposizioni di legge che prevedono termini particolari. 3. Se si tratta di taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), del presente codice, o di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis e 612-ter del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice penale, e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza, la comunicazione della notizia di reato è data immediatamente anche in forma orale. Alla comunicazione orale deve seguire senza ritardo quella scritta con le indicazioni e la documentazione previste dai commi 1 e 2. 4. Con la comunicazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l’ora in cui ha acquisito la notizia”.
[22]Ai sensi del quale: “1. Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell’apposito registro custodito presso l’ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito. 2. Se nel corso delle indagini preliminari muta la qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura l’aggiornamento delle iscrizioni previste dal comma 1 senza procedere a nuove iscrizioni. 3. Ad esclusione dei casi in cui si procede per uno dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), le iscrizioni previste ai commi 1 e 2 sono comunicate alla persona alla quale il reato è attribuito, alla persona offesa e ai rispettivi difensori, ove ne facciano richiesta. 3-bis. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine, il pubblico ministero, nel decidere sulla richiesta, può disporre, con decreto motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a tre mesi e non rinnovabile. 3-ter. Senza pregiudizio del segreto investigativo, decorsi sei mesi dalla data di presentazione della denuncia, ovvero della querela, la persona offesa dal reato può chiedere di essere informata dall’autorità che ha in carico il procedimento circa lo stato del medesimo”.
[23]Giunta U.C.P.I., DDL di riforma penale: il punto dell’Unione. Tempi infiniti del processo, contrazione delle garanzie difensive, limitazione dell’appello, efficientismo giustizialista al posto delle regole del contraddittorio: il documento della Giunta UCPI sul D.D.L. “per l’efficienza del processo penale” e “per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti di appello”, in https://www.camerepenali.it/cat/10323/ddl_di_riforma_penale_il_punto_dellunione.html.
[24]Ibidem.
[25]G. L. GATTA, Sulla riforma della prescrizione del reato, bloccata dopo il giudizio di primo grado, in Riv. It. di Dir. e Proc. Pen., fasc.4, 1 Dicembre 2018, pag. 2345.
[26]Ibidem.
[27]Ibidem.
[28]Ibidem.
[29]Ibidem.
[30]Ibidem.
[31]A. DI TULLIO D’ELISIIS, La prescrizione del reato in vigore dal 1 gennaio 2020, (e-book), Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna, Febbraio 2020, I ed., p. 129.
[32]Ibidem, p. 129.
[33]Giunta U.C.P.I., DDL di riforma penale: il punto dell’Unione. Tempi infiniti del processo, contrazione delle garanzie difensive, limitazione dell’appello, efficientismo giustizialista al posto delle regole del contraddittorio: il documento della Giunta UCPI sul D.D.L. “per l’efficienza del processo penale” e “per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti di appello”, in https://www.camerepenali.it/cat/10323/ddl_di_riforma_penale_il_punto_dellunione.html.
[34]Cass. pen., Sez. Un., 26/03/1997, n. 4904.
[35]Cass. pen., sez. VII, 17/04/2015, n. 6935.
[36]Secondo cui: “I capi degli uffici giudiziari sentiti, i presidenti dei rispettivi consigli dell’ordine degli avvocati, entro il 31 gennaio di ogni anno redigono un programma per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi e tributari pendenti. Con il programma il capo dell’ufficio giudiziario determina: a) gli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti concretamente raggiungibili nell’anno in corso; b) gli obiettivi di rendimento dell’ufficio, tenuto conto dei carichi esigibili di lavoro dei magistrati individuati dai competenti organi di autogoverno, l’ordine di priorita’ nella trattazione dei procedimenti pendenti, individuati secondo criteri oggettivi ed omogenei che tengano conto della durata della causa, anche con riferimento agli eventuali gradi di giudizio precedenti,nonche’ della natura e del valore della stessa”.
[37]Ai sensi del quale: “1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e i consigli degli ordini distrettuali, e’ determinata la pianta organica ad esaurimento dei giudici ausiliari, con l’indicazione dei posti disponibili presso ciascuna Corte di appello. La pianta organica e’ determinata tenendo conto delle pendenze e delle scoperture di organico in ciascuna Corte, cui puo’ essere assegnato un numero di posti complessivamente non superiore al numero di quaranta per ciascuna Corte. 2. Con il decreto di cui al comma 1 sono determinati le modalita’ e i termini di presentazione della domanda per la nomina a giudice ausiliario nonche’ i criteri di priorita’ nella nomina. E’ riconosciuta preferenza ai fini della nomina agli avvocati iscritti all’albo. A parita’ di titoli sono prioritariamente nominati coloro che hanno minore eta’ anagrafica con almeno cinque anni di iscrizione all’Albo. Della pubblicazione del decreto e’ dato avviso sul sito internet del Ministero della giustizia”.
[38]Per cui: “Le amministrazioni pubbliche possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, nonche’ avvalersi delle forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa, esclusivamente nei limiti e con le modalita’ in cui se ne preveda l’applicazione nelle amministrazioni pubbliche. Le amministrazioni pubbliche possono stipulare i contratti di cui al primo periodo del presente comma soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale e nel rispetto delle condizioni e modalita’ di reclutamento stabilite dall’articolo 35. I contratti di lavoro subordinato a tempo determinato possono essere stipulati nel rispetto degli articoli 19 e seguenti del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, escluso il diritto di precedenza che si applica al solo personale reclutato secondo le procedure di cui all’articolo 35, comma 1, lettera b), del presente decreto. I contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato sono disciplinati dagli articoli 30 e seguenti del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, fatta salva la disciplina ulteriore eventualmente prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Non e’ possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro per l’esercizio di funzioni direttive e dirigenziali. Per prevenire fenomeni di precariato, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto delle disposizioni del presente articolo, sottoscrivono contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi pubblici a tempo indeterminato. E’ consentita l’applicazione dell’articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ferma restando la salvaguardia della posizione occupata nella graduatoria dai vincitori e dagli idonei per le assunzioni a tempo indeterminato”.
[39]Alla stregua del quale: “A decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, [gli enti di ricerca,] le universita’ e gli enti pubblici di cui all’ articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni e integrazioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita’ nell’anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonche’ al lavoro accessorio di cui all’articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non puo’ essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalita’ nell’anno 2009. I limiti di cui al primo e al secondo periodo non si applicano, anche con riferimento ai lavori socialmente utili, ai lavori di pubblica utilita’ e ai cantieri di lavoro, nel caso in cui il costo del personale sia coperto da finanziamenti specifici aggiuntivi o da fondi dell’Unione europea; nell’ipotesi di cofinanziamento, i limiti medesimi non si applicano con riferimento alla sola quota finanziata da altri soggetti. Le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. Per gli enti locali in sperimentazione di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per l’anno 2014, il limite di cui ai precedenti periodi e’ fissato al 60 per cento della spesa sostenuta nel 2009. A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l’esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonche’ per le spese sostenute per lo svolgimento di attivita’ sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all’ articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano alle regioni e agli enti locali in regola con l’obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell’ articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 , e successive modificazioni, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non puo’ essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalita’ nell’anno 2009. Sono in ogni caso escluse dalle limitazioni previste dal presente comma le spese sostenute per le assunzioni a tempo determinato ai sensi dell’articolo 110, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 1, comma 188, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Per gli enti di ricerca resta fermo, altresi’, quanto previsto dal comma 187 dell’articolo 1 della medesima legge n. 266 del 2005, e successive modificazioni. Alle minori economie pari a 27 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011 derivanti dall’esclusione degli enti di ricerca dall’applicazione delle disposizioni del presente comma, si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 38, commi 13-bis e seguenti. alla copertura del relativo onere si provvede mediante l’attivazione della procedura per l’individuazione delle risorse di cui all’ articolo 25, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 , convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 . Il presente comma non si applica alla struttura di missione di cui all’art. 163, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Il mancato rispetto dei limiti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilita’ erariale. Per le amministrazioni che nell’anno 2009 non hanno sostenuto spese per le finalita’ previste ai sensi del presente comma, il limite di cui al primo periodo e’ computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalita’ nel triennio 2007-2009 (A) ”.
[40]Secondo cui: “I concorsi pubblici per il reclutamento del personale di cui al comma 10 -bis possono essere espletati nelle forme del concorso unico di cui all’articolo 4, comma 3 -quinquies, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, in deroga alle disposizioni dei commi 4 e 4 -bis dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, mediante richiesta al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, che ne assicura priorità di svolgimento e con modalità semplificate, anche in deroga alla disciplina prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, per quanto concerne in particolare: a) la nomina e la composizione della commissione, prevedendo la costituzione di sottocommissioni anche per le prove scritte ed il superamento dei requisiti previsti per la nomina dei componenti, nonché stabilendo che a ciascuna delle sottocommissioni non può essere assegnato un numero di candidati inferiore a 250; b) la tipologia e le modalità di svolgimento delle prove d’esame, prevedendo: 1) la facoltà di far precedere le prove d’esame da una prova preselettiva, qualora le domande di partecipazione al concorso siano in numero superiore a tre volte il numero dei posti banditi; 2) la possibilità di espletare prove preselettive consistenti nella risoluzione di quesiti a risposta multipla, gestite con l’ausilio di società specializzate e con possibilità di predisposizione dei quesiti da parte di qualificati istituti pubblici e privati; 3) forme semplificate di svolgimento delle prove scritte, anche concentrando le medesime in un’unica prova sulle materie previste dal bando, eventualmente mediante il ricorso a domande a risposta a scelta multipla; 4) per i profili tecnici, l’espletamento di prove pratiche in aggiunta a quelle scritte, ovvero in sostituzione delle medesime; 5) lo svolgimento delle prove di cui ai numeri da 1) a 3) e la correzione delle medesime prove anche mediante l’ausilio di sistemi informatici e telematici; 6) la valutazione dei titoli solo dopo lo svolgimento delle prove orali nei casi di assunzione per determinati profili mediante concorso per titoli ed esami; 7) l’attribuzione, singolarmente o per categoria di titoli, di un punteggio fisso stabilito dal bando, con la previsione che il totale dei punteggi per titoli non può essere superiore ad un terzo del punteggio complessivo attribuibile; c) la formazione delle graduatorie, stabilendo che i candidati appartenenti a categorie previste dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, che hanno conseguito l’idoneità, vengano inclusi nella graduatoria tra i vincitori, nel rispetto dei limiti di riserva previsti dalla normativa vigente, purché risultino iscritti negli appositi elenchi istituiti ai sensi dell’articolo 8 della medesima legge e risultino disoccupati al momento della formazione della graduatoria stessa”.
[41]Per il quale: “1-quater. Il completamento del periodo di perfezionamento presso l’ufficio per il processo ai sensi del comma 1-bis del presente articolo costituisce titolo di preferenza a parita’ di merito, ai sensi dell’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni, nei concorsi indetti dalla pubblica amministrazione. Nelle procedure concorsuali indette dall’amministrazione della giustizia sono introdotti meccanismi finalizzati a valorizzare l’esperienza formativa acquisita mediante il completamento del periodo di perfezionamento presso l’ufficio per il processo ai sensi del citato comma 1-bis. 1-quinquies. I soggetti che hanno completato il tirocinio formativo di cui all’articolo 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, e che non hanno fatto parte dell’ufficio per il processo, hanno comunque titolo di preferenza a parita’ di merito, ai sensi dell’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni, nei concorsi indetti dalla pubblica amministrazione”.
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