La riforma della cittadinanza. Come acquistare la cittadinanza italiana: ius soli e ius culturae

DS redazione 23/10/15

Testo tratto dal capitolo del Prof. Avv. Bruno Barel “Cittadinanza” nell’ambito del volume a cura del Prof. Paolo Morozzo della Rocca “Immigrazione, asilo e cittadinanza”, Maggioli editore, ottobre 2015

 

Il 13 ottobre 2015 la Camera dei Deputati ha approvato a larga maggioranza un disegno di legge di riforma della legislazione sulla cittadinanza e se ne prevede la rapida approvazione anche da parte del Senato.

La notizia ha avuto forte eco nell’opinione pubblica in quanto vengono modificate le regole in vigore relative all’attribuzione della cittadinanza italiana per nascita, per beneficio di legge e per naturalizzazione, con l’introduzione di nuovi criteri ispirati allo ius soli, combinato però ora con quello che viene ormai correntemente indicato come ius culturae.

Nel progetto di legge la regola dello ius soli – tradizionalmente intesa come acquisto automatico della cittadinanza per nascita nel territorio dello Stato – è temperata da alcuni correttivi che sono finalizzati, da un lato, a non favorire l’immigrazione e la permanenza illegale, dall’altro, a garantire la sussistenza di un effettivo legame tra l’individuo e la comunità nazionale.

La nuova disciplina è stata infatti concepita per riconoscere la cittadinanza alle cosiddette “seconde generazioni” di stranieri, vale a dire ai figli di stranieri legalmente e stabilmente residenti in Italia, generalmente nati in Italia o qui giunti nell’infanzia, che, pur essendo cresciuti nel Paese  e ormai integrati nella comunità italiana, non possono in nessun modo accedere alla cittadinanza. La nascita in Italia diviene così un presupposto – non unico e neppure essenziale – di una fattispecie complessa, al cui verificarsi consegue il diritto di ottenere, a semplice richiesta e a decorrere da quel momento, l’acquisto automatico della cittadinanza.

Il disegno di legge consta di quattro disposizioni. La prima apporta modifiche ed integrazioni alla legge n. 91/1992; la seconda reca disposizioni di coordinamento con la stessa legge n. 91/1992 e con altre leggi in materia e affida ad un regolamento, da adottare entro 90 giorni dall’approvazione della riforma, il compito di accorpare e coordinare in un testo unico la misure regolamentari di attuazione; le altre due disposizioni introducono una disciplina transitoria che estende l’ambito di applicazione della riforma a talune categorie di stranieri ormai maggiorenni[1].

Il nucleo essenziale della riforma è dato dalla configurazione di nuovi modi di acquisto della cittadinanza.

Lo straniero nato in Italia da genitori stranieri può diventare cittadino a condizione che al momento della nascita almeno uno dei genitori avesse – o avesse già chiesto, ed abbia poi ottenuto – un diritto di soggiorno permanente o un permesso UE per soggiornanti di lungo periodo[2]. L’acquisto della cittadinanza non è però automatico e non avviene al momento della nascita: è necessaria un’espressa manifestazione di volontà rivolta all’ufficiale di stato civile del Comune di residenza da parte di almeno un genitore o di chi eserciti la responsabilità genitoriale, oppure da parte dello stesso straniero interessato che sia frattanto divenuto maggiorenne, entro un biennio dal compimento della maggiore età[3]. Entro lo stesso termine lo straniero che sia divenuto cittadino per dichiarazione del genitore o di altro soggetto avente responsabilità genitoriale, potrà rinunciare alla cittadinanza italiana ove sia già in possesso di altra cittadinanza[4].

Viene istituito poi anche un altro modo di acquisto della cittadinanza, per beneficio di legge (c.d. ius culturae) a favore del minore straniero che – nato in Italia o entrato in Italia prima di avere compiuto dodici anni – abbia frequentato regolarmente nel Paese, per almeno cinque anni, uno o più cicli di studi in istituti del sistema nazionale di istruzione e/o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. E’ da notare come si richieda la conclusione positiva del corso se questo riguarda la scuola primaria, mentre per la formazione professionale si chiede solo che il corso frequentato fosse idoneo al conseguimento di una qualifica professionale, a prescindere dall’effettivo conseguimento della qualifica. Anche in questo caso l’acquisto avviene su richiesta di un genitore o soggetto avente responsabilità genitoriale, o dell’interessato nel biennio successivo al raggiungimento della maggiore età[5].

In via eccezionale, entro il primo anno di applicazione della legge possono chiedere di acquistare la cittadinanza anche gli stranieri già maggiorenni da oltre due anni, che abbiano maturato i requisiti richiesti per l’acquisto della cittadinanza da parte dei minori stranieri, a condizione che siano legalmente residenti in Italia da più di cinque anni. In questo caso, però, per l’acquisto della cittadinanza non è sufficiente la pur necessaria manifestazione di volontà da parte dell’interessato, occorrendo l’ottenimento di un nulla osta da parte del Ministero dell’Interno, che va rilasciato entro sei mesi dalla richiesta da parte dell’ufficiale di stato civile, attestante l’insussistenza di provvedimenti di diniego della cittadinanza, di espulsione o di allontanamento, per motivi di sicurezza della Repubblica[6].

Infine, viene introdotto un nuovo caso di concessione della cittadinanza secondo le ordinarie procedure, a favore dello straniero che soddisfi tre requisiti: ingresso in Italia durante la minore età; residenza legale in Italia da almeno sei anni; frequenza di un ciclo scolastico o di un percorso di formazione professionale triennale o quadriennale, con conseguimento del titolo o della qualifica professionale[7].

Altre modifiche minori riguardano la modifica dell’art. 14, sull’acquisto della cittadinanza iure communicationis: viene eliminato il requisito della convivenza con il genitore che acquista o riacquista la cittadinanza quale presupposto per l’estensione dell’acquisto anche ai figli (minori), sostituito da quello della titolarità della responsabilità genitoriale su di essi.

Non pochi sono i profili problematici della nuova disciplina in itinere.

Innanzitutto, i nuovi modi di acquisto della cittadinanza, per nascita e/o ius culturae, sono automatici su richiesta presentata all’ufficiale di stato civile, al quale spetterà dunque di accertare la sussistenza dei nuovi presupposti, molteplici e non sempre univoci e facilmente documentabili, per provvedere poi all’annotazione della dichiarazione a margine dell’atto di nascita e all’inserimento nei registri di cittadinanza.

Sempre sugli ufficiali di stato civile graverà l’obbligo di informare tutti gli aventi diritto all’acquisto della cittadinanza residenti nel territorio comunale, nel corso del semestre antecedente al raggiungimento della maggiore età, della facoltà riconosciuta loro dalla legge, dei presupposti richiesti e degli adempimenti necessari; l’inadempimento dell’obbligo informativo impedisce la decadenza dell’interessato dal termine massimo biennale entro il quale può chiedere l’acquisto. E’ facile prevedere che gli ufficiali di stato civile, nell’impossibilità di sapere a priori se i minori residenti soddisfino tutti i requisiti di legge (titoli di studio, periodi di residenza anagrafica in altri Comuni), si vedranno costretti ad inviare una generica informativa a tutti i minori stranieri residenti prossimi al raggiungimento della maggiore età.

Altra questione  attiene alla verifica del requisito della residenza legale ininterrotta in Italia. La riforma codifica alcuni orientamenti interpretativi, sollecitati da una parte della dottrina, volti a temperare la rigidità del requisito e a conciliarlo con brevi interruzioni della continuità di iscrizioni anagrafiche  o con periodi di rientro in famiglia all’estero. Il requisito non viene meno ove si possa provare il permanere della residenza in Italia tra un’iscrizione anagrafica e l’altra, e neppure se le assenze per rientro nel Paese di origine siano limitate ad una media di tre mesi per ogni anno del periodo considerato, purché senza superare i sei mesi continuativi eccezion fatta per assenze più prolungate dovute a comprovati gravi motivi di salute o a prestazione  obbligatoria del servizio militare all’estero[8]. Viene così stabilizzato ed esteso a tutti i casi previsti dalla legge quell’orientamento giurisprudenziale di favore che si era formato con riferimento ai casi di acquisto della cittadinanza per beneficio di legge e che in alcuni casi la giurisprudenza aveva rifiutato di estendere anche ad altre fattispecie.

 

 

 


[1] Cfr. gli artt. 3 e 4 del progetto di legge.

[2] Il progetto di legge approvato modifica l’art. 1 della legge sulla cittadinanza aggiungendo una lettera b-bis) al comma 1, che così dispone: “È cittadino per nascita […] b-bis) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, o sia in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”.

[3] In questo senso disporrà il comma 2-bis aggiunto all’art. 1: “Nei casi di cui alla lettera b-bis) del comma 1 la cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà in tal senso espressa, entro il compimento della maggiore età dell’interessato, da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza del minore, da annotare a margine dell’atto di nascita. La direzione sanitaria del punto nascita ovvero l’ufficiale dello stato civile cui è resa la dichiarazione di nascita informa il genitore di tale facoltà. Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età l’interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza.

[4] Così dovrebbe disporre il comma 2-ter aggiunto in coda all’art. 1 della legge: “Qualora non sia stata resa la dichiarazione di volontà di cui al comma 2-bis, i soggetti di cui alla lettera b-bis) del comma 1 acquistano la cittadinanza se ne fanno richiesta all’ufficiale dello stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età”.

[5] Tale nuovo modo di acquisto della cittadinanza per beneficio di legge sarà disciplinato dai commi 2-bis e 2 ter della legge n. 91/1992 che, nel testo approvato dalla Camera, così disporranno: “2-bis. Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età che, ai sensi della normativa vigente, ha frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale, acquista la cittadinanza italiana. Nel caso in cui la frequenza riguardi il corso di istruzione primaria, è altresì necessaria la conclusione positiva del corso medesimo. La cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà in tal senso espressa, entro il compimento della maggiore età dell’interessato, da un genitore legalmente residente in Italia o da chi esercita la responsabilità genitoriale, all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza, da annotare nel registro dello stato civile. Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, l’interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza.

2-ter. Qualora non sia stata espressa la dichiarazione di volontà di cui al comma 2-bis, l’interessato acquista la cittadinanza se ne fa richiesta all’ufficiale dello stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età.”

[6] Tale facoltà è prevista e disciplinata dall’art. 4 del progetto di legge, con disposizione destinata a restare estranea all’articolato della legge n. 91/1992.

[7] Cfr. l’art. 9: “La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno […] f-bis) allo straniero che ha fatto ingresso nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore età, ivi legalmente residente da almeno sei anni, che ha frequentato regolarmente, ai sensi della normativa vigente, nel medesimo territorio, un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo, presso gli istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione, ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale con il conseguimento di una qualifica professionale.

[8] Così disporranno i commi 3 e 4 dell’art. 23-bis, introdotto nella legge sulla cittadinanza dal progetto di legge: “3. Ai fini della presente legge, si considera che abbia soggiornato o risieduto nel territorio della Repubblica senza interruzioni chi ha trascorso all’estero, nel periodo considerato, un tempo mediamente non superiore a novanta giorni per anno, calcolato sul totale degli anni considerati. L’assenza dal territorio della Repubblica non può essere superiore a sei mesi consecutivi, a meno che essa non sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari o da gravi e documentati motivi di salute.

4. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 1, comma 1, lettera b-bis), si considera in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo anche lo straniero che, avendo maturato i requisiti per l’ottenimento di tale permesso, abbia presentato la relativa richiesta prima della nascita del figlio e ottenga il rilascio del permesso medesimo successivamente alla nascita.”

DS redazione

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