LA RINUNCIA AL DIRITTO DI SURROGAZIONE

Redazione 17/03/02
di Ermanna Grossi

1. Premessa
La questione della rinunciabilità del diritto di surrogazione da parte dell’assicuratore, investendo la natura giuridica e il grado di efficacia della norma, è stata al centro di un annoso dibattito in dottrina e in giurisprudenza.
In linea di principio, l’assicuratore può rinunciare ad avvalersi della surrogazione prima dell’insorgenza del relativo diritto [1].
La rinuncia successiva, però, non può essere considerata come una rinuncia in senso tecnico, dal momento che, una volta che sia divenuto titolare del diritto dell’assicurato surrogato, l’assicuratore può soltanto decidere di cederlo o di rimettere il debito al terzo responsabile [2].
Il problema che ha maggiormente interessato la dottrina è quello relativo alla validità delle clausole, diffuse nella pratica, attraverso le quali l’assicuratore rinuncia preventivamente alla surrogazione e che si distinguono a seconda che siano state pattuite in favore del terzo responsabile o dell’assicurato [3].

2. La rinuncia in favore dell’assicurato
Le clausole attraverso le quali l’assicuratore rinuncia preventivamente al diritto di surrogazione in favore dell’assicurato sono state considerate nulle da una parte della dottrina, in quanto, offrendo all’assicurato la possibilità di percepire un duplice indennizzo per il medesimo danno e determinando un considerevole aumento della probabilità di un artificioso accrescimento dei danni, si porrebbero in contrasto con il principio indennitario ritenuto di ordine pubblico [4].
Esse, inoltre, provocando un aumento dei premi, configurabili come l’equivalente statistico della controprestazione dell’assicuratore, sarebbero poco vantaggiose per l’intera massa degli assicurati [5].
Per contro, la dottrina [6] e la giurisprudenza [7] prevalenti ritengono che la norma di cui all’art. 1916 c.c. possa essere derogata dalle parti.
Secondo questo indirizzo, infatti, non sarebbe possibile sostenere l’irrinunciabilità della surrogazione adducendo l’esistenza di un preteso principio indennitario ritenuto di ordine pubblico, dal momento che l’istituto previsto dall’art. 1916 c.c. non discende dai principi generali del diritto essendo previsto da una norma di carattere eccezionale che consente all’assicuratore, il quale abbia adempiuto alla propria obbligazione contrattuale, di surrogarsi nei diritti dell’assicurato nei confronti del terzo responsabile del danno [8].
Il carattere dispositivo di questa disciplina si desumerebbe, precisamente, dal fatto che essa serve, nell’economia del contratto di assicurazione, a ricondurre l’indennità assicurativa al suo giusto ammontare, onde evitare che l’assicuratore sia costretto a corrispondere un indennizzo per un danno che più non esiste nel patrimonio dell’assicurato, il quale sia già stato risarcito dal terzo responsabile [9].
Trattandosi, dunque, di un diritto previsto dalla legge in funzione di un interesse privato dell’assicuratore [10], quest’ultimo può liberamente rinunziarvi qualora lo ritenga conveniente ed opportuno [11].
Secondo i sostenitori della tesi favorevole alla rinunciabilità della surrogazione il principio indennitario non può essere configurato come un principio di ordine pubblico come può agevolmente desumersi dal fatto che l’art. 1916 c.c. non è stato ricompreso tra le disposizioni di ordine pubblico e, quindi, inderogabili dalla volontà privata se non in senso più favorevole all’assicurato, menzionate dall’art. 1932 c.c. [12] e dalla mancata predisposizione, da parte del legislatore, di alcun mezzo di pubblicità idoneo ad impedire il cumulo degli indennizzi, che potrà sempre verificarsi ogniqualvolta il terzo responsabile non sia venuto a conoscenza del contratto di assicurazione o dell’avvenuto pagamento dell’indennità o non sia in grado di provare né l’uno né l’altro [13].
Non va, inoltre, sottovalutato che, secondo la dottrina più autorevole [14], i principi di ordine pubblico sono soltanto quelli desumibili dall’insieme delle norme cogenti e caratterizzati dal requisito dell’inderogabilità. Requisito di cui il principio indennitario è privo dal momento che lo stesso legislatore ha ammesso l’assicurazione del profitto sperato [15] e la polizza stimata [16], le quali, pur potendo risolversi in uno stimolo alla provocazione del sinistro, rispondono a bisogni concreti e diffusi. Le stesse considerazioni valgono per l’assicurazione del valore a nuovo, concordemente ammessa dalla dottrina e dalla giurisprudenza [17].
Secondo i suoi sostenitori, inoltre, tale tesi sarebbe coerente con la natura giuridica della surrogazione configurata dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti come una peculiare forma di successione particolare nel diritto di credito [18], che non si attua in modo autonomo ed immediato nel momento stesso in cui l’assicuratore corrisponde all’assicurato l’indennità dovuta, ma solo quando l’assicuratore abbia comunicato al terzo responsabile il pagamento dell’indennizzo e abbia manifestato la volontà di avvalersi della surroga [19].
Trattandosi, dunque, di una mera facoltà dell’assicuratore, non ci sarebbero delle ragioni plausibili per escluderne la rinunciabilità [20].
Una parte della dottrina, pur aderendo, in linea di principio, alla tesi secondo cui la disciplina di cui all’art. 1916 c.c. sarebbe derogabile dalla volontà privata, subordina la validità delle clausole di rinuncia alla surrogazione in favore dell’assicurato alla circostanza che il cumulo degli indennizzi percepiti dall’assicurato non superi, nel caso concreto, l’ammontare del danno effettivamente subito [21].
È stato osservato, precisamente, che in alcuni casi la rinuncia al diritto di surrogazione operata dall’assicuratore in favore dell’assicurato non determina un ingiustificato arricchimento per quest’ultimo.
Un esempio sarebbe dato dalle assicurazioni contro gli infortuni configurate dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti come una species del genus delle assicurazioni contro i danni [22].
È noto, infatti, che i massimali delle polizze infortuni non riescono quasi mai a coprire l’intero danno effettivamente subito dall’assicurato, il quale, in questi casi, può ben rivolgersi al terzo responsabile per ottenere il risarcimento del danno che residua: in rarissime occasioni, tuttavia, il patrimonio del terzo responsabile sarà sufficiente a sopportare sia l’azione dell’assicuratore surrogatosi, sia quella dell’assicurato che agisce per il residuo [23].
È chiaro, dunque, che in queste ipotesi l’esercizio del diritto di surrogazione conduce ad un impoverimento dell’assicurato, il quale si vede sottratta dall’assicuratore con lui concorrente nell’azione di responsabilità, una parte del già insufficiente indennizzo recuperabile dal terzo.
In realtà, quest’opinione non può essere condivisa, in quanto trascura di considerare il fatto che non sempre il terzo responsabile citato in giudizio dall’assicurato è a conoscenza dell’esistenza del contratto di assicurazione o del pagamento dell’indennità assicurativa o è in grado di provare sia l’uno che l’altro [24]. Inoltre, dal momento che il principio indennitario opera unicamente nel rapporto intercorrente tra assicurato ed assicuratore e non anche nei rapporti tra assicurato e terzo responsabile [25], quest’ultimo, citato in giudizio dal danneggiato prima di aver ricevuto dall’assicuratore la comunicazione dell’avvenuto pagamento dell’indennità assicurativa e della volontà di volersi surrogare, non potrebbe certo opporre all’assicurato il fatto di essere già stato indennizzato dall’assicuratore [26].
Alla tesi favorevole alla rinunciabilità della surrogazione non può neanche opporsi che essa determinerebbe un artificioso aumento dei sinistri provocato dagli stessi assicurati consapevoli di poter conseguire, in tal modo, un duplice indennizzo [27]. L’infondatezza di tale assunto appare chiaramente ove si consideri che i casi in cui la surrogazione ha luogo, che sono proprio quelli in cui il danno è provocato da un terzo, il comportamento dell’assicurato è del tutto estraneo [28].
Per quanto riguarda, infine, l’argomento economico secondo cui la presenza delle clausole di rinuncia alla surrogazione nelle polizze provocherebbe un aumento dei premi, con conseguente svantaggio per l’intera massa degli assicurati, esso, se poteva avere qualche fondamento in passato [29], è del tutto inconsistente oggi, dal momento che la stragrande maggioranza delle compagnie di assicurazione rinunciano alla surroga in favore dell’assicurato e dei suoi aventi diritto senza neanche chiedere il pagamento di un sovrapremio [30], ma soltanto allo scopo di rendere più appetibile il contratto tipo [31].
Alla luce di questa prima sommaria analisi degli argomenti svolti dai sostenitori di ciascuna delle due tesi non può negarsi che quelli addotti dalla dottrina e dalla giurisprudenza favorevoli alla tesi della rinunciabilità della surrogazione sono molto convincenti. Ma non lo sono abbastanza da eliminare ogni dubbio circa la possibilità per le parti di derogare al principio indennitario, il quale, oltre a costituire il principio ispiratore dell’intera disciplina delle assicurazioni contro i danni, ha storicamente consentito di differenziare i contratti aleatori fondati su rischi artificiosamente creati, come il giuoco o la scommessa, da quelli fondati su rischi oggettivamente esistenti, come il contratto di assicurazione [32].
Pertanto, se, nonostante questo, la tesi favorevole alla rinunciabilità della surrogazione in favore dell’assicurato ha finito con l’affermarsi in dottrina e in giurisprudenza il motivo va probabilmente ricercato nella debolezza degli argomenti addotti dai sostenitori della tesi opposta, i quali hanno preteso di risolvere sbrigativamente la questione muovendo dalla premessa secondo cui il principio indennitario sarebbe un principio di ordine pubblico.
Più fondata appare l’opinione, di recente espressa da una parte della dottrina, la quale ha affermato che le pattuizioni (tra le quali possono essere collocate quelle con cui l’assicuratore rinuncia alla surrogazione in favore dell’assicurato) attraverso le quali l’assicurato viene posto in grado di percepire due o più indennizzi per il medesimo danno sarebbero nulle per difetto di causa ai sensi dell’art. 1418 c.c. [33].
Anche questa tesi, però, suscita non poche perplessità essendo fondata sul discutibile presupposto secondo cui la causa del contratto di assicurazione andrebbe ravvisata nella sua funzione indennitaria [34].

3. La rinuncia in favore del terzo responsabile
La rinuncia al diritto di surrogazione può spiegare i suoi effetti non solo nei confronti dell’assicurato, ma anche del terzo responsabile [35].
Della validità di questa clausola, attraverso la quale si raggiungono gli stessi effetti che potrebbero derivare da un’assicurazione della responsabilità civile [36], la dottrina [37] e la giurisprudenza [38] attuali non dubitano.
In passato, invece, la giurisprudenza aveva affermato che il terzo responsabile non potrebbe beneficiare degli effetti della rinuncia al diritto di surrogazione operata dall’assicuratore, potendo soltanto pretendere di non pagare, oltre che a quest’ultimo, anche all’assicurato [39].
La dottrina, tuttavia, dopo aver affermato che « non è conseguenza necessaria della rinuncia dell’assicuratore alla surroga che di questa approfitti l’assicurato » [40], non ha mancato di sottolineare l’infondatezza di questa tesi fondata sulla premessa secondo cui la surrogazione prevista dall’art. 1916 c.c. sarebbe un caso di sostituzione processuale, in cui eccezionalmente sarebbe consentito ad un terzo (l’assicuratore) di esercitare in nome proprio un diritto altrui ai sensi dell’art. 81 c.p.c. [41].
Secondo una ristretta parte della dottrina, inoltre, anche le clausole di rinuncia alla surrogazione pattuite in favore del terzo responsabile, così come quelle stipulate in favore dell’assicurato, consentendo al danneggiante di sfuggire alle conseguenze della propria responsabilità, sarebbero nulle per contrarietà all’ordine pubblico, ai sensi dell’art. 1229 c.c. [42].
L’argomento è infondato. Infatti, a prescindere dal fatto che la norma di cui all’art. 1229 c.c., concernendo la responsabilità da inadempimento contrattuale è insuscettibile di applicazione nel caso concreto, esso prova troppo dal momento che induce a considerare come “esonero da responsabilità” e, perciò, nulla, qualsiasi assicurazione della responsabilità civile [43].
Secondo la dottrina prevalente, inoltre, gli effetti che la dichiarazione di rinuncia ad un diritto può eventualmente determinare nella sfera giuridica dei terzi non si pongono in diretta relazione causale con essa, costituendone soltanto una conseguenza mediata e riflessa [44].
Una volta ammessa la validità della clausola di rinuncia alla surrogazione in favore del terzo responsabile, occorre determinarne la natura giuridica [45].
Secondo una parte della dottrina [46] e della giurisprudenza [47], essa dovrebbe essere considerata come una stipulazione per conto del terzo responsabile, il quale, acquistando la qualità di assicurato, conseguirebbe la titolarità di tutti i diritti derivanti dal contratto.
Tale tesi non è stata accolta dalla dottrina [48] e dalla giurisprudenza prevalenti [49], le quali configurano la clausola di rinuncia come una stipulazione non per conto, ma in favore del terzo responsabile [50].
Secondo questo indirizzo, infatti, la stipulazione per conto altrui non può presumersi, dovendo risultare in modo non equivoco dalla volontà dei contraenti: ne consegue che ogniqualvolta essa non sia espressamente contemplata, non può desumersi dal comportamento complessivo delle parti (art. 1362, 2° comma, c.c.), né dal complesso delle altre clausole contrattuali (art. 1363 c.c.), né ricorrendo all’interpretazione di buona fede (art. 1366 c.c.) [51].
Senza considerare che se davvero l’assicurazione stipulata da un determinato soggetto (l’assicurato) producesse i suoi effetti anche nei confronti del terzo responsabile non sarebbe certo necessaria un’espressa rinuncia dell’assicuratore al diritto di surrogazione altrimenti esercitabile nei confronti del terzo responsabile. È l’esistenza stessa della clausola, dunque, che dimostra chiaramente che il terzo responsabile non è anche assicurato [52].
Per chi ritiene che la clausola attraverso cui l’assicuratore rinuncia alla surrogazione costituisca una pattuizione in favore e non per conto del terzo, i vantaggi che quest’ultimo, in quanto estraneo, può ricavare dal contratto di assicurazione possono essere soltanto indiretti [53]. Egli, infatti, « non può pretendere l’intervento dell’assicuratore, ma può solo beneficiarne, qualora esso abbia avuto luogo » [54].
A seconda della tesi alla quale si ritiene di aderire, infine, sono diverse le conseguenze in ordine all’efficacia della clausola.
È chiaro, infatti, che soltanto nei casi in cui la clausola sia stata pattuita in favore del terzo, essa potrà essere revocata o modificata dallo stipulante (l’assicurato), fintantoché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente (l’assicuratore) di volerne approfittare (art. 1411 c.c.) [55]. Ne deriva che ogniqualvolta nessuna volontà di adesione sia stata manifestata dal terzo responsabile, deve ritenersi operante l’eventuale revoca che l’assicurato abbia posto in essere autorizzando l’assicuratore ad agire in surroga nei confronti del danneggiante [56].
Per contro, qualora si ritenga che la clausola sia stata pattuita per conto del terzo, essa è da sola sufficiente a fare acquistare al soggetto designato, che vi abbia interesse, il diritto alla prestazione assicurativa. Non può, quindi, configurarsi un potere di revoca del contraente e la connessa utilità di una dichiarazione dell’assicurato di volerne approfittare, essendo soltanto possibile lo scioglimento per mutuo consenso dei soggetti del negozio a norma dell’art. 1372, 1° comma, c.c. [57].
Allo stesso modo, un potere del contraente di modificare la prestazione assicurativa è configurabile solo a seguito di un trasferimento titolarità dell’interesse assicurato [58].
La tesi secondo cui la clausola attraverso la quale l’assicuratore rinuncia alla surrogazione in favore del terzo responsabile costituisce una pattuizione in favore di un terzo è stata criticata da una ristretta parte della dottrina, secondo la quale la rinuncia rappresenta un atto unilaterale ed irrevocabile che produce i suoi effetti nei confronti del terzo responsabile senza bisogno di alcuna dichiarazione da parte sua [59].
Secondo questo indirizzo, precisamente, lo schema del contratto in favore di terzi, attraverso il quale è possibile, mediante il vincolo assunto dal promittente, attribuire un diritto soggettivo ad un terzo, senza necessità di alcuna partecipazione da parte sua alla fattispecie costitutiva e, quindi, a prescindere dalla sua volontà, sarebbe superfluo ogniqualvolta, attraverso la rinuncia, la cui validità non è condizionata né da alcuna giustificazione causale né dalla volontà del beneficiario, quest’ultimo consegua un vantaggio patrimoniale che non si concreta in un diritto soggettivo [60].
Sempre secondo questo indirizzo, inoltre, l’opinione che ravvisa nella rinuncia alla surrogazione una stipulazione in favore del terzo sarebbe errata, dal momento che, in questo caso, il beneficiario di un atto di rinuncia si troverebbe esposto alla revoca dello stipulante (art. 1411, 3° comma, c.c.), « laddove tale eventualità, per lui pregiudizievole, non sussisterebbe senza il contratto … a suo favore » [61].
Questa tesi non risulta fondata e non tanto perché, una volta esclusa la rilevanza di un interesse dell’assicurato alla rinuncia dell’assicuratore alla surrogazione nei confronti del terzo responsabile, difficilmente potrebbe ipotizzarsi un interesse dell’assicuratore a rinunciare ad un proprio diritto [62], ma soprattutto in quanto essa trascura di considerare che tutte le volte in cui il rinunciante dispone che la prestazione spettantegli sia corrisposta ad un terzo oppure che il bene a cui rinuncia venga attribuito alla controparte, siamo al di fuori dello schema della rinuncia, avendo la dottrina da tempo rilevato che la rinuncia attributiva o traslativa, costituendo una contraddizione in termini, si risolve, in realtà, in un mezzo attraverso il quale si trasferisce ad latri un proprio diritto [63]. Ne consegue, dunque, che ogniqualvolta il creditore non si limiti a rinunciare al proprio diritto, ma disponga perché ne benefici un altro soggetto dovrà parlarsi di contratto a favore di terzo e non di rinuncia, la quale, nella sua configurazione tipica ha un solo effetto che è dato dalla dismissione del diritto [64].

[1] Cfr. CASTELLANO e SCARLATELLA, Le assicurazioni private, op. cit., p. 439; ROSSETTI, Le azioni, op. cit., p. 17.
[2] Cfr. FERRARINI, Appunti sulla rinunciabilità alla surroga assicuratoria, op. cit., p. 406; DONATI, Trattato, op. cit., p. 484; GENOVESE, Il fondamento razionale, op. cit., p. 576, nota n. 26; CASTELLANO e SCARLATELLA, Le assicurazioni private, op. cit., p. 439; SCALFI, I contratti di assicurazione, op. cit., p. 240; ROSSETTI, Le azioni, op. cit., p. 17. La rimessione del debito, che può essere espressa o tacita, è quel negozio unilaterale attraverso il quale il creditore estingue l’obbligazione del proprio debitore. Secondo la più autorevole dottrina, ciò che caratterizza la rinuncia rispetto alla rimessione è che mentre quest’ultima determina come effetto immediato e diretto un vantaggio per il debitore, la rinuncia, essendo un negozio essenzialmente abdicativo, può produrre effetti nei confronti dei terzi soltanto in via indiretta e mediata (MOSCARINI, voce Rinunzia, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, vol. XXVII, p. 3). La rinuncia traslativa, infatti, snatura lo stesso concetto di rinuncia (cfr. GASPERONI, La c.d. surroga, op. cit., p. 631).
[3] Le dispute relative alla validità della rinuncia in favore dell’assicurato erano diffuse in passato nell’ambito di quella parte della dottrina e della giurisprudenza secondo le quali la surrogazione dell’assicuratore, costituendo un caso di surrogazione legale ai sensi dell’art. 1203 c.c., si verifica automaticamente al momento dell’avvenuto pagamento dell’indennità assicurativa. Le clausole di rinuncia, infatti, venivano utilizzate, nella prassi, per consentire che la titolarità del credito nei confronti del terzo responsabile restasse in capo all’assicurato, in modo da permettergli di agire in nome proprio nei confronti del danneggiante, per rimborsare poi l’assicuratore, il quale non ha interesse, nella maggior parte dei casi, ad agire personalmente nei confronti dei danneggianti, che potrebbero essere suoi clienti effettivi o potenziali. Attraverso questo espediente era possibile scongiurare il pericolo delle eccezioni di difetto di legittimazione sollevate frequentemente dai responsabili dei danni (cfr. FERRARINI, Appunti, op. cit., p. 401, nota n. 1; GAMBOGI, Le eccezioni del terzo responsabileall’esercizio del diritto di surrogazione, in Assicurazioni, 1959, II, 2, p. 220 ss.; CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1849, nota n. 10; GASPERONI, La c.d. surroga, op. cit., p. 630; ammettono la validità della clausola in questa ipotesi anche MONETTE, DE VILLE et ANDRÈ, Traité des assurances terrestres, Bruxelles-Paris, 1955, vol. II, p. 105 e GENOVESE, Il fondamento, op. cit., p. 576, nota n. 26). In seguito all’affermarsi in dottrina e in giurisprudenza della tesi secondo cui la surrogazione dell’assicuratore rappresenta una forma di successione a titolo particolare nel credito dell’assicurato verso il terzo responsabile, che si verifica non automaticamente, ma solo in seguito alla comunicazione fatta dall’assicuratore a quest’ultimo dell’avvenuto pagamento dell’indennità assicurativa e della volontà di volersi surrogare (v. cap. I, paragrafo 5 e cap. II, paragrafi 2 e 3), il dibattito intorno alla validità della rinuncia in favore dell’assicurato si è notevolmente attenuato (cfr. CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1849, nota n. 10).
[4] Cfr. POTHIER, Traité des assurances terrestres, op. cit., n. 50 ; MONETTE, DE VILLE et ANDRÈ, Traité, vol. II, p. 105 ; DE CUPIS, Sulla rinuncia, op. cit., p. 72. In dottrina sono parecchi gli autori che, pur non pronunciandosi espressamente sulla questione relativa alla rinunciabilità della surrogazione in favore dell’assicurato, ritengono che il principio indennitario, in forza del quale il contratto di assicurazione può essere utilizzato dall’assicuratore solo al fine di damno vitare e non di lucrum captare, sia un principio di ordine pubblico: in questo senso v. SALANDRA, Dell’assicurazione, op. cit., p. 304; CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1844; LA TORRE, I sinistri cagionati con colpa grave dell’assicurato, in Dir. prat. assic., 1966, p. 483; Id., Responsabilità ed autoresponsabilità nell’assicurazione, in Scritti di diritto assicurativo, op. cit., p. 421; PARTESOTTI, La polizza stimata, Padova, 1967, p. 68 ss., 72 ss., 82 ss.; DE GREGORIO e FANELLI, Le assicurazioni, op. cit., p. 100; FANELLI, voce Assicurazione contro i danni, op. cit., pp. 1-3; GAMBINO, voce Assicurazione in generale, op. cit., p. 9; per la giurisprudenza v. Cass., 21 novembre 1966, n. 2769, in FI, 1967, I, p. 2612).
[5] Cfr. DE CUPIS, Sulla rinuncia, op. cit., p. 72.
[6] Cfr. VIVANTE, Trattato, op. cit., n. 1975, p. 463; FERRARINI, Appunti, op. cit., p. 407; Id., Le assicurazioni marittime, op. cit., p. 329; MINERBI, Sulla natura giuridica, op. cit., p. 294; STOLFI, Sulla legittimazione dell’assicurato ad agire contro il terzo responsabile dopo il pagamento dell’indennità, in Riv. dir. comm., 1953, I, p. 379; CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1849; SANTAGATA, L’automaticità, op. cit., p. 1266, nota n. 430; ANTINOZZI, La rinuncia, op. cit., p. 700; GASPERONI, La c.d. surroga, op. cit., p. 631; PALERMO, L’azione surrogatoria, op. cit., p. 1021; GENOVESE, Il fondamento razionale, op. cit., p. 576, nota n. 26, secondo il quale, però, la rinuncia in favore dell’assicurato sarebbe ammissibile soltanto dopo che l’assicuratore sia divenuto titolare del diritto e prima di esercitarlo; PASANISI, Opinioni su un problema discusso, op. cit., p. 81; SCALFI, I contratti, op. cit., p. 240; INNOCENZI, Brevi note sulla clausola di rinuncia preventiva all’azione di rivalsa ex art. 1916 c.c., in Dir. trasp., 1992, p. 542; COLOMBINI, Diritto di surrogazione, op. cit., p. 181 e p. 184.
[7] Cfr. Cass., 17 maggio 1927, in FI Rep., 1927, voce Assicurazione (contratto di), n. 102, secondo la quale, dato il carattere dispositivo della norma concretante la surrogazione, la quale riguarda interessi meramente privati, l’assicuratore può rinunciarvi, consentendo all’assicurato indennizzato di agire in proprio nome contro il terzo responsabile per ottenere un secondo risarcimento. Nello stesso senso v. App. Genova, 2 aprile 1954, in FI Rep., voce Assicurazione (contratto di), nn. 143-145; Pret. Roma, 16 marzo 1951, in Assicurazioni, 1951, II, 2, p. 106 ss.; nonché, da ultimo, Cass., 2 settembre 1998, in Riv. giur. circ. trasp., 1998, p. 947 ss. . In questa sentenza la Corte di cassazione ha affermato che, sebbene, in linea di principio, la clausola con cui l’assicuratore contro i danni rinuncia preventivamente al diritto di surrogazione nei confronti del terzo responsabile giova soltanto a quest’ultimo, il cui patrimonio non potrà essere aggredito dall’assicuratore ai sensi dell’art. 1916 c.c., è possibile che le parti del contratto di assicurazione in deroga al principio indennitario, prevedano una rinuncia all’azione di surroga in favore non del danneggiante, ma dell’assicurato, il quale potrà, così, pretende sia il risarcimento dal terzo, sia l’indennità dall’assicuratore.
[8] Cfr. CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1849; In giurisprudenza v. App. Genova, 2 aprile 1954, in FI Rep., 1954, voce Assicurazione (contratto di), nn. 143-145.
[9] Cfr. GENOVESE, Il fondamento razionale, op. cit., p. 573.
[10] V. Capitolo II, nota n. 190.
[11] Cfr. SOTGIA, Valore ed effetti, op. cit., p. 205 ss.; Cass., 22 maggio 1959, n. 1563, in FI Rep., voce Assicurazione (contratto di), nn. 97-98.
[12] Cfr. MINERBI, Sulla natura giuridica, op. cit., p. 294. Nella legge francese sulle assicurazioni la maggior parte delle norme sono dichiarate di natura imperativa. Fra queste non è compreso l’art. 36 sul diritto di surrogazione dell’assicuratore (cfr. PICARD et BESSON, Traité, op. cit., n. 304, p. 699; FERRARINI, Appunti, op. cit., p. 407).
[13] Cfr. MINERBI, Sulla natura giuridica, op. cit., p. 294. È questa un’ipotesi che non si verifica raramente nella pratica, essendo il terzo responsabile un estraneo, per definizione, rispetto al contratto di assicurazione (cfr. LA TORRE, Il punto, op. cit., p. 940).
[14] Cfr. DE CUPIS, Leggi proibitive, norme imperative e ordine pubblico, in Annuario dir. comp. e studi legisl., 1947, vol. XXV, fasc. 4, p. 215 ss.; MESSINEO, Manuale, op. cit., § 2, n. 2, p. 48; SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali, op. cit., p. 187; CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, p. 614.
[15] L’art. 1908, 4° comma, c.c. stabilisce che nell’assicurazione dei prodotti del suolo il danno si determina in relazione al valore che i prodotti avrebbero avuto al tempo della maturazione o al tempo in cui ordinariamente si raccolgono.
[16] Nella polizza stimata, prevista dall’art. 1908, 2° comma, c.c. l’assicuratore e l’assicurato stabiliscono convenzionalmente e preventivamente la misura del risarcimento che dovrà essere corrisposto in caso di sinistro totale, eliminando così la fase laboriosa e spesso fonte di controversie della valutazione del danno conseguente al sinistro (cfr. FANELLI, voce Assicurazione contro i danni, op. cit., p. 9). La stima accettata va tenuta distinta dalla dichiarazione di valore resa eventualmente dall’assicurato, a norma dell’art. 1908, 3° comma, c.c., la quale svolge la stessa funzione dell’indicazione di valore assicurabile.
[17] L’assicurazione valore a nuovo consente di garantire non soltanto il risarcimento del danno costituito dalla distruzione totale o parziale o dall’avaria del bene assicurato, valutato ala tempo del sinistro, secondo la prescrizione del 1° comma dell’art. 1908 c.c., ma anche la corresponsione di ciò che occorre aggiungere alla cifra così ottenuta per riacquistare o per ricostruire il bene colpito dal sinistro (cfr. FANELLI, voce Assicurazione contro i danni, op. cit., p. 8).
[18] V. supra, Capitolo I, paragr. 5.
[19] V. supra, Capitolo II, paragrafi 2 e 3.
[20] V. supra, Capitolo II, paragrafo 3. Occorre considerare, inoltre, che secondo la più autorevole dottrina le posizioni giuridico soggettive intanto possono ritenersi suscettibili di rinuncia in quanto siano attribuite dall’ordinamento al titolare in funzione di tutela di un suo interesse individuale. La rinunciabilità deve, infatti, escludersi laddove risulti che un determinato soggetto sia stato investito di una posizione giuridico soggettiva in funzione della tutela di un interesse altrui o nei casi in cui la tutela dello stesso interesse individuale coincida, secondo la valutazione datane dall’ordinamento, con un interesse generale della collettività ovvero con quello di un gruppo intermedio tra la collettività ed il singolo (cfr. MOSCARINI, voce Rinunzia, op. cit., p. 2; nello stesso senso v. BOZZI, voce Rinuncia (diritto pubblico e privato), in Novissimo Digesto italiano, Torino, 1968, vol. XV, p.1142; MACIOCE, voce Rinuncia (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1989, vol. XL, pp. 942-943; SICCHIERO, voce Rinuncia, in Digesto, disc. priv., sez. civ., Torino, 1998, vol. XVII, p. 658 ).
[21] Cfr. PICARD et BESSON, Traité, op. cit., n. 297, p. 630; FERRARINI, Appunti, op. cit., pp. 408-409; DONATI, Trattato, op. cit., p. 483. In giurisprudenza v. App. Napoli, 27 febbraio 1956, in FI Rep., voce Assicurazione (contratto), n. 54 e Cass., 24 giugno 1994, n. 6091, in FI Mass., 1994.
[22] V. supra, Capitolo I, nota n. 29.
[23] Cfr. FERRARINI, Appunti, op. cit., p. 408.
[24] Cfr. MINERBI, Sulla natura giuridica, op. cit., p. 294; LA TORRE, Il punto, op. cit., p. 940.
[25] Cfr. PICARD et BESSON, Traité, op. cit., n. 297, p. 686; TORRENTE, Ancora in tema di surrogazione dell’assicuratore, op. cit., p. 6; PASANISI, Noterelle, op. cit., p. 560; Id., Opinioni, op. cit., p. 74 ss.; MORANDI, La surroga, op.cit., p. 111; LA TORRE, Il punto, op. cit., 033; VOLPE PUTZOLU, voce Assicurazione contro i danni, p. 415 ss.; DONATI e VOLPE PUTZOLU, Manuale, op. cit., p.162; in giurisprudenza v. Cass., 22 maggio 1959, n. 1563, in FI Rep., 1959, voce Assicurazione (contratto), nn. 97 e 98. È da notare, inoltre, che secondo quanto ritenuto dal Supremo consesso giurisdizionale amministrativo, con la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 16 luglio 1993 (in Il Consiglio di Stato – Rassegna di giurisprudenza e dottrina, Italedi – Roma, 1993, parte I, p. 835. La questione era stata rimessa all’Adunanza Plenaria con ordinanza della IV sezione del Consiglio di Stato 27 febbraio 1993 n. 205, ivi, p. 174), il c.d. principio indennitario, che si attua con la surrogazione processuale dell’assicurato risarcito da parte dell’assicuratore nelle azioni contro il terzo responsabile del danno, si riferisce alla materia delle assicurazioni private e non trova applicazione in materia di equo indennizzo spettante ai sensi dell’art. 50 del d.p.r. 3 maggio 1957 n. 686. È stato, pertanto, affermato che l’equo indennizzo è cumulabile con il risarcimento del danno eventualmente dovuto dai terzi responsabili estranei all’Amministrazione. Invero, il Consiglio di Stato ha precisato che l’equo indennizzo previsto dal succitato articolo è istituto di carattere pubblicistico collegato con lo status di dipendente pubblico e inteso non già ad integrare il patrimonio danneggiato da un atto illecito, ma a compensare il dipendente stesso per la perdita dell’integrità psicofisica in conseguenza di cause di servizio e a prescindere da presupposti di responsabilità a titolo di dolo o colpa del datore di lavoro o di soggetti terzi rispetto al rapporto di pubblico impiego.
[26] Cass. 6 maggio 1974, n. 1252, in Raccolta decennale completa e coordinata della giurisprudenza civile della Corte di Cassazione dal luglio 1972 al giugno 1982, Edizioni Scala, Roma, vol. I, p. 445-446.
[27] Cfr. MONETTE, DE VILLE et ANDRÈ, Traité, op. cit., vol. II, p. 105; DE CUPIS, Sulla rinuncia, op. cit., p. 72.
[28] Cfr. PICARD et BESSON, Traité, n. 297, p. 686 ; FERRARINI, Appunti, op. cit., p. 410 ; DONATI, Trattato, op. cit., p. 482; CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1848; SANTAGATA, L’automaticità, op. cit., p. 1266, nota n. 430.
[29] Nella dottrina meno recente era diffusa l’opinione secondo cui alla rinuncia fa sempre riscontro un vantaggio per l’assicuratore (v., supra, capitolo I, nota n. 11). Vantaggio che generalmente si concreta in un preciso corrispettivo, non sempre costituito, però, da un aumento del premio. Nell’ambito delle assicurazioni marittime, per esempio, gli assicuratori rinunciano, di regola, alla surrogazione per essere preferiti rispetto ad altri nell’assicurazione della nave ovvero per ottenere un interessamento del vettore a che le merci trasportate vengano assicurate presso di lui (cfr. FERRARINI, Appunti, op. cit., p. 402; Id., Le assicurazioni marittime, op. cit., p. 329). In ogni caso, anche a voler ammettere che il corrispettivo pattuito per la rinuncia alla surrogazione consista in un sovrapremio, non ne deriva una diminuzione delle garanzie per gli assicurati: resta, infatti, da dimostrare che per le garanzie collettive per la massa degli assicurati non sia più conveniente ottenere un maggior gettito di premi, piuttosto che la possibilità (spesso teorica) di recupero (cfr. DONATI, Trattato, op. cit., p. 482, testo e nota, n. 181; SANTAGATA, L’automaticità, op cit., p. 1266, nota n.430).
[30] Cfr. COLOMBINI, Diritto di surrogazione, op. cit., p. 184.
[31] Cfr. Trib. Roma, 8 ottobre 1996, inedita.
[32] Cfr. LA TORRE, Echi dell’antico dibattito, op. cit., p. 508.
[33] V. nota a Cass., 2 settembre 1998, in Riv. giur. circ. trasp., 1998, p. 948 ss.
[34] È noto, infatti, il dibattito tuttora in corso in dottrina e in giurisprudenza sulla causa del contratto di assicurazione e che deriva soprattutto dall’esigenza di individuarne una funzione unitaria idonea a ricomprendere tutte le specie di assicurazioni riconducibili alla definizione di cui all’art. 1882 c.c.. Sono state molte le teorie proposte: la più risalente nel tempo è la teoria indennitaria, variamente formulata, la quale si traduce in una dilatazione della funzione indennitaria del contratto, emergente dalla definizione codicistica dell’assicurazione contro i danni, tale da ricomprendere al suo interno anche le assicurazioni sulla vita (cfr. ASCARELLI, Sul concetto unitario di contratto di assicurazione, in Saggi giuridici, Milano, 1949, p. 408 ss.; BUTTARO, L’interesse nell’assicurazione, Milano, 1954, p. 251 ss.; Id., voce Assicurazione contro i danni, op. cit., p. 435 ss.; DONATI, Trattato, op. cit., vol. II, p. 18 ss.). Degna di nota è anche la concezione unitaria del contratto di assicurazione, la quale, muovendo dal presupposto della generale funzione previdenziale del contratto con cui si provvederebbe al soddisfacimento di un bisogno eventuale dell’assicurato (cfr. MOSSA, Compendio di diritto di assicurazione, Milano, 1936, p. 16; SANTORO PASSARELLI, La causa del contratto di assicurazione, in Studi sulle assicurazioni raccolti in occasione del cinquantenario dell’I.N.A., Roma, 1963, p. 207 ss.) e che realizzerebbe una forma di trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore, pone al centro dell’analisi, anziché l’interesse, il rischio, ricollegandosi così alla tradizionale importanza data a questo elemento essenziale nell’assicurazione (cfr. SANTERNA, De assicurationibus et sponsionibus mercatorum, Pars. I, in Tractatus illustrium in utraque tum Pontificii, tum Caesarei juris facultate Iurisconsultorum, De contracibus licitis, t. 6, I, Venetiis, 1584, p. 348; STRACCA, De assicurationibus, ivi, p. 360; SALANDRA, Dell’assicurazione, op. cit., p. 187). Vi sono poi degli autori i quali, muovendo dal rilievo che l’organizzazione d’impresa assume nell’ambito del contratto di assicurazione, ritengono che la funzione di quest’ultimo, in tutte le sue forme, sia quella che si desume dal contenuto economico dell’operazione assicurativa e, cioè, la soddisfazione di un bisogno dell’assicurato a costo parziale (VIVANTE, Trattato, op. cit., vol. IV, n. 1859, p. 339 ss.; DONATI e VOLPE PUTZOLU, Manuale, op. cit., p. 162). Un’impostazione dicotomica, con la negazione di una funzione unitaria del contratto e la separazione tra funzione indennitaria nelle assicurazioni contro i danni e funzione previdenziali in quelle sulla vita è, invece, data da FANELLI, Le assicurazioni private, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1973, vol. I, p. 87 ss.; Id., voce Assicurazione contro i danni, op. cit., pp. 1-3).
[35] Queste clausole sono molto diffuse nel settore dei trasporti terrestri (v. art. 5 della “Polizza italiana per merci trasportate a mezzo autocarro” del 1972). La Corte di cassazione ha, di recente, affermato che nel contratto di trasporto stipulato dallo spedizioniere la clausola secondo cui « l’assicurazione [è] coperta dal mittente senza rivalsa sul vettore » va intesa come promessa, da parte dello spedizioniere, del fatto del terzo, in una duplice valenza: promessa di un comportamento attivo del mittente (consistente nella stipulazione dell’assicurazione) e promessa di un comportamento omissivo dell’assicuratore (consistente nel non esercizio del diritto di surrogazione nei confronti del vettore). Ne consegue che, mancato il promesso comportamento omissivo dell’assicuratore, il vettore promissario ha diritto, nei confronti dello spedizioniere promittente, all’indennizzo previsto dall’art. 1381 c.c., consistente nel rimborso della somma corrisposta all’assicuratore (cfr. Cass., 28 aprile 1990, n. 3595, in Diritto dei trasporti, 1992, p. 538 ss.).
[36] Cfr. VIVANTE, Trattato, op. cit., p. 463, il quale, facendo l’esempio dell’assicurazione contro gli incendi, stipulata dal locatore di un immobile, osserva che il conduttore, qualora la compagnia abbia preventivamente rinunciato alla surrogazione, è, in sostanza, il vero assicurato. Nello stesso senso v. DONATI, Trattato, op. cit., p. 483; CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1851; GENOVESE, Il fondamento, op. cit., p. 576, nota n. 26; GASPERONI, La c.d. surroga, op. cit., p. 631; FANELLI, voce Assicurazione contro i danni, op. cit., p. 22; SCALFI, I contratti, op. cit., p. 240. Nega questa configurabilità MAJELLO, Incompatibilità della stipulazione in favore altrui con la rinunzia dell’assicuratore alla surrogazione verso il terzo danneggiato, in Foro Pad., 1961, p. 1361; Id., L’interesse dello stipulante nel contratto a favore di terzi, Napoli, 1962, p. 158. Che la clausola attraverso cui l’assicuratore rinuncia alla surrogazione in favore del terzo responsabile produce effetti analoghi a quelli di un’assicurazione della responsabilità civile non significa che vi sia una totale coincidenza fra le due ipotesi, dal momento che l’assicurazione della responsabilità civile ai sensi dell’art. 1917 c.c. non può essere inquadrata tra i contratti a favore di terzo, dato che, per effetto della stipulazione, non sorge alcun rapporto giuridico diretto ed immediato tra il danneggiato e l’assicuratore, essendo l’obbligazione di quest’ultimo relativa al pagamento dell’indennizzo distinta ed autonoma rispetto all’obbligazione di risarcimento cui l’assicurato è tenuto nei confronti del danneggiato, con la conseguente insussistenza di azione diretta di quest’ultimo nei confronti dell’assicuratore, salva, ovviamente, l’eccezione prevista dall’art. 18 della l. 24 dicembre 1969, n. 990, in materia di responsabilità civile da circolazione stradale (cfr. Cass., 3 ottobre 1996, n. 8650, in FI Rep., voce Assicurazione (contratto), nn. 95-96).
[37] Cfr. VIVANTE, Del contratto di assicurazione, op. cit., n. 330, p. 267; PICARD et BESSON., Traité, op. cit., n. 317; SOTGIA, Diritto delle assicurazioni, op. cit., p. 143; FERRARINI, Appunti, op. cit., p. 406; Id., Le assicurazioni marittime, op. cit., p.328; GARIDI Y COMAS, El contrado de seguro, Barcellona, 1954, p. 448, secondo cui, non potendosi violare il principio indennitario, della rinuncia dovrà sempre beneficiare il terzo responsabile; DONATI, Trattato, op.cit., p. 483; CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1850; GASPERONI, La c.d. surroga, op. cit., p. 631; GENOVESE, Il fondamento, op. cit., p. 576, nota n. 26; PALERMO, L’azione surrogatoria, op. cit., p. 1022; ANTINOZZI, La rinuncia, p. 700 ss.; SCALFI, I contratti, op. cit., p. 240; ROSSETTI, Le azioni, op. cit., p. 18.
[38] V. Cass., 24 marzo 1976, n. 1040, in Dir. prat. assic., 1976, p. 699 con la già citata nota di ANTINOZZI, La rinuncia all’azione di surroga; Cass., 28 aprile 1990, n. 3595, in Diritto dei trasporti, 1992, p. 538 ss., con la già citata nota di INNOCENZI, Brevi note sulla clausola di rinuncia preventiva all’azione di rivalsa ex art. 1916 c.c.; Cass., 10 febbraio 1999, n. 1135, in FI Mass., 1999.
[39] Cfr. Cass., 17 maggio 1927, n. 1798, in FI Mass., 1927; Pret. Roma, 16 marzo 1951, in Assicurazioni, 1951, II, p. 106 ss. con nota critica di FERRARINI.
[40] Cfr. FERRARINI, Appunti, op. cit., p. 406. Nello stesso senso v. DONATI, Trattato, op. cit., p. 482; CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1848.
[41] Cfr. FERRARINI, in nota Pret. Roma, 16 marzo 1951, in Assicurazioni, 1951, II, p. 106 ss.. Secondo questo Autore sarebbe infondato anche l’assunto, sostenuto nella sentenza, secondo cui nell’inattività dell’assicuratore nei confronti del terzo responsabile sarebbe ravvisabile una forma di rinuncia tacita in favore dell’assicurato: esso, infatti, si pone in contrasto con la lettera dell’art. 1916 c.c., che impedisce di presumere un ritrasferimento all’assicurato dei diritti nei confronti del terzo responsabile per il solo fatto che l’assicuratore si astiene dall’esercitarli.
[42] Cfr. DURANTE, L’assicurazione di responsabilità civile, Milano, 1959, p. 445; DE CUPIS, Sulla rinuncia, op. cit., p. 73; SALANDRA, Dell’assicurazione, op. cit., p. 308.
[43] Cfr. CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1848.
[44] Cfr. MACIOCE, voce Rinuncia (dir. priv.), op. cit., p. 932, il quale afferma, tra l’altro, che nel processo formativo della volontà, lo scopo di recare vantaggio ad un terzo attraverso la rinuncia rappresenta un motivo interno e, pertanto, non rilevante ed inidoneo a trasferire l’atto abdicativo sul terreno dei negozi di alienazione. Nello stesso senso v. BOZZI, voce Rinunzia (dir. pubbl. e priv.), op. cit., p. 1148 e TORRENTE, La donazione, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1956, vol. XXII, p. 208, secondo il quale « l’intenzione del rinunciante è al riguardo indifferente: per escludere la figura della rinuncia traslativa e, quindi, della donazione è sufficiente che l’effetto vantaggioso si verifichi necessariamente a prescindere dall’intenzione del rinunciante ».
[45] Il problema relativo alla determinazione della natura giuridica della clausola di rinuncia alla surrogazione in favore del terzo responsabile si è posto prevalentemente nell’ambito dell’assicurazione della responsabilità civile prima dell’entrata in vigore della legge n. 990 del 1969 istitutiva dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. Prima di questa legge, infatti, le compagnie assicuratrici si limitavano ad assicurare la responsabilità civile del contraente (che è nella maggior parte delle ipotesi anche il proprietario del veicolo), rinunziando, al tempo stesso, ad esperire l’azione di surrogazione nei confronti del conducente che sia persona diversa dal proprietario assicurato (cfr. ANTINOZZI, La rinuncia, op. cit., p. 700). Attraverso questa pattuizione, l’assicuratore mirava a rendere più appetibile il contratto per l’assicurato, il quale aveva spesso interesse ad evitare che la persona che usasse l’autoveicolo col suo consenso o anche per suo conto potesse beneficiare dell’intervento dell’assicuratore nel risarcimento dei danni provocati ai terzi durante la circolazione (cfr. MAJELLO, Incompatibilità, op. cit., p. 1365). Questo interesse era diffuso soprattutto tra i proprietari dei veicoli adibiti a “noleggio libero” (definito come la locazione d’auto senza autista), dal momento che, in questo caso, la conoscenza nei terzi della presenza nel contratto di assicurazione della clausola di rinuncia da parte dell’assicuratore alla rivalsa poteva rendere più facile il noleggio (cfr. MAJELLO, L’incompatibilità, op. cit., p. 1365).
[46] Cfr. GENOVESE, Il fondamento, op. cit., p. 576, nota n. 26.
[47] Cfr. Trib. Torino, 18 giugno 1962, in Giur. It., 1964, I, 2, col. 342 ss. . Tale sentenza è stata riformata dalla Corte d’Appello di Torino, 26 marzo 1963, in Giur. It., 1964, I, 2, col. 342.
[48] Cfr. CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1848 ss.; PALERMO, L’azione surrogatoria, op. cit., p. 1022; ANTINOZZI, La rinuncia, op. cit., p. 700; ROSSETTI, Le azioni, op. cit., p. 18.
[49] Cfr. App. Torino, , 26 marzo 1963, in Giur. It., 1964, I, 2, col. 342; App. Firenze, 27 aprile 1967, in Assicurazioni, 1968, II, 2, p. 180; Cass., 24 marzo 1976, n. 1040, in Dir. prat. assic., 1976.
[50] Come è noto, la differenza tra l’assicurazione per conto altrui ed il contratto a favore del terzo va ricercata nel diverso interesse tutelato nelle due ipotesi, in quanto se nel primo caso occorre avere riguardo all’interesse dell’assicurato, in mancanza del quale il contratto sarebbe nullo ai sensi dell’art. 1904 c.c. (cfr. BUTTARO, voce Assicurazione contro i danni, op. cit., p. 498; FANELLI, voce Assicurazione contro i danni, op. cit., pp. 15-16; DONATI e VOLPE PUTZOLU, Manuale, op. cit., p. 132) nel secondo bisogna guardare all’interesse personale dello stipulante, che costituisce la causa della disposizione (cfr. BIANCA, Diritto civile, op. cit., vol. III, p. 568) e che non va confuso con l’interesse del terzo quale creditore della prestazione. Interesse che può sussistere (si pensi al caso in cui il terzo sia anche creditore dello stipulante), ma che può anche legittimamente mancare (si pensi all’ipotesi in cui l’attribuzione al terzo venga effettuata a titolo gratuito, come nel caso dell’assicurazione sulla vita a favore di terzi) (cfr. BUTTARO, voce Assicurazione contro i danni, op. cit., p. 498). Secondo una parte della dottrina l’assicurazione per conto altrui rientrerebbe nel più generale fenomeno dell’agire per conto altrui. Secondo questo indirizzo, precisamente, siccome il contratto di assicurazione non adempirebbe alla sua funzione indennitaria se l’indennità potesse essere corrisposta a persona diversa dall’assicurato, l’attribuzione a quest’ultimo del diritto di credito verso l’assicuratore sarebbe una necessaria conseguenza della natura dell’incarico (cfr. FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1995, pp. 972-973). Tale tesi è stata criticata da altra parte della dottrina, la quale ha escluso la possibilità di ricondurre l’assicurazione per conto altrui all’istituto della rappresentanza, visto che il contraente agisce in nome proprio, anche se nell’interesse altrui, ovvero a quello del mandato senza rappresentanza, dal momento che mentre il mandatario ha azione per costringere la controparte ad adempiere le obbligazioni assunte, il diritto alle prestazioni assicurative, spetta , a norma dell’art. 1891 c.c., unicamente all’assicurato e non anche al contraente (cfr. FIORENTINO, L’assicurazione contro i danni, op. cit., p. 46; SALANDRA, Dell’assicurazione, op. cit., p. 206; DONATI, Trattato, op. cit., p. 80).
[51] Cfr. CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1847; PALERMO, L’azione surrogatoria, op. cit., p. 1022; DONATI e VOLPE PUTZOLU, Manuale, op. cit., p. 132; in giurisprudenza v. App. Torino, 26 marzo 1963, in Giur. It., 1964, I, col. 342. Contra v. FANELLI, voce Assicurazione contro i danni, op. cit., p. 15, secondo il quale la comune intenzione delle parti nel porre in essere un contratto di assicurazione per conto altrui può essere accertata ricorrendo agli ordinari strumenti dell’ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. del codice civile.
[52] Cfr. CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1847; ANTINOZZI, La rinuncia, op. cit., p. 700; in giurisprudenza v. Pret. Bologna, 11 maggio 1960, in FI, 1960, col. 1844 ss..
[53] Cfr. CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1852.
[54] Cfr. Pret. Bologna, 11 maggio 1960, in FI, 1960, col. 1844 ss..
[55] Nel caso in cui le parti abbiano stipulato un contratto a favore di terzi, il rifiuto del terzo di volerne approfittare o la revoca della designazione determinano la permanenza del rapporto contrattuale fra stipulante e promittente, salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto (art. 1411, 3° comma, c.c.).
[56] Nell’assicurazione per conto altrui, la dichiarazione dell’assicurato di non volerne approfittare determinerebbe la risoluzione del contratto, che non potrebbe produrre alcun effetto nei confronti dell’assicuratore e del contraente (cfr. DONATI, Trattato, op. cit., p. 483; CASTELLANO, La rinuncia, op. cit., p. 1852; SANTI, Il contratto di assicurazione, op. cit., p. 410 ss.).
[57] Cfr. FANELLI, voce Assicurazione contro i danni, op. cit., p. 16.
[58] Cfr. FANELLI, voce Assicurazione contro i danni, op. cit., p. 16.
[59] Cfr. MAJELLO, Incompatibilità, op. cit., p. 1361; Id., L’interesse dello stipulante, op. cit., p. 158; CASTELLANO, il quale nella recensione dell’opera da ultimo citata di MAJELLO, in Riv. dir. civ., 1963, I, p. 579, aderisce a questa tesi.
[60] Cfr. MAJELLO, Incompatibilità, op. cit., p. 1363.
[61] Cfr. MAJELLO, Incompatibilità, op. cit., p. 1363.
[62] Contrariamente a quanto potrebbe sembrare a prima vista, anche l’assicuratore potrebbe avere un interesse al proprio atto di rinuncia. Egli, infatti, rinuncia, di regola, alla surrogazione per agevolare la conclusione di nuovi contratti con quei soggetti che, a loro volta, hanno un interesse di fatto alla rinuncia alla rivalsa nei confronti del terzo (cfr. MAJELLO, Incompatibilità, op. cit., p. 1365; ROSSETTI, Polizza infortuni comprensiva dell’evento morte, omicidio dell’assicurato commesso dal beneficiario e perdita del diritto all’indennizzo (Appunti sulla natura giuridica dell’assicurazione infortuni), in Assicurazioni, 1999, II, 2, p. 266; in giurisprudenza v. Trib. Roma, 8 ottobre 1996, inedita).
[63] Cfr. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, op. cit., pp. 300-301; STOLFI, Teoria generale del negozio giuridico, Padova, 1961, p. 51; GASPERONI, La c.d. surroga, op. cit., p. 631; SANTORO PASSARELLI, Sulla forma della rinuncia all’eredità, in Saggi di diritto civile, Napoli, 1961, vol. II, p. 806 ss.; Id., Dottrine generali, op. cit., p. 90; CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico, op. cit., p. 128, il quale significativamente afferma che « l’aggettivo fa a calci con il sostantivo »; MACIOCE, voce Rinuncia (dir. priv.), op. cit., pp. 931-934; GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 1998, p. 815; SICCHIERO, voce Rinuncia, op. cit., p. 654.
[64] Cfr. SICCHIERO, voce Rinuncia, op. cit., p. 654.

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