La ripetizione dell’indebito

Redazione 06/07/21
Con sentenza n. 5014 del 1 luglio 2021 il Consiglio di Stato è stato stabilito che non può ipotizzarsi la ripetizione di indebito trattamento economico al pubblico dipendente, nel caso di imputabilità dell’errore interpretativo posto a base della erogazione in via esclusiva alla Amministrazione procedente. Ferma restando, dunque, l’eventuale responsabilità erariale dell’autore dell’errore, viola il principio di proporzionalità previsto dall’art. 1 del Protocollo alla Convenzione la richiesta restitutoria sopraggiunta a considerevole distanza di tempo dalla erogazione delle somme, purché le stesse siano riconducibili all’attività professionale ordinaria del dipendente e non ad una prestazione effettuata una tantum e “isolata”, non vi sia stato un mero errore di calcolo ovvero l’esplicita indicazione della riserva di ripetizione (1).

 La disciplina dei pagamenti stipendiali effettuati mediante sistemi automatizzati, che attribuisce natura provvisoria alle liquidazioni prevedendone il possibile “ricalcolo” “entro il termine di un anno dalle relative lavorazioni” (art. 9, l. n. 428 del 1985, in combinato disposto con l’art. 5, comma 4, d.P.R. n. 429 del 1986), costituisce il ricercato punto di equilibrio fra le esigenze di certezza del lavoratore sulla propria consistenza stipendiale e il potere/dovere dell’Amministrazione di presidiare la gestione del procedimento da parte del sistema informatico; ne consegue che i versamenti, seppure limitatamente al richiamato termine di un anno, in tale caso sono sottoposti ope legis alla clausola di riserva di ripetizione, che anche in base ai principi da ultimo affermati dalla Corte EDU rende irrilevante lo stato soggettivo del percipiente (2).

L’istituto della ripetizione dell’indebito si distingue in: oggettivo e soggettivo.

L’indebito oggettivo: ab origine e sopravvenuta

L’indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c., ricorre tutte le volte in cui il soggetto che ha versato una somma non dovuta è legittimato a riavere quanto versato, oltre agli eventuali frutti e agli interessi maturati.

Nell’ipotesi di conto corrente, ad esempio, il soggetto che ha versato delle somme ulteriori rispetto a quelle concordate ha diritto alla restituzione delle stesse a titolo di indebito oggettivo. Le Sezioni Unite, sul punto, con una recente pronuncia hanno stabilito che il termine per poter richiedere la restituzione risulta alla data della chiusura del conto, perché è in tale momento che matura la compensazione di debiti e crediti del correntista, così come risulta disciplinato dallo stesso art. 1823 c.c.

Altro esempio ricorre nella ripetizione di oneri di urbanizzazione indebitamente versati. Nello specifico, in caso di rinuncia del permesso di costruire per intervenuta decadenza del titolo edilizio ovvero per fatti, giuridici o materiali che non consentano più l’intervento edilizio asserito; l’Amministrazione è obbligata a restituire le somme precedentemente corrisposte a titolo di contributo di costruzione, in ragione del fatto che la mancata trasformazione del territorio rende privo di causa il pagamento.

Nel caso di dichiarazione di un contratto nullo ex art. 1418 c.c., i suoi effetti si producono ex tunc, pertanto, la situazione viene ripristinata al momento della stipulazione del contratto, come nulla fosse stato fatto.  Ad esempio, nel contratto di mutuo, se sono convenuti degli interessi superiori al limite stabilito dalla legge di cui agli artt. 644 co. 3 c.p. e art. 1815 co. 2 c.c. ricorre un’ipotesi di nullità parziale e gli interessi non saranno dovuti, e quelli illecitamente corrisposti devono essere restituiti al mutuante. La giurisprudenza ha di recente affrontato a Sezioni Unite l’ipotesi della usura sopravvenuta, avente a oggetto un contratto di mutuo stipulato prima dell’intervento della normativa antiusura di cui alla legge n. 108 del 1996, la questione atteneva alla possibilità per il mutuatario di ripetere quanto indebitamente versato per intervenuta usura.

Il Supremo Consesso ha rilevato dopo un annoso conflitto giurisprudenziale, che non possa validamente parlarsi di usura sopravvenuta, perché preme dar, invece, rilievo al momento della stipulazione del contratto, per cui i rapporti sottoscritti prima dell’intervento della normativa del 1996 non possono essere dichiarati nulli e in conseguenza di ciò, le somme sopra soglia non essendo considerate come usurarie non debbono essere restituite.

Ulteriore ipotesi di indebito oggettivo, ricorre nel caso del contratto di locazione a uso abitativo: qualora il locatore non abbiamo opportunamente registrato il contratto di locazione di durata superiore a nove anni ai sensi di cui al combinato disposto dell’art. 1350 co. 1 n. 8) e art. 1 co. 4 della l. n. 431/1998. Il contratto si considera, nella specie, nullo e il conduttore ha diritto alla ripetizione dell’indebito. L’eventuale irripetibilità di quanto versato attribuirà al solvens il diritto al risarcimento del danno o all’ottenimento del pagamento dell’ingiustificato arricchimento.

Sempre relativamente al contratto di locazione, si sono pronunciate la Sezioni Unite in ordine al fatto in cui se nel contratto in oggetto siano stati stabiliti canoni inferiori a quelli effettivamente versati dal conduttore. Il contratto de quo risulterebbe affetto da nullità, perché volto a eludere il fisco. Questa nullità “vitiatur sed non vitiat” rende il contratto insanabile e pertanto, il conduttore avrà diritto al riavere quanto illegittimamente versato.

Diverso discorso deve essere fatto per le obbligazioni naturali, le quali ex art. 2034 c.c. non ammettono la ripetizione di quanto è stato indebitamente versato, in quanto derivante da doveri morali o sociali ovvero perché la restituzione risulta un’offesa al buon costume (ad esempio il cliente non potrà richiedere il rimborso della prestazione alla prostituta).

Vedi anche:“Il pagamento dell’Indebito”

Le obbligazioni naturali sebbene, in linea teorica, escludano l’ipotesi di ripetizioni, accolgono dei casi particolari in cui invece risulta ammissibile, come nell’ipotesi di debiti da gioco qualora il soggetto sia stato frodato o sia incapace.

L’art. 1933 co. 2 c.c., sul punto, stabilisce espressamente che nelle ipotesi di giuoco o scommessa non è esperibile l’azione di ripetizione, a meno che il soggetto non sia stato frodato. Il caso ricorre per esempio qualora più giocatori si ritrovino per una partita a poker e i partecipanti barino per vincere una cospicua somma di denaro.

Definite brevemente le ipotesi relative alla ripetizione ab origine, occorre affrontare quegli istituti che a detta della giurisprudenza (e contestati dalla dottrina) diano luogo alla ripetizione sopravvenuta, tra questi si ricordano: annullamento, risoluzione e rescissione del contratto.

L’annullamento produce effetti ex nunc ai sensi degli art. 1415 ss. c.c., come già anticipato nel caso del debito da gioco qualora il soggetto sia incapace.

Il legislatore ha voluto tutelare il soggetto più debole. Infatti, anche nell’ipotesi di cui all’art. 2035 c.c. l’incapace non si intende tenuto a restituire l’indebito, se non nei limiti di quanto ricevuto a suo vantaggio ex art. 2041 c.c.

Altra questione, riguarda la risoluzione che ricorre nei contratti a prestazione corrispettive, qualora uno dei soggetti risulti inadempiente, l’altra parte può pretendere che il contratto venga risolto con effetti retroattivi tra le parti. La risoluzione prevede la restituzione del profitto, come nel caso: della vendita di cui agli artt. 1479 e 1493 c.c. in cui il venditore è tenuto a restituire all’acquirente il prezzo pagato; della rendita vitalizia di cui all’art. 1877; della somministrazione di cui all’art. 1564; dell’affitto 1618 c.c.

L’indebito soggettivo

Quanto all’ipotesi di indebito soggettivo, ricorre qualora il soggetto adempiente ritenga erroneamente di essere debitore. Tale errore deve necessariamente essere scusabile, per poter garantire la restituzione di quanto indebitamente versato ai sensi dell’art. 2036 c.c. La restituzione in questo caso sarà ammissibile solo qualora il soggetto creditore non si sia privato in buona fede delle garanzie o del titolo di credito.

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