Il contributo offre una panoramica degli aspetti pedagogici e giuridici riguardanti la salute dei più piccoli, sottolineando i compiti spettanti agli adulti
1. La salute a breve termine
Durante la gravidanza e nei primi mesi di vita ci si pre-occupa (anche in maniera esagerata) della salute dei propri figli, poi col tempo si trascurano alcuni aspetti non tenendo conto dell’ampiezza e dell’integralità del concetto di salute.
Tra le varie forme di egoismo, alcuni genitori “soffrono” di “cortotermismo” (termine che riguarda la politica e l’economia), atteggiamento di chi tende a considerare esclusivamente le conseguenze di qualcosa nel breve periodo. Per esempio i genitori “permissivi”, quelli “autoritari” (lo stile autoritario non è da confondere con l’esercizio dell’autorità genitoriale) e ancor di più quelli “idealizzanti” non tengono conto delle conseguenze del loro comportamento sulla salute dei figli in quanto potrebbero causare agli stessi, tra l’altro, un disturbo narcisistico della personalità perché ai figli non è stato dato il giusto spazio e tempo per esprimersi e svilupparsi in maniera adeguata alla loro età. Disturbo che va a compromettere in particolare la vita relazionale e quella di coppia e della conseguente famiglia che il figlio potrebbe formare. Bisogna ricordare, perciò, la necessità di educare i genitori alla salute, come espresso nell’art. 24 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, che è l’articolo specificatamente dedicato alla salute del fanciullo.
I genitori dovrebbero conoscere innanzitutto le caratteristiche dell’infanzia e di tutte le condizioni favorevoli a quest’età irripetibile.
Il pedagogista Daniele Novara esplica: “Con la frase magica «sei grande» i genitori riportano il giusto confine tra la vita degli adulti e quella dei figli. Tenere i bambini grandi, a partire dai 3 anni, fuori dal lettone dei genitori è proprio il contrario della mancanza di affetto: la consapevolezza che crescere bene i figli necessita di scelte adeguate età per età, e queste spettano ai genitori”. Dire “sei grande” a un figlio deve essere un’incitazione e non un’esaltazione e deve essere graduale e coerente e non dirlo e contraddirlo in base agli alterni umori o alterne situazioni dei genitori. Deve essere finalizzato a promuovere autostima e fiducia, a far emergere le risorse del figlio e far salire i gradini della vita. Crescere un figlio è anche farlo crescere: salute (art. 24 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) e sviluppo (art. 27 Convenzione).
Daniele Novara aggiunge: “Confondere questa naturale emozione infantile [la rabbia] con un disturbo psicologico appare davvero un equivoco pericoloso che fa sentire i bambini colpevoli, semplicemente per il solo fatto di essere bambini con le loro inevitabili fragilità e immaturità. Il genitore educativo, anzitutto, accetta che i figli abbiano questi momenti, evita di dar loro un significato più grave di quello che hanno, non si spaventa lasciandosi prendere dalle sue reazioni immediate. Non è bloccando o punendo la rabbia che si aiuta il bambino, ma lasciandogliela esprimere in modo simbolico e con i necessari paletti. La tecnica del cestino della rabbia è una buona possibilità. Come funziona? Basta disegnare la propria furia su un foglio, appallottolarlo e gettarlo in un contenitore predisposto. Un gioco liberatorio per sfogarsi senza farsi male”. Il genitore, per sua fisiologia, deve essere educativo nel doppio senso di “trarre fuori” e “condurre”, per cui deve saper gestire anche la rabbia dei figli per la salute dei figli stessi nell’ambito del “diritto del fanciullo al godimento dei più alti livelli raggiungibili di salute fisica e mentale” (art. 24 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia).
D. Novara richiama: “Ricordiamocelo: non c’è nulla di più naturale delle paure infantili. Vanno accettate come normali e affrontate con il contatto affettivo piuttosto che con il ragionamento”. È sempre più necessario “sviluppare la medicina preventiva, l’educazione dei genitori” (lettera f art. 24 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) affinché i genitori, presi da occupazioni e preoccupazioni, siano in grado di gestire le proprie fisiologiche emozioni e quelle dei figli, per prevenire disagi maggiori o disturbi di personalità o altro.
Sulle bugie infantili Novara afferma: “Tante ricerche dimostrano come i bambini che riescono a costruire racconti così ricchi di particolari riusciranno meglio nella vita tirando fuori le proprie risorse. Occorre pazienza e rispettare i tempi evolutivi fino agli 8-9 anni. Aiutiamoli a stare a contatto con la realtà, ma senza colpevolizzarli o accanirsi se raccontano qualcosa che non è del tutto pertinente, se cercano di svicolare dal controllo dei genitori e, con qualche invenzione, di ottenere il massimo possibile da loro. Fa parte del gioco della crescita, della loro immaturità. Devono imparare. Non intendono ingannare i genitori con le bugie né tantomeno prenderli in giro. Stanno semplicemente attraversando quella che potremmo chiamare la fase di Pinocchio”. A proposito delle bugie infantili i genitori devono consentire ai figli di esprimere liberamente le proprie opinioni dando alle stesse il giusto peso in relazione all’età e al grado di maturità (art. 12 Convenzione) e favorire la libertà di espressione dei figli con la libertà di ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere (art. 13 Convenzione) senza giudicare i bambini come bugiardi o non prendendo sul serio quello che raccontano che, in quel momento, per i bambini è vero perché rappresenta il loro mondo, il loro modo di vedere.
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2. La salute a lungo termine
Tra gli aspetti (e diritti) trascurati da genitori e educatori vi è il silenzio dei e nei bambini che, invece, è necessario per la formazione delle proprie opinioni (art. 12 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia) e per essere ascoltati, la tutela della vita privata (art. 16 Convenzione), della salute (art. 24 Convenzione), dello sviluppo spirituale (art. 27 Convenzione). “Il silenzio, infatti, funziona da mediatore tra stimoli esterni ed elaborazione emotiva. In altre parole l’assenza di distrazioni rumorose può aiutare il cervello dei bambini a comprendere meglio il mondo che li circonda. E in effetti, molteplici studi hanno dimostrato che il silenzio può aumentare i livelli di ossitocina responsabili del benessere e pertanto diminuire lo stress, aiutare a concentrarsi e semplificare i pensieri e anche promuovere quella calma generale che consente al cervello di apprendere come regolare le emozioni” (un team di esperti).
Crescere comporta fatica, sofferenza, rotture, come quello che prova il pulcino per uscire dal guscio e che deve rompere da dentro, e i genitori devono essere i primi ad acquisire consapevolezza di ciò. Prima o poi le ali si aprono, come quelle della crisalide che fa fatica ma dopo diventa la farfalla che è. Far affrontare ed elaborare il dolore ai figli fa parte dell’obbligo di assistenza morale nei loro confronti (artt. 147 e 315 bis cod. civ.). “È fondamentale far conoscere la propria storia, riallacciare i momenti della vita, magari partendo semplicemente da una fotografia o un oggetto di cui le case sono sempre piene… Non si può certo far sedere un bambino e sottoporlo all’improvviso a un “discorso” ponderoso. Meglio raccogliere una domanda oppure attaccarsi a un piccolo spunto del quotidiano. Così, nella semplicità, si aprono a poco a poco porte chiuse su stanze dolorose, che però rimangono lì, cariche di rischi di ulteriori strazi” (la giornalista Renata Maderna). Educare al dolore riguarda la salute (art. 24 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia), lo sviluppo del bambino (in particolare quello mentale e spirituale, art. 27 Convenzione) e anche il senso profondo e completo dell’educazione (art. 29 Convenzione).
Nell’art. 24 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si parla, alla lettera e, di informazione anche dei fanciulli e successivamente di medicina preventiva e educazione dei genitori: è proprio su questo binomio, informazione e formazione, che bisogna puntare per l’ADHD, disturbo da iperattività e deficit di attenzione, come per altri disturbi sempre più diffusi (e, talvolta, ci si chiede anche perché sia aumentata la diagnosi o la segnalazione). Per fornire aiuto a questi bambini e ai bambini in generale occorrono osservazione e metodo e solo se necessario occorrono diagnosi e terapia. Antonella Costantino, neuropsichiatra infantile, spiega: “Oggi, invece, non riuscire a concentrarsi su attività anche noiose o non saper leggere fluentemente è una condizione che può essere seriamente invalidante, perché incide in maniera pesante sulle proprie prospettive per il futuro, sul rapporto con gli altri e, di conseguenza, con la propria autostima, innescando fenomeni a catena che possono portare ad altri tipi di malessere mentale. Ecco perché i bambini che presentano queste condizioni, se non vengono aiutati, possono trascinarsi sulle spalle ostacoli di vario tipo anche in età adulta”.
Si parla continuamente di educazione sessuale, anzi di educazione all’affettività, di libertà sessuale, di rispetto dell’orientamento sessuale ma queste situazioni non sempre sono tutelate o vissute adeguatamente in famiglia, nel rapporto genitori-figli. L’esperto Novara specifica: “Il concetto di privacy va stabilito come consuetudine sociale che il bambino deve apprendere dal mondo adulto. La buona gestione di questi momenti corporei può essere un ottimo lasciapassare per un’educazione sessuale libera dai tabù del passato e sottratta all’invadenza dei siti pornografici. La conoscenza del proprio corpo sta alla base di qualsiasi sviluppo consapevole della sessualità”. Il bambino ha diritto alla sua vita privata (art. 16 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) e alla salute (art. 24 Convenzione) ma, prima ancora, deve essere educato alla vita privata e alla salute, a cominciare dall’igiene personale e intima.
Inoltre, i genitori dovrebbero essere maggiormente informati e formati sulla manifestazione della disforia di genere (l’incongruenza di genere è stata introdotta nel DSM-5 del 2013). Una ricerca americana sul tema trans gender o disforia di genere (condotta dall’Institute for Research & Evaluation- istituto operativo nella valutazione dei programmi scolastici di educazione sessuale rivolti agli adolescenti – e pubblicata nel 2022) ha cercato di rispondere alle principali domande che un genitore o decisore politico si dovrebbe porre, evidenziando che la politica federale statunitense, che sostiene la “presa in carico affermativa precoce”, è considerata da molti controversa: “Negli ultimi 10 anni si è visto un esponenziale aumento a livello mondiale nell’occorrenza della confusione di genere o disforia di genere (si usano anche le espressioni transgender o non conformità di genere) tra i giovani, in particolare tra le adolescenti. La sofferenza di questi giovani è reale, e le cause di questo trend senza precedenti non sono chiare e sollevano domande difficili su come rispondere in modo compassionevole, etico ed efficace. Gli esperti sono in disaccordo: alcuni raccomandano una vigile attesa affiancata dal counselling mentre altri affermano che le procedure mediche cross-sex sono necessarie per prevenire il suicidio”.
La locuzione “in modo compassionevole” riportata nella ricerca americana richiama la terminologia presente nella Carta dei diritti del bambini prematuro (approvata dal Senato della Repubblica il 21 dicembre 2010) dove l’art. 3 recita: “Il neonato prematuro ha diritto ad ogni supporto e trattamento congrui al suo stato di salute e alle terapie miranti al sollievo dal dolore. In particolare ha diritto a cure compassionevoli e alla presenza dell’affetto dei propri genitori anche nella fase terminale”. “Sollievo dal dolore”, “cure compassionevoli”, “presenza dell’affetto dei propri genitori”: ciò di cui ha bisogno qualsiasi figlio solo perché figlio, per il proprio benessere e la propria salute.
Ricordando tutti che “La salute non dipende solo dall’assenza di agenti biologici che provocano la malattia, ma è il risultato di un armonico, naturale e completo sviluppo dell’individuo in ogni aspetto della sua esistenza e in relazione all’ambiente che lo circonda, un bene che va curato e coltivato fin da prima del concepimento e durante tutto l’arco dell’esistenza. […]La salute costituisce la precondizione per il benessere e la qualità della vita e il riferimento per misurare la riduzione della povertà, la promozione della coesione sociale e l’eliminazione della discriminazione” (dal capitolo 4.2 SALUTE delle Linee Guida sull’infanzia e l’adolescenza, a cura dell’AICS 2021).
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