La scadenza dei vincoli di piano regolatore generale: quali conseguenze

Redazione 24/09/97
di Ettore Leotta, Consigliere del TAR Catania.

1)Premessa
In Sicilia i vincoli di P.R.G. preordinati all’espropriazione o comportanti l’inedificabilità perdono efficacia, qualora entro dieci anni dall’approvazione del piano non siano stati approvati i Piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati. In ogni caso, l’efficacia di tali vincoli non può essere protratta oltre il termine di attuazione dei piani particolareggiati e di lottizzazione (C.f.r. art. 1 della L.R. 5 novembre 1973 n.38).
Ai fini dell’esatta determinazione del decennio si ricorda che l’approvazione dei Piani regolatori generali e delle loro varianti può essere espressa oppure tacita.
In particolare:
-L’approvazione espressa va disposta dall’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente con proprio decreto, da adottare entro 180 giorni dalla presentazione del piano all’Assessorato, ai sensi dell’art.4, comma 1 della L.R. 27 dicembre 1978 n.71 (tale termine è stato prorogato di 90 giorni dall’art.6,comma1, della L.R. 12 gennaio 1993 n.9 ),
-L’approvazione tacita ha luogo, ai sensi dell’art. 19,comma 1, della L.R. n.71/1978, quando siano decorsi i termini per l’approvazione del piano regolatore generale o della sua variante senza che sia intervenuta alcuna determinazione espressa da parte dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente. Tra le determinazioni assessoriali che interrompono il decorso dei termini, l’art.2 della L.R. 30 dicembre 1980 n. 180 ricomprende anche le richieste di chiarimenti e di documenti integrativi. L’approvazione tacita concerne anche le varianti al P.R.G., per come chiarito dal T.A.R. Catania -Sez.III- con sentenza 6 febbraio 1992 n.40,confermata in appello dal C.G.A. con decisione del 5 maggio 1993 n.177 ).L’approvazione tacita si verifica di diritto, per effetto del decorso del termine di legge, anche in mancanza di un provvedimento ricognitivo da parte del Comune (C.f.r. C.G.A. n.177/1993 citata).
L’art.19,comma 2, della L.R. n.71/1978 consente tuttavia all’Assessore Regionale del Territorio e dell’Ambiente, nel termine perentorio di 180 giorni dall’approvazione tacita (termine prorogato di ulteriori 90 giorni dall’art.6,comma 1 della L.R.n.9/1993),di adottare determinazioni espresse sul P.R.G. o sulla variante, facendo salvi, in ogni caso, tutti i provvedimenti emessi dal Comune nelle more dell’intervento assessoriale.
La scadenza dei vincoli di P.R.G. per decorso decennio pone una serie di problemi circa l’edificazione:
a)nelle aree già colpite dai vincoli scaduti (es. destinate a strade, scuole, parcheggi…);
b)nelle rimanenti aree di P.R.G. destinate all’edificazione, che mantengono tale destinazione (zone A, B, C, …).

2)Edificazione nelle aree ricomprese in zone già sottoposte a vincoli di P.R.G.
Secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato A.P. 2 aprile 1984 n.7;idem, 30 aprile 1984 n.10;idem, 11 giugno 1984 n.12; C.G.A., 30 aprile 1985 n.55;Cons.Stato, V ,15 marzo 1991 n.262 ), nelle aree già colpite dai vincoli scaduti l’edificazione è consentita nei limiti previsti dall’art.4,ultimo comma, della L. 28 gennaio 1977 n.10,che disciplina l’edificazione nei Comuni sforniti di strumenti urbanistici generali.
La norma da ultimo citata va applicata in Sicilia con le modalità indicate dall’art.1 della L.R. 11 aprile 1981 n.65.
Pertanto:
-all’interno del perimetro dei centri abitati, definito ai sensi dell’art.17 della legge n.765/1967,sono consentite solo opere di restauro e di risanamento conservativo;
-al di fuori del perimetro dei centri abitati, definito ai sensi dell’art.17 della legge n.765/1967,l’edificazione a scopo residenziale non può superare l’indice di metri cubi 0,03 per metro quadrato di area edificabile;
-in ogni caso, è prescritto l’arretramento di cui alle lettere “a”, “d”, ed “e” dell’art.15 della L.R.12 giugno 1976 n.78 (distanza di 150 metri dalla battigia del mare, di 100 metri dalla battigia dei laghi, di 200 metri dai boschi, fasce forestali e parchi archeologici).
Ci si è chiesti quale regime urbanistico debba essere applicato, nel caso in cui, a suo tempo, il Comune non abbia provveduto ad effettuare la perimetrazione del centro abitato di cui all’art.17 della legge n.765/1967.
Secondo il T.A.R. Pescara (sentenza 30 giugno 1993 n.339 e precedenti ivi citati),in mancanza di perimetrazione, potrebbero essere assentite solo opere di restauro e di risanamento conservativo.
Invece, secondo il Collegio di difesa del Comune di Catania (parere del 6 aprile 1987), l’Amministrazione comunale, nell’esaminare i singoli progetti, dovrebbe accertare di volta in volta se si tratti di area posta all’interno, ovvero all’esterno del centro abitato.
A parere di chi scrive, il problema va risolto tenendo conto della destinazione urbanistica impressa agli immobili circostanti, alla quale non può non darsi giuridica rilevanza.
Pertanto:
-se l’area relativamente alla quale sono scaduti i vincoli di P.R.G. trovasi all’interno delle zone A (centro storico) oppure B(di completamento),essa sicuramente dovrà essere considerata come ricadente dentro il centro abitato, onde l’edificazione non sarà consentita (fatti salvi, ovviamente, gli interventi di restauro e di risanamento conservativo);
-se l’area di cui trattasi ricade all’interno delle zone C (di espansione) oppure D (per insediamenti industriali) oppure E (verde agricolo),essa dovrà essere considerata come situata al di fuori del centro abitato, e pertanto l’edificazione sarà consentita nei limiti indicati dall’art.4,ultimo comma, della L.n.10/1977,come modificato in Sicilia dall’art.1 della L.R. n.65/1981.

3)Edificazione in aree non sottoposte a vincoli scaduti di P.R.G.
In tali aree l’edificazione va consentita con le cautele ed i limiti individuati dal Consiglio di giustizia ammministrativa per la Regione Siciliana con pareri n.368 del 16 novembre 1988 e n.224 del 17 maggio 1994, fatti propri dall’Assessorato regionale del Territorio e dell’Ambiente rispettivamente con Circolare prot.n.14159 D.R.U. del 20 marzo 1989 e con Circolare n.2/D.R.U. del 6 luglio 1994 (in G.U.R.S. Parte I^ n.36 del 23 luglio 1994 ).
Pertanto:
-Nelle zone “A” ed “E”, ai sensi degli artt.28 della L.R. n.21/1973 e 21 della L.R. n.71/1978, l’edificazione delle aree libere può avvenire a mezzo di concessioni singole, salvo il caso in cui il loro rilascio sia subordinato dal P.R.G. all’esistenza di un piano attuativo.
-Nelle zone “C” e “D” l’edificazione va subordinata all’approvazione dei piani di lottizzazione, i quali devono reperire al proprio interno la totalità delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondo gli standard stabiliti dal D.M. n.1444/1968. Conseguentemente non può essere consentita la monetizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria.
-Nelle zone “B” la decadenza dei vincoli urbanistici comporta, di regola, l’inapplicabilità delle disposizioni dell’art.21 della L.R. n.71/1978, come modificato dall’art.39 della L.R. n.37/1985 (che consente l’edificazione nelle zone “B” con concessioni edilizie singole, ove esistano le opere di urbanizzazione primaria e siano previste quelle di urbanizzazione secondaria). Infatti, venute meno le previsioni delle opere di urbanizzazione secondaria contenute nel P.R.G., non sussistono più i presupposti per il rilascio di concessioni singole.
A diversa soluzione può pervenirsi qualora trattasi di edificare aree inserite in zone già dotate delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria previste dal P.R.G..
In tal caso, secondo il C.G.A., nei Comuni maggiori l’esistenza di un’effettiva dotazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria deve essere stabilita caso per caso, venendo riferita al singolo quartiere e non alla complessiva zona territoriale omogenea “B”, pervenendosi in tal modo ad un assetto urbanistico indubbiamente più coerente con le concrete esigenze delle vita cittadina e più conformi al disposto dell’art.44 della Legge 22 ottobre 1971 n.865. Secondo l’Assessorato, ciò comporta che nei Comuni in questione, per il rilascio di concessioni edilizie singole in zona “B”, non devono essere considerate necessarie le opere d’interesse generale (quali scuole superiori, ospedali, parchi urbani…) non comprese tra quelle indicate dal citato art.44, trattandosi di strutture poste al servizio di tutto il terrritorio comunale, e non soltanto delle zone “B”.
Sempre secondo l’Assessorato, nei Comuni minori, stante la modesta estensione delle loro zone “B”, tutte le opere di urbanizzazione secondaria previste dal Piano devono essere considerate urbanisticamente correlate alla predetta zona omogenea. Conseguentemente, la mancanza delle opere di urbanizzazione secondaria impedisce il rilascio di concessioni edilizie singole in zona “B”.
Lo stesso Assessorato ha tuttavia ammesso che la mancanza di alcune opere di urbanizzazione secondaria non può ritenersi ostativa in modo assoluto, potendo ritenersi ammissibile il rilascio di concessioni edilizie singole in zona “B” per aree di limitata estensione, previa accurata valutazione della compatibilità urbanistica tra l’intervento edilizio proposto ed il livello di urbanizzazione presente nella zona (analogamente a quanto già affermato da tempo dalla Giurisprudenza amministrativa, che ha ritenuto non necessaria, seppure prescritta dalle norme di piano, la preventiva lottizzazione nei casi in cui le singole concessioni edilizie riguardino aree di limitata estensione in zone già edificate e sufficientemente urbanizzate).
-Per quanto concerne infine i Piani particolareggiati, essi debbono reperire al loro interno tutte le opere di urbanizzazione prescritte dal D.M. n.1444/1968, salvo il caso in cui dette opere siano previste e realizzate al di fuori del perimetro dei piani stessi.

4)Riproposizione dei vincoli di inedificabilità – questione di legittimità costituzionale
La riproposizione dei vincoli di inedificabilità, comportando di fatto un’espropriazione senza indennizzo, è sembrata costituzionalmente illegittima all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che con propria ordinanza del 1 luglio 1996 (in G.U.-1^serie speciale- n.6 del 5 febbraio 1997) ha sollevato d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, n. 2, 3 e 4 della legge 17 agosto 1942 n.1150, dell’art.40 della stessa legge n.1150/1942 e dell’art.2, comma 1,della legge 19 novembre 1968, n.1187, in riferimento all’art.42, comma 3, all’art.97, all’art.9,comma 2,ed all’art.32, comma1, della Costituzione.

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