LA SCONOSCIUTA REALTA’ DEI PATRONATI IN ITALIA: CENNI ISTITUZIONALI E NORMATIVI

Redazione 26/03/01
di Alessandro Graziani
Nel consolidato cosmo “welfare” italiano, l’esigenza di offrire tutela ai soggetti più deboli (pensionati, anziani, invalidi ed altri ancora) ha condotto all’istituzione di figure istituzionali –i “patronati”- ” certamente impegnati nel sociale e la cui attività consiste prevalentemente nella gratuita assistenza ai lavoratori per svolgimento delle proprie pratiche previdenziali.
A pochi sono però noti i profili istituzionali e normativi che regolano la vita dei patronati.
Eccone un breve sunto.
Il D. M. 26 giugno 1981 (che reca norme di attuazione dell’art. 3 della legge n. 112 del 1980) offre sostanzialmente un panorama essenziale dell’organizzazione interna del patronato e della sua principale attività amministrativa.
Infatti gli artt. 8, 9 e 10 del suddetto decreto prevedono, fra l’altro, che il patronato abbia una organizzazione centrale, regionale e locale del patronato ( eventualmente anche alI’estero ) opportunamente attrezzata, la cui attività viene rilevata attraverso una serie di documenti vidimati e convalidati dall’Ispettorato del lavoro, parte dei quali da prodursi al MINISTRO PER IL LAVORO E LA PREVIDENZA SOCIALE entro scadenze fisse specialmente ai fini del finanziamento.
Inizialmente, la disciplina dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni agricoli di cui al DLLt. 23-VIII-1917, n. 1450, il cui art. 12 teneva una sommaria disciplina degli ” Istituti di patronato e di assistenza sociale che si propongono di prestare ai fini della presente legge la loro opera ai lavoratori colpiti da infortunio sul lavoro o ai loro aventi causa “.
Dopo la introduzione dell’assicurazione obbligatoria di invalidità e vecchiaia attuata con D-L Lt. 21-IV-1919, n. 603, il quale, fra l’altro, demandava a speciali commissioni arbitrali la soluzione delle controversie occasionate dall’applicazione di tale legge, è intervenuto un R. D. 30-XII1923, n. 3184, in base al quale fu affidato agli istituti di patronato approvati dal Ministro per l’economia e il lavoro il patrocinio dei lavoratori in materia di controversie assicurative.
Con D. M. 26-VI-1925 fu riconosciuto il “Patronato nazionale medico ” per l’assistenza ai lavoratori nelle controversie in materia di infortuni agricoli e industriali e in quelle relative alle assicurazioni sociali.
Con successivo D.M. 24 dicembre dello stesso anno fu modificata la denominazione del suddetto ente il quale assunse quella di “Patronato nazionale per l’assistenza sociale”.
Col medesimo provvedimento ne fu approvato lo statuto e gli fu attribuita la personalità giuridica. Le funzioni del Patronato nazionale furono poi trasferite alle Confederazioni fasciste dei lavoratori con D. M. 29-X-1942.
Dopo lo scioglimento dei sindacati fascisti operato con D. L. Lt. 23-XI-1944, n. 369, vennero costituiti alcuni patronati ad iniziati,,”a di liberi sindacati e di associazioni di lavoratori non aventi carattere sindacale, come le ACLI (Associazioni cristiane lavoratori italii.mi) derivate a lor volta dall’ONARMO (Opera nazionale di assistenza religiosa e morale degli operai).
Con D. L. C. P. S. 29-VII-1947, n. 804, tuttora in vigore, modificato in parte con L. 27-III-1980, n. 112 (norme di esecuzione sul finanziamento con Dlvo del 26-VI-1981) il legislatore è intervenuto a dare und nuova disciplina giuridica ai patronati.
I primi a essere riconosciuti in base alla normativa del 1947 fu l’ACLI.
Successivamente furono riconosciuti altri patronati.
Oggi i patronati in attività (quelli che hanno il compito di assistere gratuitamente i lavoratori e che sono riconosciuti dalla legge a livello nazionale) sono i seguenti:
A.C.A.I.
Associazione Cristiana Artigiani Italiani

A.C.L.I.
Associazione Cristiana Lavoratori Italiani

C.L.A.A.I.
Confederazione delle Libere
Associazioni Artigiane

E.A.S.A.
Ente Assistenza Sociale agli Artigiani
promosso dalla
Confederazione Autonoma Sindacati Artigiani
(C.A.S.A.)

E.N.A.P.A.
Ente Nazionale Assistenza e Patrocinio Agricoltori
promosso dalla
Confederazione Generale dell’Agricoltura Italiana
(Confagricoltura)

E.N.A.S.
Ente Nazionale di Assistenza Sociale
dell’Unione Generale del Lavoro

E.N.A.S.C.O.
Ente Nazionale di Assistenza Sociale per gli
Esercenti Attività Commerciale
promosso dalla
Confederazione Italiana del Commercio e del Turismo
(Confcommercio)

E.N.C.A.L.
Ente Nazionale Confederale Assistenza Lavoratori
promosso dalla
Confederazione Italiana Sindacato Autonomo
Lavoratori Italiani (Cisal)

E.N.P.A.C.
Ente Nazionale per l’Assistenza ai Coltivatori
promosso dalla
Unione Coltivatori Italiani (UCI)

E.P.A.C.A.
Ente di Patronato ed Assistenza per i Coltivatori
Agricoli
promosso dalla
Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti
(Coldiretti)

E.P.A.S.A.
Ente di Patronato e di Assistenza Sociale per gli Artigiani
promosso dalla Confederazione Nazionale dell’Artigianato
(CNA)

F.A.C.I.
Istituto di Patronato e di Assistenza Sociale
per il Clero Italiano

I.N.A.C.
Istituto Nazionale Assistenza Contadini
promosso dalla
Confederazione Italiana Agricoltori
(CIA)

I.N.A.P.A.
Istituto Nazionale di Assistenza e di Patronato per gli Artigiani
promosso dalla Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato
(Confartigianato)

I.N.A.S.
Istituto Nazionale di Assistenza Sociale
promosso dalla
Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori
(CISL)

I.N.C.A.
Istituto Nazionale Confederale di Assistenza
promosso dalla
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
(CGIL)

I.N.P.A.L.
Istituto Nazionale per l’Assistenza Lavoratori
promosso dalla
Associazione Italiana Coltivatori
(AIC)

I.T.A.C.O.
Istituto per la Tutela e l’Assistenza degli Esercenti
Attività Commerciali, Turistiche e dei Servizi
promosso dalla Confesercenti

I.T.A.L.
Istituto di Tutela ed Assistenza Lavoratori
promosso dalla
Unione Italiana del Lavoro
(UIL)

S.B.R.
Sozialer Beratung-Sring
promosso dalla
Unione Sindacati Autonomi Sudtirolesi
(USAS)

S.I.A.S.
Servizio Italiano Assistenza Sociale e per i Servizi
Sociali dei Lavoratori
(MCL)

Come noto, gli istituti di patronato e di assistenza sociale possono essere costituiti soltanto da ” associazioni nazionali di lavoratori ” (art. 2).
Poiché il legislatore non specifica quale debba essere la natura di tali associazioni, possono costituire patronati anche associazioni di lavoratori non aventi natura sindacale.
È richiesto invece che esse annoverino nei propri statuti finalità assistenziali e diano affidamento di provvedervi con mezzi adeguati.
L ‘associazione promotrice deve rivolgere domanda di approvazione della costituzione del patronato al MINISTRO PER IL LAVORO E LA PREVIDENZA SOCIALE, specificando la propria denominazione, natura, compiti e ordinamento interno, nonche i mezzi inizialmente destinati per il funzionamento del patronato.
Il Ministro provvede con decreto anche per le eventuali successive modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto.
Queste possono essere introdotte anche dallo stesso Ministro.
Il patronato deve poi svolgere gratuitamente la sua attività a favore dei lavoratori, o loro aventi causa, che ne facciano richiesta a prescindere dall’eventuale loro iscrizione all’associazione promotrice o a qualunque altra associazione .
L’associazione promotrice deve avere carattere nazionale, cioè deve operare su tutto il territorio nazionale.
Verosimilmente il legislatore ha presupposto che le dimensioni territoriali dell’associazione diano garanzia sufficiente della funzionalità del patronato. Non ha però richiesto che la associazione (sindacale) richiedente l’approvazione della costituzione del patronato presenti il requisito della maggior rappresentatività.
Comunque la richiesta della presenza dell’accennata dimensione territoriale introduce una discriminazione fra sindacati a dimensioni diverse a prescindere dalla loro effettiva funzionalità e consistenza numerica, mentre invece è richiesto che l’associazione promotrice abbia i mezzi materiali per far funzionare inizialmente il patronato.
I compiti istiturionali del patronato sono indicati nell’art.1 del decreto n. 804 sono e possono così riassumersi nella assistenza, la tutela e la rappresentanza dei lavoratori e dei loro aventi causa all’effetto di far loro conseguire le prestazioni previdenziali cui hanno diritto.
Preme precisare che il concetto di ” assistenza ai lavoratori ” deve essere tenuto distinto da quello di ” assistenza sociale ” che ha un contenuto più vasto e si riferisce a qualunque cittadino a prescindere dalla sua qualifica professionale.
L’assistenza sociale, come si evince dall’art. 38, 1° comma, Cost., mira a reinserire gli individui autoinsufficienti nella società per svolgervi il ruolo che essi hanno il diritto-dovere e la effettiva possibilità di svolgere.
Invece l’assistenza ai lavoratori ha carattere più specifico e va considerata nel quadro delle disposizioni di legge che prevedono particolari forme di tutela per i lavoratori, le quali sono giustificate dalla situazione di minorazione socio-economica in cui di fatto essi (specialmente quelli subordinati svolgenti attività d’ordine o manuali) generalmente si trovano.
Tale situazione può effettivamente attenuare il pieno sviluppo della personalità in contrasto col principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.
Ad ovviarvi la legislazione sociale ha introdotto svariate provvidenze (come l’assistenza agli invalidi, ai disoccupati, agli emigranti, ai lavoratori anziani, ag.i orfani dei lavoratori, le agevolazioni per l’assegnazione di abitazioni, ecc. ).
L ‘assistenza cui accenna I’art. 1 del decreto n. 804 differisce anche da quella che normalmente si effettua con gli strumenti del “servizio sociale ” ma è una forma tipica di ” assistenza ai lavoratori ” nel senso di cui sopra si è parlato.
Quanto al concetto di ” tutela ” esso si adegua al significato etimologico di “patronato” ed ha per oggetto l’interesse del lavoratore ad ottenere le prestazioni previdenziali cui ha diritto o, comunque, ogni assistenza che la legislazione sociale gli consente.
Per ciò che concerne la ” rappresentanza ” del lavoratore, essa si attua nei confronti dei vari organismi di accertamento e liquidazione dei diritti spettanti al lavoratore o dei collegi di conciliazione.
E’ indispensabile avvertire che è questa una rappresentanza di volontà produttiva di effetti giuridici in capo al lavoratore il quale perciò è tenuto a conferire al patronato un espresso incarico, eventualmente con mandato a transigere o a concicliare. In base agli artt. 3 e 4 del D. M. 26-VI-1981 succitato, il conferimento dell’incarico deve tradursi in un mandato contenente la sottoscrizione del mandante, l’indicazione del mandatario, la data e l’oggetto del mandato e la firma dell’operatore del patronato che da questo è stato incaricato.
Tale mandato deve poi essere reso noto a cura del patronato all’ente erogatore della prestaziope richiesta; si estingue. oltre che ai sensi degli artt. 1703 e segg. C. Civ. , con il conseguimento della prestazione, o con la definizione in senso positivo della prestazione richiesta, o con I’esaurimento del relativo procedimento.
L’esito della pratica viene considerato dal legislatore del 1981 sotto tre aspetti diversi e cioè: il pieno accoglimento della domanda dell’assistito; un qualunque risultato positivo (ad esempio. ottenuto per transazione, I’ esaurimento del procedimento) .
Nelle vertenze avanti l’autorità giudiziaria la difesa e la rappresentanza dell’assistito sono regolate dai codici di procedura e dalla legge forense. Il patronato si serve di un proprio legale al quale l’assistito deve rilasciare uno specifico mandato ad litem (art. 6, D. M. 26-VI-1981) ma il cliente del legale è in effetti il patronato.
Quanto all’attività di patrocinio valutabile ai fini del finanziamento del patronato è quella che si concreta positivamente.
Ai compiti istituzionali fissati al patronato dall’art.1 del decreto n. 804 si aggiungono quelli fissati dallo statuto ed altri previsti da espresse norme di legge dello Stato o delle Regioni o deducibili dalla strutturazione del nuovo servizio sanitario nazionale di cui a L. 23-XII-1978, n. 833 (11) (in particolare gli artt. 9 e 12 della L. 20-V-1970, n. 300 e I’art. 446 C. Proc. Civ. di cui si parlerà fra poco). L’art. 4 del già citato D. M. 26- VI -1981 accenna ad una vasta serie di attività esplicabili dal patronato (formazione professionale degli addetti al patronato, studi e ricerche , propaganda per la prevenzione e per la tutela della salute dei lavoratori dentro e fuori I.azienda, ricerche per un’efficace collaborazione con gli enti pubblici previdenziali e assistenziali).
Questo sguardo sulla natura dei patronati non può prescindere –atteso l’oggetto della fattispecie- dall’analisi del sistema di finanziamento dei patronati.
Una particolare forma di finanziamento dei patronati è prevista dagli artt. 4 e 5 del decreto n. 804.
Essa consiste nell’attribuzione annuale a ogni patronato riconosciuto di una quota della percentuale prelevata (in misura non superiore al 0,50% come viene determinata dal Ministro per il lavoro) dal gettito complessivo dei contributi annua1i che per legge o per contratto i datori di lavoro e i lavoratori debbono versare agli enti pubblici, comunque denominati e strutturati, che erogano prestazioni di previdenza sociale.
Particolari criteri per la corresponsione dei finanziamenti sono ora contenuti nel D. M. 26-VI-1981, emanato in attuazione dell’art. 3 della l. 27-III1980, n. 112. Il suddetto D. ~I. fissa le singole quote di finanziamento attribuendo ad ogni patronato un punteggio calcolato in base ai risultati positivi dell’attività da esso svolta. nonche alla struttura della sua organizzazione.
Le prestazioni che vengono prese in considerazione agli effetti del finanziamento sono quelle di cui all’art, 1 del decreto n. 804, ma vi si debbono aggiungere tutte quelle di assistenza sociale che attualmente possono essere oggetto di legittime pretese da parte di ogni cittadino. purche si concretino in modo positivo per l’assistito (art. 3 D. M.).
Con questa limitazione si costringe di fatto il patronato ad accertarsi preventivamente della serietà e fondatezza delle pretese avanzate dall’assistito.
L ‘art. 8 del decreto n. 804 dispone che ” agli effetti di qualsiasi imposta o tassa in genere gli istituti di patronato e di assistenza sociale sono parificati alle amministrazioni dello Stato “. Siffatto trattamento privilegiato è giustificato dai fini di carattere sociale e di interesse generale che il patronato persegue, dalla gratuità delle prestazioni erogate nonche dalla mancanza di ogni fine speculativo. Nessun argomento però può ricavarsi dal suddetto trattamento di favore fiscale per sostenere che i patronati sono assimilabili alle amministrazioni dello Stato. Nemmeno si possono classificare come ” enti sovvenzionati dallo Stato ” e quindi non debbono essere sottoposti al controllo della Corte dei Conti (cfr. art. 100, 4° comma, Cost., e L. 21-IIl-1958, n. 259).
Nonostante ciò, i patronati sono comunque sottoposti sia a controlli che vigilanza del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, che esercita tali poteri sia sia direttamente o per mezzo dei suoi organi periferici (gli Ispettorati del lavoro).
La costituzione del patronato è subordinata all’approvazione del Ministro il quale attua con ciò un controllo di merito. Le successive modificazioni dell.atto costitutivo e dello statuto diventano esecutive dopo l’approvazione del Ministro (art. 2, 2° e 4 comma del decreto n. 804).
L ‘obbligo che I’art.3 n.6 dello stesso decreto impone al patronato di apportare allo statuto le modificazioni e le aggiunte che saranno ritenute necessarie dal Ministro ( dopo aver sentito le associazioni nazionali dei lavoratori) configura una particolare forma di controllo sostitutivo che restringe l’autonomia del patronato.
La vigilanza si attua mediante la ispezione di libri contabili. dei registri, della documentazione e delle pratiche svolte dal patronato, Questi è ohbligato di metterli a disposizione dei funzionari aWuopo incaricati della vigilanza (art. 6, 1° comma. decreto n. 804). Nel già citato D. M. 26-VI-1981 sono contenute altre dettagliate disposizioni in merito (vedasi gli artt. 8, 9, 10 e 16).
La sottoposizione al controllo e alla vigilanza ministeriale, esercitata come sopra, è stata limitata dall’art. 4 della legge n. 112 a quelle forme di attività del patronato che sono finanziate con la ripartizione dei fondi prelevati dai contributi previdenziali nei modi descritti nel paragrafo precedente.
Questa limitazione permette una più vasta libertà di azione al patronato per altre attività, che non possono essere finanziate col sistema suaccennato, mediante le quali si può utilmente integrare e sviluppare l’assistenza ai lavoratori e ai cittadini.
L’art. 9 del succitato D. M. conferma che la vigilanza sui patronati è ” normalmente ” affidata agli Ispettorati del lavoro, ma aggiunge che il Ministro può disporre ispezioni straordinarie quando Io richiedano particolari esigenze relative al funzionamento dei patronati. Per quanto riguarda la vigilanza sulla loro attività svolta all’estero il Ministro provvede d’intesa con le rappresentanze diplomatiche e consolari.
Altre norme di dettaglio contenute , nello stesso D. M. riguardario il ” visto ” che 1’1spettorato del lavoro deve effettuare sul provvedimento con cui l’associazione promotrice mette a disposizione del patronato il proprio personale (art. 8); l’obbligo di comunicare all’Ispettorato l’elenco degli impiegati a tempo pieno del patronato e i nominativi dei responsabili delle varie sedi (art. 8. ultimo comma) e altre fonnalità indicate negli artt. da 10 a 16.
Il Ministro con suo decreto può sciogliere gli organi di amministrazione del patronato ove riscontri gravi irregolarità amministrative, ma deve previamente sentire l’associazione promotrice.
Conseguentemente nomina un commissario per la gestione straordinaria dell’istituto, stabilendone i poteri e la durata.
Se il patronato non è più in grado di funzionare per un qualsiasi motivo o perche siano venuti meno i requisiti richiesti per la sua costituzione il Ministro può disporne lo scioglimento e nomina un liquidatore.
Il commissario straordinario e il liquidatore debbono essere scelti fra persone aventi una particolare competenza in materia (art. 6 decreto n. 804).
L’art. 2, u comma della legge n. 112 sancisce che il Ministro deve disporre la revoca del decreto di approvazione già rilasciato nei confronti dei patronati che risultassero ora mancanti dei requisiti da valutarsi alla stregua dei criteri che saranno determinati con decreto del Presidente della Repubblica a sensi del 1 u comma dello stesso art. 2.
Ma questa ultima eventualità è soltanto una eventualità ( peraltro già verificatasi anche frequentemente ) che , comunque, non offusca lan indubbiamente meritoria attività che i patronati hanno condotto e quotidianamente conducono, offrendo un valido aiuto alla risoluzione dei problemi di coloro che, già gravati dall’appartenenza alle categorie più deboli, si trovano a dover affrontare l’inerzia della purtroppo sorda burocrazia previdenziale.

Alessandro Graziani
avvocato in Roma

Redazione

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