Per trasmettere la segnalazione negativa alla Centrale Rischi (C.R.), la banca attinge dati dal rapporto negoziale instaurato con il cliente
Indice
- 1.Il principio di buona fede e di correttezza che presiedono alla segnalazione.
- 2. L’illegittimità sostanziale della segnalazione
- 3. L’omesso preavviso di segnalazione
- 4. Strumenti di tutela. Ricorso al provvedimento d’urgenza ex art. 700 C.p.c.
- 5. Ricorso all’Arbitrato Bancario Finanziario (A.B.F.).
- 6. Cenni sulla giurisprudenza dell’A.B.F.
- 7. Il danno da illegittima segnalazione non è un danno in re ipsa.
- 8. Conclusioni
1.Il principio di buona fede e di correttezza che presiedono alla segnalazione.
Per trasmettere la segnalazione negativa alla Centrale Rischi (C.R.), la banca attinge dati dal rapporto negoziale instaurato con il cliente, ma quest’ultima deve uniformare la condotta ai principi della buona fede e della correttezza, quale concretizzazione del più generale dovere di solidarietà contrattuale ex art. 2 Cost. La positiva disciplina contrattualistica richiama le parti al rispetto dei prefati principi, sia nella genesi che nell’esecuzione del rapporto contrattuale, ex artt. 1175, 1375, C.c. L’obbligo della banca d’informare per iscritto il cliente prima dell’inoltro della segnalazione alla C.R., trova fondamento nei principi della correttezza e della buona fede contrattuale (Cass. Civ., Sez. I, n. 2033 del 2011; Trib.Verona, Sez. III, 3 luglio 2014; Idem, Salerno, Sez. I, 30 gennaio 2021). La clausola generale, ex art. 1337, C.c., si esprime in obblighi di protezione e salvaguardia dell’altrui posizione contrattuale, impegnando, ciascuna delle parti, ad attivarsi, onde conservare integri gli interessi dell’altra, che si possono declinare come obblighi d’informazione degli elementi che mettono a rischio il rapporto negoziale.
La preventiva comunicazione consentirà al cliente d’esser posto a conoscenza del rischio che la sua posizione possa esser associata ad una segnalazione negativa, incidente sul merito creditizio, e consentirgli di contestare lo stato d’insolvenza addebitatogli, adottando le azioni volte a neutralizzarlo, in funzione di quella solidarietà contrattuale ex art. 2 Cost. L’informativa preventiva di cui all’art. 4, punto 11, della Circ. n.139/1991 per la C.R. di Banca d’Italia e dell’art. 5, comma 6, del Cod. di Cond. per le Sistemi d’Informazione Creditizia (S.I.C.), è una concretizzazione del dovere di solidarietà contrattuale. Anche per la giurisprudenza la segnalazione presso la C.R. è di natura preventiva (Trib. Lanciano, Ord. del 12 febbraio 2018).
Non un inadempimento od un ritardo generano la segnalazione, poiché la banca è chiamata a valutare complessivamente la posizione del cliente. Se non fosse così, il cliente sarebbe esposto al rischio d’una segnalazione per una semplice eccezione d’inadempimento o di prescrizione del debito contestatogli. Per la giurisprudenza la segnalazione è legittima laddove scaturisca “…dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d’insolvenza…” (Cass. Civ., Sez. III, Ord. n.3130 del 2021; idem, Sez. I, sentenza n. 15609 del 2014; idem, n. 12626 del 2010; idem, Sez. I, sentenza n. 21428 del 2007; Trib. Milano, Sez. VI, sentenza del 30 giugno 2018; idem, Nola, Sez. I, Ord. dell’11 luglio 2014). Occorrel’accertamento di un’oggettiva e definitiva incapacità finanziaria del cliente di far fronte alle obbligazioni assunte (Cass. Civ., Sez. I, sentenza n. 7958 del 2009; Trib. Alessandria, 20 ottobre del 2000), anche se il credito azionato non è accertato giudizialmente.
Queste le caratteristiche del preavviso:
a) Formale perché scritto;
b) completo indicante la natura del credito oggetto di segnalazione;
c) tempestivo giungendo prima della segnalazione.
In ordine all’illegittima segnalazione, in rilievo vengono l’assenza del presupposto sostanziale, ossia la carenza del “grave e non transitorio” stato d’insolvenza, e l’aspetto formale, ossia l’omesso invio del preavviso.
Per il primo, sarebbe illegittima la segnalazione, ove lo stato d’insolvenza scaturisse da un inadempimento od un mero ritardo nel pagamento. Vogliamo precisare che, novellato l’art. 125, comma terzo, T.U.B. (DPR.n.385/1993), per opera del D.lgs. n.141/2010, nella sua formulazione anteriore al D.lgs. n.72/2016, l’obbligo dell’avviso scritto della segnalazione riguarderebbe soltanto le operazioni di credito al consumo, giammai finanziamenti destinati all’acquisto od alla conservazione di diritti di proprietà su d’un terreno ovvero d’uno immobile edificato o progettato (Cfr. Cass. Civ., Sez. I, Ord. n.39769 del 2021, pagg. 4,5; idem, Sez. I, Ord., n. 14382 del 2021).
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2. L’illegittimità sostanziale della segnalazione
La segnalazione priva dei requisiti anzidetti genera una responsabilità, in capo alla banca, di natura contrattuale, ex art. 1218, C.c., per inadempimento agli obblighi di buona fede e di correttezza. Abbiamo detto che la banca è impegnata, in forza dei detti obblighi, a proteggere e salvaguardare la sfera giuridica del proprio cliente, traducendosi nell’obbligo di comunicargli il preavviso di segnalazione in C.R. La banca deve uniformare la propria condotta al modello della diligenza, in quanto essa rappresenta il parametro cui misurare l’intensità che il debitore ha speso nell’adempiere la prestazione: in tanto la prestazione sarà esattamente eseguita, in quanto il debitore l’abbia adempiuta con la diligenza richiesta dalla natura della prestazione. Se ne trae la conseguenza che l’erroneo accertamento di quel “grave e non transitorio” stato d’insolvenza, genera, in capo alla banca, una responsabilità per violazione dell’obbligo di diligenza professionale ai sensi dell’art. 1176, comma 2, C.c. (Trib. Lanciano, cit.). Quale parametro della colpa, consente d’imputare, alla banca, la responsabilità contrattuale per non aver diligentemente accertato la sussistenza dei requisiti che avrebbero legittimato la segnalazione. Pertanto, l’attività istruttoria (Trib. Napoli, Sez. II, Ord. del 1° dicembre 2017) della banca, finché non venga inoltrato il preavviso di segnalazione, è unilaterale, nel senso che essa dovrà diligentemente accertare se ricorrano o meno quegli indici (liquidità, capacità finanziaria, produttiva e reddituale) che giustificano la segnalazione. Si recupera, successivamente, la dualità ed il contraddittorio del rapporto giuridico con il cliente ove questi, ricevuto il preavviso, è posto nella condizione di contestarlo adottando le misure per neutralizzarlo. Per la giurisprudenza, la segnalazione illegittima fa sorgere, a carico della banca, una responsabilità contrattuale, ex art. 1218, C.c., ed extracontrattuale, ex art. 2043, C.c. (Cass. Civ., Sez. I, Ord. n. 25512 del 26 ottobre 2017; Trib. Salerno, cit.). L’art. 1218, C.c., pone, in capo al debitore, una presunzione di colpa, ove non adempia la sua prestazione ovvero l’adempia inesattamente. La banca è obbligata a salvaguardare e proteggere la sfera negoziale del proprio cliente, prescindendo da specifici obblighi contrattuali ed extracontrattuali. Quivi si giunge ove vi sia un contatto negoziale tra la banca ed il cliente. In assenza d’un rapporto negoziale, la responsabilità della banca sarebbe ricostruibile in termini di responsabilità extracontrattuale. Ove la banca raccolga, trasmetta e segnali alla C.R. dati della posizione finanziaria d’un soggetto con il quale non ha un rapporto negoziale, la responsabilità che ne viene sarebbe giammai di natura contrattuale, bensì extracontrattuale. Si potrebbe trattare d’una responsabilità per violazione del principio generale del “neminem laedere”, in base al quale i consociati son tenuti a non ledere l’altrui sfera giuridica, positivizzato nella clausola generale di cui all’art. 2043, C.c. Se l’attività di trasmissione dei dati non è radicata in un rapporto negoziale sottostante, il nocumento, che il soggetto riceve non essendo alla banca legato da una relazione contrattuale, può esser ristorato tramite il risarcimento. D’ingiustizia della lesione può discutersi ove leso sia non soltanto la sfera patrimoniale d’un soggetto, bensì anche quella dei suoi diritti personali, evocati dalla clausola generale ex art. 2 Cost., quali l’onore ed il decoro.
Il trattamento dei dati personali del soggetto estraneo ad ogni relazione negoziale con la banca, comporterebbe una responsabilità aquiliana, rubricata quale responsabilità per l’esercizio d’una attività pericolosa ex 2050, C.c. La giurisprudenza di merito, in un analogo caso, ha affermato la responsabilità extracontrattuale della banca, per un’errata segnalazione d’un soggetto estraneo al credito contestato, ex art. 2050, C.c. (Trib. Lecce, Sez. I, n. 1496 del 2008). Sul punto, concorda anche la giurisprudenza di legittimità. (Cass. Civ., Sez. I, Ord n. 207 del 2019).
3. L’omesso preavviso di segnalazione
Il preavviso rappresenta un requisito formale della segnalazione che non incide sull’aspetto sostanziale di quest’ultima, ove il cliente sia in uno stato d’insolvenza da non consentirgli d’evadere le obbligazioni assunte. La segnalazione deve considerarsi valida anche in assenza del preavviso. L’invio del preavviso assolve alla funzione di consentire al soggetto, “in odore di segnalazione”, di poter esercitare il suo diritto di difesa. Ove il cliente non abbia ragioni per contestare il debito, la segnalazione deve considerarsi “sostanzialmente”valida, pur senza preavviso. Il preavviso, previsto dalla Circ. N.139/91 e dall’art. 125, comma 3, T.U.B., è un presupposto formale della segnalazione, giammai sostanziale “…non basta al cliente contestare l’omissione dell’avviso, che rappresenta un presupposto formale che non incide sulla legittimità della segnalazione, ove la stessa sia corretta dal punto di vista sostanziale…”. (Trib. Treviso, Ord. del 29 settembre del 2020). Intanto la segnalazione è sostanzialmente legittima in quanto il cliente non dimostri di non esser un cattivo pagatore. Conforme è anche l’Arbitro Bancario Finanziario (A.B.F.) “l’invio del preavviso al cliente di imminente segnalazione in Centrale Rischi costituisce solo un obbligo di trasparenza ma non un presupposto di legittimità della segnalazione.”. (Collegio di Roma, dec. n. 17845 del 28 luglio 2021; conf. Collegio di Napoli, dec. n. 15145 del 24 novembre del 2022)
4. Strumenti di tutela. Ricorso al provvedimento d’urgenza ex art. 700 C.p.c.
A fronte d’una illegittima segnalazione, il cliente è legittimato a rivolgersi al Tribunale, onde ottenere un provvedimento cautelare urgente, ex art. 700 C.p.c., cui ingiungere alla banca segnalante d’attivarsi presso la C.R. per la cancellazione del suo nominativo. (Cass. Civ., Sez. III, Ord. n.14600 del 2021; Trib. Benevento, 20 ottobre 2020).
Quanto al petitum, al giudicante il ricorrente domanderà emettersi un ordine di cancellazione del suo nominativo iscritto nella C.R., in merito alla causa petendi il medesimo prospetterà in ricorso il fumus boni iuris ed il periculum in mora, i due requisiti cui è ancorato l’invocato provvedimento d’urgenza.
Quanto al primo, s’intende quale verosimiglianza del diritto per il quale si ricorre laddove, sulla base d’un giudizio, ex ante, appaia fondato il diritto azionato. Il diritto azionato sarebbe rappresentato dall’inadempimento dell’obbligo di buona fede e di correttezza contrattuale che dovrebbe caratterizzare il comportamento della banca nella gestione del rapporto negoziale col cliente. (Trib. Bari, Sez. IV, Ord. del 13 gennaio 2022; idem, Teramo, Ord. del 15 luglio 2021; idem, Udine, Ord. n.30 del 30 luglio 2020; idem, Padova, Sez. Feriale Civile, Ord. del 31 agosto 2018; idem, Cosenza, Sez. I, Ord. dell’11 ottobre 2018; idem, Venezia, Sez. I, Decr. del 26 marzo 2020).
Quanto al secondo, s’intende quale fondato motivo di temere che, durante il tempo necessario per far valere il diritto, esso, all’esito del giudizio ordinario, poiché minacciato d’un pregiudizio imminente ed irreparabile, possa rimaner insoddisfatto. Dalla citata giurisprudenza emerge che il periculum in mora sia in re ipsa: “… sia in questo caso insito nella condotta di illegittima segnalazione …, cioè “in re ipsa””. (Trib. Salerno, Sez. I, Ord. del 27 gennaio 2021; idem, Teramo, Ord. del 15 luglio 2021). La qualifica di “cattivo pagatore” genera un annullamento del merito creditizio, con richiesta di rientro dei finanziamenti da parte di altre banche e la conseguente impossibilità d’accedere al credito. (Trib. Milano, Sez. VI, Ord. del 29 giugno 2018; idem, Napoli, Sez.II, Ord. del 30 novembre 2017; idem, Matera, Ord. del 18 giugno 2008)
5. Ricorso all’Arbitrato Bancario Finanziario (A.B.F.).
L’Arbitro Bancario Finanziario opera con sette collegi territoriali, oltre al Collegio di Coordinamento che decide questioni che generano orientamenti differenti tra i collegi. Le decisioni non sono vincolanti e ciascuna delle parti può rivolgersi al giudice. Il reclamo presso la banca segnalante è una condizione di procedibilità pel ricorso all’A.B.F., giacché l’omissione del primo vien rilevata d’ufficio. (Cfr. Collegio, Milano, dec.n.23125 del 17 dicembre 2020; conf. Collegio, Napoli, dec. n. 5939 del 2018; idem, Torino, dec. n. 25058 del 27 novembre del 2018). Il ricorso contiene doglianze già formulate nel reclamo. Dal ricevimento del reclamo, la banca ha circa 60 giorni per fornire una risposta scritta. Ove l’esito del reclamo sia insoddisfacente oppure omesso, il cliente può presentare ricorso all’A.B.F. Il ricorso si presenta entro 12 mesi dalla pronuncia sul reclamo, altrimenti si dovrà proporre un nuovo reclamo. La banca ha 45 giorni per svolgere le proprie difese ed il ricorrente 20 giorni per replicare a quest’ultima ed, ulteriori, 20 giorni per consentire all’intermediario di controreplicare. Entro 90 giorni, l’A.B.F. emetterà la propria decisione le cui motivazioni saranno estese entro i successivi 30 giorni.
6. Cenni sulla giurisprudenza dell’A.B.F.
La nozione del presupposto che legittima la segnalazione in C.R., è il medesimo trattandosi d’una difficoltà economica non transitoria che rende incapace il cliente di far fronte alle obbligazioni contratte. La comunicazione del preavviso di segnalazione non rappresenta una condizione di legittimità della medesima. L’insorgenza del cliente verso l’omesso preavviso non gli consente di neutralizzare la segnalazione ove non dimostri che, se lo avesse ricevuto, avrebbe potuto comunicare alla banca elementi utili a neutralizzarla (Collegio di Roma, dec. n. 15095 del 23 novembre 2022). Omesso il preavviso, il cliente giammai potrà invocare il risarcimento del danno ove sia provato che egli era incapace di far fronte alle proprie obbligazioni e che, pertanto, la segnalazione era corretta. (Cfr. Collegio di Roma, dec. n. 15095, cit.).
7. Il danno da illegittima segnalazione non è un danno in re ipsa.
L’illegittima segnalazione genera un danno al cliente, patrimoniale e non (Cass.Civ., Sez. I, N. 15609, cit.; Trib. Napoli, Sez. II, Sent. n.3763 del 16 aprile 2018). L’iscrizione del debitore in C.R. comporta l’associazione del suo nominativo a quello d’un “cattivo pagatore”. Sul piano patrimoniale, il cliente subisce un danno rappresentato dalla richiesta di rientro immediato avanzata da altre banche oppure dall’impossibilità d’accedere ai finanziamenti. Si può parlare anche di danno non patrimoniale, quale danno alla sua immagine ed alla sua reputazione. (Trib. Perugia, Sent. del 30 giugno 2017). V’è un danno non patrimoniale anche per le persone giuridiche “…situazione giuridica dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla costituzione” (Cass. Civ., Sez. I, n. 15609, cit.; Trib. Modena, Sez. II, Sent. n. 44 dell’11 gennaio 2019). Ciò vale per il risarcimento del danno sia contrattuale, ex art. 1218, C.c., perimetrato dal plesso normativo di cui agli artt. 1223, 1227, 1226, C.c., che aquiliano, ex artt. 2043, 2059, C.c., circoscritto, per via del rinvio operato dall’art. 2056, C.c., dalle norme da ultimo citate.
In tema di prova del danno da illegittima segnalazione, si registrano due opposti orientamenti nella giurisprudenza. Per il primo, accertata l’illegittimità della segnalazione, il danno patrimoniale sarebbe un danno in re ipsa. Si giunge sulla base del seguente ragionamento, e cioè che la contrazione del finanziamento per un imprenditore e l’impossibilità d’accedere al credito per un soggetto privato rappresentano un danno eziologicamente riconducibile all’illegittima segnalazione. Parimenti, per tal orientamento anche il danno non patrimoniale è un danno in re ipsa. Il danno alla reputazione, vuoi commerciale, vuoi professionale, ed il conseguente discredito per l’associazione del proprio nominativo a quello d’un “cattivo pagatore”, sarebbe eziologicamente riconducibile all’illegittima segnalazione. La giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale per la lesione della reputazione personale d’un soggetto illegittimamente protestato per due assegni “…nelle ipotesi in cui sia prospettato che il protesto illegittimo abbia leso diritti della persona, come il diritto alla reputazione o alla salute, il danno è in re ipsa e dovrà essere risarcito senza che il danneggiato debba fornire la prova dell’esistenza del danno…”. (Cass. Civ., Sez. I, n. 2576 del 23 marzo 1996). Sulla stessa riga, il danno per la lesione della reputazione personale a seguito d’illegittimo protesto cambiario (Cass.Civ., Sez. III, n. 9233 del 18 aprile 2007). In tal direzione, pure la giurisprudenza di merito“…l’accertamento di una lesione della onorabilità della persona (…) determina in re ipsa anche l’accertamento di un danno risarcibile, da liquidarsi equitativamente e indipendentemente dalla prova di un concreto nocumento agli interessi commerciali patrimoniali del soggetto leso…”. (Trib. Paola, Ord. del 9 aprile 2018).
L’orientamento scrutinato è superato da quello attuale per il quale il danno, patrimoniale e non, conseguente all’illegittima segnalazione nella C.R., non è in re ipsa. L’orientamento che ritiene il danno in re ipsa, alloca il danno materiale nell’ambito della condotta illecita della banca segnalante, vale a dire nel danno evento, rappresentato dal fatto in sé della lesione. Si tende ad identificare il danno con l’ingiusta lesione dell’interesse giuridicamente protetto, all’integrità della sfera giuridica. Di segno avverso è l’attuale orientamento giurisprudenziale, per il quale il danno, patrimoniale o non, è un danno conseguenza, e non un danno evento, come, invece, prospettato dal filone innanzi scrutinato.
Intanto si predica la risarcibilità del danno ingiusto, in quanto il danneggiato ne alleghi e provi l’esistenza, ai sensi del comma 1, dell’art. 2697, C.c. Si richiama l’elaborazione giurisprudenziale in tema di risarcibilità del danno ingiusto, il cui accertamento è scandito da due passaggi logici, rappresentati dall’accertamento del nesso causale tra la condotta illecita ed il danno evento e tra quest’ultimo ed il danno conseguenza. L’orientamento giurisprudenziale in esame, colle sue pronunce, ci comunica che, anche in materia di risarcimento del danno ingiusto da illegittima segnalazione, esso non può esser svincolato dall’accertamento della reale entità del danno, in ossequio alla ratio dell’istituto risarcitorio, il quale non consente che al danneggiato sia riconosciuto un danno maggiore di quello effettivamente subito. La funzione del risarcimento è di natura restitutoria giammai sanzionatoria, essendo volto a ripristinare la sfera patrimoniale del danneggiato nella situazione antecedente all’ingiusta lesione. Ove fosse riconosciuta al danneggiato una posta risarcitoria maggiore rispetto al danno effettivamente subito, questi conseguirebbe un ingiustificato arricchimento. Anche il risarcimento del danno, esige che lo spostamento di ricchezza, da un soggetto ad un altro, sia giustificato. Sul punto, la giurisprudenza ci rammenta che, onde affermare la risarcibilità del danno, è necessario accertare, dapprima, a monte, il nesso causale tra la condotta, che si assume illecita, ed il danno evento, ossia l’ingiusta lesione dell’interesse giuridico protetto, e, poi, a valle, quello tra il danno evento ed il danno conseguenza, vale a dire il danno materiale subito dal danneggiato. La Suprema Corte ha, più volte, precisato che, con riguardo al primo nesso causale, trattasi d’una causalità materiale, soggetta alle regole di quella penale di cui agli artt. 40,41, C.p., mentre, il secondo, trattasi, invece, d’una causalità giuridica, il cui accertamento richiama il plesso normativo degli artt. 1223, 1226, 1227, C.c., applicabili anche per il danno da illecito aquiliano, per via dell’art. 2056, C.c. (Cass. civ., Sez. III, n. 21619 del 2007). S’indaga, a monte, quale sia la lesione dell’interesse leso, pervenendo ad un giudizio controfattuale ipotetico mediante il quale poter predicare che, in assenza della condotta illecita, il danno evento, vale a dire la lesione, non si sarebbe prodotta. Accertato, a monte, il danno evento, si accerta, a valle, il danno conseguenza, ossia il danno materiale subito dal danneggiato. E, di poi, perimetrare l’area del danno risarcibile tramite il plesso normativo di cui agli artt. 1223, 1226, 1227, C.c. (Cfr. Cass. civ., n.21619, cit.). Ognuna delle norme citate, assolve a quella funzione, e, cioè, di delimitare l’area del danno risarcibile, in ossequio alla ratio dell’istituto risarcitorio. Pertanto, la funzione dell’art. 1223, C.c. è quella d’assicurare che vengano risarciti, nelle componenti del danno emergente e del lucro cessante, soltanto quei danni che siano conseguenza immediata e diretta della condotta illecita del danneggiante. Accertata l’esistenza del danno, la funzione dell’art. 1227, C.c., del primo e del secondo comma, sarebbe quella di delimitarne l’entità, portando in diminuzione la posta risarcitoria laddove, nella causazione del danno, vi abbia concorso la condotta negligente del danneggiante ovvero venga in rilievo l’omessa condotta diligente di questi che non abbia evitato che essi si producessero. Ove il danno non possa dimostrarsi nel suo preciso ammontare, soccorre l’art. 1226, C.c., che ne consentirebbe la quantificazione in via equitativa. Queste regole, come precisato dalle Sezioni Unite, valgono non soltanto per il risarcimento del danno patrimoniale, bensì per quello non patrimoniale, il quale ultimo può esser provato facendo ricorso alle presunzioni. (Cass. Civ., Sez. Un., n. 26972 del 2008).
Calando i principi nella materia che ci occupa, meglio si comprende quella giurisprudenza prevalente secondo cui il danno da illegittima segnalazione non può esser ritenuto in re ipsa. Ed, infatti, per la giurisprudenza di merito “…Il danno…non è in re ipsa ma, quindi, va provato…per ottenere il risarcimento di un pregiudizio conseguente all’altrui comportamento illegittimo occorre allegare e provare non solo un danno -evento, ma anche un danno – conseguenza…l’accertamento del danno patrimoniale causato dalla illegittima segnalazione alla Centrale Rischi esiga l’accertamento d’un duplice nesso causale…”. (Trib. Castrovillari, Sent. n. 273 dell’11 marzo del 2021: Corte App. Brescia, Sez. II, Sent. n. 1046 del 7 settembre 2022). Anche per il danno non patrimoniale da illegittima segnalazione “…trattarsi di un ‘danno conseguenza’, che, come tale, va allegato e provato…”. (Trib. Roma, Sez., I, n. 7864 del 10 aprile 2019). Il tema del risarcimento del danno, patrimoniale e non, ha rappresentato, per il giudice di merito, in virtù del principio d’elaborazione giurisprudenziale “della ragione più liquida” (Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., n.9936/2014; idem, Sez. V, n.11458/2018: “…deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale”.), la questione prioritaria da esaminare, pur essendo logicamente subordinata alla pronuncia sulla domanda principale dell’accertamento dell’illegittima segnalazione presso la banca dati privata, tramite cui rigettarla (Trib. Benevento, Sez. II, Sent. n. 153 dell’1 febbraio 2021). Parimenti, per la giurisprudenza di legittimità, “…Errato parimenti è l’assunto…secondo cui il danno…dell’illegittima segnalazione alla centrale rischi, debba essere considerato in re ipsa…”. (Cass. civ., n. 1931, cit.; idem, Sez. III, n. 4881 del 3 aprile 2001). Ed, ancora, “…il danno all’immagine ed alla reputazione per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi costituisce pur sempre “danno conseguenza” (…) pertanto non può ritenersi sussistente in re ipsa…”. (Cass. civ., Sez. I, Ord. n. 20885 del 20 agosto 2019; idem, Sez. VI, sottosezione 3, Ord. n. 7594 del 28 marzo 2018).
8. Conclusioni
Il merito creditizio rappresenta una proiezione della personalità d’un soggetto giuridico, come l’individuo. Questo valore, può esser messo in discussione dalla banca colla quale s’intrattiene un rapporto negoziale, vuoi di conto corrente, vuoi di finanziamento. Abbiamo compreso che, giammai, un semplice inadempimento può generare, automaticamente, una segnalazione presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia ovvero presso una delle varie banche dati gestite dai Sistemi d’Informazione Creditizia, ma che, semmai, l’emananda segnalazione trova il suo presupposto sostanziale in una situazione di grave e non transitoria insolvenza finanziaria. La segnalazione è governata da precise regole che trovano il loro addentellato normativo non soltanto in fonti primarie, come il T.U.B., ma anche secondarie, come la Circolare della Banca d’Italia n. 139 del 1991. Inoltre, la segnalazione dev’essere preceduta dal preavviso che l’intermediario deve comunicare, per iscritto, al cliente prima d’inoltrare la segnalazione alla Centrale Rischi. Nell’ambito dell’attività istruttoria volta alla segnalazione, la banca deve osservare gli obblighi di buona fede e di correttezza contrattuale, e che, in tal senso, il suddetto preavviso è orientato, facendo mente a quegli obblighi, a salvaguardare la sfera patrimoniale del proprio cliente, consentendogli, una volta che questi abbia ricevuto il preavviso, di neutralizzarlo, esercitando, all’uopo, le sue difese. A fronte d’una illegittima segnalazione, il cliente può insorgere invocando, laddove ne ricorrano i presupposti, l’emissione d’un provvedimento cautelare d’urgenza, ex art. 700, C.p.c., col quale il giudice possa ordinare alla banca segnalante d’attivarsi, presso la Centrale Rischi, affinché quest’ultima cancelli il suo nominativo. In alternativa al procedimento giudiziario, v’è un rimedio stragiudiziale, tramite cui è possibile reagire, esperendo, previa presentazione d’un reclamo presso la banca segnalante, un ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario, riservandosi, comunque, il diritto d’azionare il ricorso d’urgenza. Il preavviso di segnalazione rappresenta un presupposto formale, e non sostanziale, nel senso, cioè, che, anche laddove venga omesso dalla banca, esso dovrà considerarsi legittimo, ove veritiero circa la reale situazione d’insolvenza del cliente. Quest’ultimo, a seguito della sua iscrizione nella Centrale Rischi, subisce un danno, di natura patrimoniale e non patrimoniale, e che tal danno, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, non è in re ipsa, e che, pertanto, va allegato e provato. Che tal danno, rappresenta un danno conseguenza, e non danno evento, sicché il suo accertamento non può prescindere dal duplice giudizio sulla causalità materiale e giuridica.
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Con un taglio operativo e pragmatico si analizzano tutte le tematiche connesse alle comunicazioni effettuate dalle Centrali Rischi soffermandosi sulle valutazioni del rischio che vengono adottate e le rispettive tecniche di calcolo.
Come difendersi dalla centrale rischi e dal default del conto corrente
L’opera, aggiornata alla recente GIURISPRUDENZA, con schemi, tabelle e modelli vuole essere uno strumento di ausilio per tutti i professionisti che si occupano di contenzioso bancario.Con un taglio operativo e pragmatico si analizzano tutte le tematiche connesse alle comunicazioni effettuate dalle Centrali Rischi soffermandosi sulle valutazioni del rischio che vengono adottate e le rispettive tecniche di calcolo.Si esaminano nello specifico le problematiche individuate dalle pronunce giurisprudenziali in merito alle segnalazioni illegittime. Nella procedura di tutela delle banche vi è l’obbligo di procedere ad effettuare accantonamenti proporzionati al rischio che ogni istituto di credito assume con la gestione degli impieghi.Ogni operazione di finanziamento, quindi, richiede un processo di valutazione del rischio in relazione al quale si determina l’accantonamento.Questa seconda edizione analizza anche le nuove regole europee, in vigore anche in Italia dal 31 dicembre 2020, in materia di classificazione dei debitori in default (c.d. “Default del conto corrente”) che hanno introdotto metodologie e criteri molto più severi rispetto a quelli precedentemente utilizzati.Marcella CaradonnaDottore Commercialista, Presidente dell’Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti contabili di Milano. Esperta in materia bancaria. Autrice di numerose pubblicazioni e Professore a contratto presso l’Università Cattolica di Milano.
A cura di Marcella Caradonna | Maggioli Editore 2021
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