La semplificazione amministrativa: dall’articolo 20 della legge n. 59 del 1997 al processo di codificazione.

Sgueo Gianluca 16/11/06
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1. L’articolo 20 della legge n. 59 del 1997: la prima fase della semplificazione – 2. La seconda fase della semplificazione: la diminuzione del carico normativo – 3. La terza fase della codificazione: i testi unici misti – 4. La fase attuale della codificazione, i pareri del Consiglio di Stato. – 5. Conclusioni
 
 
1. L’articolo 20 della legge n. 59 del 1997: la prima fase della semplificazione
La semplificazione dell’azione amministrativa in Italia nasce con prospettive diverse da quelle sviluppate in ambito europeo. Infatti, il legislatore comunitario si preoccupa in particolare di operare una costante deregulation atta a liberare il mercato dalla sovrabbondanza di regole, rendendo così più agevole la libera circolazione dei capitali, imprese e lavoratori. Al contrario, il primo obiettivo del legislatore italiano non è teso alla diminuzione delle norme ma piuttosto alla ricerca di uno strumento di regolazione che operi con minori vincoli rispetto allo strumento legislativo.
Dunque, attraverso l’articolo 20 della prima legge cd. “Bassanini”, si opera una modifica integrativa all’articolo 17 della legge n. 400 del 1988 che, nel quadro della disciplina del ruolo e delle funzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri, attiene il potere regolamentare del Governo. Più precisamente, si distinguono due tipologie di regolamenti governativi. Anzitutto quelli emanati nella forma del Decreto del Presidente della Repubblica, previa consultazione del Consiglio di Stato, su proposta del Consiglio dei Ministri, inerenti quattro materie principali: l’esecuzione delle leggi e regolamenti comunitari; il recepimento delle leggi contenenti principi generali; il regolamento delle strutture e degli uffici e la disciplina della materie in cui manchi un atto avente forza di legge (salva l’ipotesi in cui si tratti di materie coperte da riserva assoluta di legge).
La seconda tipologia di regolamento è quello ministeriale o interministeriale, adottato nella forma del Decreto Ministeriale e sottoposto alla preventiva valutazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, affinchè ne valuti la coerenza con gli indirizzi politici dell’esecutivo di cui è il diretto responsabile. Ad essi viene affidata in particolare la definizione e l’organizzazione degli uffici di diretta collaborazione, nonché l’individuazione degli uffici dirigenziali generali, sia centrali che periferici.
Il sistema introdotto dal legislatore prevede la proposizione da parte del Governo di una proposta di semplificazione al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno. Successivamente all’approvazione legislativa il Governo viene delegato ad emanare decreti legislativi di semplificazione nelle materie indicate dalla delega. In tal modo si regolamentano determinati processi in maniera più rapida e nel rispetto dei principi posti dal legislatore, a garanzia della democraticità della scelta.
 
2. La seconda fase della semplificazione: la diminuzione del carico normativo
La seconda fase della semplificazione si caratterizza per la ricerca di una migliore qualità nella produzione normativa. Operare un miglioramento qualitativo dei procedimenti significa anzitutto migliorare le tecniche di stesura (dunque maggiore chiarezza) ma anche, e soprattutto, ridurre il carico di norme presenti in ciascuna materia (dunque maggiore coerenza). Questo perché il legislatore si rende conto di come la sovrabbondanza di regole finisca per rendere più complessa l’opera di interpretazione nelle ipotesi problematiche.
In tal senso può essere letta la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri Carlo Azeglio Ciampi del 27 febbraio 1994, atta ad istituire le Carte di qualità dei servizi, che recepisce e concretizza in norme giuridiche e prescrizioni il complesso dibattito sulla qualità. Le Carte dei Servizi costituiranno dunque il primo e più tangibile documento di trasformazione dei processi di semplificazione.
 
3. La terza fase della codificazione: i testi unici misti
Il processo di semplificazione tradizionale subisce una battuta d’arresto nel 2001, quando il legislatore costituzionale opera una radicale riforma del Titolo V della Costituzione, capovolgendo il riparto di competenze tra Stato e Regioni. Diviene pertanto evidente che la possibilità di operare, con il processo tradizionale, su ampi settori della normazione non è più possibile, in ragione delle ampie sfere di competenza trasferite alle Regioni medesime.
Dunque, si introduce un nuovo strumento di semplificazione: quello dei Testi Unici misti, così definiti perché comprendono al loro interno norme sia di natura legislativa che regolamentare. Ad essi si riconosce la natura di decreti legislativi delegati, aventi capacità innovativa del livello normativo primario, sia pure entro lo stringente limite del coordinamento formale (ovvero della sola apposizione di quelle modifiche volte a garantire la coerenza logica e sistematica della normativa).
 
4. La fase attuale della codificazione, i pareri del Consiglio di Stato.
L’esperienza dei Testi Unici misti ha vita breve e lascia presto lo spazio allo strumento della codificazione. È bene ricordare in proposito che l’intento del legislatore non intende ripetere l’esperienza dell’illuminismo, allorquando si sfruttò lo strumento codicistico per creare raccolte organiche di documenti normativi inerenti settori disciplinari tra loro diversi. Pur partendo da un comune intento razionalizzante infatti, lo scopo della codificazione moderna è quello di offrire un riassetto complessivo di specifici settori omogenei.
Quindi, le differenze principali rispetto ai Testi Unici misti sono costituite dall’assenza della fonte normativa regolamentare e, soprattutto, dalla menzione del concetto di riassetto anziché di riordino. Non è più cioè solamente una riorganizzazione di tipo formale, ma un intervento atto ad agire anche sul merito, e dunque più significativo nella sua portata.
Risultano a questo proposito molto interessanti le riflessioni svolte dal Consiglio di Stato in due distinte occasioni: nel parere consultivo sul codice dei diritti di proprietà industriale offerto dall’Adunanza Generale il 25 ottobre 2004 e, successivamente, nel parere consultivo che la medesima Adunanza offre nei confronti del codice delle assicurazioni.
Nel primo, dopo aver tracciato le linee evolutive del processo di semplificazione di cui s’è dato conto poco sopra, i giudici di Palazzo Spada si soffermano sulle problematiche che potrebbe comportare il nuovo strumento. In particolare ad interessare è quella che riguarda il rapporto con la normativa regolamentare. Secondo il parere, appurata l’impossibilità di comprendere all’interno dei codici le norme di fonte secondaria, diverrà opportuno delegare il governo all’emanazione di un secondo codice, che si accompagni al primo e contenga appunto le norme regolamentari ad esso collegate. Per quanto riguarda poi il diverso grado che ricoprono le norme regolamentari governative e quelle ministeriali, le soluzioni percorribili sono due: o si prevede nel codice principale una disposizione che consenta di attrarre le disposizioni affidate alla disciplina di regolamenti ministeriali alla competenza di regolamenti governativi, oppure si adottano anche in questo caso due distinti regolamenti, ciascuno per la fonte prevista.
Significative sono, infine, le riflessioni svolte dall’Adunanza Plenaria il 14 febbraio 2005. Interessanti perché si pone particolare attenzione alle tecniche necessarie alla redazione dei nuovi codici, tra cui soprattutto quella della perimetrazione. Si riporta in merito un esempio concreto: la presenza nel codice civile di alcune disposizioni che riguardano i contratti di assicurazione costituisce una circostanza problematica che il Consiglio di Stato ritiene debba essere risolta discrezionalmente dal Ministro competente, appunto nel rispetto dei criteri della perimetrazione. Ovvero attraverso il mantenimento di due fonti distinte (il codice civile ed il codice delle assicurazioni) purchè coordinate tra loro, ovvero l’attrazione delle norme civilistiche all’interno del nuovo codice.
 
5. Conclusioni
A ben vedere l’evoluzione che il processo di semplificazione ha subito in questi anni può essere inscritta in un filo logico-consequenziale delineato con precisione: la ricerca di un sistema più efficace, e dunque economico ed efficiente, di regolamentazione. Non più e non soltanto riguardante i singoli procedimenti amministrativi ma piuttosto atto a vertere sulle tecniche di normazione e, da ultimo, sul riassetto razionale di intere materie.
Come lo stesso Consiglio di Stato ribadisce nei pareri offerti, la via di una semplificazione complessiva è ancora lunga e difficoltosa. In particolare si tratta di comprendere fino a che punto sarà possibile, attraverso l’utilizzo delle tecniche più appropriate, ridurre il carico normativo e migliorare la comprensibilità e chiarezza dei testi. Due eventi questi che, al di fuori di ogni dubbio, costituiscono l’ago della bilancia del successo nel raggiungimento degli obiettivi intrapresi dal legislatore a partire dal 1997.
 

Sgueo Gianluca

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