La sospensione del procedimento con messa alla prova

L’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova: caratteristiche generali

L’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova è regolato ai sensi dell’art. 168 bis c.p.

Tale istituto, già introdotto nel procedimento minorile con il DPR 448/1988 art. n. 28, che consiste in una modalità alternativa di definizione del processo, è stato introdotto nel Codice di Procedura Penale con la L. n. 67 del 28 aprile 2014.

La sospensione del procedimento con messa alla prova prevede la possibilità per l’imputato o l’indagato, ammesso alla prova, di estinguere le conseguenze penali della propria condotta delittuosa tramite un’attività di volontariato e, eventualmente fosse possibile, tramite il risarcimento del danno in favore della   persone offesa dal reato.

Va precisato che sul punto la norma in questione è chiara nello stabilire che il lavoro di pubblica utilità, non retribuito e svolto presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o gli enti di volontariato, deve essere conciliabile con le attività lavorative, di studio e non deve pregiudicare i rapporti di famiglia e la salute.

L’istituto in esame può essere richiesto solamente per quei reati per i quali è prevista la pena nel massimo non superiore ad anni 4 di reclusione o comunque quei reati indicati ai sensi del II co dell’art. 550 c.p.p, ossia per quei reati per i quali il Pubblico Ministero esercita l’azione penale tramite citazione diretta a giudizio.

Ebbene è evidente, dal tenore della norma, come lo scopo dell’istituto in esame sia quello di permettere una più veloce risoluzione di procedimenti penali che hanno ad oggetto reati di minore allarme sociale.

A tale beneficio, infatti, non solo potranno accedere i soggetti incensurati, ma anche coloro che hanno già riportato altre condanne ed ai quali è, quindi, contestata la recidiva ex art. 99 c.p.

Ed ancora non solo tale beneficio potrà essere richiesto una sola volta ma non avranno possibilità di accedervi i soggetti dichiarati delinquenti per tendenza o delinquenti abituali e coloro che avranno già avuto un esito negativo della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.

A tal punto, una volta precisato in quali casi e quali soggetti potranno accedere a tale modalità alternativa di definizione del processo, è necessario soffermarsi sulla fase del procedimento penale in cui è possibile avanzare la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.

La richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, invero, potrà essere avanzata sia nel corso delle indagini preliminari sia nella fase successiva all’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero.

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L’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova nella fase delle indagini preliminari

L’indagato, quindi, sin dalla fase delle indagini preliminari potrà richiedere di accedere al beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 168 bis c.p.

Tale richiesta dovrà essere depositata, dal difensore dell’indagato munito di procura speciale, nella cancelleria del Pubblico Ministero procedente con allegata la disponibilità di uno degli enti presso il quale è possibile svolgere tale attività.

Il Pubblico Ministero, in caso di parere positivo, trasmetterà il fascicolo al Giudice delle Indagini preliminari e formulerà l’imputazione.

Il Giudice delle indagini preliminari, quindi, dovrà fissare, previo avviso alla persona offesa, un’udienza che si celebrerà in camera di consiglio all’esito della quale deciderà se ammettere o meno l’indagato a tale beneficio e sospenderà il procedimento in attesa dell’esito del periodo di affidamento.

La sospensione del procedimento con messa alla prova dopo l’esercizio dell’azione penale

E’ possibile richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova anche dopo che il Pubblico Ministero ha esercitato l’azione penale ma, i termini processuali saranno differenti a seconda del rito in corso: nel caso di decreto penale di condanna la richiesta dovrà essere presentata contestualmente all’atto di opposizione, nel caso di  citazione diretta a giudizio la richiesta dovrà essere presentata prima dell’apertura del dibattimento ai sensi dell’art. 491 c.p.p., così come per gli altri riti alternativi al dibattimento quali il giudizio abbreviato (art. 438 c.p.p.) e l’applicazione di pena su richiesta delle parti (art. 444 c.p.p.).

La richiesta potrà essere presentata dal procuratore speciale con allegata la disponibilità dell’ente convenzionato.

Il Giudice, se ammetterà l’imputato alla prova, sospenderà il procedimento per il tempo di affidamento dello stesso al servizio sociale e contestualmente sospenderà anche i termini di prescrizione.

Qualora l’esito del periodo di affidamento fosse positivo, il Giudice dichiarerà l’estinzione del reato.

Sospensione del procedimento con messa alla prova: criticita’

Il punto di maggiore discussione, in riferimento alla sospensione del procedimento con messa alla prova, è relativo alla possibilità di accesso a tale rito alternativo anche qualora siano contestate circostanze aggravanti ad effetto speciale che comporterebbero un superamento del limite edittale, imposto dall’art. 168 bis c.p., di 4 anni di reclusione.

Ebbene tale controversia è stata posta all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione per la prima volta a seguito dell’ordinanza di rigetto del Tribunale di Ancona della concessione della sospensione del procedimento con messa alla prova per un’imputata a cui veniva contestato il reato di cui all’art. 640 co. 1 c.p.

A pare del Tribunale non vi erano gli estremi di Legge al fine della concessione di tale beneficio poiché i limiti predisposti dall’art. 168 bis c.p., impongono di considerare anche le circostanze aggravanti ad effetto speciale.

Avverso tale provvedimento aveva esperito ricorso per Cassazione il difensore dell’imputata sostenendo che il Giudice dovesse tener conto della sola pena edittale richiamata per il reato-base, senza tener conto delle circostanze aggravanti.

Secondo un primo orientamento della Suprema Corte di Cassazione (cfr. cass. pen. Sez. VI 30 giugno 2015 n. 36687) per l’accesso all’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova il Giudice dovrà tenere conto anche delle circostanze aggravanti e non soltanto della pena prevista per il reato-base.

Tale assunto risponde a canoni di unicità e coerenza del sistema, posto che muove dalla costatazione dell’esistenza di un vuoto legislativo da colmare per via analogica attraverso il richiamo al principio generale che di fatto il legislatore ha preso in considerazione riguardo la determinazione della pena in materia di competenza (art. 4 c.p.p.), misure cautelari (278 c.p.p.), arresto e fermo (art. 379 c.p.p.), citazione diretta a giudizio (550 c.p.p.).

Di conseguenza, secondo tale orientamento, anche per la messa alla prova, pur in assenza di una espressa previsione normativa, si ritiene che la soluzione interpretativa non possa che allinearsi alla disciplina generale suindicata.

Ed ancora secondo questo primo orientamento giurisprudenziale, i limiti di applicazione per tale istituto sono espressamente previsti ex art. 168 bis poiché vi è un espresso richiamo ai reati indicati ex art. 550 co II c.p.p.

Invece, il secondo orientamento giurisprudenziale (cfr, cass. pen. sez. VI 9 dicembre 2014 n. 6483) fornisce un’interpretazione differente riguardo il silenzio del legislatore in merito all’individuazione dei criteri di individuazione della pena, sottolineando come nel testo della norma manchi qualsiasi riferimento alla possibile incidenza di eventuali circostanze aggravanti.

Quindi, questo secondo orientamento giurisprudenziale richiama il brocardo latino “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”: non avendo il legislatore fissato criteri ad hoc se ne desume, a contrario, che nella determinazione della pena ai fini della concessione della sospensione del procedimento con messa alla prova, deve guardarsi unicamente alla pena prevista per il reato base.

Inoltre, va sottolineato, come l’istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova andrà presentata in un momento in cui il Giudice non potrà esperire una valutazione sulla fondatezza dell’accusa così come formulata ed in particolare in merito alle circostanze aggravanti.

Tale dibattito giurisprudenziale è stato risolto con l’intervento della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite che ha aderito al secondo degli orientamenti sopra richiamati affermando che per l’applicazione della sospensione del procedimento con messa alla prova il Giudice deve tener conto unicamente della pena prevista per il reato-base senza tener conto di eventuali circostanze aggravanti anche ad effetto speciale.

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Giovanni Varriale

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