1. Premessa
Ci siamo lasciati alle spalle un anno davvero particolare, connotato da una serie infinita di eventi del tutto incontrollabili e imprevedibili, primo fra tutti l’emergenza sanitaria da Covid-19 che ha colpito l’intero pianeta.
Il diffondersi dell’epidemia non ha risparmiato nessuno, ivi compreso il settore della Giustizia.
Ed è per questa ragione che il Governo, in via d’urgenza, è più volte intervenuto sotto il profilo normativo, adottando una serie di decreti volti ad incidere ed a fornire una regolamentazione speciale anche in materia processuale.
L’azione governativa, indirizzata in un primo momento a sospendere e/o rinviare tutte le attività processuali allo scopo di ridurre al minimo le forme di contatto personale, ha predisposto una serie di misure dirette a potenziare gli strumenti del processo telematico e le attività giudiziarie da remoto, nonché ha elaborato una disciplina volta a ridurre gli effetti negativi che il differimento delle predette attività ha avuto sull’effettiva tutela dei diritti costituzionalmente garantiti (vds. per ultimo il D.L. n. 137/2020, noto come “Decreto Ristori”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24/12/2020).
La disciplina progressivamente introdotta in tal senso ha riguardato, tra gli altri istituti, anche quello della sospensione della prescrizione di cui all’art. 159 c.p.
Nello specifico, un richiamo indiretto al predetto istituto lo si rinveniva all’art. 83 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 – convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 – il quale prevedeva, rispettivamente ai suoi commi 2 e 4, che dal 9 marzo al 15 aprile 2020 (termine questo poi ulteriormente prorogato, con il D.L. n. 23/2020, fino all’11 maggio 2020) fossero sospesi sia il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali, sia quello della prescrizione e dei termini di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p., nelle ipotesi di svolgimento delle udienze penali tassativamente indicate al secondo comma.
Ed è proprio il quarto comma dell’art. 83 D.L. n. 18/2020 ad essere al centro della pronuncia della Corte Costituzionale n. 278 del 18/11/2020, depositata lo scorso 23 Dicembre, di cui meglio si dirà di seguito.
La disposizione de qua, infatti, ha reso necessario l’intervento della Consulta, in quanto la norma straordinaria ha dato adito a dubbi di compatibilità costituzionale della stessa con il principio di irretroattività di una norma penale di sfavore di cui al combinato disposto degli articoli 2 c.p. e 25, comma secondo, Cost.
Prima di addentrarsi nella vicenda oggetto della pronuncia costituzionale n. 278/2020, preliminarmente definiamo a grandi linee la disciplina sulla prescrizione e sulla sua sospensione ex art. 159 c.p.
2. Sulla sospensione dei termini di prescrizione
Nel diritto, il fenomeno della prescrizione esprime l’incidenza dello scorrere del tempo sulle vicende giuridiche.
Il decorso di un più o meno ampio lasso di tempo può infatti comportare, a seconda dei casi e nello specifico in materia penale, l’estinzione del reato per il quale non sia ancora stata pronunciata una definitiva sentenza di condanna oppure l’estinzione della pena comminata all’esito di un giudizio ormai concluso e rimasta, tuttavia, ineseguita.
Diversamente da quanto previsto negli ordinamenti degli altri Paesi, nel diritto italiano la prescrizione è considerata un istituto avente natura sostanziale. Ed in quanto tale, dunque, ad esso sono applicabili le fondamentali garanzie che tradizionalmente caratterizzano la materia penale, ovverosia il principio di legalità ed il divieto di applicazione retroattiva di eventuali modifiche normative sfavorevoli per il reo.
Di conseguenza la ratio sottesa all’istituto della prescrizione, secondo l’impostazione condivisa dalla dottrina e dalla giurisprudenza, è quella secondo cui il passare del tempo determinerebbe una progressiva riduzione delle esigenze di prevenzione generale fissate da un certo fatto di reato, fino al loro completo azzeramento.
Infatti, il fenomeno della prescrizione è connotato da una pregnante funzione di garanzia volta, da un lato, a sollecitare una pronta risposta da parte dell’amministrazione della Giustizia e, dall’altro, a garantire il cittadino dal pericolo di trovarsi esposto al potere punitivo dello Stato per un tempo non prevedibile – aspetto quest’ultimo che, inevitabilmente, si intreccia con l’altrettanto problematico tema della garanzia di ragionevole durata del processo.
Quanto alla fonte normativa dell’istituto de quo, data la sua natura sostanziale, essa si rinviene all’interno della parte generale del Codice Penale, e più nello specifico agli artt. 157-171, Libro I, c.p.[1]
Soffermando, adesso, la nostra attenzione su quanto previsto in relazione alla sospensione del decorrere dei termini di prescrizione, il legislatore italiano all’art. 159 c.p. ha voluto disciplinare talune specifiche ipotesi nelle quali lo scorrere dei termini di prescrizione rimane “congelato”, per poi riprendere a decorrere laddove venga meno una delle cause ivi previste in norma.
Il primo comma dell’art. 159 c.p. prevede delle ipotesi di sospensione dei termini di prescrizione ricollegabili a delle situazioni di stasi momentanea del procedimento penale, che prescindono da inerzie o ritardi della Autorità procedente.
E sono tali:
- la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare imposti da una particolare disposizione di legge;
- l’autorizzazione a procedere dalla data del provvedimento con cui il pubblico ministero presenta la richiesta sino al giorno in cui l’autorità competente la accoglie;
- il deferimento della questione ad altro giudizio, sino al giorno in cui viene decisa la questione;
- la sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore;
- la sospensione del procedimento penale per assenza dell’imputato a norma dell’art. 420-quaterp.p.;
- le rogatorie all’estero, dalla data del provvedimento che dispone una rogatoria sino al giorno in cui l’autorità richiedente riceve la documentazione richiesta, o comunque decorsi sei mesi dal provvedimento che dispone la rogatoria.
Alle predette cause occorre aggiungerne un’ulteriore, prevista dal secondo comma dell’art. 159 c.p., così come riformato, da ultimo, dalla legge n. 3/2019.
In particolare, il capoverso della disposizione in esame stabile che il corso della prescrizione rimane “altresì sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna”.
Premesso il quadro normativo generale sulla sospensione del termine di prescrizione di cui all’art. 159 c.p., occorre adesso porre la nostra attenzione sulla pronuncia resa dalla Consulta avente ad oggetto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 4, D.L. n. 18/2020 in relazione al principio di irretroattività della norma sfavorevole per il reo, di cui all’art 25, secondo comma, Cost.
3. La questione di cui alla sentenza corte costituzionale n. 278/2020
Il decreto legge n. 18 del 2020 e la relativa legge di conversione n. 27 del 2020 rappresentano, insieme ai successivi decreti intervenuti durante l’emergenza epidemiologica, dei provvedimenti eccezionali posti in deroga alle regole e alle altre leggi generali del nostro ordinamento.
Tale caratteristica trova ulteriore conferma – per quanto interessa alla specifica analisi dell’art. 83 D.L. n. 18/2020 oggetto della pronuncia in disamina – nell’epigrafe del provvedimento in questione, il quale recita: “Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di adottare altresì’ disposizioni in materia di giustizia, di trasporti, per i settori agricolo e sportivo, dello spettacolo e della cultura, della scuola e dell’università […]”.
Ebbene, già prima facie, appare chiara la straordinarietà di cui è impregnato l’art. 83 del “Decreto Cura Italia”, il quale si è prefissato il principale scopo di garantire e proteggere alcuni fondamentali diritti costituzionali posti in pericolo dall’emergenza Covid-19, con conseguente e parziale sacrificio di taluni principi, primo fra tutti il diritto alla difesa e alla tutela dei propri interessi legittimi di cui all’art. 24 della Costituzione, in favore dell’altrettanto primario diritto alla salute (art. 32 Cost.).
Come è noto, ed in relazione a quanto previsto dal quadro normativo generale già sopra richiamato, i commi 4 e 9 dell’art. 83 D.L. n. 18/2020 – modificato dall’art. 36 D.L. n. 23/2020 – hanno previsto, rispettivamente:
- la sospensione del termine di prescrizione fino all’11 maggio 2020 per tutti i procedimenti civili e penali rimasti “congelati” nella fase 1 dell’emergenza sanitaria;
- e la sospensione della prescrizione non oltre il 30 giugno 2020 in relazione a quei procedimenti penali le cui udienze, fissate tra il 12 maggio e il 30 giugno 2020, non siano state celebrate a fronte dei rinvii disposti dai singoli capi degli Uffici Giudiziari nel corso della cd. fase 2.
A prescindere dalle diverse questioni problematiche connesse alla infelice formulazione della disposizione in questione e alle successive e numerose modifiche intervenute, il profilo che si è palesato sin da subito delicato e critico ha riguardato l’applicazione retroattiva della sospensione della prescrizione, così come censurato da parte di autorevole dottrina e dalle ordinanze di rimessione dei Tribunali di Siena, Spoleto e Roma[2].
In particolare, i Tribunali di Siena e di Spoleto hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 4, del decreto legge n. 18/2020 (convertito in legge n. 27/2020 e per come modificato dall’art. 36 d.l. n. 23/2020), in riferimento all’art. 25, comma 2, e all’art. 117 della Costituzione (nonché in relazione al medesimo principio sancito a livello sovranazionale all’art. 7 CEDU).
Mentre il Tribunale di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale sempre con riferimento alla disposizione sopra richiamata, sollecitando ulteriormente la Corte Costituzionale ad una parziale rilettura, in chiave processuale, dell’art. 159 c.p.
Per ragione di completezza occorre precisare che le ordinanze di rimessione, oggetto dell’intervento della Consulta, sono state pronunciate nell’ambito di procedimenti penali pendenti nella fase del dibattimento nei quali, qualora le disposizioni censurate fossero state dichiarate incostituzionali, i Giudici rimettenti avrebbero dovuto dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
La Corte Costituzionale, con decisione n. 278 del 18 novembre 2020 (depositata il 23/12/2020), ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Giudici di prime cure, facendo salva così l’applicazione retroattiva della sospensione della prescrizione prevista dal Decreto Cura Italia[3].
4. Il ragionamento della consulta
In prima battuta la Corte Costituzionale ha, volutamente, richiamato ed analizzato il contesto normativo connesso all’emergenza epidemiologica da Covid-19 in tema di svolgimento dell’attività giudiziaria, nel cui ambito si collocano le disposizioni censurate dai Tribunali rimettenti.
Invero, si ribadisce anche in questa sede che l’art. 83 del D.L. n. 18/2020, oggetto della censura de qua, ha dettato, per quanto attiene ai processi penali, un’articolata disciplina mirata a provocare la stasi delle relative attività, disponendo il rinvio di ufficio delle udienze a data successiva al 15 aprile 2020 e la sospensione dei termini di compimento di qualsiasi atto fino alla medesima data, senza possibilità di intervento dei capi degli Uffici giudiziari e salvo casi di eccezionale urgenza.
Pertanto, per effetto della successiva ed ulteriore proroga disposta dall’art. 36 del D.L. n. 23/2020, la sospensione del decorrere altresì dei termini di prescrizione ha operato dal 9 marzo all’11 maggio 2020.
Tutto ciò premesso, la Consulta ha ritenuto opportuno evidenziare l’assenza di qualsivoglia tratto distintivo tra il corredo genetico delle regole deputate a calibrare i termini ordinari di prescrizione, di cui all’art. 157 c.p., e le cause di interruzione e sospensione dei medesimi, di cui agli artt. 159 e 160 c.p., poiché l’eventuale neutralizzazione degli effetti del trascorrere del tempo sulla vita del reato dipenderebbero inesorabilmente da accadimenti processuali.
Invero la prescrizione, pur determinando sul versante processuale l’arresto della procedibilità dell’azione penale, si configura come causa di estinzione del reato sul piano più specificamente sostanziale.
Ebbene, è proprio la natura sostanziale dell’istituto de quo che richiama e giustifica l’infondatezza delle questioni sollevate dai Giudici di prime cure in riferimento al principio di legalità di cui all’art. 25, comma 2, della Costituzione.
La garanzia del principio costituzionale appena menzionato, nel suo complesso, presenta una formula di così particolare ampiezza tale da dar corpo ad un diritto fondamentale della persona che, da una parte, non è comprimibile non entrando in bilanciamento con altri diritti (in ipotesi) antagonisti e dall’altra appartiene al nucleo essenziale di diritti di libertà che concorrono a definire l’identità costituzionale dell’ordinamento nazionale.
Ed è per tutte queste ragioni che la prescrizione rientra nell’alveo costituzionale del principio di legalità, in virtù del dato per cui l’istituto de quo incide sulla punibilità della persona, riconnettendo al decorrere del tempo l’effetto di impedire l’applicazione della pena[4] (cfr. § 9 e 10 del Considerato in diritto, sentenza n. 278/2020).
Il rispetto del principio di legalità, oggetto della censura da parte dei Tribunali rimettenti, coinvolge inevitabilmente anche la disciplina della irretroattività della norma penale sfavorevole e quella della decorrenza, sospensione ed interruzione della prescrizione, poiché quest’ultima nelle sue varie articolazioni concorre a determinare la durata del tempo il cui decorso rappresenta una causa di estinzione del reato.
A questo punto, la Consulta, ferme restando le predette premesse giuridico-teoriche fin qui delineate, ha ritenuto necessario far leva, ai fini del decidere, sulla disciplina posta dall’art. 159, comma 1, cod.pen.
Orbene, ad avviso della Corte Costituzionale la norma in disamina nella parte in cui prevede che il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale […] è imposta da una particolare disposizione di legge, «ha una funzione di cerniera perché contiene, da una parte una causa generale di sospensione e dall’altra una catalogazione di altri “casi” particolari».
Ed ancora, «tale previsione rispetta il principio di legalità di cui all’art. 25, secondo comma, Cost., avendo un contenuto sufficientemente preciso e determinato, aperto all’integrazione di altre più specifiche disposizioni di legge, le quali devono comunque rispettare il principio di ragionevole durata del processo (art. 111, comma secondo, Cost.) e quello di ragionevolezza e proporzionalità (art. 3, comma primo, Cost.)» (§ 13 del Considerato in diritto, sentenza n. 278/2020).
Una volta precisata la portata del principio di legalità nel suo duplice aspetto, sostanziale e processuale, i Giudicanti hanno soffermato la loro attenzione sull’art. 83, quarto comma, D.L. n. 18/2020 letto ed interpretato in relazione agli altri suoi commi e tenendo conto di quanto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità sul punto.
Infatti, secondo quanto sancito dalle recenti pronunce rese dalla Corte di Cassazione in materia, la sospensione dei termini stabiliti dal secondo comma dell’art. 83, durante la cd. prima fase delle misure stabilite per fronteggiare l’emergenza epidemiologica (9 marzo – 11 maggio 2020), ben si collega ai rinvii delle udienze penali, disposti d’ufficio nel medesimo arco temporale.
In tal modo, pertanto, la disciplina sulla sospensione dei termini processuali e quella sul rinvio del processo, sono state trattate e considerate unitariamente.
Questa interpretazione della giurisprudenza di legittimità, ad avviso dei Giudici della Corte Costituzionale, è in linea di continuità con le altre cause di sospensione dei processi e della relativa sospensione dei termini di prescrizione, collegate a situazioni di emergenza derivanti, ad esempio, da eventi sismici.
Invero, queste ultime ipotesi presentano una ratio affine a quella della disciplina chiamata a fronteggiare la pandemia da Coronavirus e censurata dai Tribunali rimettenti.
Sotto questo profilo, pertanto, il principio di legalità è rispettato poiché la sospensione del corso della prescrizione disposta all’art. 83, comma 4, D.L. n. 18/2020 è riconducibile alla fattispecie della “particolare disposizione di legge” di cui al primo comma dell’art. 159 c.p. e può, altrettanto, dirsi anteriore alle condotte contestate agli imputati nei giudizi a quibus.
Per tutte queste motivazioni, dunque, la Corte Costituzionale ha affermato che non vi è stata «alcuna sospensione retroattiva della prescrizione come conseguenza della sospensione dei procedimenti e processi penali, bensì [che] ha trovato piena applicazione il principio secondo cui la legge (nella specie di contenuto processuale) dispone per l’avvenire (art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale) e pertanto legittima è la ricaduta sulla prescrizione in termini di sospensione di durata prevista dall’art. 1 D.L. n. 11/2020[5], in combinato disposto con l’art. 10, comma 13, del D.L. n. 9 del 2020, in piena sintonia con l’art. 159, primo comma, cod.pen.» (§17 del Considerato in diritto, sentenza n. 278/2020).
5. Riflessioni conclusive
In conclusione, quello che sembrerebbe emergere dalla pronuncia costituzionale sopra esaminata, è che la ragion di Stato sia prevalsa su quella di diritto, poiché l’azione del Governo (necessariamente al passo, alquanto improvvisato, con l’imprevedibilità degli eventi susseguitesi negli ultimi mesi) doveva andar salvata in qualche modo, in virtù del momento particolarmente difficile che ha colpito, ed ancora oggi affligge, il nostro Paese.
Il contesto nel quale si è stagliata la decisione della Consulta, infatti, è sicuramente connotato da particolare eccezionalità ed unicità, nel quale la macchina giudiziaria ha subito inevitabilmente un brusco arresto e nel quale sono stati sacrificati principi di garanzia fondamentali del nostro sistema penalistico.
Pertanto, quello che si vuol auspicare con questa sentenza è che la decisione presa venga letta dai posteri come un precedente finalizzato a colmare l’ “incapacità” amministrativa di prevedere eventi inaspettati ed unici, come quello in questione, ed organizzare in tempo una risposta adeguata, senza “scaricare” le relative conseguenze sugli utenti finali, ivi compresi gli imputati.
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Note
[1] Si ricordi, per ragioni di completezza, che la disciplina in ordine alla prescrizione è stata oggetto di diversi interventi di riforma, tra cui ricordiamo la legge n. 103 del 2017 (nota come “riforma Orlando”) e la recente legge n. 3 del 2019 (la cd.” riforma Bonafede”). In particolare è proprio quest’ultima legge ad aver inciso più radicalmente sulla disciplina in disamina, da un lato abrogando le disposizioni in tema di sospensione del corso della prescrizione e dall’altro prevedendo un blocco della stessa dopo la sentenza di primo grado (anche se di assoluzione) o dopo il decreto penale di condanna, sino alla esecutività della sentenza che definisce il giudizio o all’irrevocabilità del decreto penale di condanna.
[2] Tribunale di Siena, ordinanza del 21 maggio 2020, Est. Spina e Tribunale di Spoleto, ordinanza del 27 maggio 2020.
Per un commento alle stesse, cfr. B. Andò, “La natura sostanziale della prescrizione e le intenzioni processuali della legislazione ai tempi dell’emergenza sanitaria: in dubbio la legittimità costituzionale della sospensione della prescrizione” disposta dal Decreto Cura Italia, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 6; e Tribunale di Roma, ordinanza del 18 giugno 2020, Giud. Foresta, vd. in www.sistemapenale.it
[3] Si precisa che anche la Corte di Cassazione con due recenti sentenze (Cass., Sez. V, sent. 14 luglio 2020 – dep. 7 settembre 2020, n. 25222, e Cass., Sez. III, 23 luglio 2020 – dep. 9 settembre 2020, n. 25433), si era pronunciata in ordine al medesimo argomento. In particolare, gli Ermellini hanno ritenuto che l’art. 83, comma 4, d.l. n. 18/2020 non avesse modificato in modo sfavorevole la disciplina della prescrizione, essendosi limitato ad introdurre, con una disposizione processuale, un’ulteriore ipotesi di sospensione del processo penale per ragioni di tutela della salute pubblica.
[4] Cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 115 del 2018 e negli stessi termini sentenze n. 324 del 2008, n. 393 del 2006 e ordinanza n. 24 del 2017
[5] Art. 1 D.L. n. 11 del 2020 “Differimento urgente delle udienze e sospensione dei termini nei procedimenti civili, penali, tributari e militari”: 1. A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, con le eccezioni indicate all’articolo 2, comma 2, lettera g), sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020;
- A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo;
- Ai procedimenti nei quali le udienze sono rinviate a norma del comma 1, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2, commi 4 e 5. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.;
- Le disposizioni del presente articolo, in quanto compatibili, si applicano altresì ai procedimenti relativi alle commissioni tributarie e alla magistratura militare.
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