La sottile linea tra procacciatore d’affari ed il mediatore

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La questione affrontata dalla Corte di Cassazione riguarda la delicata figura del procacciatore d’affari: ha diritto di vedersi riconosciuta la provvigione, ma a quali condizioni?

Anche se è pacifico che il soggetto abbia svolto attività di procacciamento di un affare, in concreto conclusosi, posto che trattasi di attività non riconducibile nell’ambito della mediazione tipica, il diritto alla provvigione è subordinato o no all’iscrizione nel ruolo di cui alla L.39/1989?

 

Il caso

In primo grado P.L. otteneva la condanna della società C. al pagamento della provvigione per aver, su incarico della stessa società, svolto attività di procacciatore d’affare al fine di individuare un acquirente per un complesso di macchinari di ingente valore.

La società C. interponeva appello che veniva accolto sulla base dell’assorbente rilievo della mancata dimostrazione dell’iscrizione del creditore all’albo dei mediatori professionali. Condizione ritenuta essenziale per far sorgere il diritto alla provvigione.

Stante il contrasto in giurisprudenza la Seconda Sezione ha sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite per verificare se la figura del procacciatore d’affari possa essere sussunta nella disciplina tipica del mediatore, tenuto conto della presenza di un indirizzo che nega al mediatore non iscritto ai ruoli l’azione di ingiustificato arricchimento.

 

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La figura del mediatore

Le Sezioni Unite per rispondere al quesito, di non scarsa importanza, partono dal constatare quelli che sono gli elementi che caratterizzano la figura del mediatore. Il Codice Civile all’art. 1754 c.c. fornisce una definizione che deve essere coordinata con le previsioni normative della L. 39 n. 1989, così come modificata dal D.Lgs. 26 marzo 2010 n. 59, che richiedono una serie di requisiti per poter svolgere tale attività, anche qualora la stessa sia svolta in modo discontinuo ed occasionale.

Occorre inoltre premettere che la Giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito in passato come il d.lgs 59/2010 non ha fatto venire meno la preclusione al corrispettivo per effetto della mancata iscrizione del mediatore al ruolo, e che la riserva dello svolgimento dell’attività di mediatore a soggetti ritenuti in possesso di requisiti quali idoneità tecnica e morale sono giustificati dalla peculiare importanza assunta dal mediator nello sviluppo dei traffici da un lato e dalla necessità di tutelare l’interesse collettivo ad un corretto sviluppo dell’attività che spesso costituisce l’unico tramite per la conclusione d’affari.

Posto inoltre che la normativa nazionale non contrasta con il diritto comunitario, in quanto la direttiva 67/43/CEE non impedisce allo Stato membro di riservare determinate attività rilevanti nel settore degli affari immobiliari a persone autorizzate a svolgere determinate professioni, gli ermellini restano fermi sul punto secondo cui, a prescindere dalla validità o meno del contratto di mediazione, colui che esercita tale attività (sia esso persona fisica o impresa collettiva) ha diritto alla provvigione soltanto se ed in quanto iscritto nel ruolo. L’iscrizione è elemento costitutivo della domanda.

Il procacciatore d’affari

La figura del procacciatore d’affari si delinea invece come figura atipica, la cui attività è svolta in modo occasionale, normalmente attuativa del rapporto intercorrente con il preponente. E’ quindi un collaboratore che svolge attività non subordinata caratterizzata dalla mancanza di stabilità e consistente nella mera segnalazione di potenziali clienti e nella raccolta di proposte di contratto ovvero di ordini, senza intervenire nelle trattative per la conclusione dei contratti.

Il punto in comune tra questa figura e quella del mediatore è da individuarsi nello svolgimento di attività di intermediazione al fine della conclusione di affari. La differenza fondamentale sta invece  nell’imparzialità del mediatore, mentre il procacciatore, anche senza carattere di stabilità, agisce nell’esclusivo interesse del preponente.

La figura negoziale del procacciatore d’affari viene pertanto inquadrata nel negozio della mediazione c.d. atipica, fondata su contratto a prestazioni corrispettive (mediazione unilaterale).

Tenuto conto di tutti questi elementi le S.U. affermano che tutte le ragioni che portano all’obbligo di iscrizione all’albo del mediatore –condizione indispensabile per il riconoscimento della provvigione – trovano applicazione anche nella mediazione atipica. Quindi anche per il procacciatore d’affari. Viene infatti valorizzato il nucleo essenziale delle due figure, che consiste nello svolgimento di attività di mediazione. Di fatto il Codice Civile all’art. 1756 qualifica mediatore anche colui che riceve il mandato da una sola delle parti, ed il conferimento del mandato unilateralmente avente ad oggetto la ricerca di un acquirente non impedisce l’applicazione della normativa in materia di mediazione.

Alla luce di tutto ciò, tenuto conto dell’occasionalità che caratterizza il procacciamento d’affari, svolto su mandato a titolo oneroso, anche i procacciatori d’affari devono essere iscritti ai ruoli ai sensi della L. 39/89 che, per l’appunto disciplina ipotesi di mediazioni atipiche aventi ad oggetto beni immobili o aziende.

Il difetto di tale iscrizione incide inevitabilmente sul diritto alla provvigione anche qualora oggetto dell’affare sia un bene mobile, laddove l’attività sia svolta in modo non occasionale e quindi professionale o continuativo.

Sentenza collegata

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Avv. Ghione Annachiara

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