La sottoposizione all’alcoltest e il mancato avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore

Il caso

Con la sentenza in esame, la Suprema Corte si è pronunciata avverso una sentenza di assoluzione emessa dal GIP ai sensi dell’art. 129 c.p.p., a seguito di richiesta di patteggiamento, nei confronti di una persona imputata per il rifiuto all’accertamento del tasso alcolemico mediante etilometro (art. 186 comma 7 del codice della strada). L’assoluzione con formula “perché il fatto non sussiste” è stata motivata con il mancato avvertimento di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p. della facoltà di farsi assistere da un difensore.

In altre parole, il conducente del veicolo durante gli accertamenti preliminari effettuati dalla polizia giudiziaria ha repentinamente e risolutamente espresso il suo rifiuto a sottoporsi all’alcoltest ancor prima che il personale di polizia giudiziaria avesse avuto il tempo di operare l’avvertimento di cui al 114 cit.

Gli accertamenti preliminari e meramente esplorativi

Gli accertamenti preliminari e meramente esplorativi di cui all’art. 186 comma 3 del Codice della strada sono necessari al fine di motivare l’obbligo di sottoposizione all’alcooltest. In proposito la Circolare del Ministero dell’Interno del 29 dicembre 2005, n. 300/A/42175/109/42 ha specificato che tali accertamenti possono essere svolti nel luogo in cui il conducente viene fermato per il controllo, a condizione che ciò garantisca il rispetto della riservatezza personale e dell’integrità fisica e che quindi non possono consistere in esami clinici o di laboratorio sul sangue. La ratio degli accertamenti preliminari è quello di consentire screening veloci per incrementare il numero di persone controllate anche se non manifestino sintomi tipici di abuso di alcool. Test comportamentali, apparecchi portatili in grado di rilevare la presenza di alcool senza quantificarne il valore (blow test), sono alcuni dei metodi utilizzabili a carattere non invasivo: solo l’esito positivo agli accertamenti preliminari rende legittimo l’accertamento tecnico più accurato mediante etilometro.

In alternativa, la sottoposizione all’alcooltest è legittima qualora vi siano elementi utili a supporre che il conducente sia in stato di ebrezza, come l’alitosi da alcool, il camminare malfermo o l’eloquio sconnesso. Per cui sono necessarie specifiche circostanze di fatto, ovvero elementi indiziari, che facciano desumere un possibile stato di alterazione del conducente al fine di esercitare una legittima richiesta di accertamento mediante strumenti e procedure determinati da regolamento (ovvero l’etilometro ex art. 379 comma 4 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495).

Diritto all’assistenza di un difensore

«La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento» è quanto afferma il secondo comma dell’art. 24 della Costituzione. A sostegno di ciò l’art. 220 disp. att. c.p.p. stabilisce che se emergono indizi di reato nel corso di attività ispettive o di vigilanza occorre osservare le disposizioni del codice di procedura penale, in tal caso l’art. 356 c.p.p., disposizione che assicura il diritto all’assistenza del difensore per le perquisizioni (art. 352 c.p.p.), il sequestro e per gli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone (art. 354 c.p.p.). La disposizione che garantisce attivamente questo diritto è l’art. 114 disp. att. c.p.p. il quale impone alla polizia giudiziaria l’obbligo di avvertire la persona sottoposta a indagini di farsi assistere da un avvocato nella fase di tali accertamenti.

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Legittimità della richiesta da parte delle forze dell’ordine

In sostanza la sentenza n. 10081/2019 ha specificato che la richiesta di accertamento del tasso alcolemico mediante etilometro è legittima «quando vi sia concreto sospetto che l’imputato guidasse in stato di ebrezza, per verificare la fondatezza del quale possono anche essere compiuti accertamenti preliminari e meramente esplorativi» e, a norma dell’art. 114 disp. att. c.p.p. è necessario che tale richiesta sia preceduta dall’avvertimento al conducente del veicolo della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia durante la sua esecuzione.

Nullità a regime intermedio

La recente sentenza oggetto di esame condivide l’orientamento seguito dalle Sezioni Unite n. 5396 del 29/01/2015 (Bianchi) secondo cui «la nullità conseguente al mancato avvertimento alla persona da sottoporre al controllo alcolimetrico della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in violazione dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., è annoverabile fra le nullità a regime intermedio e deve essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 2, secondo periodo, cod. proc. pen., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado». Difatti costituisce nullità intermedia l’inosservanza concernente «l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato», nelle ipotesi non previste dall’art. 179 c.p.p., e tali sono dedotte dalle parti entro la chiusura del dibattimento oppure rilevate d’ufficio al momento della deliberazione della sentenza di primo grado (art. 180 c.p.p.).

Inapplicabilità al patteggiamento

Da ultimo la Corte afferma tale principio di diritto: posto che la richiesta di applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso a essa prestato, la nullità relativa per mancato avviso della facoltà di farsi assistere da difensore ex art. 114 disp. att. c.p.p. viene sanata con la richiesta di patteggiamento.

A riguardo, nella parte in cui la Corte afferma che la richiesta di patteggiamento da parte dell’imputato presuppone la rinuncia a qualunque tipo di nullità sorge un dubbio. Tale affermazione renderebbe lettera morta quanto disposto dall’art. 444 comma 2 c.p.p. il quale espressamente prevede la possibilità di proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p. anche se vi è il consenso di entrambe le parti al patteggiamento (il codice utilizza la locuzione “e” e non “o”). Occorre, oltretutto ricordare come la stessa Corte in sentenza condivida l’orientamento sulla nullità intermedia dell’atto in violazione dell’art. 114 disp. att. c.p.p., la quale può essere rilevata d’ufficio, e che all’esito della richiesta di patteggiamento la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. è espressamente prevista dal codice come una delle possibili decisioni che il giudice può adottare.

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Emanuela Rodomonti

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