La stazione appaltante in una procedura di gara può dare chiarimenti interpretativi che non modifichino regole sostanziali

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Nel corso della gara l’interpretazione delle clausole del disciplinare da parte della stazione appaltante è ammissibile a condizione che non costituisca una modifica sostanziale della lex specialis

Il fatto

La vicenda nasce a seguito di una procedura negoziata telematica per l’affidamento del Servizio di recupero, selezione e valorizzazione di una tipologia di multimateriale leggero proveniente dalla raccolta differenziata. La società ricorrente contesta l’aggiudicazione della gara e, in particolare, i chiarimenti resi dalla stazione appaltante ad un quesito interpretativo in ordine ad una disposizione del disciplinare.

L’amministrazione, ai fini della partecipazione alla procedura, richiede, tra i vari requisiti minimi di capacità tecnica e professionale, l’aver eseguito, con buon esito nel triennio antecedente la data di pubblicazione della procedura di gara, servizi analoghi a quelli oggetto dell’appalto che, a pena di esclusione, devono essere stati svolti complessivamente, almeno per un anno nell’ambito del suddetto triennio, per una quantità minima di una determinata tipologia di rifiuto CER con una percentuale media di frazione estranea post selezione pari al massimo al 14%.

Entro il termine previsto nel disciplinare per la presentazione di richieste di “eventuali informazioni complementari e/o chiarimenti sulla documentazione di gara” alcuni operatori economici interessati alla partecipazione interpellano la stazione appaltante per avere specifici chiarimenti in merito al predetto requisito.

L’amministrazione procedente fornisce il chiarimento specificando che, a causa delle difficoltà per i concorrenti di acquisire i dati richiesti e di indicarli per provare il possesso del requisito, a rettifica di quanto previsto dalla lex specialis di gara, lo stesso è “da considerarsi tamquam non esset”.

Al riguardo la società ricorrente, che partecipa alla procedura negoziata (classificandosi al terzo posto della graduatoria) e dà prova del possesso dei requisiti speciali minimi così come richiesti dal disciplinare, compresi quelli che di fatto con i chiarimenti resi erano stati espunti dalla stazione appaltante, lamenta una inammissibile modifica della lex specialis. In particolare stigmatizza come, alla propria richiesta di verificare il possesso del requisito minimo de quo in capo agli altri concorrenti, il RUP riscontri tale istanza sottolineando che, in risposta ad una richiesta di chiarimenti, la stazione appaltante avrebbe stralciato dal disciplinare la clausola che prevede il requisito stesso.

Alla luce di tale circostanza, a dire della ricorrente, la stazione appaltante, nel rendere i chiarimenti, avrebbe illegittimamente ed impropriamente modificato la lex specialis, incidendo sui requisiti di partecipazione dei concorrenti e consentendo, in tal modo, ad operatori economici privi dei requisiti minimi tecnico – professionali richiesti dal disciplinare di partecipare alla gara ed addirittura di conseguire l’aggiudicazione.

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Le motivazioni

Per il Tar il ricorso è fondato.

In via preliminare il Collegio evidenzia nelle motivazioni come, nella dinamica di una gara di appalto, la richiesta di chiarimenti da parte dei concorrenti è perfettamente ammissibile; così come è altrettanto ammissibile la conseguente attività di interlocuzione con la quale la stazione appaltante rende i chiarimenti richiesti. Tale interlocuzione assume particolare rilevanza soprattutto in tema di requisiti di partecipazione, per le possibilità di difficoltà interpretative e di letture alternative da parte dei concorrenti, “ai quali spetta senz’altro, in caso di dubbi o perplessità sulla volontà della stazione appaltante, una parola inequivoca della medesima”.

Il chiarimento, però, affinché sia legittimo, deve mantenersi entro un ben definito spazio logico e argomentativo, senza incidere sulla legge di gara cui ogni concorrente deve attenersi per potervi partecipare in condizioni di parità con altri operatori economici. Entro tale perimetro il chiarimento reso dalla stazione appaltante “può spingersi fino al limite della interpretazione autentica di una clausola del bando di gara, allo scopo di rendere noto inequivocabilmente il modo di intendere la sussistenza di un requisito partecipativo previsto a pena di esclusione”. Viceversa, qualora il chiarimento incida sull’essenza di un requisito di partecipazione alla gara, si realizza “una modifica non consentita delle regole del gioco, trattandosi di attività che si pone in contrasto con la par condicio”.

Pertanto la stazione appaltante può intervenire nei casi in cui il chiarimento risulti neutro rispetto ai contenuti del bando e alla partecipazione alla gara, in modo tale che l’attività posta in essere non costituisca un’indebita e illegittima modifica della lex specialis. Così connotata, l’attività della stazione appaltante può concretizzarsi anche in una sorta di interpretazione autentica con cui viene chiarita la “volontà provvedimentale” e vengono precisati i contenuti delle norme di gara che in un primo momento si prestano a dubbi interpretativi. In caso di oggettiva incertezza sui contenuti delle clausole delle norme di gara l’attività esplicativa della stazione appaltante deve essere resa in maniera trasparente, tempestiva e ispirata al principio del favor partecipationis, così da consentire che i chiarimenti apportati operino a beneficio di tutti i concorrenti e non comportino alcun pregiudizio o disparità di trattamento per i partecipanti.

Per il Collegio può accadere – come nel caso di specie – che la stazione appaltante, a seguito della richiesta di chiarimenti, possa essere indotta a riconsiderare l’opportunità o la utilità di una clausola del bando di gara e decidere di espungerla dalla lex specialis dopo la pubblicazione della medesima. Tale risultato “è, tuttavia, certamente contrario alla par condicio in quanto lede il legittimo affidamento riposto da tutti i partecipanti alla gara sulla univoca ed uniforme necessità di possedere determinati requisiti ed introduce finanche elementi di perplessità dell’azione amministrativa in contrasto con il principio di buona amministrazione”.

Nella fattispecie in esame l’amministrazione ha risposto alla richiesta di chiarimenti e, prendendo atto della difficoltà nel reperire i dati necessari a provare il possesso del requisito tecnico, è giunta alla determinazione di considerare tale requisito “tamquam non esset” e pertanto di espungere dal disciplinare la previsione dello stesso. Per il Tar siffatto chiarimento “è certamente idoneo, per come formulato, ad apportare illegittimamente una modifica essenziale alla legge di gara”. L’espunzione dalla dichiarazione circa il possesso del requisito di capacità tecnica de quosi risolve in una modifica sostanziale dell’onere dichiarativo posto a carico dei concorrenti, con crisi del principio della par condicio dei partecipanti”.

Il chiarimento fornito dalla stazione appaltante concretizza inequivocabilmente una modifica essenziale del requisito di partecipazione richiesto ai concorrenti, prima obbligati a dichiarare il possesso dello stesso (la percentuale media di frazione estranea alla lavorazione), poi completamente esentati da tale dichiarazione. L’espunzione di tale obbligo non rappresenta una mera semplificazione né ha un valore puramente formale perché, con riferimento alla tipologia di servizio da appaltare, “incide, nella sostanza, anche a livello solo potenziale, sul possesso di un requisito di capacità tecnica strutturato essenzialmente proprio sulla capacità di isolare, nel ciclo di lavorazione, una certa percentuale di frazione estranea, per ottimizzare la produzione”.

Per i giudici, infine, non può essere condivisa neppure la prospettazione difensiva della stazione appaltante secondo cui l’urgenza di provvedere all’aggiudicazione della commessa avrebbe condotto l’amministrazione a compiere una brusca virata sulla essenzialità del controverso requisito di capacità tecnica. Tale argomentazione non merita accoglimento “per la semplice ragione che anche un’urgenza qualificata non può comportare lo stravolgimento delle regole del gioco ben potendo procedersi ad annullamento in autotutela della gara e immediata indizione di altra procedura con previsione di requisiti calibrati in rapporto alle esigenze effettive della stazione appaltante”.

In conclusione l’inammissibilità di interpretazioni novative delle disposizioni della gara trova un fermo ancoraggio nel principio di parità di trattamento, secondo cui gli operatori economici devono contare su regole uguali e valide per tutti e, nella formulazione delle offerte, essere posti nelle stesse condizioni.

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Sentenza collegata

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Giacomo Giuseppe Verde

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