Il filone interpretativo volontaristico / soggettivistico
Art. 629 CP( estorsione )
Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000
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La pena è della reclusione da sette a venti anni e della multa da euro 3.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ ultimo capoverso dell’ Articolo precedente.
Sussiste il rischio empirico di confondere il reato di estorsione con quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone. La tentazione a-tecnica, in buona sostanza, ed alla luce dei diversi limiti edittali sanzionatori, può essere quella di qualificare il delitto p. e p. ex Art. 393 CP alla stregua di un epifenomeno non aggravato dell’ Art. 629 CP. Ora, giustamente, Cass., sez. pen. II, 21 gennaio 1941, n. 1078 ( ma anche Cassazione 679/1950 ) ha asserito che “ il criterio differenziale tra i delitti di cui agli Artt. 629 e 393 CP consiste nell’ elemento intenzionale, in quanto, nel primo, l’ intenzione dell’ agente è di procurarsi un ingiusto profitto, mentre, nel secondo, il reo agisce per conseguire un’ utilità che egli ritiene spettargli, nonostante che il suo diritto sia contestato o contestabile, senza adire l’ AG “. Come prevedibile, l’ interpretazione degli Anni Quaranta e Cinquanta del Novecento è stata arricchita ed ammodernata, ma, comunque, confermata, da Cass., sez. pen. II, 22 novembre 2018, n. 56400, a parere della quale “ la distinzione tra i delitti di cui agli Artt. 393 e 629 CP si pone essenzialmente in relazione all’ elemento psicologico: nel primo, l’ agente persegue il conseguimento di un profitto, nella convinzione ragionevole [ … ] di esercitare un suo diritto giudizialmente azionabile; nell’ estorsione, invece, l’ agente persegue il conseguimento di un profitto nella consapevolezza [ dolosa, ndr ] di non averne diritto “. Di eguale tenore, negli Anni Duemila, è pure l’ ermeneutica seguita da Cass., sez. pen. I, 20 luglio 2017, n. 6968, Cass., sez. pen. II, 20 dicembre 2016, n. 1901 e Cass, sez. pen. II, 28 giugno 2016, n. 46288. Siffatto filone esegetico soggettivistico è confermato pure dalla fattispecie assai delicata di Cass., sez. pen. VI, 13 settembre 2017, n. 58087, ovverosia, nel caso dell’ Art. 629 CP, “ l’ autore persegue [ sempre ] un profitto ingiusto [ … ] con modi arbitrari [ in relazione ad ] una pretesa non tutelabile dinanzi all’ AG “. Come si può notare, anche Cass., sez. pen. VI, 13 settembre 2017, n. 58087 insiste sull’ intenzione direttamente e pienamente dolosa del reo, il quale, nel delitto p. e p. ex Art. 629 CP, è perfettamente consapevole circa la non liceità e la non tutelabilità giuridica del profitto cui tende la violenza o la minaccia estorsiva. Viceversa, nella fattispecie ex Art. 393 CP, l’ inciso legislativo “ [ pur ] potendo ricorrere al giudice “ implica che l’ esercizio arbitrario delle proprie ragioni reca un pur minimo e ragionevole fondamento ordinamentale e riduzionista, con un conseguente spostamento della volontà del responsabile dall’ illiceità completa ex Art. 629 CP alla semi-tollerabilità sociale ex Art. 393 CP. Ciò che cambia è sia il contenuto del dolo sia il grado di giustificabilità collettiva del danno delittuoso arrecato; questo rinviene conferma pure nel diverso trattamento sanzionatorio dell’ Art. 393 CP rispetto a quello dell’ Art. 629 CP, poiché la volizione dolosa ha sempre sia un’ eziologia sia, nondimeno, una teleologia; e non si tratta di dettagli inutili in sede di giudizio.
2. Il filone interpretativo materialistico / oggettivistico
Tuttavia, esiste pure un secondo e diverso orientamento giurisprudenziale che pone l’ accento sulla più o meno intensa e/o anti-giuridica violenza esternata dal soggetto agente. P.e., di recente, Cass., sez. pen. V, 15 luglio 2019, n. 35563 ha asserito che “ nel delitto di cui all’ Art. 393 CP, la condotta violenta o minacciosa [ rispetto al delitto ex Art. 629 CP ] non è fine a se stessa, ma risulta strettamente connessa alla finalità dell’ agente di far valere il preteso diritto, rispetto al cui conseguimento si pone come elemento accidentale, per cui non può mai consistere in manifestazioni sproporzionate o gratuite di violenza“. Come si può notare, anche se rimane sottilmente implicito, le “ manifestazioni non sproporzionate e gratuite di violenza “ citate in Cass., sez. pen. V, 15 luglio 2019, n. 35563 sottintendono pure la maggiore tollerabilità sociale dell’ ipotesi delittuosa ex Art. 393 CP rispetto alla totale condanna collettiva del delitto p. e p. ex Art. 629 CP. In effetti, l’ anti-normatività radicale e totale della fattispecie ex Art. 629 CP è ribadita pure in Cass., sez. pen. II, 8 giugno, 2017, n. 33712, secondo la quale “ quando la minaccia o la violenza si estrinsecano in fome di forza intimidatoria e sistematica pervicacia, tali da eccedere ogni ragionevole intento di far valere un diritto, la coartazione dell’ altrui volontà [ ex Art. 629 CP ] è finalizzata a conseguire un profitto che assume, in sé e per sé, i caratteri dell’ ingiustizia “. Di nuovo, dunque, anche Cass., sez. pen. II, 8 giugno 2017, n. 33712 ripropone la ratio assai pertinente della maggiore accettabilità e giustificabilità sociologica dell’ ipotesi infrattiva di cui all’ Art. 393 CP. L’ anti-normatività, nel Codice Rocco, seguiva e segue una ben precisa scala di valori condivisi nel comune sentimento popolare dei consociati. In effetti, non senza esagerazioni, Cass., sez. pen. VI, 7 febbraio 2017, n. 11823 ammette un potenziale passaggio qualificatorio dall’ Art. 393 CP all’ Art. 629 CP, in tanto in quanto “ in determinate circostanze e situazioni, anche la minaccia dell’ esercizio di un diritto, di per sé non ingiusta, può divenatare tale, se le modalità in cui essa risulti formulata denotino una prava volontà ricattatoria che le facciano assumere connotazioni estorsive “. Cass., sez. pen. VI, 7 febbraio 2017, n. 11823 si fonda sul criterio della ragionevolezza proporzionata dell’ azione, il che, dunque, riporta, a parere di chi redige, al concetto di tolleranza sociale o, all’ opposto, di ripugnanza collettiva e, quindi, anche giuridica. La materialità fattuale degli Artt. 393 e 629 CP comporta una radicale differenza interpretativa dei fatti giudicati in sede giurisdizionale.
3. La Giurisprudenza di legittimità degli Anni Duemila tra materialità del fatto e intensità soggettiva del dolo
Di recente, Cass., sez. pen. II, 17 febbraio 2016, n. 11453 ( assai simile anche a Cass., sez. pen. II, 3 luglio 2018, n. 55137 ) ha affermato che “ il delitto di estorsione [ ex Art. 629 CP ] è configurabile quando la condotta minacciosa o violenta, anche se finalisticamente orientata al soddisfacimento di un preteso diritto, si estrinsechi nella costrizione della vittima attraverso l’ annullamento della sua capacità volitiva; è, invece, configurabile il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni [ ex Art. 393 CP ] quando un diritto giudizialmente azionabile venga soddisfatto attraverso attività violente o minatorie che abbiano un epilogo non costrittivo, ma più blandamente persuasivo “. Come si può notare, Cass., sez. pen. II, 17 febbraio 2016, n. 11453 distingue tra gli Artt. 629 e 393 CP sulla base dell’ entità fattuale della violenza o della minaccia eseguita. Pertanto, Cassazione, 11453/2016, Cassazione 55137/2018 e pure Cassazione 36928/2018 fanno prevalere, come normale nella Giuspenalistica, il criterio fattuale su quello formale / psicologico, in tanto in quanto, per la Giurisdizione penale, ciò che conta autenticamente è l’ esternazione materiale del delitto e non l’ intensità del dolo, che rimane valutabile attraverso criteri non fattuali, quindi meno attendibili. L’ oggettività prevale sulla soggettività, tranne nel caso del Diritto Processuale Civile. Senza alcun dubbio, anche la Dottrina è divisa. P.e., come riferito da Cass., SS.UU., 16 luglio 2020, n. 29541 “ spesso l’ affermazione di voler esercitare un opinato diritto [ ex Art. 393 CP ] non è che un pretesto per larvare l’ estorsione [ … ] l’ estorsione sussiste quando [ il soggetto agente ] chiede più di ciò che il diritto preteso comporta “. Come si vede, il confine tra l’ Art. 393 CP e l’ Art. 629 CP non è algebricamente accertabile. A parere della Giurisprudenza di legittimità degli Anni Duemila, infatti, un ipertrofico esercizio arbitrario delle proprie ragioni sconfina nell’ “ ingiusto profitto “ legislativamente in parola nel comma 1 Art. 629 CP. In effetti, sussiste anche, o soprattutto, una ratio di moderazione il cui limite, se superato, integra gli estremi di una vera e propria condotta estorsiva. L’ Art. 393 CP non deborda nella fattispecie ex Art. 629 CP a condizione che la violenza o la minaccia rimangano entro quei limiti di ragionevolezza e di proporzionalità che stanno pure alla base della tolleranza sociale sottesa all’ esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Trattasi di di una questione di limite razionale. D’ altronde, gli Artt. 393 e 629 CP si differenziano anche sotto il profilo dell’ intensità dolosa, poiché, come precisato da Cass., SS.UU. 16 luglio 2020, n. 29541, l’ estorsore “ reca la piena coscienza e volontà di conseguire un profitto non fondato su alcuna pretesa giuridica “.
4. Le ipotesi intermedie: intensità del dolo, materialità del danno e (in)tolleranza sociale.
Nella fattispecie gravemente anti-giuridica ex Art. 629 CP, il reo di estorsione non agisce mai nel rispetto della buona fede. L’ Art. 629 CP è ontologicamente e strutturalmente connesso ad un consilium doli completamente e preordinatamente avulso dalle normali regole della pacifica convivenza sociale. L’ estorsore, anche dal punto di vista volontaristico, oltrepassa, in maniera conclamata e consapevole, ogni limite di legalità, allorquando, viceversa, l’ Art. 393 CP presuppone la potenziale e legittima adizione dell’ AG per la protezione di un diritto legalmente degno di tutela ( si veda, a tal proposito, l’ inciso “ [ pur ] potendo ricorrere al giudice “ ex comma 1 Art. 393 CP ). Naturalmente, non mancano le opinioni a-tipiche o, ognimmodo, dissenzienti. P.e, Cass., sez. pen. II, 17 febbraio 2016, n.11453 corregge il puro criterio fattualistico, specificando che “ la materialità dei reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e di estorsione non appare esattamente sovrapponibile, poiché soltanto ai fini dell’ integrazione della fattispecie tipica dell’ estorsione è normativamente richiesto il verificarsi di un effetto di costrizione della vittima, conseguente alla violenza o alla minaccia “. In ogni caso, anche la testé menzionata Cass., sez. pen. II, 17 febbraio 2016, n. 11453 riconosce, più o meno esplicitamente, che l’ Art. 629 CP, dal punto di vista sostanziale, reca un livello quantitativo e qualitativo di violenza fisica o verbale di gran lunga superiore alla forza corporale o compulsiva ex Art. 393 CP. Anzi, nelle Motivazioni, Cass., sez. pen. II, 17 febbraio 2016, n. 11453 rimarca la maggior gravità della violenza o della minaccia ex Art. 629 CP, parlando di “ una grave situazione di coazione psicologica [ nell’ Art. 629 CP ] che provoca l’ atto di disposizione patrimoniale che arreca l’ ingiusto profitto con altrui danno [ … ] [ nell’ Art. 629 CP ] la coazione psicologica è, essenzialmente, una [ grave ] compressione della libertà di auto-determinazione suscitata dalla paura del male prospettato “. A parere di chi scrive, pare che, a livello di ratio, l’ Art. 629 CP si pone, rispetto all’ Art. 13 Cost., in una posizione di maggiore gravità rispetto a quanto blandamente p. e p. ex Art. 393 CP. L’ Art. 629 CP si colloca in una zona giuridica assolutamente e decisamente anti-sociale ed anti-ordinamentale. Viceversa, l’ Art. 393 CP postula un diritto di credito potenzialmente tutelabile avanti all’ AG. Similmente, anche Cass., sez. pen. II, 28 giugno 2016, n. 46288 distingue, in maniera netta, tra “ l’ ottenimento di una prestazione non dovuta “ ex Art. 629 CP e, viceversa, l’ ottenimento “ di una prestazione in astratto giudizialmente esigibile “ ex Art. 393 CP. Ancora una volta, l’ illiceità del reato di estorsione è intesa, nella Giurisprudenza di legittimità, come assoluta e giuridicamente nonché socialmente inaccettabile. Non si è di fronte all’ approccio riduzionistico codicisticamente adottato nell’ Art. 393 CP. Pure nei Lavori Preparatori del 1930, il Legislatore precisa che “ l’ effetto costrittivo “ descritto nell’ Art. 393 CP non raggiunge i livelli materiali di violenza e di premeditazione dolosa di un’ estorsione ex Art. 629 CP o di una rapina ex Art. 628 CP. Entro tale ottica qualitativa e quantitativa della violenza o della minaccia estorsiva, si colloca pure Cass., sez. pen. II, 17 ottobre 2013, n. 44954, la quale, nell’ ambito dell’ estorsione, parla di “ un totale annullamento della capacità del soggetto passivo [ … ] di determinarsi liberamente “. A parere di chi commenta, probabilmente, alla luce del comma 1 Art. 13 Cost., l’ impatto dell’ Art. 629 CP sulla libertà personale è l’ elemento decisivo che distingue la negatività giuridica totale dell’ estorsione dall’ ammissibilità sociologica parziale del delitto p. e p. ex Art. 393 CP.
5. Altri orientamenti interpretativi giurisprudenziali “ misti “ degli Anni Duemila.
La realtà normativa tiene ben distinti i due reati di esercizio arbitrario dlle proprie ragioni e, dall’ altro lato, di estorsione, anche quando, per quanto possa sembrare paradossale, l’ Art. 393 CP è aggravato dalla mano armata del soggetto agente. Ovverosia, come nota Cass., sez. pen. II, 28 giugno 2016, n. 46288 ( preceduta, tre anni prima, da Cass., sez. pen. II, 4 dicembre 2013, n. 51433 ) “ il comma 3 Art. 393 CP prevede che la pena è aumentata se la violenza o la minaccia sono commesse con armi, [ … ] senza legittimare distinzioni tra armi bianche o armi da fuoco “. Quindi, Cass., sez. pen. II, 28 giugno 2016, n. 46288 non pone l’ accento sulla gravità materiale della minaccia o della violenza, bensì sulla sussistenza della potenziale tutelabilità giurisdizionale del diritto di credito ex Art. 393 CP. Quindi, specularmente, nella fattispecie ex Art. 629 CP, l’ elemento decisivo è e rimane “ l’ ingiusto profitto con altrui danno “, anche se Cass., sez. pen. II, 28 giugno 2016, n. 46288 è un Precedente senza dubbio a-tipico e discutibile, in tanto in quanto, solitamente, l’ uso delle armi sposta la precettività concreta dall’ Art. 393 CP all’ Art. 629 CP. Anche a livello intuitivo, sembra abnorme o, comunque, bizzarro pensare ad un esercizio arbitrario delle proprie ragioni a mano armata, così come, tuttavia, p. e p ex comma 3 Art. 393 CP., poiché “ le armi sono tali da rendere la violenza o la minaccia di particolare gravità, ovvero costrittiva e, comunque, sproporzionata [ nel contesto dell’ Art. 393 CP ] [ … ]. La mano armata dovrebbe sempre integrare gli estremi del più grave delitto di estorsione, il che però, per espressa previsione di legge, non è “ ( Motivazioni, Cass., sez. pen. II, 28 giugno 2016, n. 46288 ). Addirittura, anche i Lavori Preparatori del 1930 non distinguono gli Artt. 393 e 629 CP sulla base della gravità fattuale della violenza, giacché “ la fattispecie tipica di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con minaccia o violenza alle persone è comprensiva di ogni specie di violenza, fisica o morale, senza dover attribuire, quindi, alcuna rilevanza alla quantità di violenza esercitata, oppure alla gravità della minaccia proferita “. Viceversa, nella ratio nazional-popolare, una violenza eccessiva è istintivamente sussunta entro il campo precettivo dell’ estorsione ex Art. 629 CP. Parimenti, anche Cass., sez. pen. VI, 12 giugno 2014, n. 45064 asserisce che gli Artt. 393 e 629 CP “ non contengono alcuna gradazione, né verso l’ alto né verso il basso, delle modalità espressive della condotta violenta o minacciosa “. Dunque, sempre secondo Cass., sez. pen. VI, 12 giugno 2014, n. 45064, l’ estorsione, ex comma 1 Art. 629 CP, si caratterizza per “ un ingiusto profitto con altrui danno “ non giudizialmente tutelabile ex comma 1 Art. 393 CP ( “ [ pur ] potendo ricorrere al giudice “ recita il dato normativo ). Naturalmente, Cass., sez. pen. II, 28 giugno 2016, n. 46288 e Cass., sez. pen. VI, 12 giugno 2014, n. 45064 non rappresentano dei Precedenti incontestati ed incontestabili. In effetti, a parere di chi commenta, una minaccia o una violenza superante ogni ragionevole limite sposta l’ ago della bilancia qualificatoria dall’ Art. 393 CP all’ Art. 629 CP, anche se, de jure condito, il comma 3 Art. 393 CP ammette un esercizio arbitrario delle proprie ragioni a mano armata. Se, poi, si pone mente all’ aggravante del crimine organizzato, l’ estorsione è protagonista a pieno titolo, mentre a nulla vale l’ attenuazione sanzionatoria e riduzionistica ex Art. 393 CP. Molto interessante, anche se contestabile sotto il profilo della qualità e della quantità della violenza, è pure Cass., SS.UU., 16 luglio 2020, n. 29541, secondo cui gli Artt. 393 e 629 CP “ pur essendo caratterizzati da una materialità non esattamente sovrapponibile, si distinguono, essenzialmente, in relazione all’ elemento psicologico “. Dunque, Cass., SS.UU., 16 luglio 2020, n. 29541 insiste sulla diversità dei lemmi “ potendo ricorrere al giudice “ ex comma 1 Art. 393 CP e, dall’ altro lato, “ procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con danno altrui “ ex comma 1 Art. 629 CP. A parere di chi scrive, ognimmodo, il criterio psicologico è meno apprezzabile di quello materiale, in tanto in quanto la ricostruzione dell’ intensità del dolo del reo è meno agevole rispetto all’ apprezzamento, più oggettivo e certo, della gravità materiale del danno illecito. Anzi, nelle fattispecie più conclamate di estorsione, ciò che veramente conta è la gravità della violenza o della minaccia e non il profilo volontaristico del dolo. Anche Cass., sez. pen. V, 24 novembre 2014, n. 2819 ( seguita pure da Cass., sez. pen. II, 28 giugno 2016, n. 46288 ) afferma che, nell’ Art. 393 CP, “ l’ agente è animato dal fine di esercitare un diritto con la coscienza che l’ oggetto della pretesa gli può competere giuridicamente “ e tale buona fede confligge con la nozione di “ ingiusto profitto con danno altrui “ di cui all’ Art. 629 CP. Anche Cass., sez. pen. V, 16 maggio 2014, n. 23923 parla dell’ Art. 393 CP come di “ una pretesa non del tutto arbitraria, ovvero [ com’ è invece nel caso dell’ Art. 629 CP ] non del tutto sfornita di una possibile base legale “. Del pari, Cass., sez. pen. II, 28 giugno 2016, n. 46288 parla, nell’ Art. 393 CP, di un “ soggetto attivo che agisce nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa “. Infine, Cass., sez. pen. II, 8 maggio 2017, n. 24478 reputa che non viene in parola il delitto di estorsione “ se la possibile contestazione giudiziale [ ex comma 1 Art. 393 CP ] ha, in astratto, delle apprezzabili possibilità di successo “. Naturalmente, esistono situazioni fattuali meno complesse, in cui “ l’ ingiusto danno “ di matrice estorsiva non presta il fianco a dubbi od interpretazioni molteplici. P.e., secondo Cass., sez. pen. II, 12 maggio 2017, n. 26235, ricorre l’ Art. 629 CP e non l’ Art. 393 CP “ se il creditore esercita una minaccia per ottenere il pagamento di interessi usurari, poiché, in tal caso, egli è consapevole di porre in essere una condotta per ottenere il soddisfacimento di un profitto ingiusto [ ex Art. 629 CP ], in quanto derivante da una pretesa contro legge “. Analoga è l’ ermeneutica seguita da Cass., sez. pen. II, 6 maggio 2014, n. 33870, in tanto in quanto “ le gravi minacce non sono tutelabili innanzi all’ AG se sono dirette a procurarsi un profitto ingiusto “ nel contesto di un credito con tassi usurari. Sul tema dell’ estorsione usuraria si vedano pure Cass., sez. pen. II, 20 dicembre 2017, n. 5092, Cass., sez. pen. II, 16 gennaio 2014, n. 16658 e Cass., sez. pen. II, 28 ottobre 2015, n. 45300. Cass., SS.UU., 16 luglio 2020, n. 29541 sostiene, giustamente, che “ nell’ estorsione, l’ agente non si rappresenta, quale impulso del suo operare, alcuna facoltà di agire in astratto legittima [ ex comma 1 Art. 393 CP ], ma egli tende [ ex comma 1 Art. 629 CP ] all’ ottenimento dell’ evento di profitto mosso dal solo fine di compiere un atto che egli sa essere contro la legge, perché privo di una giuridica legittimazione, per conseguire un profitto che sa non spettargli “.
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