La struttura sanitaria risponde a titolo contrattuale in solido con il medico, anche se quest’ultimo è scelto dal paziente

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di Pier Paolo Muià e Sara Brazzini, Avvocati in Firenze

Provvedimento: Trib. Milano, Sez. I civile, Sentenza n°8242 del 21.07.2017

Oggetto: risarcimento danni da responsabilità medica

Esito del giudizio: accoglimento

Normativa rilevante: artt. 1218, 1228, 1306 c.c.

Giurisprudenza rilevante: Cass. civ. Sez. Unite, 11/01/2008, n. 577, Cass. civ. Sez. III, Sent., 14/06/2007, n. 13953.

Il fatto.

La pronuncia milanese  in commento trae origine da una domanda di risarcimento danni formulata da una signora nei confronti di una  struttura sanitaria, in conseguenza di un errato intervento chirurgico di mastoplastica additiva posto in essere da un medico all’interno della struttura medesima.

In particolare, la paziente allegava di aver già ottenuto dal Tribunale di Monza una sentenza di condanna del medico al risarcimento dei danni subiti, sulla scorta di un accertamento tecnico preventivo dal quale era emersa la condotta negligente ed imperita del professionista.

Stante l’impossibilità di recuperare, nei confronti del medico, le somme dovute in virtù della suddetta Sentenza, la paziente introduceva successivamente un nuovo giudizio, stavolta nei confronti della struttura sanitaria, al fine di sentire dichiarare anche la responsabilità della medesima per l’evento di malpractice medica e, previa risoluzione del contratto con la struttura, ottenere la condanna della stessa al risarcimento dei danni in solido con il medico.

La struttura, costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto delle domande attoree, rilevando: (i) l’efficacia preclusiva del giudicato esterno intervenuto nei confronti del medico, quale responsabile in via esclusiva dei danni lamentati; (ii) in ogni caso, il decorso del termine di prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni, in quanto il rapporto tra la struttura e la paziente aveva natura extracontrattuale avendo quest’ultima scelto direttamente il medico.

In denegata ipotesi di accoglimento delle domande formulate dall’attrice, la convenuta  chiedeva, previa autorizzazione alla chiamata in causa del medico responsabile e della propria compagnia assicurativa, di essere tenuta indenne dal medico, in quanto la paziente aveva appositamente sottoscritto una liberatoria con la quale escludeva in ogni caso la responsabilità della struttura per l’inadempimento del medesimo, nonché di essere comunque manlevata dalla propria assicurazione dalle conseguenze negative del giudizio.

Il giudice milanese rigettava la domanda di chiamata in causa del medico, mentre autorizzava la citazione della compagnia assicurativa.

La decisione.

All’esito del giudizio, il Tribunale di Milano ha accolto le domande risarcitorie dell’attrice, nonché la domanda di manleva formulata dalla convenuta nei confronti della compagnia assicurativa.

La pronuncia è di estremo interesse in quanto il giudice milanese si è occupato di molteplici aspetti, sia processuali che sostanziali, che spesso vengono in rilievo  nelle cause di responsabilità medica.

In primo luogo, con riferimento all’eccezione di giudicato esterno dovuta alla sussistenza della precedente sentenza del Tribunale di Monza che aveva accertato la responsabilità esclusiva del medico, il Tribunale di Milano, sulla scorta dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità, con particolare riguardo all’ipotesi dei condebitori solidali a norma dell’art. 1306 c.c. (Cass. 19492/2007), ha osservato che il giudicato esterno trova applicazione soltanto qualora sia intervenuta una sentenza irrevocabile sullo stesso rapporto giuridico e tra le medesime parti.

Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto che non potesse essere fatto valere il giudicato della sentenza del Tribunale di Monza, in quanto mancavano sia il requisito oggettivo, che quello soggettivo. In particolare, il giudice meneghino ha evidenziato che: (i) le domande formulate dall’attrice nei due giudizi si fondavano su due rapporti diversi, ovvero sulla responsabilità contrattuale del solo medico nel primo giudizio e sulla diversa responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per fatto dell’ausiliario ex art. 1228 c.c. nel secondo giudizio; (ii) il primo giudizio era stato promosso nei confronti del solo medico e non vi aveva partecipato  né la struttura sanitaria, né la compagnia assicurativa della medesima.

Tuttavia, il giudice ha ritenuto che la sentenza di Monza e quindi gli accertamenti ivi compiuti, in applicazione di un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. 19492/2007), potessero avere l’efficacia di prova riflessa o di argomento di prova nel giudizio in essere, liberamente valutabili dal giudice.

In secondo luogo, con riferimento all’eccezione di intervenuta prescrizione quinquennale sollevata dalla convenuta sul presupposto che la responsabilità della struttura fosse di natura extracontrattuale, il Tribunale di Milano, ancora una volta confermando l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, ha ricondotto tale responsabilità all’alveo contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c., con la conseguente applicazione del termine di prescrizione decennale.

Con riferimento alla domanda risarcitoria avanzata dall’attrice, il giudicante ha accertato l’inadempimento della struttura sanitaria e conseguentemente ne ha accertato la responsabilità ed ha dichiarato la risoluzione del contratto di spedalità con la paziente.

Il giudice ha, in particolare, osservato che nonostante le parti avessero pattiziamente escluso la sussistenza di un rapporto contrattuale, tale rapporto era di fatto e comunque venuto ad esistenza, in quanto la struttura aveva eseguito molteplici prestazioni tipicamente sanitarie in favore della paziente, quali: l’utilizzo della sala chirurgica, l’assistenza pre e post – operatoria, la messa a disposizione dell’anestesista e di altro personale specializzato durante l’intervento posto in essere dal medico.

Tali prestazioni sono state ritenute idonee dal giudice a fondare il contatto sociale e conseguentemente a ritenere dimostrata la sussistenza del contratto atipico di spedalitá, in conformità all’orientamento della Suprema Corte (Cass. 8826/2007; Cass. 18610/2015).

Secondo il giudice, quindi, da tale rapporto contrattuale deriva la circostanza che la struttura sanitaria risponda a titolo contrattuale nei confronti della paziente e che la sua responsabilità possa conseguentemente scaturire sia (ai sensi dell’art. 1218 c.c.) dall’inadempimento alle obbligazioni sorte direttamente in capo alla struttura stessa, sia (ai sensi dell’art. 1228 c.c.) dall’inadempimento all’obbligazione di fornire la prestazione medico-sanitaria da parte del medico, il quale, anche se non + dipendente della struttura, è comunque considerato un suo ausiliario che esercita la propria attività avvalendosi della struttura (Cass. 18610/2015 e Cass. 6945/2007).

Il giudicante, pertanto, nel caso di specie ha ritenuto responsabile a titolo contrattuale la struttura convenuta per i danni occorsi alla paziente in conseguenza della condotta del medico, restando a tal fine irrilevante che il sanitario fosse stato scelto direttamente dalla paziente stessa. Il giudice meneghino ha, nello specifico, configurato una responsabilità autonoma della struttura ospedaliera per fatto dell’ausiliario a norma dell’art. 1228 c.c., dal momento che l’esecuzione dell’intervento chirurgico era avvenuta avvalendosi della struttura stessa e della sua organizzazione.

Il Tribunale di Milano ha altresì escluso che la responsabilità esclusiva del medico nella causazione del danno potesse costituire una causa di esonero della responsabilità della struttura in quanto sarebbe stato a tal fine necessario dimostrare il caso fortuito o la forza maggiore, anche con riguardo al comportamento del sanitario. Come precisato dal giudice, la colpa del medico avrebbe potuto soltanto fondare un’azione di regresso della struttura nei confronti del medesimo, senza però incidere sulla sussistenza della responsabilità della struttura nei confronti della paziente.

Con riguardo alla valutazione dell’inadempimento del medico, il giudice ha fatto propri i risultati dell’accertamento tecnico preventivo, in precedenza espletato dall’attrice, da cui era emersa la condotta negligente del medico, ed ha conseguentemente dichiarato la responsabilità della struttura ex art. 1228 c.c. in solido con quella del medico.

Anche sotto il profilo della quantificazione del risarcimento del danno non patrimoniale, il Giudice milanese si è richiamato alle risultanze dell’accertamento tecnico preventivo e alla condanna già emessa dal Tribunale di Monza, precisando che la voce di danno morale da quest’ultimo liquidata doveva essere qualificata come personalizzazione del danno non patrimoniale, anziché come voce autonoma di danno.

Infine, con riferimento alla clausola di manleva contenuta nei documenti medici fatti firmare alla paziente, con la quale quest’ultima aveva dichiarato di esonerare la struttura da responsabilità per danni derivanti dalla condotta del medico, il giudice ha dichiarato la nullità della stessa per due motivi: (i) contrarietà all’art. 1229, comma 2, c.c., in quanto la responsabilità per danni alla persona si configura come violazione degli obblighi derivanti da norme di ordine pubblico; (ii) vessatorietà ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., atteso che la clausola era stata sottoscritta dalla paziente nel momento critico del ricovero e qualificata formalmente come “integrativa” della documentazione medica, al fine di celarne la vera natura di clausola limitativa della responsabilità.

Osservazioni

Con la Sentenza annotata, il Tribunale di Milano ha confermato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, anche nel caso in cui il medico sia scelto direttamente dal paziente, la struttura sanitaria, della quale il medico si avvale per effettuare l’intervento, risponde a titolo contrattuale nei confronti del paziente stesso.

Merita in proposito evidenziare che tale indirizzo giurisprudenziale è stato positivizzato dal legislatore con la L. 24/2017 (Riforma Gelli-Bianco) che, all’art. 7, comma 1, espressamente prevede: “La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose”.

 

 

Avv. Muia’ Pier Paolo

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