La tracciabilità degli alimenti e le relative sanzioni.
Le norme che dispongono la tracciabilità degli alimenti sono contenute nel Regolamento CE n. 178/2002.
I Regolamento Comunitari entrano direttamente in vigore, senza aver bisogno di un recepimento da parte di ogni singolo Stato. Tali regolamenti comunitari non prevedono sanzioni, rimandandole alle decisioni degli Stati.
Anche il Regolamento CE178/2002, relativo alla tracciabilità degli alimenti non prevedeva sanzioni.
Questo fatto cosa ha comportato che, se la parte del Regolamento che imponeva alle aziende di garantire la tracciabilità degli alimenti è entrata in vigore dal 1.1.2005, di fatto la mancanza di sanzioni ha fatto sì che, fino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 aprile 2006, n. 190, chi doveva far rispettare la norma (in primis i Servizi delle ASL di Igiene degli Alimenti e i servizi Veterinari) non aveva la possibilità di accertare sanzioni.
Purtroppo se una legge non è sanzionata, chi la deve mettere in atto spesso non si adegua o glissa. Ma adesso le sanzioni ci sono. Prima di esaminarle, e commentarle brevemente, riportiamo i tre articoli oggetto delle sanzioni:
Regolamento CE 178/2002
Stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare
Articolo 18
Rintracciabilità
1. È disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime.
2. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. A tal fine detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo.
3. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono disporre di sistemi e procedure per individuare le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti. Le informazioni al riguardo sono messe a disposizione delle autorità competenti che le richiedano.
4. Gli alimenti o i mangimi che sono immessi sul mercato della Comunità o che probabilmente lo saranno devono essere adeguatamente etichettati o identificati per agevolarne la rintracciabilità, mediante documentazione o informazioni pertinenti secondo i requisiti previsti in materia da disposizioni più specifiche.
5. Le disposizioni per l’applicazione in settori specifici del presente articolo possono essere adottate secondo la procedura di cui all’art. 58, paragrafo 2.
Articolo 19
Obblighi relativi agli alimenti: operatori del settore alimentare
1. Se un operatore del settore alimentare ritiene o ha motivo di ritenere che un alimento da lui importato, prodotto, trasformato, lavorato o distribuito non sia conforme ai requisiti di sicurezza degli alimenti, e l’alimento non si trova più sotto il controllo immediato di tale operatore del settore alimentare, esso deve avviare immediatamente procedure per ritirarlo e informarne le autorità competenti. Se il prodotto può essere arrivato al consumatore, l’operatore informa i consumatori, in maniera efficace e accurata, del motivo del ritiro e, se necessario, richiama i prodotti già forniti ai consumatori quando altre misure siano insufficienti a conseguire un livello elevato di tutela della salute.
2. Gli operatori del settore alimentare responsabili di attività di vendita al dettaglio o distribuzione che non incidono sul confezionamento, sull’etichettatura, sulla sicurezza o sull’integrità dell’alimento devono, entro i limiti delle rispettive attività, avviare procedure per ritirare dal mercato i prodotti non conformi ai requisiti di sicurezza alimentare e contribuire a garantire la sicurezza degli alimenti trasmettendo al riguardo le informazioni necessarie ai fini della loro rintracciabilità, collaborando agli interventi dei responsabili della produzione, della trasformazione e della lavorazione e/o delle autorità competenti.
3. Gli operatori del settore alimentare informano immediatamente le autorità competenti quando ritengano o abbiano motivo di ritenere che un alimento da essi immesso sul mercato possa essere dannoso per la salute umana. Essi informano le autorità competenti degli interventi adottati per evitare rischi al consumatore finale e non impediscono né scoraggiano la cooperazione di chiunque con le autorità competenti, in base alla legislazione nazionale e alla prassi legale, nel caso in cui tale cooperazione possa prevenire, ridurre o eliminare un rischio derivante da un prodotto alimentare.
4. Gli operatori del settore alimentare collaborano con le autorità competenti riguardo ai provvedimenti volti ad evitare o ridurre i rischi provocati da un alimento che forniscono o hanno fornito.
Articolo 20
Obblighi relativi ai mangimi: operatori del settore dei mangimi
1. Se un operatore del settore dei mangimi ritiene o ha motivo di credere che un mangime da lui importato, prodotto, trasformato, lavorato o distribuito non sia conforme ai requisiti di sicurezza dei mangimi, deve avviare immediatamente procedure per ritirarlo dal mercato e informarne le autorità competenti. In tali circostanze o nel caso di cui all’art. 15, paragrafo 3, qualora la partita, il lotto o la consegna non siano conformi ai requisiti di sicurezza dei mangimi, questi ultimi devono essere distrutti a meno che l’autorità competente non decida altrimenti. L’operatore informa in maniera efficace e accurata gli utenti del mangime del motivo del ritiro e, se necessario, richiama i prodotti già forniti agli utenti quando altre misure siano insufficienti a conseguire un livello elevato di tutela della salute.
2. Gli operatori del settore dei mangimi responsabili di attività di vendita al dettaglio o distribuzione che non incidono sul confezionamento, sull’etichettatura, sulla sicurezza o sull’integrità del mangime devono, entro i limiti delle rispettive attività, avviare procedure per ritirare dal mercato i prodotti non conformi ai requisiti di sicurezza dei mangimi e contribuire a garantire la sicurezza degli alimenti trasmettendo al riguardo informazioni necessarie ai fini della rintracciabilità di un mangime, collaborando agli interventi dei responsabili della produzione, della trasformazione e della lavorazione e/o delle autorità competenti.
3. Gli operatori del settore dei mangimi informano immediatamente le autorità competenti quando ritengano o abbiano motivo di ritenere che un mangime da essi immesso sul mercato possa non essere conforme ai requisiti di sicurezza dei mangimi. Essi informano le autorità competenti degli interventi adottati per evitare rischi derivanti dall’uso del mangime e non impediscono né scoraggiano la cooperazione di chiunque con le autorità competenti, in base alla legislazione nazionale e alla prassi legale, nel caso in cui tale cooperazione possa prevenire, ridurre o eliminare un rischio derivante da un mangime.
4. Gli operatori del settore dei mangimi collaborano con le autorità competenti riguardo ai provvedimenti volti ad evitare i rischi provocati da un mangime che forniscono o hanno fornito.
Le sanzioni introdotte dal D.Lgs. n. 190 del 5 aprile 2006, sono le seguenti:
– la prima sanzione riguarda il non adempimento all’articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002: chi non garantisce l’identificazione dei fornitori e non indica i propri clienti è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria da settecentocinquanta Euro a quattromilacinquecento Euro. Quindi non avere procedure che indicano chiaramente fornitori e clienti diventa una omissione piuttosto cara;
– la seconda sanzione riguarda coloro che pur essendo a conoscenza che un alimento o un mangime o un animale da loro importato, prodotto, trasformato, lavorato o distribuito, non più nella loro disponibilità, non è conforme ai requisiti di sicurezza, e non attivano le procedure di ritiro degli stessi, sono soggetti al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da tremila Euro a diciottomila Euro. Quindi sapere che un alimento ha un problema e restare inerti, non iniziare le procedure di ritiro, costa inizialmente seimila euro;
– la terza sanzione riguarda chi pur avendo attivato le procedure di ritiro, non si avverte l’autorità competente del problema, c’è una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento Euro a tremila Euro. Quindi anche il “dimenticare di informare “ l’autorità è sanzionato;
– poi, quarta sanzione, se gli operatori del settore alimentare non forniscono alle autorità competenti le notizie o la collaborazione dalle stesse legittimamente richieste, al fine di evitare o ridurre i rischi legati ad un alimento, sono soggetti al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da duemila Euro a dodicimila Euro. Quindi informare, ma con reticenza verso l’autorità competente è ancora più costoso.
Riassumendo, fino ad ora le sanzioni vogliono sottolineare alcuni obblighi:
1) ogni operatore deve garantire la tracciabilità degli alimenti (sanzione 1);
2) ogni operatore deve attivare le procedure di ritiro se ci sono dei problemi (sanzione 2);
3) ogni operatore deve informare l’autorità di quello che sta facendo (sanzione 3);
4) ogni operatore deve informare l’autorità fornendo tutte le informazioni ritenute da essa utili (sanzione 4).
Una quinta sanzione, che potrà essere oggetto di tantissime controversie, riguarda l’informazione al consumatore. E’ previsto che se gli operatori del settore alimentare, in presenza di un prodotto non conforme ai requisiti di sicurezza, poi pervenuto al consumatore od all’utilizzatore, non informano questi ultimi circa i motivi dell’attivazione della procedura per il ritiro dal mercato, sono soggetti al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da duemila Euro a dodicimila Euro.
Seguono poi due sanzioni, una per l’operatore che non incide sul confezionamento, sull’etichettatura, sulla sicurezza o sull’integrità dell’alimento, ed una a carico degli operatori del settore dei mangimi di cui all’articolo 20 del regolamento (CE) n. 178/2002, alla cui lettura si rimanda.
Si vuole invece sottolineare quanto previsto dall’articolo 7: nel caso di reiterazione delle violazioni previste dal presente decreto è disposta, in aggiunta alla sanzione amministrativa pecuniaria, la sospensione del provvedimento che consente lo svolgimento dell’attività che ha dato causa all’illecito per un periodo di giorni lavorativi da un minimo di dieci ad un massimo di venti. Quindi ripetere le omissioni già sanzionate comporterà anche la sospensione dell’attività.
Testo integrale del
DECRETO LEGISLATIVO 5 aprile 2006, n. 190
Disciplina sanzionatoria per le violazioni del regolamento (CE) n. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel settore della sicurezza alimentare.
(GU n. 118 del 23-5-2006)
Articolo 1
Campo di applicazione
1. Il presente decreto reca la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 18, 19 e 20 del regolamento (CE) n. 178/2002 che stabilisce i principi ed i requisiti
generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.
Articolo 2
Violazione degli obblighi derivanti dall’articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002 in materia di rintracciabilità
1. Salvo che il fatto costituisca reato, gli operatori del settore alimentare e dei mangimi che non adempiono agli obblighi di cui all’articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002 sono soggetti al
pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da settecentocinquanta euro a quattromilacinquecento euro.
Articolo 3
Violazione degli obblighi derivanti dagli articoli 19 e 20 del regolamento (CE) n. 178/2002
relativi all’avvio delle procedure per il ritiro dal mercato
1. Salvo che il fatto costituisca reato, gli operatori del settore alimentare e dei mangimi, i quali, essendo a conoscenza che un alimento o un mangime o un animale da loro importato, prodotto,
trasformato, lavorato o distribuito, non più nella loro disponibilità, non e’ conforme ai requisiti di sicurezza, non attivano le procedure di ritiro degli stessi, sono soggetti al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a diciottomila euro.
2. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi i quali, avendo attivato la procedura di ritiro di cui al comma 1 non ne informano contestualmente l’autorità competente, sono soggetti al
pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento euro a tremila euro.
3. Salvo che il fatto costituisca reato, gli operatori del settore alimentare e dei mangimi i quali non forniscono alle autorità competenti le notizie o la collaborazione dalle stesse legittimamente
richieste, al fine di evitare o ridurre i rischi legati ad un alimento, ad un mangime o ad un animale da essi fornito, sono soggetti al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da
duemila euro a dodicimila euro.
Articolo 4
Violazione degli obblighi nei confronti dei consumatori e degli utilizzatori di cui agli articoli 19 e 20 del regolamento (CE) n. 178/2002
1. Salvo che il fatto costituisca reato, gli operatori del settore alimentare e dei mangimi, i quali, avendo importato, prodotto, trasformato o distribuito un prodotto non conforme ai requisiti di
sicurezza poi pervenuto al consumatore od all’utilizzatore, non informano questi ultimi circa i motivi dell’attivazione della procedura per il ritiro dal mercato, sono soggetti al pagamento di
una sanzione amministrativa pecuniaria da duemila euro a dodicimila euro.
Articolo 5
Violazione degli obblighi nei confronti dell’operatore che non incidono sul confezionamento, sull’etichettatura, sulla sicurezza o sull’integrità dell’alimento ai sensi degli articoli 19 e 20 del regolamento (CE) n. 178/2002
1. Salvo che il fatto costituisca reato, gli operatori del settore alimentare e dei mangimi svolgenti attività di vendita al dettaglio o distribuzione di alimenti o mangimi, che non incidono sulla
sicurezza o integrità dell’alimento o del mangime, i quali non avviano procedure, nei limiti della propria attività, per il ritiro dal mercato di prodotti di cui siano a conoscenza che non sono conformi ai requisiti di sicurezza, sono soggetti al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento euro a tremila euro.
2. La sanzione di cui al comma 1 si applica anche nelle ipotesi in cui gli stessi operatori non attuino, per quanto di competenza, gli interventi predisposti dai responsabili della produzione, della trasformazione e della lavorazione e dalle autorità competenti, ai fini del ritiro o richiamo degli alimenti o mangimi.
Articolo 6
Violazione degli obblighi specifici a carico degli operatori del settore dei mangimi di cui all’articolo 20 del regolamento (CE) n. 178/2002
1. Fatte salve le eventuali diverse disposizioni impartite dall’autorità competente, gli operatori del settore dei mangimi i quali, dopo il ritiro dal mercato di mangime non conforme ai requisiti di sicurezza, non provvedono alla distruzione della partita, del lotto o della consegna di tale mangime, sono soggetti al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento euro a tremila euro.
Articolo 7
Disposizioni finali
1. Nel caso di reiterazione delle violazioni previste dal presente decreto e’ disposta, in aggiunta alla sanzione amministrativa pecuniaria, la sospensione del provvedimento che consente lo
svolgimento dell’attività che ha dato causa all’illecito per un periodo di giorni lavorativi da un minimo di dieci ad un massimo di venti.
2. Per quanto non previsto dal presente decreto, restano ferme le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, in quanto compatibili.
3. Fatte salve le disposizioni previste dagli articoli 28, 29 e 30 della legge 10 febbraio 1992, n. 164, dall’articolo 1, commi 8, 9, 10, 10-bis, 10-ter, 10-quater, 10-quinquies e 10-sexies del decreto
legislativo 10 agosto 2000, n. 260, dagli articoli 34, 35, 36, 38 e 39 della legge 20 febbraio 2006, n. 82, e dagli articoli 1, comma 1, lettera a), e 3 del decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 297, al settore vitivinicolo e al settore relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari si applicano le disposizioni dell’articolo 2.
4. Le regioni e province autonome provvedono nell’ambito delle proprie competenze all’accertamento delle violazioni amministrative e alla irrogazione delle relative sanzioni.
Il Pacchetto Igiene.
Nel corso del 2004, sono stati pubblicati a livello europeo i nuovi regolamenti sull’igiene e controllo dei prodotti alimentari, entrati in vigore in Italia il 1 Gennaio 2006. L’applicazione del "pacchetto igiene" ha comportato in tutta Europa l’abrogazione totale o parziale di numerose normative specifiche per diversi settori produttivi e commerciali, la modifica delle procedure da seguire per l’apertura di nuovi esercizi alimentari e della gestione delle stesse attività alimentari.
I regolamenti che costituiscono il pacchetto igiene sono:
· reg. CE/852/04 – igiene dei prodotti alimentari;
· reg. CE/853/04 – fissa norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale;
· reg. CE/854/04 – organizzazione dei controlli ufficiali sui prodotti di origine animale;
· reg. CE/882/2004 – relativo ai controlli ufficiali da effettuarsi al fine di verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.
E’ da evidenziare che questi quattro regolamenti si integrano con il Regolamento CE/178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, definendo le procedure nel settore della sicurezza alimentare attraverso la rintracciabilità degli alimenti a monte e a valle del processo produttivo.
In base ad un recente rapporto della Commissione europea relativo al periodo Giugno 2004-Maggio 2005, l’applicazione dei suddetti regolamenti non ha migliorato di molto la situazione igienica delle varie realtà nazionali, e molte mancanze sono state riscontrate nel campo dei controlli ufficiali in quasi tutti gli stati europei, relativamente agli obiettivi di campionamento, alle ispezioni alimentari e nell’individuazione di una frequenza di ispezione adeguata. Inoltre quasi tutti gli stati membri non sono riusciti a far rispettare alcuni requisiti della normativa sull’igiene dei prodotti alimentari, in particolare sulla necessità che tutte le industrie alimentari mettano in pratica sistemi autonomi e procedure per garantire la sicurezza alimentare basati sui principi del metodo HACCP. Queste mancanze sono state particolarmente evidenti nel settore alimentare della distribuzione al dettaglio e nel catering.
In campo italiano, anche se il “pacchetto igiene” è entrato in vigore più tardi, si sta registrando la stessa problematica europea.
Il legislatore non aveva fatto i conti con la carenza cronica di personale specializzato delle ASL, che materialmente effettua i controlli presso le attività alimentari.
Questa circostanza, unita alla formale esclusione dai suddetti controlli della Polizia Municipale, distribuita invece capillarmente su tutto il territorio nazionale, ha fatto sì che buona parte delle attività commerciali del settore alimentare, soprattutto quelle dei piccoli centri, non avendo più controlli periodici a livello igienico, si siano sentite in diritto di omettere il rispetto delle principali regole igieniche, un tempo fatte rispettare anche dalla Polizia Municipale.
Nelle suddette attività è ora possibile notare procedure precedentemente vietate dalla Legge 283/62 e dal DPR 327/80: paste con crema pasticcera lasciate sul bancone alla portata di tutti, completamente prive di protezioni contro mosche e la contaminazione salivare da parte degli avventori; assenza di camice; scarsa igiene delle cucine; promiscuità all’interno delle celle frigorifere; sporcizia sui piani di lavoro, scarsa igiene nei servizi di somministrazione, etc.
Il “pacchetto igiene” ha tacitamente abrogato le parti della Legge 283/62 e del DPR 327/80 pertamente in contrasto, riducendo drasticamente la capacità di intervento della Polizia Municipale e della Polizia Giudiziaria in genere (Art. 13 della L. 689/81) a pochi articoli.
E’ anche da evidenziare che da parecchie parti viene addirittura messa in discussione la possibilità di intervento da parte della P.G. in base all’articolo 13 della legge sulla depenalizzazione.
Comunque il sistema di autocontrollo, meglio conosciuto come HACCP, è e resta una procedura valida, capace di tutelare i consumatori, solo se il Legislatore troverà il modo di garantirne il rispetto mediante il coinvolgimento di tutte le realtà addette ai vari controlli commerciali operanti sul territorio; in caso contrario diventerà nel nostro Paese quello che si sta riscontrando a livello europeo: una formalità burocratica priva di utilità per il cittadino.
Gli allarmi alimentari.
Il “pacchetto igiene” ha messo mano alla legislazione della sicurezza alimentare e a partire dal 1.1.2005 e dal 1.1.2006 sta facendo ogni giorno, e sempre di più, sentire i suoi effetti.
Una delle conseguenze del “pacchetto” è la gestione degli allarmi dovuti al rinvenimento di alimenti e bevande che possono rappresentare un grave pericolo per la salute dei consumatori.
Vogliamo ricordare il senso delle linee guida predisposte dal nostro Paese.
Le linee guida, pubblicate nella Gazzetta del giorno 12.1.2006, chiariscono i punti fondamentale delle modalità di intervento e di non intervento.
Innanzitutto, nel caso in cui l’alimento, pur presentando non conformità alle norme vigenti, è già stato segnalato dal responsabile dell’industria alimentare nell’ambito dell’autocontrollo e che pur costituendo un grave rischio per la salute del consumatore, non siano stati immessi sul mercato, le linee guida non si applicano.
Invece queste linee guida devono essere applicate nel caso di alimenti che rappresentano un grave rischio per la salute del consumatore e gli alimenti sono immessi sul mercato.
Infine tali linee guida non si applicano nel caso di alimenti che, pur presentando non conformità alle norme vigenti, non rappresentano un grave rischio per il consumatore, e/o non richiedono un intervento immediato.
A titolo esemplificativo non costituiscono grave rischio per la salute pubblica, e pertanto non comportano l’attivazione del Sistema di Allerta, gli alimenti:
– nei quali sia stata riscontrata la presenza di additivi o di residui di sostanze autorizzate ma in quantitativi superiori a quanto consentito dalla normativa vigente, qualora il quantitativo di tali sostanze consenta di escludere ragionevolmente la pericolosità per la salute pubblica;
– nei quali sia stata riscontrata la presenza di microrganismi potenzialmente patogeni in prodotti intermedi, che subiranno uno o più trattamenti tali da garantire la distruzione dei microrganismi patogeni, prima della commercializzazione in alimento;
– nei quali sia stata riscontrata la presenza di germi indicatori di igiene o indice contaminazione superiori ai limiti consentiti o a valori guida eventualmente disponibili;
– nei quali l’agente biologico potenzialmente pericoloso risulta non vitale;
– nei quali si sia riscontrata una frode commerciale (adulterazioni, sofisticazioni, contraffazioni, che non rappresentano un pericolo attuale o potenziale per il consumatore.
È pertanto possibile distinguere due diversi tipi di possibilità:
1) stato di allerta;
2) stato di non conformità.
Quindi solo nei casi in cui la ASL competente ravvisi in un alimento, già presente sul mercato, un grave rischio per il consumatore, per il quale è richiesto un intervento immediato, procederà all’attivazione del Sistema di Allerta.
In tali casi l’Autorità Sanitaria dispone, ai sensi della legge 283/62 e del D.P.R. 327/80, il sequestro del prodotto alimentare non conforme rinvenuto sul mercato; questo non dovrà essere sottoposto ad ulteriore campionamento lo stesso lotto sul quale è stata riscontrata l’irregolarità, mentre verrà valutata caso per caso l’opportunità di campionare lotti diversi dello stesso prodotto.
Gli alimenti oggetto di allerta devono essere mantenuti sotto sequestro o comunque ritirati dal commercio fino alla chiusura dell’allerta.
II procedimento attivato a seguito di un’allerta si concluderà quando:
a) i prodotti oggetto dell’allerta siano stati ritirati dal commercio per essere distrutti, per essere destinati ad usi diversi dal consumo umano o per essere sottoposti a un processo di risanamento previa autorizzazione del Servizio Medico e/o Veterinario della ASL competente;
b) il prodotto in questione non sia stato rinvenuto;
c) i risultati di ulteriori accertamenti abbiano escluso la sussistenza di un pericolo per la salute dei consumatori.
Le citate Linee Guida sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 12 gennaio 2006.
Le Autorizzazioni Sanitarie.
Il regime autorizzativo in materia igienico sanitaria che era basato sull’articolo 2 della Legge 283/1962 viene ad essere sostituito dalla nuova procedura di “registrazione” delle attività alimentari e di “riconoscimento” degli stabilimenti del settore alimentare e dei sottoprodotti di origine animale, previste dai Regolamenti CE 852/2004 e 853/2004..
L’art. 6 del Regolamento CE 852/2004 prevede l’obbligo per gli operatori del settore alimentare della notifica all’autorità competente (Comune) ai fini della “registrazione” di ciascun stabilimento che esegue una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti, con esclusione delle attività per le quali è previsto l’obbligo del “riconoscimento”.
In pratica in tutti i casi in cui scattava un’autorizzazione sanitaria per bar, ristorante, rosticceria, macelleria, esercizio di alimentari, pasticceria, forno di panificazione, ecc., e in tutti i casi in cui in precedenza era previsto un nulla osta sanitario (frutta e verdura, pescheria, rivendita pane, ecc.) ora si deve parlare di procedura di “registrazione”. Sono escluse dalla registrazione le produzioni, manipolazioni e conservazioni per uso domestico privato e la fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o a dettaglianti.
Pertanto, con la presentazione della Dia in Comune non è più prevista l’emissione di una autorizzazione sanitaria, ma il rilascio di una ricevuta di presentazione e l’attivazione delle procedure interne ai fini della registrazione presso l’anagrafe tenuta dall’AUSL.
Le attività già in possesso di autorizzazioni o nulla osta sanitari che non necessitano anche di “riconoscimento” non devono fare nulla; queste autorizzazioni saranno ritirate in futuro in caso di modifiche tali da comportare una nuova Dia.
Le attività già in possesso di autorizzazione sanitaria o nulla osta o registrazione per le quali necessiti il “riconoscimento” devo in ogni caso presentare una richiesta di riconoscimento secondo le nuove modalità.
Già nel 2006 gli stabilimenti che svolgevano diverse attività e che erano oggetto di più provvedimenti di riconoscimento hanno dovuto scegliere quale numero di riconoscimento mantenere. Se un’azienda ha già più decreti di riconoscimento si dovrà procedere alla revoca degli stessi entro il 2007 e alla contestuale sostituzione con un unico nuovo numero identificativo (Approval number) che evidenzi la lista delle attività svolte.
In questa fase spetta ai Servizi Veterinari dell’AUSL:
– stilare le proposte di revoca dei provvedimenti di riconoscimento degli stabilimenti interessati;
– rendere edotte le imprese prima “autorizzate” ed ora sottoposte a “riconoscimento” che devono presentare domanda di riconoscimento;
– rendere edotti gli stabilimenti di macellazione e sezionamento a capacità limitata che devono presentare domanda di riconoscimento entro il 31.12.2008;
– provvedere a trasferire i dati esistenti relativi alle imprese nell’anagrafe delle registrazioni entro il 31.12.2009, richiedendo eventuali integrazioni.
La pubblicizzazione del passaggio dal sistema autorizzativo a quello di registrazione e riconoscimento potrà avvenire nell’ambito di protocolli d’intesa tra Comune e AUSL, previo coinvolgimento delle associazioni di categoria e dei produttori.
In via transitoria, in attesa della ridefinizione a livello nazionale del complessivo quadro sanzionatorio, per la violazione delle disposizioni previste dagli obblighi di “riconoscimento condizionato” “riconoscimento” e “registrazione” si ritiene applicabile la sanzione di cui all’articolo 17 della legge 30 aprile 1962, n. 283.
Dr. Diego Peruga – Dirigente a contratto del Comune di Licata
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