La tutela cautelare monocratica atipica nella recente giurisprudenza amministrativa

 

SOMMARIO 1. La tutela cautelare tipica nel processo amministrativo “classico” 2. Le forme di tutela cautelare atipica 3. Misure cautelari atipiche nella giurisprudenza amministrativa 4. Tutela cautelare atipica nella recente giurisprudenza amministrativa con particolare riguardo alla fase monocratica

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L’evoluzione della giurisprudenza amministrativa restituisce l’immagine di una giurisdizione sempre più articolata e complessa, in cui alcuni dogmi strutturali classici sono stati nel corso del tempo progressivamente rimeditati per aprire a un composito pluralismo delle azioni e delle statuizioni, nel segno di una sempre maggiore completezza ed effettività della tutela.

In particolare, in questa sede si approfondirà la questione delle tutele cautelari atipiche con specifico riguardo alla fase monocratica ai sensi dell’art. 56 del Codice del Processo Amministrativo, alla luce di un recentissimo arresto giurisprudenziale che si inserisce nel tessuto del complesso patrimonio di provvedimenti emessi durante l’emergenza sanitaria nazionale in corso.

La tutela cautelare tipica nel processo amministrativo “classico”

Per quanto riguarda la tutela cautelare atipica nel processo amministrativo può affermarsi che, dopo iniziali perplessità, la giurisprudenza abbia progressivamente eroso gli argini del potenziale contenuto dispositivo dei provvedimenti cautelari, ancor prima che il legislatore intervenisse espressamente introducendo la possibilità di ricorrere a provvedimenti atipici.

Nello schematismo classico della giurisdizione amministrativa, pervicacemente ancorato – almeno quanto alla giurisdizione di legittimità – allo schema classico del processo impugnatorio (con azione demolitoria), la tutela cautelare logicamente necessitata era quella della “sospensione” dell’atto impugnato.

Una tale tutela “tipica” era obbligata da considerazioni di ordine sistematico e di coerenza: essendo il processo finalizzato alla rimozione dell’atto impugnato con conseguente inibizione dei suoi effetti, la protezione interinale da un provvedimento sospettato di illegittimità si cristallizzava evidentemente nella forma della sospensione degli effetti. Quest’ultima, privando temporaneamente il provvedimento della sua efficacia, impediva all’amministrazione di ricorrere all’autotutela esecutiva per realizzarlo coattivamente e assicurava quindi la migliore e più evidente protezione degli interessi legittimi in vista della decisione definitiva.

Il contenuto della tutela cautelare era così in qualche modo speculare, con i necessari adattamenti, a quello della decisione nel merito della sentenza. In particolare, potendo la sentenza esclusivamente dichiarare l’illegittimità e rimuovere il provvedimento mediante l’annullamento, senza poterne modificare plasticamente il contenuto[1], sembrava che anche il provvedimento cautelare dovesse assumere una forma tipica rigida, limitata al piano degli effetti.

Le forme di tutela cautelare atipica

Con l’evolversi della giurisdizione amministrativa e dello stesso schema del processo amministrativo[2], dogmi siffatti sono incorsi in irreversibile obsolescenza.

In particolare è mutata progressivamente la struttura ontologica profonda del processo amministrativo, che ha abbandonato l’atto come baricentro irrinunciabile per ricalibrarsi sul rapporto giuridico: un tale moto sistematico ha determinato anche l’affermarsi di un composito pluralismo di azioni possibili, dal lato delle parti, e di statuizioni possibili, dal lato del giudice.

Proprio di recente, il Consiglio di Stato è tornato a meditare[3] sul contenuto dispositivo possibile della sentenza e ha valorizzato lo strumento dell’azione di accertamento, affermando che, persino ove l’attività dell’amministrazione sia connotata da natura scientifica e richieda quindi l’esercizio di discrezionalità tecnica, il giudice può emettere – in sede di annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo[4] – una sentenza di condanna al rilascio di uno specifico diverso provvedimento. Una tale statuizione rende l’idea di quanto il perimetro concettuale “classico” che circoscriveva gli effetti anche solo possibili della sentenza al solo profilo demolitorio sia effettivamente stato ridisegnato (e ampliato) nel corso del tempo.

In seno a questa cornice complessiva, anche la tutela cautelare ha subito un progressivo ampliamento[5], assecondando una rinnovata complessità della giurisdizione amministrativa[6].

Sicché, nelle epigrafi e nelle conclusioni dei ricorsi, la storica formula “previa sospensione degli effetti” ha ceduto il passo a più complesse e articolate espressioni, che muovono dalla consapevolezza dell’indeterminatezza, quali previa adozione della misura cautelare ritenuta più idonea” o “previa idonea tutela cautelare”.

Misure cautelari atipiche nella giurisprudenza amministrativa

Già prima degli interventi espressi del legislatore in materia, la giurisprudenza aveva progressivamente enucleato misure cautelari che, normativamente atipiche[7], si erano poi consolidate nella prassi a tal punto da tipizzarsi almeno de facto.

Con l’intervento espresso della normativa statale, che si è in un primo momento cristallizzato nell’art. 3 della Legge 21 luglio 2000, n. 205Disposizioni in materia di giustizia amministrativa[8], la tutela atipica ha poi ufficialmente ricevuto cittadinanza nell’ordinamento della giustizia amministrativa[9].

Più di recente è stato l’art. 55, comma 1 del Codice del Processo Amministrativo[10] – applicabile anche al decreto cautelare monocratico – a consentire espressamente al giudice di adottare le misure cautelari più idonee secondo le circostanze.

Tra le misure cautelari “atipiche” che si sono consolidate nel tempo, un esempio particolarmente rilevante è rappresentato da quelle di remand”[11], con cui il giudice ordina all’amministrazione di provvedere nuovamente, mediante “la fissazione delle coordinate operative e sistematiche cui informare la concreta riedizione del potere[12].

Si tratta di una tra le misure in assoluto più significative perché è dimostrativa del bisogno profondo che l’atipicità mira a soddisfare nel processo: assicurare una tutela quanto più rapida, effettiva e soprattutto calzante nella singola situazione.

Il provvedimento atipico assume infatti la forma che più si confà alla singola fattispecie e assurge quindi a smart decision, a “decisione intelligente”, che facilita la protezione degli interessi in gioco e ne assicura il massimo reciproco equilibrio.

Ciò al fine ultimo di garantire il continuum funzionale tra lo “jussum” giudiziale cautelare e la decisione finale, scopo ultimo del pronunciamento cautelare, collegiale o monocratico che sia.

Tutela cautelare atipica nella recente giurisprudenza amministrativa con particolare riguardo alla fase monocratica

La prassi giurisprudenziale ammette pacificamente la possibilità di accordare misure cautelari atipiche anche nella fase c.d. “monocratica” in cui la decisione compete al solo presidente[13].

Anzi, semmai la fase cautelare monocratica è quella in cui più può avvertirsi la necessità di un provvedimento atipico, considerato il carattere di estrema urgenza che normalmente peculiarizza le decisioni in questo delicato snodo processuale e i potenziali irreparabili danni ai beni giuridicamente tutelati in caso di provvedimenti inefficaci.

Per comprendere come di recente si sia evoluta la prassi giurisprudenziale, si assume in rassegna il recentissimo decreto presidenziale del T.A.R. Molise, 10 giugno 2020, n. 123.

Il provvedimento ha deciso l’istanza di misure cautelari monocratiche ai sensi dell’art. 56 del Codice del Processo Amministrativo proposta da un Consorzio avverso i provvedimenti comunali che avevano autorizzato una società delegata ad eseguire opere di connessione alla rete elettrica.

Il consorzio ricorrente ha dedotto l’imminenza del danno irreparabile atteso che la società delegata era in procinto di eseguire le operazioni di esproprio ed aveva già comunicato al privato di voler procedere alla compilazione dello stato di consistenza e alla immediata immissione in possesso dei beni per la realizzazione dei lavori.

Emerge chiaramente dai fatti per come sinteticamente riportati che l’esproprio, la compilazione dello stato di consistenza, l’immissione nel possesso dei beni e il conseguente svolgimento dei lavori avrebbero provocato un danno non soltanto considerevole al consorzio, ma anche irreparabile e irreversibile, “consumando così definitivamente l’effetto lesivo dei provvedimenti impugnati”.

La misura classica della sospensione degli atti impugnati in un caso siffatto si sarebbe riverberata su aspetti non immediatamente correlati alla tutela interinale degli interessi dedotti e dei beni della vita sottostanti, con effetti non funzionali a garantire l’effettività della decisione finale.

Sicché, il giudice osserva che il danno lamentato possa nello specifico caso essere prevenuto e scongiurato contemperando gli interessi della ricorrente con quelli della amministrazione, inibendo lo svolgimento dei lavori nelle more della celebrazione della camera di consiglio.

La misura cautelare monocratica così determinata, che si presenta come un esempio di smart decision, è indicativa del possibile contemperamento di interessi garantito da una decisione a contenuto plastico, duttile a sufficienza da adattarsi al singolo caso specifico.

È questo infatti lo scopo ultimo della tutela cautelare, anche monocratica, assicurare la miglior salvezza dell’effettività della decisione nel merito, bilanciando nelle more gli interessi in gioco.

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Note

[1] Con l’evidente eccezione dei casi di giurisdizione estesa al merito che non solo appaiono statisticamente assai rari ma che sono concettualmente circoscritti ad ipotesi del tutto eccezionali, in cui l’intervento sostitutivo del giudice amministrativo riveste rilievo fondamentale.

[2] Da processo sull’atto a processo sul rapporto, come ampiamente si è osservato e scritto in dottrina e nella stessa giurisprudenza.

[3] Si tratta della sentenza del Consiglio di Stato, sezione IV, 25 febbraio 2019, n. 1321, sulla quale sia consentito il rinvio a D. Gambetta, La riduzione progressiva della discrezionalità amministrativa, nota a Cons. St., sez. IV, sentenza 25 febbraio 2019, n. 1321 in Bartiromo V., Galasso V. (a cura di), 2019.  Un anno di sentenze. Diritto Amministrativo, Giappichelli, Torino, 2020, pp. 85-90 [in corso di pubblicazione].

[4] A maggior ragione nel giudizio di ottemperanza o comunque in presenza di precedenti giudicati che delimitino concettualmente la sfera del possibile.

[5] Sulla tutela cautelare nel processo amministrativo, M. Laddomada, La tutela cautelare nel diritto processuale civile, in questa rivista, 16 maggio 2016, R. Leonardi, La tutela cautelare nel processo amministrativo. Dalla L. n.205/2000 al codice del processo amministrativo, Milano, Giuffrè, 2011.

[6] Sullo specifico profilo della evoluzione della tutela cautelare nel processo amministrativo, S. Ruscica, Le novità in tema di tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, Giuffrè, 2008.

[7] Sulle misure cautelari atipiche nel processo amministrativo, F. Saitta, L’atipicità delle misure cautelari nel processo amministrativo, tra mito e realtà, in www.giustizia-amministrativa.it

[8] Abrogato (e superato) dal Codice del Processo Amministrativo (Decreto legislativo, 2 luglio 2010, n. 104).

[9] Per un approfondimento sulla tutela cautelare atipica nel processo amministrativo, con particolare approfondimento per il rito elettorale, V. Iazzetta, La tutela cautelare ed il principio di atipicità con particolare riferimento alla tutela cautelare nei giudizi elettorali, in De Iustitia, 2017, n. 2, pp. 6 ss.

[10] Sulla tutela cautelare nel nuovo codice F. Freni (a cura di), La tutela cautelare e sommaria nel nuovo processo amministrativo, Milano, Giuffrè, 2011, p. 67.

[11] Sulle misure di remand, S. Ruscica, Le novità in tema di tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, Giuffrè, 2008, p. 61, ma anche F. De Luca, I differenti tipi di misure cautelari, in F. Freni (a cura di), La tutela cautelare e sommaria nel nuovo processo amministrativo, Milano, Giuffrè, 2011, p. 67.

[12] Consiglio di Stato, sez. IV, 4 febbraio 2013, n. 651.

[13] O al consigliere da lui delegato, ove previsto.

Avv. Gambetta Davide

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