di Avv. Ilario Maio
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Sommario: I- La tutela degli invalidi civili; II- Definizione degli invalidi civili; III- L’invalidità che dà diritto ai benefici previsti dalla legge; IV- Soggetti aventi diritto alle prestazioni assistenziali; V- Requisiti per la concessione delle prestazioni agli invalidi civili; VI- Concessione ed erogazione delle prestazioni; VII- Accertamento dei requisiti necessari per la concessione della prestazione; VIII- Il ricorso contro le decisione degli organi sanitari; IX- Potestà concessoria ed erogazione delle provvidenze di invalidità civile; X- Gestione della fase transitoria; XI- I ricorsi amministrativi avverso i provvedimenti di diniego della concessione delle provvidenze economiche per difetto dei requisii amministrativi; XII- Rapporto tra invalidità civile e pensione sociale.
I- La tutela degli invalidi civili.
Accanto alle forme di tutela previdenziale previsti per i lavoratori autonomi e subordinati (legge 222/84), sono previste dal nostro ordinamento altre forme di tutela economica di natura assistenziale a favore di tutti i cittadini ed equiparati che a causa delle patologie da cui sono affetti sono considerati invalidi civili, (legge 118 del 1971).
Si tratta di prestazioni economiche erogate a soggetti in età lavorativa, ma con una grande riduzione, (74%) ovvero esclusione totale della capacità lavorativa, ovvero, ancora per ottenere il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento, incapaci di attendere agli atti quotidiani della vita.
Le prestazioni in oggetto in favore degli invalidi civili prescindono, dunque, da qualunque requisito assicurativo e contributivo e richiedono il solo possesso dei requisiti sanitari e reddituali.
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II- Definizione degli invalidi civili.
La categoria degli invalidi civile avente di diritto a tali prestazioni è direttamente ricavabile dalla legge (legge n. 118 del 30 marzo 1971, art. 2, comma 2°) secondo cui si considerano mutilati ed invalidi civili: i cittadini, di età compresa, tra i 18 e i 65 anni, affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenia di carattere organico dismetabolico, insufficienze mentali degenerative da effetti sensoriali o funzionali che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore ad un terzo; i minori di 18 anni, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età; i cittadini ultra sessanta cinquenni che hanno difficoltà a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.
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III- L’invalidità che dà diritto ai benefici previsti dalla legge.
La percentuale di invalidità per le minorazioni e le malattie invalidanti che danno diritto ai diversi benefici previsti dalla legge, sono definite da apposite tabelle.
La percentuale minima di invalidità per essere considerati invalidi con diritto a prestazioni di carattere sanitario è costituita dal 33, 33% di invalidità (un terzo).
In questo caso il grado di invalidità (33, 33%), dà diritto alle prestazioni ortopediche e a protesi.
Con il 46% di invalidità, invece, oltre alle prestazioni sanitarie, sorge il diritto all’iscrizione nelle liste speciali di collocamento, (c.d categorie protette) per l’assunzione obbligatoria al lavoro.
Per l’insorgenza del diritto alle prestazioni economiche, la legge richiede una maggiore percentuale di invalidità (74%).
Con il 74% di invalidità, all’invalido, che ha compiuto la maggiore età, qualificato invalido parziale, viene riconosciuto il diritto all’assegno mensile (art 13, legge n. 118/71).
La percentuale minima, per i soggetti che hanno compiuto la maggiore età, per determinare uno stato invalidante con diritto all’assegno mensile di invalidità, originariamente fissata in due terzi della capacità lavorativa normale, è stata portata al 74% del decreto legislativo n. 509 del 1988, (art. 9) che modificando la legge n.118/71, (art. 13, comma 1°) ha disposto che la riduzione della capacità lavorativa nella misura superiore a due terzi, è elevata alla misura del 74% a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministero della Sanità che approva le nuove tabelle indicativa della percentuale di invalidità per le minorazioni e le malattie invalidanti indicativa (d.m 5 febbraio 1992).
La norma però è stata dichiarata parzialmente illegittima dalla Corte Costituzionale, (Corte Cost. sentenza n. 209 del 31 maggio 1995), nella parte in cui non prevedeva che restassero salvi i diritti dei cittadini per i quali il riconoscimento dell’esistenza dei requisiti sanitari all’epoca della domanda, presentata anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova disciplina che eleva la soglia di invalidità, sia intervenuto, da parte della Commissione medica, successivamente all’entrata in vigore.
Con il 100% di invalidità, invece, viene attribuita la qualifica di invalido totale, con diritto alla pensione di inabilità.
Se l’invalido totale non è autosufficiente a compiere gli atti quotidiani della vita, oppure nell’impossibilità di deambulare, senza l’aiuto di un accompagnatore, ha diritto, anche, all’indennità di accompagnamento, ( art. 1, legge n. 18/80)
I minorenni, invalidi, che hanno difficoltà persistente a svolgere i compiti e funzioni proprie della loro età, o affetti da ipoacusia con una perdita dell’udito superiore a 60 decibel nell’orecchio migliore nelle frequenze di 500, 1000, 2000 hertz. hanno diritto all’indennità di frequenza.
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IV- Soggetti aventi diritto alle prestazioni assistenziali.
I soggetti aventi diritto alla prestazioni assistenziali sono i cittadini italiani, i cittadini di uno degli Stati membri dell’Unione Europea che risiedono nel territorio nazionale, i cittadini extra comunitari e gli apolidi in possesso dei requisiti previsti dalla legge sull’immigrazione.
Le norme che assicurano prestazioni, anche economiche di natura assistenziale, trovavano già applicazione anche in favore dei cittadini dell’Unione Europea che risiedevano nel territorio italiano per motivi di lavoro, tanto se lavoratori subordinati che lavoratori autonomi.
Per effetto di quanto disposto dalla legge n. 40/98, i cittadini di uno Stato membro dell’Unione Europea, residenti in Italia, invece ora possono accedere ai provvedimenti assistenziali, anche di natura economica, indipendentemente del possesso del qualifica di lavoratori (art. 1, comma 2, legge n. 40/98), per il solo fatto della residenza.
Le disposizioni di solidarietà sociale, infine sono state estese anche in favore degli extra comunitari e degli apolidi, residenti sul territorio nazionale, in possesso della carta di soggiorno, nonché ai minori iscritti in uno di tali documenti.
I cittadini extra comunitari in possesso dei documenti di soggiorno previsti dalla legge, ai fini della fruizione delle provvidenze economiche e delle prestazioni, anche economiche di assistenza sociale, ivi incluse, tra le altre, quelle previste in favore dei sordomuti, ciechi civili ed invalidi civili, sono, infatti, equiparati ai cittadini italiani, (art. 39, legge n. 40/98, art. 41, D.lgs. 286/98, art. 80, comma 41, legge n. 388/2000).
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V- Requisiti per la concessione delle prestazioni agli invalidi civili.
Requisiti necessari ai fini della concessione delle prestazioni economiche a favore dei soggetti invalidi civili, sono, per i cittadini italiani la residenza, la cittadinanza italiana ed il possesso dei requisiti reddituali, per i cittadini di uno Stato membro dell’Unione Europea, la residenza ed i requisiti economici.
Per i cittadini extra comunitari e per gli apolidi, invece, costituiscono ulteriore requisiti necessari per la concessione delle prestazioni, il possesso della carta di soggiorno o il permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno.
Per avere diritto alla concessione della prestazione economica, l’invalido non deve superarare annualmente determinati limiti di reddito.
L’unica prestazione che si sottrae ai limiti reddituali è costituita dall’indennità di accompagnamento, che non è subordinata ad alcun requisito reddituale, (Cass. Sez. Un. n. 1842/92).
La verifica della permanenza dei requisiti reddituali viene effettuata direttamente dal Ministero del Tesoro entro il 30 giugno di ogni anno con la consultazione dei dati in possesso del Ministero delle Finanze e del casellario centrale dei pensionati.
Se dai controlli dovesse risultare che il titolare della prestazione è in possesso di redditi superiori ai limiti richiesti dalla legge per la prestazione di cui beneficia, viene disposto il provvedimento di revoca.
I requisiti reddituali si differenziano a secondo del tipo di prestazione connessa all’invalidità totale o parziale.
Per l’accoglimento della domanda delle prestazioni economiche di natura assistenziale vi è anche un limite di età oltre il quale la prestazione non può essere concessa indipendentemente del sussistenza del requisito dell’invalidità.
Il limite anagrafico è rappresentato dal compimento dei 65 anni di età; i soggetti che hanno compiuto i 65 anni di età, infatti, sussistendo tutti i requisiti richiesti dalla legge, hanno titolo per ottenere l’assegno sociale.
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VI- Concessione ed erogazione delle prestazioni, competenze.
Le prestazioni a favore degli invalidi civili e minorati civili, originariamente venivano concesse ed erogate direttamente dal Ministero dell’Interno e pertanto, non rientravano tra le prestazioni assistenziali gestite ed erogate dall’INPS; all’erogazione, infatti provvedeva direttamente l’amministrazione dell’Interno tramite i proprio uffici.
Per effetto del decreto legislativo n. 112/98, attuativo della legge Bassanini sul decentramento amministrativo (legge n. 59/97), invece a decorre dal 3 settembre 1998 la funzione di erogazione di pensioni, assegni e indennità spettanti agli invalidi civili è stata trasferita ad apposito fondo di gestione, istituito presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (art. 130 del d.lgs n.112/98).
Le funzioni di concessione dei nuovi trattamenti economici, invece, sono state trasferite alle Regioni, che, secondo il criterio di integrale copertura, provvedono con risorse proprie alle eventuale concessione di benefici aggiuntivi rispetto a quelli determinati con legge dello Stato per tutto il territorio nazionale.
Da ciò deriva che in tutto il territorio nazionale ed in favore di tutti i soggetti aventi diritto verrà garantito un trattamento economico assistenziale uniforme previsto dalla legge dello Stato.
Ogni Regione, invece, in attuazione del principio di autonomia di cui è dotata, con risorse proprie, può incrementare ulteriormente la prestazione economica in favore dei propri assistiti.
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VII- Accertamento dei requisiti necessari per la concessione della prestazione.
Il decreto legislativo n. 112/98, (articolo 130, terzo comma) ribadisce la separazione dei procedimenti tra la fase di accertamento del requisito sanitario e quello della concessione dei benefici economici di cui alla legge 24 novembre 1993 n. 537, (art. 11).
La legge n. 537/93 (articolo 11, 4° comma) i dispone che avverso i provvedimenti di concessione o diniego è ammesso ricorso amministrativo, secondo la normativa vigente in materia di pensione sociale, ferma restando la tutela giurisdizionale davanti al giudice ordinario.
Sulla base del D. lgs. 112/98, e della normativa precedente, si possono, dunque, individuare tre fasi distinte del procedimento amministrativo per l’erogazione delle provvidenze agli invalidi civili:
1)- l’accertamento dei requisiti sanitari, svolto in primo luogo dalle Commissioni mediche ASL., alle quali segue la verifica da parte delle commissioni ministeriali di verifica e l’eventuale ricorso al Ministero del Tesoro;
2)- la concessione dei trattamenti economici, funzione separata dalla prima e condizionata all’espletamento di accertamenti ulteriori e diversi (requisiti amministrativi dell’invalido) demandata alle Regioni, che la esercitano a decorrere dal primo gennaio 2001, così come previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26/05/2000, attuativo del trasferimento delle funzioni alle Regioni;
3) – l’erogazione della prestazione, funzione affidata all’INPS.
Resta, dunque, inalterata la competenza per quanto concerne la fase dell’accertamento dei requisiti sanitari.
L’accertamento dei requisiti sanitari, infatti continua ad essere effettuato dalla Commissioni Mediche costituite presso le aziende ASL. (art. 1 legge 295 del 15 ottobre 1990).
La domanda per il riconoscimento dell’invalidità, alla quale deve essere allegato il certificato medico attestante la natura dell’infermità invalidante, pertanto deve essere presentata alla Commissione medica istituita presso l’Azienda Sanitaria Locale di residenza.
Entro 180 giorni della presentazione della domanda l’Azienda Sanitaria Locale dispone la visita collegiale.
Copia dei verbali di visita conseguenti agli accertamenti sanitari effettuati dalle Commissioni mediche presso le aziende ASL., dai quali dovrà risultare la riduzione della capacità lavorativa inerente le singole infermità e quella globale, sono poi, trasmesse dalle Aziende Sanitarie Locali alla Commissione medica periferica per le pensioni di guerra e le invalidità civile, (Commissione di verifica) che può disporre ulteriori accertamenti, ma entro termini perentori, (60 giorni).
Il verbale di visita della Commissione medica ASL. diventa definitivo, se la commissione medica di verifica non ritiene di disporre ulteriori controlli.
Decorsi sessanta giorni, dalla data di ricezione debitamente comprovata, di tali verbali di visita senza che la commissione medica per le pensioni di guerra abbia chiesto con esplicita e dettagliata motivazione medico-legale, la sospensione della procedura per ulteriori accertamenti da effettuare, sempre tramite la stessa Azienda Sanitaria Locale o mediante visita diretta dell’interessato da parte della Commissione medica periferica, la commissione medica, invia copia del verbale di visita all’interessato con lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Quando la percentuale di invalidità o la minorazione riconosciuta dà diritto a provvidenze economiche a favore dei minorati civili, le A.S.L., trasmettono d’ufficio copia dell’istanza di concessione di detti benefici unitamente alla copia autentica del verbale sanitario alla Regioni o agli enti dalla stessa delegati per gli ulteriori adempimenti necessari per la concessione della provvidenza, (art 1. comma 7, legge 295/90, art. 1, comma 2, DPCM. del 26/05/2000).
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VIII- Il ricorso amministrativo contro le decisione degli organi sanitari.
Contro gli accertamenti sanitari effettuati dalle Aziende sanitarie locali e contro gli eventuali accertamenti effettuati dalla stessa azienda sanitaria locale su richiesta della commissione medica periferica o direttamente dalla stessa commissione medica periferica, gli interessati possono presentare, entro sessanta giorni dalla notifica, ricorso al Ministero del Tesoro decide entro cento ottanta giorni, sentita la commissione medica superiore.
Avverso la decisione del Ministero del Tesoro, è ammessa la tutela giurisdizionale dinanzi al giudice ordinario, (art. 1 comma 8, legge n. 295 del 1990).
In caso di esito negativo del ricorso, l’interessato, pertanto, può adire il giudice ordinario (Giudice de Lavoro della Previdenza Sociale) e instaurare un controversia giudiziaria tesa all’accertamento del diritto.
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IX- Potestà concessoria ed erogazione delle provvidenze di invalidità civile.
Le Regioni, titolari della potestà concessoria delle prestazioni (art. 130 Dlgs. 112/98), dopo la trasmissione d’ufficio di copia dell’istanza di concessione di detti benefici unitamente a copia autentica del verbale sanitario da parte delle A.S.L., accertato il possesso dei requisiti amministrativi, provvedono alla concessione dei trattamenti economici in favore degli invalidi civili.
Le Regioni, pertanto, accertati gli ulteriori requisiti, adottano il provvedimento definitivo e lo trasmette all’INPS per l’erogazione della prestazione.
Resta, infatti, come già precisato prima, attribuita all’apposito Fondo istituito presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale la sola funzione di erogazione dei trattamenti economici ai minorati civili (art. 1. comma 3, DPCM del 26/05/2000)
Le Regioni, tuttavia, anziché provvedere direttamente alla concessione della prestazione, possono delegare la potestà concessiva dei trattamenti di invalidità civile all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, con la stipula di specifici accordi tra le Regioni medesime e l’INPS (art. 80, comma 8, legge n. 388/2000).
X- Gestione della fase transitoria.
Le Regioni esercitano la potestà di concessione dei trattamenti economici a decorrere dal primo gennaio 2001, così come previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26/05/2000, attuativo del trasferimento delle funzioni alle Regioni.
Il Ministero dell’interno, tuttavia, su richiesta delle Regioni, nella fase transitoria, apprestava alle Regioni attività di supporto per lo svolgimento dei compiti trasferiti, nonché attività di consulenza, anche con la partecipazione dei responsabili del settore delle Prefetture, già competente alla trattazione della materia, al fine di assicurare la funzionalità del servizio sotto il profilo organizzativo, (art. 7, comma 1, DPCM 26/05/2000).
L’oggetto, i contenuti e la durata dell’attività di collaborazione, (fase transitoria), tra il Ministero dell’Interno e le Regioni, sono stati stabiliti da accordi definiti in sede di Conferenza Stato- Regioni i conformità a quanto previsto dal decreto ministeriale, (art. 7, comma 2, DPCM. 26/95/2000).
L’accordo quadro, raggiunto in sede di conferenza Stato- Regioni, (accordo tra Ministero dell’Interno, Regione e Province autonome di Trento e Bolzano del 6 dicembre 2000), oltre che confermare l’impegno del Ministero dell’Interno a prestare attività di supporto per lo svolgimento dei compiti conferiti e di consulenza per assicurare la continuità e la funzionalità del servizio sotto il profilo organizzativo, prevede la stipula di ulteriori accordi tra Prefetture e Regioni, al fine della puntuale individuazione di forme di collaborazione per regolamentare la graduale operatività delle funzioni trasferite nonché garantire alle Regioni i necessari supporti operativi, comunque non oltre il 31 dicembre 2001.
La collaborazione e l’attività di supporto prestata dagli Uffici del Ministero dell’Interno (Prefetture), non ha determinato, comunque spostamento della titolarità della potestà concessoria, che dal primo gennaio 2001 viene esercitata dai nuovi enti concessori.
Le Prefetture, pertanto, nella fase transitoria provvedevano a quantificare le diverse tipologie dei procedimenti pendenti alla data del 31 dicembre 2000, distintamente per procedimenti perfezionati, ma privi del decreto concessorio, procedimenti ancora in istruttoria, istanze per le quali non era stata ancora avviata l’istruttoria, sentenze da eseguire, (Circola n. 16 del 7/12/200 del Ministero dell’Interno) e ponevano in essere gli adempimenti relativi alla trasmissione all’INPS, secondo le procedure in atto, di eventuali provvedimenti già adottati alla data del 31 dicembre 2000 e non ancora inviati all’ente erogatore (INPS) ai fini per il pagamento della provvidenza oggetto del provvedimento.
L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, nella fase transitoria, ha continuato ad assicura la collaborazione già in essere con il Ministero dell’Interno, (accordo quadro tra le Regioni e istituto Nazionale della Previdenza Sociale del 6/12/2000).
Le prestazioni Relativi ai provvedimenti deliberati dalle Prefetture, quindi, Sono state liquidate e poste in pagamento dall’INPS con le modalità già in essere, (Circ. INPS n. 221 del 28/12/2000).
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XI- I ricorsi amministrativi avverso i provvedimenti di diniego della concessione delle provvidenze economiche per difetto dei requisii amministrativi.
Il solo possesso dei requisiti sanitari non è sufficiente per la concessione della prestazione in favore dell’invalido, essendo necessario, altresì, il possesso dei requisiti amministrativi, che costituiscono gli ulteriori presupposti per la concessione della prestazione.
Può accadere, quindi, che anche in caso di parere favorevole della commissione medica, l’ente titolare della potestà concessoria non adotti il decreto di concessione della prestazione per difetto dei requisiti amministrativi.
Contro il decreto dell’ente che nega la prestazione economica (pensione, assegno di invalidità indennità di accompagnamento), o la mancata adozione del decreto, il soggetto invalido (l’invalido civile, il cieco o il sordomuto), può proporre ricorso amministrativo al Comitato Provinciale dell’INPS competente per territorio (art. 130 d.lgs n. 112/98), entro 90 giorni dalla data di comunicazione del mancato accoglimento della domanda di prestazione.
Il Comitato provinciale dell’INPS può adottare, ove ricorrono i presupposti provvedimento favorevole, di accoglimento del ricorso, ove, invece, il ricorso dovesse essere respinto, l’interessato può proporre ricorso all’autorità giudiziaria (Tribunale – Sezione Lavoro).
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XII- Rapporto tra invalidità civile e pensione sociale.
Data la stretta natura assistenziale, agli invalidi civili che hanno compiuto i 65 anni prima del 31/12/95, in sostituzione dell’assegno erogato dal Ministero dell’Interno, spetta la pensione sociale; agli invalidi civili che compiono i 65 anni con decorrenza 1° gennaio 1996, invece, spetta l’assegno sociale.
Ai fini dell’accertamento delle condizioni reddituali per la concessione dell’assegno sociale si applicano, per gli invalidi, parziali e totali, soltanto il limite di reddito personale e non si tiene conto in nessun caso del reddito del coniuge.
Per gli invalidi civili parziali il limite di reddito individuale è quello stabilito per la generalità dei soggetti.
Il legislatore per ovviare alla disparità di trattamento che si era determinata, per effetto di quanto disposto dalla legge n. 29 del 1977, (art. 1) e dalla legge n. 33 del 1980, (art. 14 septies) tra i soggetti che chiedevano per la prima volta la pensione sociale e gli invalidi civili che al compimento del 65° anno di età ottenevano la sostituzione automatica della prestazione economica erogata dal Ministero dell’Interno con la pensione sociale, ha parificato a partire dal primo gennaio 1992 i requisiti reddituali, (art. 12, comma, 3, legge n. 412/91 ), salvo che per gli invalidi totali, per i sordomuti e i ciechi, i cui limiti di reddito per l’attribuzione dell’assegno sociale sono gli stessi previsti per la concessione della pensione di inabilità a carico del Ministero dell’Interno.
All’invalido civile che compie i 65 anni, vigendo il regime di incompatibilità con le prestazioni di sicurezza sociale previsto dalla disciplina speciale, è concessa la facoltà di optare per il trattamento più favorevole (art. 3 legge n. 407 del 1990 e art. 12, legge n. 412/91).
L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale con un recente provvedimento (circolare n. 86 del 27/04/2000), ha deliberato che per la concessione e per il godimento della pensione e dell’assegno sociale, sostitutivo delle provvidenze economiche per l’invalidità civile, debbono essere applicati i criteri previsti prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età.
Ciò nella considerazione che la titolarità della pensione di invalidità civile costituisce il presupposto necessario e sufficiente per l’ammissione al godimento della pensione o dell’assegno sociale e per il mantenimento del relativo diritto.
Ritenuta, pertanto, diversa la natura dei due istituti (pensione sociale- pensione di invalidità), secondo le nuove direttive emanate dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in fase di concessione di erogazione della prestazione, occorre prescindere dalle condizioni specificamente prescritte per farsi luogo alla liquidazione delle pensioni assistenziali in favore della generalità dei soggetti.
La circolare dell’INPS si fonda sulle considerazioni del Ministero del Tesoro, che in proposito ha espresso l’avviso che sarebbe del tutto illogico che l’invalido, dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di età, venisse penalizzato a causa dell’applicazione di criteri di verifica stabiliti per l’erogazione dell’assegno o pensione sociale ai cittadini ultrasessantacinnquenni sprovvisti di reddito, ma non invalidi.
In sede di accertamento o di verifica dei delle condizioni reddituali nei confronti degli invalidi civili ultrasessantacinquenni, perciò, si dovrà fare riferimento al reddito percepito dall’interessato nell’anno precedente, in rapporto al limite stabilito per l’anno di riferimento della prestazione.
Dovranno inoltre essere presi in considerazione i soli redditi assoggettati ad IRPEF, con esclusione dei redditi esenti (pensioni di guerra, provvidenze economiche in favore dei minorati civili) o, comunque, non computabili agli effetti IRPEF (rendita INAIL).
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