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La tutela patrimoniale dei figli maggiorenni con disabilità a seguito della cessazione della convivenza dei genitori
La tutela patrimoniale dettata per i figli minorenni coinvolti nei procedimenti di separazione, divorzio, annullamento, nullità del matrimonio e nei giudizi di affidamento -che prevede la somministrazione di un assegno periodico di mantenimento a carico del genitore non convivente – è estesa dall’ art. 337 septies II comma c.c.[1] ai figli maggiorenni portatore di handicap grave.
Per stabilire la gravità dell’handicap a cui è condizionata l’applicazione di tali disposizioni e che può riguardare indifferentemente sia la sfera fisica sia quella psichica[2], si deve fare riferimento all’art. 3, comma terzo, legge 5 febbraio 1992, n. 104, al quale rinvia l’art. art. 37 bis disp att.c.c.. Secondo la disposizione del citato articolo è portatore di handicap “ “colui che presenta una minorazione fisica, psichica, sensoriale, stabilizzata e progressiva che è causa di difficoltà di apprendimento, relazione o integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale e di emarginazione”. Il comma 3 dell’articolo precisa inoltre che “Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici”.
Giova precisare che, secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 13 dicembre 2006 ed entrata in vigore il 3 maggio 2008,[3],“le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”.
Per quel che interessa la presente trattazione, si rende utile precisare che, secondo i giudici di legittimità, “l ‘handicap è grave quando la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione[4].
1.1. La gestione delle somme attribuite a titolo di mantenimento al figlio maggiorenne con handicap grave
Nel silenzio della norma, rimane aperta la questione della gestione delle somme attribuite a titolo di mantenimento in favore del figlio maggiorenne con disabilità.
In dottrina è stato sostenuto che tali risorse dovranno essere gestite dal rappresentante legale in caso di provvedimento di incapacitazione e diversamente in assenza di tale provvedimento, dal soggetto titolare del diritto.[5]
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L’estensione ai figli maggiorenni portatori di handicap grave della tutela prevista per la prole minorenne in materia di cura, visite, ascolto e assegnazione della casa familiare
La giurisprudenza ritiene pacificamente che ai figli maggiorenni portatori di disabilità grave siano estensibili le disposizioni dettate in favore dei figli minori non soltanto in tema di mantenimento ma anche in materia di assegnazione della casa familiare, di cura, visite [6]e di ascolto[7].
Gli obblighi di cura ed assistenza in favore del figlio maggiorenne con disabilità, gravano su entrambi i genitori per il solo fatto della procreazione e non cessano con il venir meno della convivenza, né con il raggiungimento della maggiore età del figlio disabile
Tale principio appare ben espresso nelle motivazioni di una sentenza del Tribunale di Potenza, nella quale viene precisato che: “in tema di divorzio, il genitore con cui non convive il figlio maggiorenne portatore di handicap (nella specie, una pressoché assoluta disabilità fisica e mentale) è tenuto non solo a concorrere al suo mantenimento, ma anche ad assolvere, in concorso con l’altro genitore, ai compiti di cura, accudimento e assistenza, a mezzo della previsione di specifiche modalità di visita periodica.[8].
2.1 Inapplicabilità delle norme in materia di affidamento condiviso ed esclusivo
V’è da precisare che, se da un lato la giurisprudenza appare univoca nell’ammettere l’estensione delle disposizioni dettate in favore dei figli minori in tema di assegnazione della casa famigliare e di cura ai figli maggiorenni con disabilità, dall’altro, invece, esclude rigorosamente l’applicabilità per questi ultimi della disciplina in materia di affidamento, condiviso od esclusivo[9]. Ciò in considerazione del fatto che, con la maggiore età, viene meno la presunzione legale di incapacità (come pure la responsabilità dei genitori) e la mancanza di capacità di agire del figlio maggiorenne portatore di handicap non è automatica ma deve semmai essere accertata eventualmente, in via parziale o totale nei giudizi specifici di interdizione, inabilitazione od amministrazione di sostegno. (Cass. Civ. Sez. I 24/07/ 2012 n.12977).
I motivi sottesi alla teoria che nega l’applicabilità delle norme sull’affidamento ai figli maggiorenni portatori di disabilità appaiono molto ben illustrati in una pronuncia risalente al 2006 del Tribunale di Padova, nel quale si afferma che: “se il figlio maggiorenne portatore di handicap grave è persona capace di intendere e di volere, non vi sono ragioni perché la sua capacità debba essere compressa sotto il profilo della manifestazione di volontà nella scelta del luogo o del genitore con cui vivere; non c’è ragione, infatti, per trattarlo diversamente da un figlio maggiorenne privo di handicap; se, viceversa, il figlio maggiorenne è portatore di un handicap grave che limita o esclude la sua capacità di agire, sarà necessario che tale incapacità sia legalmente accertata, in modo che la sua volontà possa esprimersi attraverso il soggetto che l’ordinamento ha predisposto a sua protezione e con le forme previste dal legislatore. Diversamente argomentando, il figlio maggiorenne portatore di una menomazione che lo limita solo fisicamente sarebbe “punito” da un legislatore che gli nega la possibilità di validamente manifestare la propria volontà in una questione così delicata e personale come la scelta del genitore con cui abitare: assunto non sostenibile, posto che la ratio della disposizione in esame è palesemente quella di “aiutare” i figli maggiorenni portatori di handicap, estendendo anche in loro favore le norme che tutelano, sotto il profilo patrimoniale, i figli minorenni, e non certo quella di danneggiarli”.[10]
Dunque, secondo l’ orientamento giurisprudenziale appena citato, al quale non si può non aderire, l’applicazione delle norme sull’affidamento ai figli maggiorenni con disabilità comporterebbe una compromissione dei diritti di questi ultimi, atteso che l’istituto di protezione giuridica previsto per i minori è più limitativo di altri riservati dalla legge agli adulti fragili, come l’Amministrazione di Sostegno, la cui flessibilità può prevedere ampi spazi di autonomia decisionale per il beneficiario seppure portatore di handicap.[11].
Nella giurisprudenza di merito si rinvengono pronunce di inammissibilità della domanda di affidamento del figlio con handicap con conseguente trasmissione degli gli atti al Pubblico Ministero ex art.406 e 417 cod.civ., al fine di dare impulso alla nomina di una figura di sostegno a tutela del soggetto incapace. [12].
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La tutela del figlio maggiorenne con handicap grave nel procedimento di negoziazione assistita ed il divieto per i coniugi con figli portatori di disabilità grave di concludere accordi riguardanti la separazione, il divorzio e le relative modifiche dinanzi all’Ufficiale dello Stato Civile
Giova infine rilevare che la tutela prevista dall’ordinamento giuridico in favore dei figli maggiorenni con disabilità grave coinvolti nei giudizi di separazione e di divorzio riguarda anche la negoziazione assistita ed il procedimento davanti all’Ufficiale dello Stato Civile.
In particolare, per quanto riguarda la negoziazione assistita, l’attento Legislatore, al fine di meglio tutelare i diritti delle persone fragili conviventi con i genitori, ha previsto l’obbligo per le coppie con figli minori con figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, ovvero economicamente non autosufficienti, di trasmettere l’accordo raggiunto[13], entro il termine di dieci giorni, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente. Quest’ultimo provvederà ad autorizzarlo solo se rispondente all’interesse della prole, diversamente dovrà trasmetterlo entro cinque giorni, al presidente del Tribunale che fisserà la comparizione delle parti, provvedendo senza ritardo.”[14]
Con pari intento protettivo, il Legislatore, all’art. 12 della legge n. 162/2014, ha escluso la possibilità per le coppie con figli portatori di grave disabilità, anche se maggiorenni ed a prescindere dalla considerazione della loro autosufficienza economica, di concludere accordi riguardanti la separazione, il divorzio e le relative modifiche davanti all’Ufficiale dello Stato Civile.
Note
[1] L’art.337 septies c.c. è la trasposizione dell’art.155 quinquies (introdotto dalla legge 54/2006) operata con il d.lgs. n. 154/2013 e dispone che: “:Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.
Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori”.
3] ratificata e resa esecutiva dall’Italia con legge n°18 del 3 marzo 2009,pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14 marzo 2009.
[4] Cass Civ. Sez. I 24/07/ 2012 n.12977 in Foro it. 2013, 4, I, 1193 con nota di: Casaburi.
[5] F. Pisano in Il Familiarista voce Handicap
[6] Cass. Civ. 12977/2012 cit. in cui si afferma: In tema di separazione giudiziale dei coniugi, trovano applicazione, ai figli maggiorenni portatori di handicap, ai sensi della l. n. 104 del 1992, le sole disposizioni previste in favore dei figli minori, quali quelle in tema di visite, di cura e di mantenimento da parte dei genitori non conviventi, di assegnazione della casa coniugale, ma non anche quelle sull’affidamento, condiviso od esclusivo; Tribunale di Potenza 12.01.2016 in Foro it. 2016, 4, I, 1458; Tribunale Varese, Sez, I sentenza 21 aprile 2011.
[7] Trib. Varese, sez. I, 21 aprile 2011 cit.
[8] In particolare, secondo il Collegio, “ l’obbligo di prendersi cura del figlio (testualmente sancito anche a partire dalla legge sull’affidamento condiviso: l. n. 54 del 2006) – consistente nel dovere di apprestare quel complesso di attenzioni, di premura e di atti di assistenza ed ausilio di cui il figlio non ancora maggiorenne necessita per vivere la propria quotidianità – deve ancor più ipotizzarsi (grazie all’introduzione nel ordinamento dell’ormai abrogato art. 155 quinquies c.c. ed ora dell’art. 337 septies, co. 2 c.c.) se esso è dettato in favore del figlio maggiorenne portatore di patologia invalidante, specie nei caso d’infermità totale, riguardante sia la sfera psichica, che la sfera fisica. E siffatto specifico obbligo per i genitori di prestare al figlio invalido e maggiorenne quel complesso di atti di assistenza di cui, purtroppo, avrà necessità per l’intero periodo della propria esistenza va a completare la disciplina già esistente, nel nostro ordinamento, per la tutela dei portatori di handicap , in punto, il Tribunale ritiene poi anche di far propria l’opinione per cui il diritto del figlio disabile e beneficiare del rapporto con ogni genitore (anche divorziato) non può rilevare solo laddove comporti indirettamente un beneficio di tipo economico, penitenziario o lavorativo per il genitore stesso, posto che l’interesse preminente è infatti sempre ed innanzitutto quello del soggetto disabile, che deve per questo trovare tutela eventualmente anche se in contrasto con quello dei genitori, sulla cui posizione insiste, più che una situazione giuridica soggettiva attiva (id est diritti), un vero e proprio minus, che comporta a loro carico obblighi di assistenza desumibili dal principio della responsabilità per il solo fatto della procreazione, e tali obblighi non cessano né con il divorzio e con il venir meno della convivenza, né con il raggiungimento della maggiore età del figlio disabile”. Tribunale di Potenza 12.01.2016 in Foro it. 2016, 4, I, 1458
[9] Cass Civ. Sez. I 24/07/ 2012 n.12977 cit.; Tribunale di Lucca 04.04.2018 in banca dati De Jure; Trib. Varese, sent., 21 aprile 2011; Trib. Torino 28 aprile 2014; Corte appello Catania, 29/01/2015 in Il familiarista.it 2015, 15 aprile in cui si afferma: ”Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano tutte le disposizioni dettate in favore dei minorenni, ad eccezione di quelle relative all’affidamento, trattandosi di soggetti maggiorenni che per legge hanno piena capacità di agire, se non sottoposti a misura ablativa o limitativa della capacità”.
[10] Tribunale di Padova 22 maggio 2006 in De Jure Giuffrè Banca dati-Giuffrè 2006
[11] Tribunale Varese, Sez.I sentenza 21 aprile 2011 cit.
[12] Tribunale Treviso sez. I, 01/04/2016-ud. 01/04/2016, in Il familiarista.it 16 settembre 2016
[13]’art.6 della l. legge n. 162/2014
[14] Tribunale Torino, 06/12/2017 Ilfamiliarista.it 15febbraio 2018 : “I coniugi senza figli minorenni, maggiorenni non autosufficienti o portatori di handicap grave, non possono effettuare cessioni di quote di s.r.l. con gli accordi di negoziazione assistita familiare, essendo ammissibile solo un impegno a trasferire; conseguentemente il Procuratore della Repubblica, cui l’accordo sia stato trasmesso ex art. 6, d.l. n. 132/2014, può legittimamente rifiutarsi di apporre il nulla osta”.
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