La tutela del copyright: il caso Steamboat Willie

simona valvo 22/01/24
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Approfondimento sulla tutela del copyright e sul caso “Steamboat Willie”, celeberrimo cortometraggio di Walt Disney.

Volume consigliato: Il nuovo diritto d’autore

Indice

1. Steamboat Willie

Come ormai noto ai più, dal 1° gennaio 2024, Steamboat Willie, il cortometraggio d’animazione della Walt Disney, considerato il debutto sia di Topolino sia di Minnie, non è più protetto dal copyright diventando, pertanto, di pubblico dominio: ciò significa che, in linea teorica, chiunque potrà, d’ora in poi, condividere, rappresentare, riutilizzare o riproporre l’opera, senza più dover chiedere alcuna autorizzazione né, tantomeno, dover pagare i diritti ai relativi titolari.
L’evento ha avuto una fortissima risonanza a livello mediatico, ed ancor più innumerevoli ripercussioni sul piano pratico, per cui occorre operare una breve, preliminare, disamina su alcuni istituti giuridici della proprietà intellettuale che qui vengono in esame, con particolare riferimento al nostro ordinamento, a confronto, poi, con quello americano.

2. Cos’è il copyright

Il“copyright” è un istituto giuridico posto a tutela di chi crea un’opera dell’ingegno di carattere creativo, appartenente alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.
Nel nostro ordinamento giuridico, tale forma di tutela si estrinseca sia nel diritto di rivendicare la paternità dell’opera (c.d. diritto morale), sia nel diritto di utilizzazione economica dell’opera (c.d. diritti patrimoniali), ed è in gran parte regolamentata dalla Legge 22 aprile 1941, n. 633, nonché dal collegato regolamento di attuazione contenuto nel Regio decreto 18 maggio 1942, n. 1369 (Gazz. Uff. 3 dicembre 1942, n. 286), oltre che dalle disposizioni contenute nel codice civile (art. 2575 c.c. – 2583 c.c.).
Al quadro normativo appena delineato, si aggiungano, poi, le fonti di diritto europeo, quali:
–       la Direttiva 93/98/CEE sull’armonizzazione della durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi a cui è stata data attuazione dal D.lgs. 26 maggio 1997, n. 154;
–       la Direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione a cui è stata data attuazione dal D.lgs. 9 aprile 2003, n. 68;
–       la Direttiva CEE n. 2019/790/UE sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale.
Ed infine, gli appositi trattati e convenzioni internazionali, tra i quali si annoverano:
–        la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Berna, 1886);
–       il TRIPs – “The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (Marrakech – 1994);
–       il Trattato OMPI sul diritto d’autore (Ginevra, 2 – 20 dicembre 1996).
 Nel nostro ordinamento, i diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte. Negli Stati Uniti vige oggi – per le opere pubblicate dopo il 1° gennaio 1978 – la medesima regola, ma nel passato la durata del copyright, che allora era soggetto a formalità di registrazione, dipendeva dalla data di pubblicazione.
 È opportuno chiarire che il riconoscimento del diritto d’autore non richiede alcuna procedura particolare, perché esso si attiva in modo automatico: esso si acquisisce, cioè, già nel momento della mera creazione dell’opera.
Per approfondire il tema del copyright, si consiglia il volume “Il nuovo diritto d’autore”, il quale dedica ampio spazio alle tematiche legate alla protezione della proprietà intellettuale, agli sviluppi interpretativi in tema di nuove tecnologie e alle sentenze della Suprema Corte relative ai programmi per elaboratore, alle opere digitali e al disegno industriale.

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Andrea Sirotti Gaudenzi | Maggioli Editore 2024

3. Cos’è il marchio

Il marchio è, invece, il segno distintivo dei prodotti e dei servizi d’impresa, volto a garantire al pubblico la riconoscibilità e la provenienza degli stessi.
Esso indica “un qualunque segno suscettibile di essere rappresentato graficamente, in particolare parole, compresi i nomi di persone, disegni, lettere, cifre, suoni, forma di un prodotto o della sua confezione, combinazioni o tonalità cromatiche, purché sia idoneo a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli delle altre”.
A livello nazionale, il marchio è regolamentato dal codice civile (artt. 2569 – 2574) e dal codice della proprietà industriale (D. Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 e successive modifiche), (artt. 7 – 28).
Sul fronte europeo, si menzionano:
–       la Direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale;
–       la Direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa;
–       il Regolamento n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario;
–       il Regolamento CE 2868/95 della Commissione del 13 dicembre 1995 recante modalità di esecuzione del regolamento (CE); n. 40/94 sul marchio comunitario (come modificato dal Regolamento n. 355/2009 della Commissione, del 31 marzo 2009).
Infine, sul piano internazionale, si annoverano:
–       la Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, firmata a Parigi il 20 marzo 1883;
–       il Trattato sul diritto dei marchi, sottoscritto a Ginevra il 27 ottobre 1994.
È opportuno, poi, distinguere tra marchio registrato e marchio di fatto: il primo, gode di una tutela giuridica rafforzata nei confronti di terzi, poiché, con il processo di registrazione dinanzi ad un ufficio preposto, viene ad esso attribuita una data certa; il secondo, invece, pur non essendo registrato, viene utilizzato da tempo per la commercializzazione dei servizi o prodotti e, in caso di controversie, deve dimostrare la notorietà del segno come marchio, il tempo d’uso e la capacità distintiva nell’ambito territoriale in cui esso è stato utilizzato.
La tutela garantita dalla registrazione dura dieci anni a partire dalla data di deposito della domanda, salvo il caso di rinuncia del titolare, e alla scadenza può essere rinnovata per altri dieci anni; per poter essere registrato, poi, il marchio deve possedere i caratteri di “novità, liceità e capacità distintiva” (artt. 12, 13 e 14 CPI).

4. Il copyright negli Stati Uniti: il Mickey Mouse Protection Act

Ora, avendo preliminarmente esaminato i due distinti istituti, e le relative differenze, saremo meglio in grado di comprendere quali siano le problematiche e le implicazioni sottese al caso “Topolino”, e di illustrarne le peculiarità alla luce dell’ordinamento statunitense.
Negli Stati Uniti, la durata del copyright ha conosciuto, nel corso del tempo, diverse proroghe alla durata dello stesso, volte ad evitare la perdita dell’esclusiva su opere quali fra l’altro, proprio Steamboat Willie.
A tal fine, la Disney spinse per l’emanazione della legge – la Mickey Mouse Protection Act, per l’appunto – che estendeva la durata del copyright a 95 anni dalla data della pubblicazione dell’opera, determinando, di conseguenza, la “caduta in pubblico dominio” di Steamboat Willie, pubblicata nel 1928, a partire proprio dal primo gennaio di quest’anno.
I tribunali statunitensi hanno chiarito, già in altre occasioni, che “quando una storia diventa di dominio pubblico, gli elementi della storia – compresi i personaggi coperti dal diritto d’autore scaduto – diventano un gioco leale per gli autori successivi”. Ciò significa che l’opera può essere condivisa, rappresentata, riutilizzata, riproposta, persino tradotta da chiunque senza dover chiedere autorizzazione e senza dovere pagare nulla all’originario titolare dei diritti.
Tutto questo, però, a patto di verificare che i singoli elementi dell’opera (per esempio, i personaggi stessi) non siano protagonisti, a loro volta, di film o cortometraggi protetti ancora da copyright, ed a condizione di non ingenerare confusione nei consumatori facendogli credere che la nuova creazione sia prodotta o sponsorizzata da Disney, come specificheremo meglio di seguito.

5. Il marchio Disney su Topolino

A complicare ulteriormente il quadro, infatti, vi è la questione che Topolino sia anche un marchio registrato dalla Disney per determinati beni e servizi. Alcuni sostengono, pertanto, che in virtù di ciò, la multinazionale statunitense potrà opporsi all’utilizzo del personaggio nell’ambito di attività commerciali.

6. Topolino è davvero di pubblico dominio?

Alla luce di quanto illustrato, non possiamo, di certo, affermare che, con il nuovo anno, la Walt Disney abbia perso del tutto i propri diritti su Topolino, dal momento che essa detiene ancora il copyright sulle versioni più recenti del personaggio, nonché tutte le tutele derivanti dal marchio registrato.
Nonostante tali considerazioni legali, l’inizio del nuovo anno è stato, tuttavia, già inaugurato con diversi rifacimenti dell’opera disneyana, tra cui si annoverano un film horror, Mickey’s Mouse Trap, ed un videogame horror, Infestation 88, in cui, in entrambi i casi, i mostri hanno le fattezze del Mickey Mouse di Steambot Willie.
Ed ancora, pensiamo poi alle possibili implicazioni che vi saranno con l’utilizzo dell’opera tramite l’A.I…
La materia non è semplice da districare, non essendo agevole stabilire quando si possa, effettivamente, parlare di elementi dell’opera “caduti in pubblico dominio”: pertanto, si può facilmente immaginare che il colosso statunitense non tarderà a farsi sentire nelle aule dei tribunali, innescando contenziosi per presunte violazioni del diritto d’autore, connesse allo sfruttamento dell’immagine del famoso topo americano.

simona valvo

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