La tutela del risparmio negli USA

1. Premessa
Gli eventi che hanno coinvolto i mercati finanziari nel 2007 mettono in evidenza come sia sempre più attuale il problema della traslazione dei rischi di credito dagli intermediari (banche e società finanziarie) ai risparmiatori.
La crisi, come ben noto, ha origini negli USA a causa di mutui erogati “sub-prime” dalle banche a clientela poco affidabile che, in presenza dell’aumento dei tassi di interesse, è diventata insolvente.
La situazione di crisi di liquidità delle banche si è riversata, ad effetto domino, sulle borse internazionali determinandone il crollo.
A crollare non è stata soltanto la borsa, ma anche la fiducia del cittadino nei confronti del sistema bancario nella sua interezza.
L’attuale situazione di crisi offre comunque lo spunto per una riflessione sul sistema delle banche negli Stati Uniti e sulla tutela del risparmio.
 
 
2. Il sistema bancario statunitense
Le origini del sistema bancario statunitense risalgono alla costituzione, nel 1781, della prima banca nazionale, la Bank of North America con sede a Philadelphia[1].
E’ necessario comunque attendere il 1791 per vedere la costituzione di una banca centrale, la First Bank of the United States (su proposta del Secretary of the Treasury Alexander Hamilton) secondo il modello adottato per la costituzione della Banca di Inghilterra[2] al fine di controllare l’attività delle banche, soprattutto la loro solidità; dopo la guerra del 1812 il suo ruolo venne preso nel 1816 venne dalla Second Bank of the United States, a cui venne riconosciuto (a seguito di una pronuncia della Supreme Court nel caso McCulloch v. Maryland) il potere di controllo sulla moneta nazionale ed il divieto delle autorità statali di sottoporre ad imposta statale le operazioni concluse dalla Second Bank[3].
Infine nel 1863 il Congresso approvò il National Bank Act, introducendo un’unica moneta nazionale.
Momento cruciale è comunque il 1933 il National Banking Act con cui il Congresso, dopo la crisi del 1929, riordina l’intero sistema bancario statunitense[4].
La legge conferì la formulazione ed attuazione della politica monetaria al Board of Governors of the Federal Reserve System; inoltre istituì il sistema federale di garanzia dei depositi, Federal Deposit Insurance Corporation e soprattutto sancì la separazione tra banca ed industria stabilendo il divieto delle banche di sottoscrivere, negoziare ed assumere posizioni in proprio su valori mobiliari[5].
Il sistema bancario statunitense è oggi costituito dagli intermediari che effettuano la raccolta del risparmio e l’esercizio del credito (depositary institutions) e comprende le banche commerciali e le thrift instituions[6].  
Le banche commerciali a loro volta si dividono in commercial banks ed investiment banks : la loro differenza risiede nel fatto che alle investiment banks è precluso la raccolta del risparmio sotto forma di depositi, secondo quanto stabilito dal Glass-Steagal Act [7].
Il Glass-Steagal Act (cioè l’insieme dei quattro articoli del Banking Act del 1933 che sanciscono la separazione fra le banche commerciali e le banche di investimento) limitava alle banche di investimento la possibilità di sottoscrivere obbligazioni ed azioni e riservava alle banche commerciali la raccolta dei depositi e la concessione di prestiti a breve[8].
Nel 1961 il sistema finanziario degli Stati Uniti era ancora diviso da confini entro cui gli operatori si specializzavano in determinate e specifiche attività: confini creati da norme esistenti, dalla dislocazione degli operatori, dalle tradizioni e dalle circostanze: solo 13 banche disponevano di filiali estere e solo cinque banche estere avevano filiali negli Stati Uniti[9].
Il principale fattore di cambiamento fu il mercato dell’euro-dollaro e le crisi petrolifere del ’70 che portarono  le banche statunitensi, al seguito del dollaro, ad aumentare la loro presenza all’estero e le banche estere ad entrare nei mercati degli Stati Uniti[10].
Appare inoltre utile ricordare come, ulteriore fattore di cambiamento fu in quegli anni la crisi monetaria internazionale ed il crollo degli accordi di Bretton Woods (il sistema del c.d. global exchange standard)[11].
Il regime giuridico di netta e rigida separazione tra commercial banking ed investiment banking (introdotto con il Glass Steagal Act del 1933) venne pertanto progressivamente modificato a partire dagli anni ’80: le Autorità di vigilanza hanno gradualmente consentito alle singole banche commerciali di operare nel settore dell’investiment banking, ma esclusivamente attraverso società controllate o facenti parte del medesimo gruppo di appartenenza della banca commerciale interessata[12].
La progressiva commistione tra settore bancario e finanziario fu definitivamente consolidato con il GLBA (Gramm-Leach-Bliley Act) del 1999 con il quale si è dato un nuovo assetto giuridico al sistema bancario e finanziario statunitense[13].
Il GLBA permette alle banche commerciali di far parte di un gruppo facente capo ad una società che, avendo i requisiti per qualificarsi come financial holding company, può svolgere direttamente o tramite una società controllata non bancaria servizi finanziari ed assicurativi[14].
Il GLBA muove dal presupposto che i divieti di comunicazione, di condivisione di informazioni e di interazione (i c.d. firewalls) tra la componente bancaria e quella finanziaria del gruppo polifunzionale possano rivelarsi inopportuni non solo per difetto (la separazione formale non garantisce un’effettiva indipendenza operativa e decisionale delle distinte strutture), ma anche per eccesso in quanto possono impedire il conseguimento delle economie di scala e di diversificazione che derivano dall’attività bancaria[15].
Le thrift instituions[16] sono invece intermediari costituiti per sollecitare il risparmio di importo contenuto e soddisfare la domanda di finanziamento proveniente da particolari settori dell’economia; esse possono dividersi in saving and loan associations, mutual saving banks e credit unions[17].
 
 
3. Il mercato finanziario prima del caso Enron
Gli intermediari bancari possono far parte o di gruppi financial holding companies (Fhc) oppure bank holding companeies (Bhc) che costituiscono una componente di rilievo del mercato bancario perché al loro interno sono presenti molte banche statali e nazionali di maggiori dimensioni.
Per i singoli intermediari l’autorità di vigilanza primaria (primary supervisor) viene determinata sulla base del tipo di statuto adottato dalla banca: per le banche a statuto federale l’autorità di vigilanza è rappresentata dall’OCC,  per le banche a statuto statale che fanno parte del Federal reserve system  dalla Federal reserve, invece per le banche a statuto statale che non fanno parte del Federal reserve system dalla Federal deposit insurance corporation (Fidc) che gestisce i due principali sistemi federali di garanzia dei depositi[18].
Il mercato degli strumenti finanziari cominciò ad essere regolamentato dopo il crollo della borsa nel 1929 (Great Crash): fra il 1933 ed il 1940 il Congresso emanò alcuni Statutes (regolamenti) volti a disciplinare i vari aspetti del mercato degli strumenti finanziari.
La regolamentazione degli strumenti finanziari in USA si articola su due livelli: il primary market concernente la regolamentazione relativa all’emissione di strumenti finanziarie ed il secondary market relativo invece alla disciplina delle operazioni di negoziazione fra gli investitori e gli intermediari finanziari successive all’emissione[19].
Il Securities and Exchange Act del 1934 è la legge con la quale il Congresso istituì la SEC, organo di controllo a cui venne affidato ogni più ampio potere sul mercato degli strumenti finanziari tra cui registrare, regolamentare e sorvegliare il funzionamento delle società di intermediazione (brokerage firms) e dei vari Self Regulatory Organisations (SRO) che negli Stati Uniti sono i vari stock exchange[20]
Con il Securities Exchange Act il Congresso degli Stati Uniti aveva come obiettivo primario assicurare un corretto svolgimento del security market, nonché recuperare e promuovere la fiducia degli investitori dopo il crollo della borsa del ’29.
Pertanto le due principali fonti legislative in materia di strumenti finanziari negli Stati Uniti sono l’ US Securities Act di 1933 (the Securities Act) e l’ US Securities Exchange Act di 1934 (the Exchange Act). In sintesi, l’ Us Securities Act governa l’offerta e la vendita di titoli negli Stati Uniti, mentre l’Exchange Act regola il commercio dei titoli sui mercati finanziari come il New York Stock Exchange (il NYSE) o il Nasdaq Stock Market (Nasdaq), l’informazione periodica e annuale, le offerte e gli scambi.
La Us Securities and Exchange Commission (SEC) ha emanato un complessa regolamentazione normativa (che ha forza di legge) sotto la vigenza dell’Us Securities Act e dell’Us Exchange Act.
Sul mercato finanziario si negoziano titoli a reddito fisso e titoli azionari con scadenza superiore all’anno; in particolare sono negoziati: a) titoli azionari (stocks), b) titoli ipotecari (mortgages), c) titoli a reddito fisso emessi da imprese industriali (corporate bonds), e) titoli di stato (U.S. government Securities), f) valori mobiliari emessi dalle agenzie federali (U.S. government agency secutities), g) titoli obbligazionari emessi dalle amministrazioni statali e locali (State and local government bonds) ed infine h) prestiti finalizzati all’acquisto di beni di consumo e prestiti commerciali ed industriali (consumer and bank commercial loans)[21].
In particolare il mercato dei titoli di Stato è stato disciplinato con il Governement Securities Act del 1986 emanato al fine di introdurre elementi di certezza e regole chiare: prima del 1986 il mercato funzionava in base ad una prassi consolidata fra operatori ed autorità di vigilanza (era la Federal Reserve Bank di New York) che conduceva operazioni di mercato aperto esclusivamente con alcuni operatori (primary dealer) e vigilava quotidianamente sull’attività da questi svolta in government Securities[22].
Con la nuova legge, pur mantenendo questo sistema, venne introdotto l’obbligo per i primary dealers di registrarsi presso la FRBNY dopo un periodo sperimentale di un anno per dimostrare di avere i requisiti necessari per “fare mercato”; gli operatori sono sottoposti ad un duplice controllo: Sec se si tratta di una securities firm o la Fed se si tratta di una banca commerciale ed inoltre in entrambi i casi di fronte alla FBNY per le attività svolte in qualità primary dealer dei titoli di Stato[23].
 
 
4. Il caso Enron: “la mamma di tutte le bancarotte”
Come ha notato di recente un economista (Krugman): “Il caso Enron non è il fallimento di un’azienda, è la storia del fallimento di un sistema”.
Il fallimento nel caso Enron è stato principalmente un fallimento collettivo dei gatekeepers  (revisori dei conti, avvocati, analisti, agenzie di rating, banche di investimento), ossia soggetti indipendenti deputati ad operare come diaframma tra managers ed azionisti al fine di ridurre gli agency costs e di fornire istituzionalmente agli investitori servizi di verifica e certificazione delle attività finanziarie, che invece alla fine vennero catturati in varia misura dalle società che avrebbero dovuto controllare[24].
La Enron finì in bancarotta nel dicembre del 2001; la classifica mondiale Fortune 500 stimava l’azienda al settimo posto. Aveva una capitalizzazione di borsa di più di 60 miliardi di dollari. Ma le speculazioni di un piccolo gruppo di manager hanno finito per dissolvere ogni bene e a gettare nel baratro azionisti e dipendenti.Fu lo scandalo finanziario che segnò la storia di Wall Strett all’inizio del XXI secolo dopo il decennio dei "soldi facili" e del boom della New Economy [25].
A partire dalla seconda metà degli anni ’90 la Enron Corp. si era affermata come market maker, pur continuando ad operare come società di produzione e distribuzione di prodotti energetici (essenzialmente gas ed energia elettrica), in alcuni settori del mercato dei derivati ed in particolare sui mercati O.T.C. (Over The Counter, cioè non regolamentati) dei prodotti finanziari legati al settoreenergetico.
Gli amministratori della Enron hanno quindi ricercato strumenti di finanziamento “alternativi”, extra-bilancio, in costante elusione e violazione della disciplina di riferimento. L’azzardo di tali operazioni, come di alcune “particolari” tecniche di appostazione dei valori riportati in bilancio, non poteva, tuttavia, che condurre al fallimento della società e conseguentemente all’“esplosione” (del
tutto inattesa) di uno dei più grandi scandali della storia dei mercati finanziari[26].
In realtà il managment di Enron era riuscito per lungo tempo a celare la reale situazione finanziaria della società, simulando i profitti e registrando fuori bilancio ingenti passività, in altre parole costruendo una virtual corporation (o secondo F. Partnoy un virtual hedge fund)[27].
Il 21 Agosto di fronte al tribunale federale Michael Kopper, l’ex braccio destro di Andrew Fastow (l’ex direttore finanziario di Enron) confessava di avere frodato la Enron per decine di milioni di dollari attraverso la costituzione e la gestione di tre società fuori bilancio di nome Radar, Chewco e Southampton Place[28].
Il caso Enron è stata una “manifestazione di degenerazione patologica nel funzionamento dei mercati e dei presidi posti a tutela degli investitori” da cui traspare una“manifesta (…) inadeguatezza delle regole” e in cui concorrono “comportamenti fraudolenti, colpe gravi degli amministratori, compiacenza dei controllori[29].
Il caso Enron ha messo in luce l’inadeguatezza delle regole dei mercati finanziari e in particolar modo ha dimostrato come anche i c.d. chinese walls[30] “non siano sufficienti a prevenire l’insorgere di questi conflitti poiché esse non resistono alle pressioni (interne) generate dalle prospettive di ingenti guadagni. Si tratta di problematiche a cui il nostro mercato non è estraneo: i troppi “Buy”, l’assenza di studi “negativi”, l’uniformità dei giudizi, la difficoltà e la lentezza con cui essi mutano lo dimostrano…. quando si parla delle cosiddette chinese walls, le muraglie cinesi, per cui ogni intermediario afferma che le sue diverse sezioni sono separate da muraglie cinesi e che i diversi partecipanti non possono neppure andare a pranzo insieme senza correre il rischio di venire sanzionati, francamente, dalle prove che abbiamo avuto, vorrei sottolineare che simili muraglie rischiano, in realtà, di essere fragili”.
La débacle storica di Enron in effetti rappresenta la sconfitta del modello della self regulation[31].
 
 
5. Il Sarbanes-Oxley Act
Constatato il fallimento del mercato, non poteva che intervenire il legislatore[32].
Il Sarbanes Oxey Act of 2002 è un atto legislativo che nasce sotto l’amministrazione Bush il 30 Luglio del 2002 e che combina il Bill del senatore Paul S. Sarbanes con quello del repubblicano Michael Oxley[33].
Il Sarbanes-Oxley Act deve dunque il suo nome al senatore democratico Paul Sarbanes ed al deputato repubblicano Michael Oxley: prevede obblighi informativi (reporting requirement) del Securities Exchange Act del 1934 e più precisamente al deposito presso la SEC dei seguenti documenti: a) il rapporto annuale agli azionisti (annual report) contenente la presentazione degli sviluppi dell’attività economica e la descrizione dello stato patrimoniale e finanziario dell’impresa, certificata dai revisori contabili, b) il dossier trimestrale (quartery report) incorporante i prospetti finanziari (non certificati) del trimestre conclusosi ed una loro illustrazione comparativa con i risultati del corrispondente periodo del precedente anno fiscale, c) la relazione sullo stato corrente (current report) con cui gli emittenti statunitensi informano azionisti ed investitori della ricorrenza di eventi come la modificazione della composizione dell’azionariato di controllo, l’acquisizione o la cessione di beni principali del patrimonio sociale, la dichiarazione di fallimento, la nomina e revoca di revisori di conti o di consiglieri di amministrazione[34].
Il conflitto di interessi domina la strutta del Sarbanes Oxley Act: la nuova legge impone al Sec a partire dal 2003 di mettere mano a nuove regolamentazioni con nuovi obblighi di disclosoure relativi a tutte le c.d. off bilance shee transaction (complicati meccanismi attraverso cui gli ufficiali delle corporation possono concludere affari con sé stessi all’insaputa ed ai danni degli investitori)[35].
In fondo il conflitto di interessi nella vicenda Enron non riguardava tanto i managers, quanto i controllori[36].
Il punto cruciale del Sarbanes Oxley Act è dunque la nuova normativa sulla informativa finanziaria.
L’informativa finanziaria che viene prevista riguarda innanzitutto i prestiti ed i benefits che la società concede ad amministratori ed excecutive officiers che devono essere preventivamente comunicati alla SEC. Sempre in questo senso si pone il divieto di concedere prestiti ad amministratori e manager, sia in modo diretto sia in modo indiretto, attraverso società controllate e collegate con esclusione di mutui e finanziamenti per il credito al consumo.
Il Sarbanes-OxleyAct ha perseguito l’obiettivo di rafforzare la protezione degli investitori, intervenendo soprattutto sull’opportunismo dei managers nei confronti degli azionisti introducendo un rafforzamento dei sistemi di controlli e degli obblighi di informazione (disclosure) sulla gestione amministrativa e contabile delle società[37] ed il concorrente aggravamento delle regole di responsabilità da far valere in caso di violazione dei doveri fiduciari da parte degli amministratori [38].
Il Sarbanes Oxley Act ha infatti inasprito oltremisura le pene per il falso in bilancio, ed in genere al fenomeno di espansione del diritto penale dell’economia (la responsabilità  delle persone giuridiche, l’insider trading, la disciplina dell’usura, la normativa penale di tutela delle Authorities e della informazione societaria nel testo unico della finanza e in quello bancario): un’espressione che ha fatto riflettere gli interpreti sulle difficoltà a dare concretezza al bene giuridico tutelato; non più il patrimonio,ma la fiducia dei mercati, l’ordine economico, tutti beni concettualmente inafferrabili i cui limiti sfuggono ad una perimetrazione.
La genuinità dei bilanci deve essere stabilita sotto giuramento alla presenza del Chief Accounting Officer (CAO), del Chief Executive Officer (CEO) e del Chief Executive Financial Officer (CFO), i quali devono rilasciare una dichiarazione scritta che attesti la veridicità delle informazioni in essi contenute: la violazione degli obblighi di legge da parte del CAO,del CEO e del CFO se commessa con dolo specifico è punita con un ammenda pari a cinque milioni di dollari e/o con la detenzione per un periodo non superiore a venti anni; in caso di dolo generico un milione di dollari e/o una pena detentiva non superiore a dieci anni[39].
La risposta del Congresso Americano aveva quindi l’obiettivo di ripristinare la fiducia dei risparmiatori ed incoraggiare la ripresa delle negoziazioni di borsa, ma soprattutto il rafforzamento dell’architettura giuridica su cui deve sorreggersi il governo dell’emittente[40].
Inoltre per garantire l’indipendenza delle società di revisione ed evitare la collusione di esse col managment delle società è stato istituito un organismo di controllo su dette società (Public Company Accounting Oversight Board) composto da 5 membri scelti, previa consultazione con il presidente del Board of Governors of the Federal Riserve System e con il Segretario del Tesoro, tra persone di chiara integrità e reputazione che si siano impegnate nella difesa degli investitori e dimostrino piena conoscenza delle responsabilità e della natura dei requisiti di trasparenza finanziaria imposte alle società di revisione[41] .
Il presupposto giuridico della svolta è stato pertanto nel senso di privilegiare la federal regulation rispetto alla State competition: in precedenza in materia societaria esisteva una competizione tra gli ordinamenti dei vari Stati interni (“full faith and credit clause”) in quanto la personalità giuridica riconosciuta ad una società nello Stato dell’Unione in cui era stata costituita era prerogativa spendibile in ogni altro Stato dell’Unione per svolgervi attività economica senza subire discriminazioni od obblighi di fissarvi qualsivoglia stabilimento o sede[42] .
Con il Sarbanes Oxley Act la divisione tra State competion e federal regulation viene rivista nei suoi fondamenti, in modo tale che l’ago della bilancia viene fortemente spostato verso “la federalizzazione” della concreta disciplina complessiva delle società quotate: oggi nel sistema americano le società quotate non sono più rette da una combinazione in equilibrio tra diritto statale, dominante all’interno della società-impresa, e diritto federale, vincolante per la società emittente nei suoi rapporti col mercato finanziario[43].
In tema di diritto societario e di mercati finanziari il Sarbanes-Oxley ha anche ridefinito la disciplina degli società-emittenti stranieri, operanti sul territorio statunitense.
E’ bene precisare che a norma di legge un “emittente “ privato e straniero è un emittente (quindi già di per sé non un governo straniero) con sede legale o amministrativa fuori dalla giurisdizione degli Usa a meno che più del 50% dei suoi titoli con diritto di voto siano posseduti direttamente od indirettamente da residenti degli Stati Uniti e si verifichi una delle seguenti condizioni:a) la maggioranza dei suoi amministratori o dirigenti sia residente o cittadina americana; b) più del 50% dei suoi beni siano localizzati negli Stati Uniti; c) i suoi affari siano principalmente condotti dagli Stati Uniti.
Il Sarbanes-Oxley configura a tutela dei risparmiatori la transnazionazionalità del diritto: le società quotate americane sono sottoposte ad un doppio nazionalità (e dunque diritto), cioè quello del Paese in cui operano e al tempo stesso quello statunitense in modo da non potere eludere i rigori del diritto interno lasciando sul territorio nazionale solo una holding di partecipazione e trasferendo sulle controllate estere le attività di produzione e di distribuzione[44].
  
 
6. La corportate governance americana
A differenza dell’Europa (ed ovviamente dell’Italia) dove il rapporto banche/imprese è regolato dal modello “renano” del relationship-based, il modello anglosassone di capitalismo è arm’s lenght, definito così per evidenziare la brevità del rapporto che intercorre tra le imprese e gli azionisti e che si basa essenzialmente su un’efficiente mercato finanziario che consente quindi la raccolta di capitale tramite l’emissione di obbligazioni ed azioni[45].
In questo sistema esiste un vasto e variegato numero di investitori con competenze ed esperienze diverse in grado di valutare la profittabilità di un investimento.
Il sistema arm’s lenght necessita pertanto di un mercato particolarmente sviluppato, che consenta con maggiore facilità per un impresa di quotarsi: la quotazione è molto importante perché permette alle imprese di realizzare notevole crescita dimensionale sia in termini di fatturato che di valore dell’attivo[46].
Un aspetto critico della governante americana è stata per tanto tempo la revisione contabile.
I rapporti tra il managment della società quotata e la società di revisione erano (come nel caso Enron) duplici: da un lato controllore dei conti e dall’altro svolgimento di servizi di consulenza fiscale o legale ed anche di progettazione di finanza straordinaria[47].
Negli USA l’incompatibilità sussisteva, a norma di legge, solo per la tenuta della contabilità e per la rappresentanza nel contenzioso esterno della società sottoposta a revisione.
Il Sarbanes-Oxley Act invece ha oggi esteso la serie delle incompatibilità a tutte le attività diverse dalla revisione ed inoltre ha ammesso una duplice possibilità di esoneri.
La normativa statunitense prevede solo le società di revisione, ma comunque fa riferimento anche alle “persone ad esse associate”, categoria nella quale vengono incluse tutte le persone fisiche o giuridiche che esercitano un’attività per conto delle società di revisione[48].
Tornando alla governance si può dire che l’intero spettro delle esigenze finanziarie di un’impresa e dei suoi finanziatori negli Stati Uniti trova espressione all’interno di due macro-categorie di strumenti finanziari che vanno sotto i nomina iuris di shares (titoli che danno diritto a percepire i dividendi deliberati dagli amministratori ed alla propria quota in sede di liquidazione) e debentures o bond (strumenti ibridi): all’interno di queste categorie un insieme variegato di clausole consente di attribuire caratteristiche di debito a titoli di capitale e caratteristiche di capitale a titoli di debito (quartum non datur)[49] .
Infine negli Stati Uniti un terreno di discussione è rappresentato dalla possibilità per gli azionisti di designare candidati da eleggere in consiglio: oggi i candidati sono proposti dal consiglio in carica o da quello uscente[50].
Appare utile inoltre ricordare che negli Stati Uniti gli amministratori delle pubblic corporation sono soggetti al rischio di azioni di responsabilità promosse, sostanzialmente, da studi legali specializzati che generalmente fanno valere: a) per conto di uno o più azionisti che si surrogano nei diritti della società, la violazione di doveri nei confronti della società stessa (c.d. derivate actions); b) per conto di certi investitori attuali o potenziali, riuniti in un unica categoria, la diffusione di informazioni inesatte da cui sono derivate perdite finanziarie (c.d. securities class actions)[51].
  
 
7. Il sistema statunitense di tutela del risparmiatore
Il sistema di tutele e di regole elaborato dagli Stati Uniti (e dai più ammirato) prevede class action, disgorgement[52] e punitive damage: essi sono solo alcuni degli incisivi rimedi a disposizione dei risparmiatori per tutelarsi contro amministratori opportunisti ed infedeli[53].
Nell’esperienza nord-americana l’espressione investiment contract è impiegata in modo convenzionale nell’ambito della descrizione delle diverse figure di securities.
Il termine security letteralmente tradotto sarebbe “garanzia generica”; esso in realtà indica una notevole varietà di titoli o valori mobiliari che costituiscono un investimento diretto a produrre un profitto: si tratta di titoli pertanto non necessariamente assistiti da una security in senso tecnico(sia essa una garanzia od un privilegio) [54].
Nella sec. 2 del Securities Act del 1933 la definizione descrittiva include  azioni, obbligazioni, trust certificates,etc ed anche l’investiment contract.
E’ comunque chiaro che il contratto con cui si trasferisce o si dispone in generale di una security è un contratto di vendita, come disposto dalla Sec. 2 dell’Act[55].
Un importante distinzione è tra securities in senso stretto (dove cioè l’interesse del titolare si appunta direttamente sullo strumento finanziario rappresentato dalla chartula) e securities entitlement (dove cioè l’interesse si concretizza in una posizione contabile rappresentativa di un investimento finanziario per il tramite di un intermediario)[56].
La tutela dell’investitore americano trova dunque la sua fonte principale nelle Securities Exchange Statues.
Nella seconda metà degli anni sessanta i casi di fallimento di brokers e dealer firms erano diventati abbastanza frequenti ed avevano creato un comprensibile disagio e disorientamento degli investitori. Era infatti diffuso il fenomeno erano depositati enormi quantità di titoli ed ingenti somme di denaro presso dei broker e dealer firms: i c.d. free credit balances, cioè somme che spettano al cliente per la vendita dei titoli o per i dividendi ad essi assegnati che il cliente stesso lasciava per comodità presso il broker o il dealer[57] .
Nel momento in cui il cliente esercitava il diritto a ritirare tali fondi il broker si trovava in difficoltà data la scarsa solidità economica della ditta.
Per queste ragioni nel ’70 venne approvato il Securities Investitor Protection che garantiva un sistema di pagamento, entro certi limiti, ai clienti da parte dei broker dealers firms insolventi: a tal fine venne istituita la SIPC come corporation non profit di cui facevano parte tutti i brokers e delaers registrati e che collocassero a rischio denaro o titoli presso i propri clienti (ne erano esclusi dunque gli agenti assicurativi, i distributori di mutual funds ed i consulenti per gli investimenti per conto di società finanziarie o di assicurazione)[58]
La legge del ’70 appare il risultato di una conciliazione tra la volontà di mantenere il carattere di tradizionale di autoregolamentazione della Securities Industry ed il principio, che è alla base delle Securities Regulations, che la raccolta del risparmio e la contrattazione dei titoli rappresentano attività di interesse pubblico e giustificano pertanto l’intervento di organi governativi[59].
A questo si aggiunge che nel sistema americano, come in quello italiano del Tuif e del Regolamento Intermediari, la disciplina delle regole di comportamento è riconducibile alla cristallizzazione di un complesso di doveri fiduciari[60].
Sono lontani i tempi in cui il sistema bancario statunitense era caratterizzato dalla totale mancanza di controlli sugli intermediari non bancari[61].
La relazione tra broker ed investitore viene ricondotta alle relazioni di agenzia a partire dal XIX secolo.
Storicamente la fiduciary law si è sviluppata in relazione all’agency ed ai suoi obblighi che vanno dal dovere di lealtà e buona fede al dovere di diligenza.
Al riguardo occorre ricordare le due teorie elaborate dalla giurisprudenza delle corti statunitensi: la Shingle Theory e la Fiduciary Theory in grado di ricondurre i doveri fiduciari in capo agli intermediari.
La Shingle Theory (detta anche misrepresentation theory) si basa sul principio di professionalità dell’intermediario e fu applicata la prima volta nel 1939 in un procedimento disciplinare della SEC (Securities and Exchange Commisions): il broker-dealer è assoggettato ai doveri di fedeltà e diligenza connessi all’attività svolta se costui abbia iniziato a prestare servizi di investimento rendendo pubblica la propria attività.
Si pone molto l’accento sul dovere di informazione per rendere consapevole l’investimento: la legislazione federale ha come obiettivo proteggere chi non conosce le regole del mercato.
Corollario di questi doveri sarà pertanto eseguire l’operazione al miglior prezzo praticabile sul mercato: ovviamente non si tratta delle migliori condizioni in assoluto o in astratto, ma bensì quelle che ragionevolmente ci si aspetta da un intermediario fedele e professionale alla luce delle condizioni concretamente esistenti e praticabili sul mercato[62].
Da questa teoria la dottrina americana ha desunto i capisaldi degli obblighi facenti capo all’intermediario: dovere di eseguire promptly gli ordini del cliente, dovere di rispettare le istruzioni ricevute dal cliente, divieto di compiere eccessive operazioni sul conto del cliente in relazione agli obiettivi di investimento, dovere di informarsi sulle caratteristiche del cliente (know the securities rule) e sulla sua situazione finanziaria (know your customer rule) per valutare l’adeguatezza dell’operazione (suitability rule).
L’investitor protection prevede che solo in presenza di un sistema societario favorevole agli azionisti matura un mercato spesso e liquido, condizione base per lo sviluppo di un’economia solida[63].
 
 
 
 
  


[2] Musolino M., op. cit., pag. 43
[3]  Musolino M., op. cit., pag. 45; in realtà già la First Bank aveva trovato forti oppositori alla sua attività nelle state banks e nella lobby dei proprietari terrieri favorevoli allo sviluppo del settore agricolo.
[4]  Musolino M., op. cit., pagg. 55-56
[5] Musolino M., op. cit., pag. 61
[6] Bonaduce F.-Cappariello R.-Falchi G., La vigilanza sul sistema bancario negli Stati Uniti, in Bancaria 2004 fasc. 12, pag. 94
[7]   Musolino M., op. cit., pag. 17
[8]    Mace D., L’evoluzione del sistema bancario degli Stati Uniti, Bancaria, 1987, fasc.1., pag. 18
[9]   Mace D., op. cit pag. 17; sul tema degli investimenti in USA delle banche straniere si veda invece Schachter G.- Cohen B., Influenze esterne sui mercati di capitali in Usa, Bancaria, 1973 pag. 317
[10]   Mace D., op. cit., pag. 17; Per un analisi dell’espansione del mercato euro-dollaro ed i suoi effetti sulle banche in USA si veda Marinelli Fauci M. L., Le operazioni internazionali in dollari ed il sistema monetario statunitense, in Bancaria,1974, pag. 317
[11]    Recensione del libro di Liguori in Pubblicazioni bancarie, Bancaria, 1973 pag. 1287
[12]  Capiello S.,La vigilanza sui conflitti di interesse nella “banca universale” ed il ruolo della class action: l’esperienza statunitense e le iniziative italiane, in Giurisprudenza commerciale 2007, I,pag.43
[13] Capiello S., op. cit., pag. 44
[14]   Capiello S., op. cit. pag. 45
[15]    Capiello S., op. cit., pag. 47
[16]   Una analisi sulla specificità delle singole tipologie di thirft insitutions si trova in Musolino M., op. cit., pagg. 91-97
[17] Musolino M., op.cit., pag. 18
[18]   Bonaduce F.-Capparielo R.- Falchi G., op. cit., pag. 95
[19]  De Carlo G., La regolamentazione del mercato degli strumenti finanziari in USA, in Le Società 2003, 2 pag.   249
[20] De Carlo, op. cit. pag. 250
[21]  Musolino M., op. cit., pag. 14
[22]   Torchia L, Il mercato dei titoli di stato, in Rivista di diritto pubblico, 1990, pag. 725
[23]  Torchia L., op. cit., pag. 726
[24]   Colangelo G., C’era una volta in America, in Mercato concorrenza e regole, 2002, pag. 460
[25] Articolo di Repubblica del 23 Ottobre del 2006
[26] Baldinelli R., Caso Enron: analisi e questioni aperte, giugno – settembre 2002 in www.archivioceradi.luiss.it
[27]   Colangelo G., op. cit. ,pag. 456
[28]    Spaventa A.-Saulini F., American Lies-ascesa e caduta della Enron, Fazi Editore pag. 158
[29] In tal senso il Presidente della Consob prof. Luigi Spaventa in occasione dell’audizione innanzi alla IV Commissione Finanza della Camera dei Deputati il 14 Febbraio del 2002, il cui resoconto si trova in www.camera.it
[30] L’obbligo, posto in capo agli intermediari, di porre in essere dei chinese walls , , i quali impedendo la circolazione (e lo sfruttamento) delle informazioni disponibili a ciascun comprato dell’impresa dovrebbero assicurare la neutralità dell’intermediario. Così facendo, secondo la dottrina, si dovrebbe incentivare l’agire disinteressato dell’intermediario, all’oscuro del conflitto di interessi
[31]    Colangelo G., op. cit., pag. 459
[32]  TonelloM,  Corporate governance e tutela del risparmio, Cedam, pag. 35
[33]   Colcera E., I sistemi di vigilanza delle società italiane quotate nei mercati regolamentati: il sarbanes Oxley Act un modello per l’Italia, Le Società 2006, pag. 791
[34]  Tonello M., op. cit. , pag. 37 e 38
[35]  Mattei U.- Sartori F., Conflitto continuo. A un anno da Enron negli Stati Uniti e in Europa, in Politica del diritto , fasc. n. 2, 2003 pag. 177
[36] Colangelo G., op. cit., pag. 459
[37] Per avere uno sguardo storico sul sistema di revisione contabile pre-Sarbanes Oxley Act si veda Sataron M., Alcune novità in materia di responsabilità per colpa del certificatore negli U.S.A., in Rivista di diritto civile 1980, I, pag. 314
[38] Pierini A., Considerazioni sulla tutela del risparmio a margine degli interventi di riforma del legislatore statunitense e di quello italiano, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2006, fasc. 4, pag. 1912
[39]    Alicino F., Il “caso” italiano del falso in bilancio tra orizzonti nazionali ed europei della legalità penale, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2006, fasc. 1, pag. 416
[40]   Tonello M., op. cit., pag. 45
[41]   Pierini A., op. cit., pag. 1912
[42] Mazzoni A., Concorrenza, coordinamento e conflitti tra le regole di mercato, in Rivista delle Società, 2005, pag. 726; viene indicato come esempio il caso del piccolo stato del Delaware ove la legge sulle società invece che una manifestazione di sovranità assomigliava di più ad un servizio offerto alle imprese pag. 729
[43]  Mazzoni A., op. cit., pag. 730
[44] Galgano F., op. cit., pag. 3
[45] Capriglione F., Finanza ricerca sviluppo, Cedam 2006, pag. 125; l’autore precisa come i due modelli in concreto si differenzino per la dimensione temporale (breve o lungo periodo) e come nessuno dei due modelli è il migliore in termini assoluti, ma solo relativo ovvero in relazione alle scelte (situazioni) politiche, economiche e d industriali effettuate da ogni Paese, pag. 126
[46]   Capriglione F., op. cit., pag. 129
[47] Galgano F., La tutela del risparmio dallo Sarbanes-Oxley Act alla legge italiana, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, Cedam 2006, pag. 7 dove si evidenzia come il ruolo di indipendenza delle società di revisione entrava in crisi laddove le stesse società dipendevano per le consulenze dalla benevolenza da esse dimostrate in sede di revisione.
[48] Galgano F., op. cit., pag. 10 dove si vuole dimostrare come possa anche rientrarvi il concetto di “rete”, cioè le consociate alla società che esegue la revisione.
[49]   Luca Enriques, Quartum non datur, in Banca borsa e titoli di credito, 2005, pag. 171
[50] Ferrari G.-Giudici , La legge sul risparmio, ovvero un pot-pourri della corporate governance, in Rivista delle società 2006, pag. 58
[51]   Ferrari G.-Giudici P., op. cit., pag. 597
[52] Rimedio sanzionatorio – ormai tradizionale in campo civilistico, soprattutto nel “rapporto di agenzia” in senso lato consistente nello spogliare l’ agent a favore del principal di tutto il guadagno illegittimamente percepito dall’azion dolosa; una sorta di tutela dei rapporti fiduciari contro arricchimenti ingiustificati del soggetto che tradisce la fiducia o ne abusa.
[53] Mattei U.-Sarotri F., op. cit., pag. 180
[54]  Latella D., Il sistema statunitense, in Banca borsa e titoli di credito, 2003, pag. 767
[55]  Alpa G., I valori mobiliari, Cedam 1991, pag. 398
[56] Latella D., op. cit., pag. 781
[57] Cassandro Sulpasso B., La tutela dell’investitore in titoli in caso di insolvenza dell’agente di cambio nel diritto statunitense, in Banca borsa e titoli di credito, 1975, pag. 469
[58]   Cassandro Sulpasso B. , op. cit. pag. 472
[59]   Cassandro Sulpasso B., op. cit. pag. 475
[60]  Sartori F., Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Giuffrè 2004, pag. 143
[61]   Onado M., Le operazioni di mercato aperto nel sistema bancario statunitense, Giuffrè 1970, pag. 249
[62]  Sartori F., op. cit. pag. 149
[63]  Di Loreto G., Diritto societario e concorrenza tra ordinamenti, in Rivista di diritto dell’impresa, 2003 pag. 84
[64]  L’Autore ringrazia per la disponibilità e la cortesia il Direttore e tutto lo staff della Biblioteca dell’ARS (Assemblea regionale siciliana).

[1]   Musolino M., Stati Uniti, pag. 41

De Luca Alessandro

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