1) Le tipologie di contratti a cui si applica questa disciplina e l’individuazione delle parti del rapporto contrattuale.
La storia della disciplina legislativa della multiproprietà nell’ordinamento italiano inizia col Decreto Legislativo n° 427 del 1998 che recepì la Direttiva CE n° 47 del 1994 concernente i “contratti relativi all’acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili”, vale a dire le multiproprietà immobiliari.
La disciplina da esso dettata è stata poi assorbita, con minime variazioni, negli articoli da 69 ad 81 del Testo Unico delle Leggi di tutela del consumatore denominato “Codice del consumo” emanato col Decreto Legislativo n° 206 del 2005 e che formano il Capo I del Titolo IV della Parte III di questo atto legislativo, che ha contestualmente abrogato il Dlgs 427/1998 (all’art. 146, 1° comma, lettera g).
La normativa in questione è stata quindi rinnovata, a livello comunitario, dalla Direttiva CE n° 122 del 2008, che ha ampliato l’ambito della sua applicazione dai soli contratti di acquisto di una multiproprietà a quelli “relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, ai contratti di rivendita e di scambio”. I contratti di rivendita e di scambio a cui pure si applicano queste norme hanno ad oggetto i diritti di godimento a tempo parziale acquisiti con un contratto di multiproprietà ed i diritti acquisiti coi contratti relativi alle vacanze di lungo termine, che esamineremo tra poco.
La Direttiva CE 122/2008 (che ha abrogato la Direttiva CE 47/1994) è stata recepita nell’ordinamento italiano attraverso l’art. 2 del Decreto Legislativo n° 79 del 2011 che ha sostituito gli articoli da 69 ad 81 del Dlgs 206/2005, il Codice del consumo, con gli attuali articoli da 69 ad 81-bis.
I contratti a cui si applica la disciplina contenuta negli artt. da 69 ad 81-bis del Dlgs 206/2005 sono i seguenti (art. 69, 1° comma, lettere da a a d):
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i contratti di multiproprietà che sono quelli, di durata superiore ad un anno, in base ai quali un consumatore, cioè una persona fisica che non acquista per motivi inerenti alla attività lavorativa, professionale od imprenditoriale eventualmente svolta, “acquisisce a titolo oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggi per il pernottamento per più di un periodo di occupazione” (quindi per almeno due periodi di occupazione, anche con un solo periodo all’anno).
Segnaliamo che il “bene immobile”, a cui si riferisce il diritto di godimento (che può essere di natura reale od obbligatoria) oggetto del contratto, può avere una destinazione d’uso di civile abitazione od anche turistico ricettiva. Quest’ultimo caso rappresenta la c.d. “multiproprietà alberghiera”, in cui l’oggetto del contratto è il diritto di godimento a tempo parziale delle unità abitative di una struttura ricettiva, cioè di un albergo, di un villaggio turistico, di un residence, ecc.
Il testo precedente dell’art. 69, riteniamo in modo più chiaro, definiva il contratto di multiproprietà (che doveva avere una durata di almeno tre anni) come quello in cui “verso il pagamento di un prezzo globale si costituisce (ex novo), si trasferisce (un diritto già esistente) o si promette di costituire o trasferire (con un contratto preliminare, quindi non solo con un definitivo) un diritto reale (quasi sempre la proprietà) o un altro diritto (quindi di obbligazione) avente ad oggetto il godimento su uno o più beni immobili, per un periodo determinato o determinabile nell’anno non inferiore ad una settimana”. Questa durata minima del diritto di godimento su un bene immobile che si acquisisce col contratto è stata tolta dall’art. 69, per cui adesso si può stipulare anche un contratto di durata brevissima, per esempio, un giorno od anche meno in modo da passare nell’alloggio solo una notte, visto che il diritto acquisito è finalizzato dalla legge principalmente (ma non esclusivamente, ovvio) al pernottamento di una o più persone. Inoltre, il termine “multiproprietà” prima poteva essere utilizzato nella documentazione promozionale e contrattuale del venditore solo quando il diritto che il consumatore acquisiva era un diritto reale, mentre ora lo si può usare in ogni caso, dato che anche un diritto obbligatorio di godimento a tempo parziale di un alloggio è considerato integrare la fattispecie della multiproprietà;
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i contratti relativi a un prodotto per le vacanze di lungo termine che sono quelli, di durata superiore ad un anno, in base ai quali un consumatore “acquisisce a titolo oneroso essenzialmente il diritto di ottenere sconti o altri vantaggi relativamente ad un alloggio, separatamente od unitamente al viaggio o ad altri servizi”. Con questi contratti si può vendere, praticamente, soltanto un soggiorno od anche un viaggio organizzato come oggi definito dall’art. 34 del “Codice del turismo” (cioè la combinazione di almeno due o di più di due servizi turistici, principalmente il viaggio, cioè il trasporto di persone, più il soggiorno, più altri servizi turistici) contenuto nell’Allegato I del Dlgs 79/2011, da ripetersi per più di un anno (ed anche più volte nello stesso anno), senza che vi sia l’acquisto, da parte del consumatore – acquirente, di un diritto di godimento su un bene immobile per un periodo di tempo limitato come avviene nel contratto di multiproprietà;
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i contratti di rivendita che sono quelli, di qualsiasi durata, con cui “un operatore assiste a titolo oneroso un consumatore nella vendita o nell’acquisto di una multiproprietà o di un prodotto (in realtà, come abbiamo visto a punto precedente, di un servizio o dell’acquisizione di un diritto) per le vacanze di lungo termine”. Per “operatore” si deve intendere il “professionista” definito dalla lettera c) dell’art. 3 del Dlgs 206/2005 come “la persona, fisica o giuridica, che opera nell’ambito della sua attività imprenditoriale o professionale, ovvero un suo intermediario” (quindi, l’operatore economico professionale, imprenditore o libero professionista che sia, ma questo secondo caso non si può dare per i contratti previsti dall’art. 69 perché la lettera c dell’art. 3 si riferisce a chi esercita una professione regolamentata) e che coincide con quello che il precedente testo dell’art. 69 chiamava il “venditore” (della sola multiproprietà) a cui era ed è tuttora equiparato colui che, a qualsiasi titolo, per esempio di agente o rappresentante, promuove la conclusione di questo tipo di contratti quindi l’intermediario della stipulazione di essi;
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i contratti di scambio che sono quelli, di qualsiasi durata, con cui “un consumatore partecipa a titolo oneroso ad un sistema di scambio che gli consente l’accesso all’alloggio per il pernottamento o ad altri servizi in cambio della concessione ad altri dell’accesso temporaneo ai vantaggi che risultano dai diritti derivanti dal suo contratto di multiproprietà (in primo luogo il pernottamento in un alloggio)”.
La legge non prevede che l’oggetto dei contratti di scambio possano essere i diritti derivanti dai contratti relativi ai prodotti (servizi) per le vacanze di lungo termine, ma riteniamo, non essendoci nella legge un espresso divieto di questa fattispecie, che ciò sia possibile e che anche a questi contratti si debbano applicare le tutele previste per i consumatori – acquirenti dagli artt. da 69 ad 81-bis del Codice del consumo che stiamo esaminando, in forza del principio di parità di trattamento di situazioni giuridiche simili posto dall’articolo 3 della Costituzione.
Ai contratti di multiproprietà ed a quelli relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine (cioè quelle ripetute nel tempo) possono essere collegati dei contratti accessori con cui il consumatore che li ha sottoscritti acquista dei servizi connessi (per esempio, di ristorazione, di pratica sportiva, quelli di uno stabilimento balneare, ecc.) a quelli acquisiti coi contratti principali e che sono forniti dall’operatore (intendendo per tale l’impresa, turistica od immobiliare che sia, non l’intermediario) con cui li ha stipulati oppure da un terzo sulla base di un accordo, cioè di un contratto, fra il terzo e l’operatore.
Infine, segnaliamo, che, al fine del calcolo della durata temporale dei contratti di multiproprietà e di quelli relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, si deve tenere conto di qualunque clausola del contratto che ne consenta il rinnovo tacito o la proroga. Di conseguenza, questi contratti possono avere durata annuale od inferiore all’anno, ma con la previsione di un rinnovo tacito o di una proproga di durata tale che permetta ad essi di superare la durata di un anno prevista dalla legge (art. 69, 2° comma). Riteniamo che sarebbe stato preferibile prevedere per essi una durata minima almeno biennale.
2) Il diritto di informazione precontrattuale dell’acquirente ed i requisiti di questi contratti.
La tutela dell’acquirente di un diritto di godimento a tempo parziale di uno o più beni immobili per mezzo del contratto di multiproprietà, di quello dei diritti derivanti dai contratti relativi ai prodotti (più correttamente, i servizi o l’acquisizione di diritti) per le vacanze di lungo termine e del consumatore che stipula i contratti di rivendita e quelli di scambio esaminati nel precedente paragrafo è basata, come la maggior parte dei casi di disciplina di tutela del consumatore di derivazione comunitaria (si veda, per esempio, quella dei “contratti a distanza” riportata negli artt. da 50 a 67 del Dlgs 206/2005), sui due strumenti classici del diritto di informazione precontrattuale e del diritto di recesso. Cominciamo dal primo.
L’art. 70 del Dlgs 206/2005 stabilisce che, se uno dei contratti sopra menzionati viene offerto al consumatore in persona nell’ambito di una iniziativa promozionale, l’operatore – venditore deve indicare chiaramente nell’invito (e, riteniamo, anche nei mezzi che segnalano la promozione: cartelloni, locandine, depliant, ecc.) lo scopo commerciale e la natura dell’evento (1° comma).
Benche l’art. 70 sia intitolato “Pubblicità”, a questa attività, cioè alla comunicazione commerciale sui mezzi di informazione di massa (o media: radio, televisione, stampa, cinema, affissioni, internet, telefono), non si applica quanto previsto da questo articolo perché la norma si riferisce chiaramente alle promozioni in cui è necessaria la contemporanea presenza fisica del consumatore e dell’operatore o di un suo dipendente od intermediario che offrano la stipulazione del contratto al primo e gliene illustrino i contenuti. L’obbligo di chiarezza della pubblicità classica sui media discende, invece, dalle norme che vietano la pratica commerciale scorretta della pubblicità ingannevole, vale a dire dagli artt. 21, 22 e 23 del Dlgs 206/2005 e gode delle tutele previste dall’art. 27 sempre di questo Decreto.
A quanto previsto da queste norme (escluso l’art. 27) il 2° comma dell’art. 70 aggiunge per l’operatore l’obbligo “di specificare in ogni pubblicità la possibilità di ottenere le informazioni (precontrattuali) di cui all’art. 71, comma 1° (di cui parleremo tra poco), e di indicare le modalità sul come ottenerle”. Inoltre, il 3° comma dell’art. 70 prevede che una multiproprietà o un prodotto per le vacanze di lungo termine non possono essere presentati o venduti come investimenti dall’operatore al consumatore (se poi quest’ultimo, per sua autonoma convinzione, li ritenga tali, la cosa non è in alcun modo rilevante).
Le informazioni precontrattuali accurate e sufficienti che l’operatore – venditore, il suo dipendente o collaboratore od il suo intermediario devono fornire, in maniera chiara e comprensibile, al consumatore prima della stipulazione di uno dei contratti definiti dalle lettere da a) a d) del 1° comma dell’art. 69 sono previste, come abbiamo appena detto, dal 1° comma dell’art. 71 che per esse rinvia agli elenchi e schemi espositivi previsti dai formulari informativi contenuti negli allegati (del Codice del consumo) II-bis per il contratto di multiproprietà, II-ter per il contratto relativo ad un prodotto per le vacanze di lungo termine, II-quater per il contratto di rivendita e II-quinquies per il contratto di scambio, aggiunti al Dlgs 206/2005 sempre dall’art. 2 del Dlgs 79/2011.
Questi formulari informativi devono essere forniti al consumatore a titolo gratuito, su supporto cartaceo od altro supporto durevole (per esempio, informatico) facilmente accessibile, cioè visualizzabile, leggibile dal consumatore e devono essere redatti in lingua italiana e nella lingua di quello degli Stati dell’Unione Europea in cui il consumatore risiede o di cui è cittadino, a sua scelta, purché si tratti di una lingua ufficiale sempre dell’Unione Europea (2° e 3° comma). Per “supporto durevole” si intende “qualsiasi strumento che permetta al consumatore od all’operatore di memorizzare informazioni a lui personalmente dirette in modo che possano essere utilizzate per riferimento futuro per un periodo di tempo adeguato ai fini a cui sono destinate e che consenta la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate (per esempio, un file, cioè un documento di videoscrittura in formato pdf od un fax)” (lettera h del 1° comma dell’art. 69).
Le informazioni da riportare nel formulario informativo sono le seguenti, distribuite in tre parti:
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(parte prima) identità, stato giuridico (per esempio: amministratore, dipendente, loro poteri di rappresentanza, agente, ecc.) e luogo di residenza dell’operatore o degli operatori che saranno parti nel contratto, cioè che lo stipuleranno col consumatore. Gli allegati sorprendentemente dimenticano, ma ciò è ugualmente necessario per un obbligo di chiarezza che può essere sanzionato come pratica commerciale scorretta, l’indicazione del nome o della ragione sociale, della forma giuridica ed (almeno) della sede legale e della Partita Iva dell’impresa in nome e/o per conto della quale agisce l’operatore (generalità del venditore);
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breve descrizione del prodotto (per esempio, del bene immobile di cui si acquista la multiproprietà);
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natura e contenuto esatti del diritto o dei diritti che si acquistano col contratto;
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indicazione precisa del periodo di tempo (per esempio, il mese di Agosto di ogni anno) entro cui può essere esercitato il diritto oggetto del contratto e, nei casi in cui ciò è possibile (per esempio, la multiproprietà), la durata temporale di esso (quindici giorni);
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data a partire dalla quale il consumatore potrà esercitare il diritto oggetto del contratto (per esempio, il 1° Agosto dell’anno successivo a quello in cui il contratto è stato stipulato);
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se il contratto riguarda un immobile da costruire, data in cui l’alloggio o la struttura ricettiva sarà completato/a e disponibile;
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prezzo che il consumatore deve corrispondere per l’acquisizione del diritto o dei diritti (da intendersi come prezzo globale e comprensivo di IVA). Per i contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine si può prevedere un piano di pagamento con rate annuali di pari importo (art. 76) per il pagamento di questo prezzo che indichi le date in cui devono essere effettuati i pagamenti. Dopo il primo anno, i pagamenti possono essere indicizzati all’inflazione (l’indice FOI) o ad un altro parametro che garantisca il mantenimento del valore reale delle rate;
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descrizione dei costi supplementari obbligatori imposti dal contratto e quantificazione degli importi di essi (per esempio, quote annuali, quote straordinarie, ecc.), comprese le imposte locali;
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descrizione dei servizi fondamentali a disposizione dell’acquirente (per esempio, elettricità, gas, acqua, manutenzione, raccolta rifiuti, telefono e Internet, ecc.) e indicazione degli importi (di solito, annuali) da pagare per tali servizi;
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elenco delle strutture a disposizione del consumatore (per esempio: piscina, sauna, impianti sportivi, stabilimento balneare, ecc.), indicazione se l’utilizzo di esse è incluso (in tutto od in parte) nei costi indicati in precedenza;
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possibilità o meno per il consumatore di aderire ad un sistema di scambio (e, se si, a quale, con quali modalità ed a quali costi) dei diritti acquisiti col contratto (di acquisto di multiproprietà o di prodotti per le vacanze di lungo termine) che ha stipulato;
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sottoscrizione, da parte dell’operatore – venditore di un codice di condotta e modalità, anche telematiche, per reperirne il testo. Il “codice di condotta” è un accordo su un insieme di regole che definisce il comportamento degli operatori, cioè delle imprese che stipulano questi contratti e forniscono i beni ed i servizi che da essi derivano, che si impegnano ad osservarli in relazione ad una o più pratiche commerciali (per esempio, la vendita personale o quella telematica) e/o ad uno o più settori specifici di attività (per esempio, la multiproprietà immobiliare o i servizi per le vacanze di lungo termine, cioè quelle ripetute nel tempo). Questi codici devono indicare un “responsabile”, cioè uno o più dei soggetti che lo hanno sottoscritto che ne curano l’elaborazione, la revisione ed il controllo dell’osservanza delle regole in esso contenute da parte degli aderenti (lettere i ed l del 1° comma dell’art. 69).
Il 1° comma dell’art. 80 aggiunge che l’operatore può adottare un codice di condotta secondo le modalità dell’art. 27-bis del Dlgs 206/2005, cioè, essenzialmente, uno di quelli elaborati dalle associazioni imprenditoriali o professionali che sono poi i soggetti responsabili dell’applicazione di essi;
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(parte seconda) informazioni generali sul diritto di recesso dal contratto entro quattordici giorni di calendario dalla data in cui è stato sottoscritto o dalla data posteriore di ricezione, da parte del consumatore, del contratto firmato dal venditore e sul divieto di versamento di acconti da parte del consumatore fino alla scadenza del periodo previsto per il recesso dal contratto (sulla disciplina del diritto di recesso e sulle norme ad essa collegate rimandiamo al paragrafo successivo). Per i contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine il consumatore ha diritto di recedere dal contratto entro quattordici giorni di calendario dalla ricezione della richiesta di pagamento per ciascuna rata annuale (se il contratto prevede un sistema di pagamento rateale del prezzo).
Non è obbligatorio indicare il destinatario e l’indirizzo della (eventuale) comunicazione di recesso, ma è buona pratica non omettere queste indicazioni che, comunque, devono essere contenute nel formulario separato per l’esercizio del diritto di recesso che l’operatore deve consegnare al consumatore ai sensi del 6° comma dell’art. 72 (su questo punto si veda anche il paragrafo successivo);
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avviso che il consumatore non deve sostenere costi ed obblighi diversi da quelli stabiliti dal contratto;
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legge regolatrice del contratto, se diversa da quella italiana;
Firma del consumatore
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(parte terza) informazioni supplementari che possono essere contenute nel formulario informativo oppure in un documento separato (per esempio, un opuscolo od una brochure sia cartacea che informatica, ecc.). In questo caso nel formulario devono essere esposte in modo chiaro le modalità con cui il consumatore può ottenere tali informazioni supplementari che sono le seguenti:
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informazioni in merito ai diritti acquisiti dal consumatore con la stipulazione del contratto: disciplina dell’esercizio del/i diritto/i oggetto del contratto, eventuali condizioni a cui l’esercizio di questi diritti è sottoposto e se esse sono rispettate o meno dall’impresa venditrice, eventuali restrinzioni alla possibilità per il consumatore di occupare in qualsiasi momento l’alloggio od uno degli alloggi a cui il contratto si riferisce o di usufruire di uno dei diritti acquisiti col contratto (sconti, viaggi, altri servizi turistici, ecc.) oppure, per i contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, di usufruire di sconti e promozioni speciali.
Per i contratti di scambio si devono riportare le modalità di funzionamento del sistema di scambio, l’indicazione del valore della multiproprietà o dell’altro tipo di diritto scambiato, l’indicazione del numero degli aderenti al sistema, delle località dove si trovano gli alloggi scambiabili, di eventuali restrinzioni dei diritti di multiproprietà o di altro tipo previsti dal sistema di scambio, della necessità di prenotare lo scambio con un certo anticipo (da indicare. Per esempio: un mese, tre mesi, ecc.);
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informazioni sui beni immobili specifici a cui il contratto si riferisce (non vale per i contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e per i contratti di scambio che non si riferiscono ad un bene immobile): descrizione accurata e dettagliata del bene/i immobile/i e della sua/loro ubicazione, servizi di cui il bene/i usufruisce/ono (per esempio: elettricità, gas, acqua, ecc.), strutture comuni e relative condizioni di accesso da parte del consumatore.
Come si evince dal 2° comma dell’art. 72 il contratto di multiproprietà (ma anche, riteniamo, quello relativo ai prodotti per le vacanze di lungo termine) può avere ad oggetto anche un bene immobile “generico”, per esempio, uno dei cinquanta appartamenti di un villaggio turistico e non uno specifico appartamento. In questo caso si dovranno comunque descrivere nei termini sopra esposti il complesso immobiliare e le tipologie di alloggi che lo compongono;
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informazioni aggiuntive per alloggi in costruzione: stato di completamento dell’alloggio e degli allacci ai servizi pubblici di rete, termine di completamento degli alloggi, degli allacci ai servizi e delle eventuali strutture comuni, numero della licenza edilizia (in Italia del permesso di costruire), nome e indirizzo dell’autorità pubblica che l’ha rilasciata, garanzie relative al completamento nel termine della costruzione dell’alloggio (in primo luogo la fideiussione bancaria od assicurativa obbligatoria di cui all’art. 72-bis che deve coprire il danno causato al consumatore dalla mancata ultimazione della costruzione dell’alloggio oggetto del contratto di multiproprietà) ed al rimborso dei pagamenti già effettuati e modalità di applicazione di queste garanzie;
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informazioni sui costi: descrizione di tutti i costi connessi al contratto (di solito, annuali), di come questi costi sono ripartiti fra i consumatori contraenti o gli acquirenti (per esempio, di una multiproprietà), di come e quando questi costi potranno aumentare, metodo di calcolo dell’ammontare delle spese relative all’occupazione del bene, decrizione e (esempio di) quantificazione delle spese obbligatorie (soprattutto imposte e tasse) e delle spese amministrative generali (per esempio, quelle di gestione e di manutenzione). I formulari dimenticano (ma ci deve essere per non incorrere nelle sanzioni previste per le pratiche commerciali scorrette) l’indicazione del prezzo globale, comprensivo di IVA, che l’acquirente dovrà versare per l’esercizio del/i diritto/i oggetto del contratto. Infine, si deve indicare se sul/i bene/i immobile/i gravano ipoteche, privilegi od altri gravami;
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informazioni sulla risoluzione del contratto principale, dei contratti accessori, condizioni e modalità della stessa, conseguenze che ne derivano e spese per l’esercizio di essa che gravano sul consumatore;
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informazioni supplementari: modalità di organizzazione della manutenzione, riparazione, amministrazione e gestione del/i bene/i immobile/i e se e come i consumatori acquirenti possono influire sulle decisioni relative ad esse, indicazione dell’eventuale sistema di rivendita dei diritti derivanti dal contratto a cui i consumatori possono aderire e dei relativi costi, indicazione della/e lingua/e che i consumatori possono utilizzare per le comunicazioni con l’operatore per le questioni relative al contratto, alle decisioni gestionali, all’aumento dei costi ed ai relativi reclami, possibilità di utilizzo di sistemi di risoluzione extragiudiziale delle controversie (mediazione od altre procedure);
Conferma della ricezione delle informazioni;
Firma del consuamtore.
I requisiti dei contratti definiti dalle lettere da a) a d) del 1° comma dell’art. 69 sono poi disciplinati dall’art. 72 del Codice del consumo.
I primi tre requisiti sono quello della forma scritta del contratto a pena di nullità (nei casi in cui il contratto ha per oggetto la costituzione di un diritto di godimento su un bene immobile, questa norma è una applicazione dell’art. 1350 del Codice Civile) e quello della redazione di esso, su carta o su altro supporto durevole (la definizione di “supporto durevole”, è stata esposta prima in questo paragrafo: essenzialmente un formato informatico, non modificabile e su cui possono essere apposte le firme elettroniche delle parti), in lingua italiana ed in una delle lingue dello Stato dell’Unione Europea in cui il consumatore risiede oppure di cui è cittadino, a sua scelta, purchè si tratti di una lingua ufficiale dell’Unione Europea. Se la lingua del consumatore– contraente non risponde a questa caratteristica, è sufficiente la redazione del contratto in lingua italiana (1° comma dell’art. 72: questa disposizione, che parla genericamente di “contratto”, vale anche, secondo noi, per i contratti accessori a quelli definiti dalle lettere da a) a d) del 1° comma dell’art. 69).
Nel caso di un contratto di multiproprietà relativo ad un bene immobile specifico (ciò significa che tale contratto può avere ad oggetto anche un bene immobile “generico”, per esempio, uno dei cinquanta appartamenti di un villaggio turistico e non uno specifico appartamento) l’operatore è obbligato a fornire al consumatore anche una traduzione del contratto nella lingua dello Stato dell’Unione Europea dove è ubicato l’immobile (2° comma). Se l’immobile è situato fuori dall’Unione Europea questo obbligo non sussiste.
L’operatore estero che conclude i contratti definiti dalle lettere da a) a d) del 1° comma dell’art. 69 ed i contratti a questi accessori nel territorio italiano deve fornire al consuamtore il testo di essi anche in lingua italiana (3° comma).
Il contenuto del contratto è formato in primo luogo dalle informazioni previste dall’art. 71, 1° comma, riportate nei formulari informativi che abbiamo esaminato in precedenza in questo paragrafo. Esse fanno “parte integrante e sostanziale del contratto” (per cui basta che il contratto rinvii a queste informazioni e che il formulario informativo che le contiene sia allegato al contratto stesso) e non possono essere modificate (per iscritto, essendo questi dei contratti per cui è prevista la forma scritta ad substantiam) prima della conclusione del contratto se non col consenso di entrambe le parti oppure se le modifiche sono causate “da circostanze eccezionali e imprevedibili, indipendenti dalla volontà dell’operatore” e non evitabili utilizzando la dovuta diligenza, cioè da cause di forza maggiore (per esempio, un terremoto che abbatte parte degli alloggi venduti come multiproprietà) oppure da provvedimenti dell’autorità (per esempio, il sequestro giudiziario dell’immobile se basato su cause che davvero non erano prevedibili). Le modifiche, indicate espressamente nel contratto, sono comunicate al consumatore su carta o su altro supporto durevole a lui facilmente accessibile prima della conclusione del contratto (4° comma).
In questi casi di corcostanze eccezionali e imprevedibili, se il contratto è già concluso, il consumatore può risolvere il contratto per impossibilità (totale o parziale) della prestazione oppure per eccessiva onerosità sopravvenuta, ai sensi degli artt. 1463 e ss. del Codice Civile, dato che il contratto è ad esecuzione periodica, come prevede il 1° comma dell’art. 1467 c.c.
Oltre alle informazioni di cui all’art. 71, 1° comma, il contratto contiene i seguenti ulteriori elementi (5° comma):
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l’identità, il luogo di residenza e la firma di ciascuna delle parti;
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la data e il luogo di conclusione del contratto.
Prima della conclusione del contratto l’operatore deve informare il consumatore del contenuto delle clausole contrattuali concernenti il diritto di recesso dal contratto, il termine in cui questo può essere esercitato ed il divieto di versare acconti (per il consumatore e, conseguentemente, di accettarli per l’operatore – venditore) durante il periodo di recesso (tutti argomenti trattati nel paragrafo successivo). Queste clausole devono essere firmate separatamente dal consumatore (come le clausole contrattuali di cui all’art. 1341, 2° comma, del Codice Civile).
Inoltre, al contratto deve essere allegato un formulario separato utilizzabile per l’esercizio del diritto di recesso, il cui modello è riportato nell’allegato II-sexies al Codice del consumo, introdotto sempre dall’art. 2 del Dlgs 79/2011, ed il cui utilizzo ai fini del recesso non è obbligatorio (comma 6°).
All’atto della conclusione del contratto al consumatore deve essere consegnata almeno una copia di esso (7° comma).
Infine, segnaliamo che l’omissione o l’occultamento, parziale o totale, da parte dell’operatore (professionista) delle informazioni obbligatorie citate in questo paragrafo, sono considerate sempre pratica commerciale ingannevole, per la precisione “omissione ingannevole” dal 5° comma dell’art. 22 del Dlgs 206/2005, come riformato dal Decreto Legislativo n° 146 del 2007, dal momento che esse sono connesse alle comunicazioni commerciali e che sono previste in origine da norme del diritto comunitario (la Direttiva CE n° 29 del 2005). La tutela del consumatore contro queste pratiche commerciali scorrette è quella prevista dall’art. 27 sempre del Dlgs 206/2007, anch’esso riformato dal Dlgs 146/2007.
3) Il diritto di recesso del consumatore da questi contratti. Gli effetti del recesso.
Per recedere, senza obbligo di indicare il motivo, dai contratti di multiproprietà, da quelli relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dai contratti di rivendita o di scambio definiti dal 1° comma dell’art. 69 del Dlgs 206/2005 al consumatore è concesso un periodo di quattordici gioni naturali e consecutivi (art. 73, 1° comma).
Tale periodo è equivalente a quello di dieci giorni lavorativi previsto, per i contratti a distanza dall’art. 64 del Codice del consumo, dato che in questo periodo non possono non cadere due fine settimana, vale a dire due giorni di Sabato e due di Domenica. L’unica differenza che vi può essere e per cui il periodo di recesso previsto dall’art. 73 può risultare più corto si ha quando nei giorni tra Lunedì e Venerdì cada un giorno festivo o più di uno (per esempio, il primo Maggio oppure Natale e Santo Stefano).
Il periodo di recesso si calcola a partire dal giorno della conclusione del contratto definitivo o del contratto preliminare oppure dal giorno in cui il consumatore riceve la copia del contratto definitivo o preliminare firmato dal venditore o dal suo intermediario (se dotato di poteri di rappresentanza), se questo è posteriore alla data di conclusione di uno di questi due contratti (2° comma).
Il periodo di esercizio del diritto di recesso, però, può prolungarsi e scadere dopo un anno e quattordici giorni di calendario da una delle date riportate nel capoverso precedente se il formulario per l’esercizio del diritto di recesso previsto dall’art. 72, comma 6° (di cui abbiamo parlato nel terzultimo capoverso del paragrafo precedente), non è stato consegnato dall’operatore al consumatore in forma scritta, su carta od altro supporto durevole. Se questo formulario viene consegnato dall’operatore al consumatore nelle modalità descritte entro un anno da una delle date citate, il periodo di recesso (14 giorni) decorre dal giorno di questa consegna. La norma è, di fatto, una sanzione alla mancata fornitura al consumatore di questa documentazione da parte dell’operatore – venditore.
Detto periodo, invece si prolunga fino a tre mesi e quattordici giorni di calendario dalle stesse date se le informazioni previste dall’art. 71, 1° comma, contenute nei formulari informativi esposti nel Paragrafo 2, non sono state fornite al consumatore per iscritto, su carta od altro supporto durevole. Se il formulario informativo viene consegnato dall’operatore al consumatore nelle modalità descritte entro tre mesi da una delle date citate (quella della conclusione o quella della ricezione del contratto, se posteriore alla prima), il periodo di recesso (14 giorni) decorre dal giorno di questa consegna (3° e 4° comma). Per avere la certezza di questa data o di quella della consegna del formulario di recesso di cui al capoverso precedente, l’operatore dovrà inviare il formulario con raccomandata A.R., telegramma, telex, fax o posta elettronica certificata (PEC) oppure dovrà effettuare personalmente la consegna del documento al consumatore, facendosi firmare una ricevuta.
Infine, il 5° comma dell’art. 72 contiene la superflua precisazione che, nel caso in cui il contratto di scambio sia stipulato contestualmete (non imporsta se in unico atto o in atti separati) al contratto di multiproprietà (ma anche, se i diritti acquisiti lo consentono, al contratto relativo ad un prodotto per le vacanze di lungo termine), ai due contratti si applica un unico periodo di recesso, calcolato conformemente alle regole esposte nei capoversi precedenti.
Il diritto di recesso del consumatore da uno dei contratti definiti dalle lettere da a) a d) del 1° comma dell’art. 69 del Dlgs 206/2005 si esercita inviando una comunicazione scritta e firmata su carta od altro supporto durevole con una modalità che assicuri la prova della spedizione anteriore alla scadenza del periodo di recesso (quindi mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, telegramma, telex, fax o con un messaggio di posta elettronica certificata – PEC, disciplinata dal DPR n° 68 del 2005) alla persona indicata nel contratto o, in mancanza, all’operatore, cioè all’impresa venditrice od al suo intermediario commerciale che ha concluso il contratto col consumatore (art. 74, 1° comma).
Segnaliamo che l’invio della comunicazione di recesso con mezzi diversi dalla lettera raccomandata A.R. o dal messaggio di posta elettronica certificata (PEC, in tutto e per tutto equiparata giuridicamente alla raccomandata A.R. cartacea) non deve essere più confermata con lettera raccomandata A.R., cartacea od elettronica, entro le 48 ore successive, come prevedeva il previgente 5° comma dell’art. 73 e come prevede ancora, per i contratti a distanza diversi da quelli esaminati in questo articolo, il 2° comma dell’art. 64 del Dlgs 206/2005.
Al fine di esercitare il diritto di recesso, il consumatore può utilizzare (ma non è obbligatorio) il formulario apposito che gli deve essere consegnato dall’operatore, allegato al contratto, all’atto della firma dello stesso, ai sensi del 6° comma dell’art. 72 (2° comma).
L’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore pone, ovviamente, fine all’obbligo per entrambe le parti di eseguire il contratto. In particolare, il consumatore che recede non deve sostenere alcuna spesa o pagare alcuna penalità e non è debitore del valore corrispondente dell’eventuale servizio reso prima del recesso (3° e 4° comma).
Quest’ultima norma è una importante novità della disciplina introdotta nel Codice del consumo dall’art. 2 del Dlgs 79/2011: prima, ai sensi del previgente 1° comma dell’art. 73, il consumatore che recedeva (dal solo acquisto di una multiproprietà) era tenuto a rimborsare all’operatore – venditore le spese da questi sostenute e documentate per la conclusione del contratto e di cui era fatta menzione nello stesso, purché si trattasse di spese relative ad atti da espletare necessariamente prima dello scadere del periodo di recesso.
Per i contratti di multiproprietà, per quelli relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e per quelli di scambio il 1° comma dell’art. 75 prescrive il divieto di qualunque versamento di denaro a titolo di acconto prima della fine del periodo di recesso, le cui modalità di calcolo abbiamo esaminato sopra in questo paragrafo. Questo divieto riguarda il consumatore ma si configura anche come divieto per l’operatore – venditore di pretendere o di accettare il versamento di acconti. Oltre al versamento di acconti sono pure vietati la “prestazione di garanzie, l’accantonamento di denaro sotto forma di deposito bancario, il riconoscimento esplicito di debito ed ogni altro onere (assunto) da parte del consumatore a favore dell’operatore o di un terzo” sempre fino alla fine del periodo di recesso previsto per questi contratti dell’art. 73 del Codice del consumo (quindi anche del periodo di recesso prolungato di cui al commi 3° e 4° dell’art. 73 citato).
Per i contratti di rivendita è pure vietato il versamento di qualsiasi acconto o la prestazione degli altri oneri citati nel precedente capoverso da parte del consumatore prima che la vendita abbia effettivamente luogo, cioè che il relativo contratto sia concluso, oppure prima che sia posta fine in altro modo al contratto di rivendita, vale a dire prima che vi sia stato il recesso del consumatore e quindi che sia trascorso il periodo per l’esercizio del diritto di recesso previsto dalla legge o che entrambe le parti abbiano sciolto o annullato consensualmente il contratto stesso sempre prima della scadenza del periodo di recesso (2° comma dell’art. 75). Quest’ultimo termine deriva dal fatto che, fino alla scadenza del periodo di recesso, il contratto di rivendita è sottoposto ad una condizione risolutiva (l’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore: essa è anche una condizione “potestativa” perché dipende solo dalla volontà di una parte), per cui i suoi effetti possono essere annullati anche in base ad un accordo tra entrambe le parti. Trascorso il periodo di recesso, il contratto è pienamente efficace e per annullarne gli effetti si può solo stipulare un contratto di “vendita in senso opposto” con cui il consumatore riacquista il diritto che aveva ceduto dall’acquirente del (primo) contratto di rivendita.
Per quanto riguarda specificamente i contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, il 1° comma dell’art. 76 stabilisce che, quando (come di solito accade) questi prevedono che il pagamento sia effettuato secondo scadenze periodiche, è vietata qualsiasi corresponsione del prezzo o di parte di esso (cioè di una rata) che non sia conforme al piano di pagamento periodoco concordato. I pagamenti, comprese le eventuali quote di affiliazione, sono ripartiti in rate annuali, ciascuna di pari valore, con la possibilità di adeguamenti basati sui sistemi di indicizzazione previsti dalla legge, di solito, quindi, quelli all’inflazione (l’indice FOI, cioè l’indice sull’aumento dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, calcolato dall’ISTAT).
L’operatore (cioè l’impresa che ha stipulato il contratto), ogni anno, invia al consumatore una richiesta scritta di pagamento, su carta od altro supporto durevole, almeno quattordici giorni, naturali e consecutivi, prima di ciascuna data prevista nel contratto per l’esigibilità della rata annuale del prezzo, anche al fine di consentire al consumatore, a partire dal secondo pagamento rateale, l’eventuale esercizio del diritto di recesso dal contratto (che, ricordiamo, deve essere esercitato entro quattordici gioni di calendario dalla ricezione della richiesta di pagamento per ciascuna rata e che non può comportare alcuna penale per il consumatore, come prevede l’art. 73) (2° comma dell’art. 76).
Il recesso del consumatore dal contratto di multiproprietà o da quello relativo ai prodotti per le vacanze di lungo termine, oltre a far decadere il contratto principale, risolve anche i contratti di scambio e tutti i contratti accessori ad esso legati, I contratti accessori sono quelli con cui il consumatore ha acquistato dei servizi connessi (per esempio, di ristorazione, di pratica sportiva, quelli di uno stabilimento balneare, ecc.) a quelli acquisiti col contratto principale. La risoluzione di questi contratti avviene automaticamente e senza alcuna spesa o penalità per il consumatore che esercita il diritto di recesso (art. 77, 1° comma).
Fatto salvo quanto previsto dagli artt. 125-ter e 125-quinquies del Decreto Legislativo n° 385 del 1993, il Testo Unico delle Leggi Bancarie, sui contratti di credito ai consumatori, se il prezzo che questi contratti prevedono che il consumatore debba pagare è coperto in tutto od in parte da un prestito concesso a quest’ultimo dall’operatore (l’impresa con cui il consumatore stipula il contratto) o da un terzo sulla base di un accordo fra il terzo e l’operatore, il contratto di credito è risolto senza costi per il consumatore qualora quest’ultimo eserciti il diritto di recesso dal contratto di multiproprietà o da quello relativo ai prodotti per le vacanze di lungo termine oppure da quello di rivendita o di scambio (2° comma).
4) Le altre tutele previste per il consumatore che stipula questi contratti. L’accesso alla giustizia ed alle procedure stragiudiziali di composizione delle controversie.
Altre tutele per l’acquirente sono dettate dall’art. 72-bis che obbliga l’operatore, cioè l’impresa venditrice di contratti di multiproprietà non avente la forma giuridica di società di capitali ovvero con un capitale versato inferiore a 5.500.000 Euro e che non ha la sede legale o sedi secondarie nel territorio dello Stato Italiano a prestare una fideiussione bancaria od assicurativa a garanzia della corretta esecuzione del contratto concluso. Sarebbe stato preferibile, secondo noi, generalizzare quest’obbligo delle imprese venditrici a tutela dei consumatori perché anche le imprese italiane di piccola dimensione che vendono multiproprietà immobiliari sono soggette a crisi aziendali che possono danneggiare gli acquirenti o possono risultare inadempienti nei loro confronti.
L’operatore (cioè l’impresa venditrice) è, invece, in ogni caso obbligato a prestare fideiussione quando l’alloggo oggetto del contratto di multiproprietà è in corso di costruzione, a garanzia dell’ultimazione dei lavori.
In questo caso, quindi, non si applica la tutela fideiussoria dell’acquirente di un immobile da costruire dettata dagli artt. 2 e 3 del Decreto Legislativo n° 122 del 2005, mentre si applica la tutela assicurativa dello stesso soggetto prevista dall’art. 4 sempre del Dlgs 122/2005 basata su una polizza decennale con decorrenza dalla data di ultimazione dei lavori che garantisce l’acquirente dai danni materiali e diretti all’immobile, compresi i danni ai terzi, derivanti da rovina totale o parziale o da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, e comunque manifestatisi dopo la stipula del contratto definitivo di compravendita della multiproprietà dell’alloggio col consumatore.
Riteniamo che, analogamente a quanto previsto dall’art. 2 del Dlgs 122/2005, la fideiussione debba garantire un importo almeno pari al valore del prezzo annuale e di ogni altro corrispettivo che l’operatore – venditore ha riscosso o che, secondo i termini e le modalità del contratto, deve ancora riscuotere dal consumatore – acquirente prima del trasferimento del diritto reale di godimento sull’immobile o degli altri diritti e/o prestazioni oggetto del contratto. Nel caso di contratto relativo ad un prodotto per le vacanze di lungo termine si deve fare riferimento, secondo noi, solo all’importo della rata annua di pagamento del prezzo della prestazione e degli altri costi da corrispondere annualmente.
Della fideiussione si deve fare espressa menzione nel contratto, anche solo nel formulario informativo di cui al 1° comma dell’art. 71 (che, ricordiamo, fa parte integrante e sostanziale del contratto ai sensi del 4° comma dell’art. 72), a pena di nullità dello stesso.
La fideiussione non può imporre all’acquirente la preventiva escussione del venditore (operatore). Ciò significa che nel caso di inadempimento contrattuale da parte di quest’ultimo, l’acquirente può agire direttamente verso la Banca o la Compagnia di Assicurazioni che ha concesso la garanzia fideiussoria.
Sono nulle le clausole contrattuali o i patti aggiunti di rinuncia da parte dell’acquirente ai diritti previsti dagli artt. da 69 ad 81-bis del Dlgs 206/2005 (che formano il Capo I del Titolo IV della Parte III di questo atto legislativo) o di limitazione delle responsabilità previste a carico dell’operatore – venditore (art. 78, 1° comma). Sono, queste, delle tipologie particolari di “clausole vessatorie”.
Per le controversie derivanti dall’applicazione di questo Capo del Dlgs 206/2005 la competenza territoriale inderogabile è quella del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato italiano (2° comma).
Se le parti hanno deciso di applicare al contratto una legislazione diversa da quella italiana, al consumatore devono comunque essere riconosciute le tutele e i diritti previsti da questo Capo del Dlgs 206/2005, compresa la competenza territoriale inderogabile del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore (3° comma).
Nel caso in cui la legge applicabile ad uno dei contratti definiti dalle lettere da a) a d) del 1° comma dell’art. 69 sia quella di un paese extracomunitario, il consumatore che lo ha stipulato non può essere privato delle tutele e dei diritti previsti da questo Capo del Dlgs 206/2005 nel caso in cui:
-
uno qualsiasi dei beni immobili interessati dal contratto è situato nel territorio nazionale o di uno Stato dell’Unione Europea;
-
se il contratto non è direttamente collegato ad uno o più beni immobili ma “l’operatore (impresa o suo intermediario commerciale) svolga attività commerciali o professionali (per esempio, la vendita di servizi relativi alle vacanze di lungo termine) in Italia od in uno Stato dell’Unione Eutopea o diriga queste attività, con qualsiasi mezzo (per esempio, un sito web di e-commerce), verso l’Italia od un altro Stato dell’Unione Europea e il contratto rientri nell’ambito di tali attività” (4° comma).
E’ chiaro che la formulazione amplissima di questa ultima norma implica che questi contratti godono praticamente sempre delle tutele previste dal Codice del consumo che abbiamo esaminato in questo articolo.
Oltre a ricorrere al giudice civile ordinario i consumatori, sempre per le controversie derivanti dall’applicazione di questo Capo del Dlgs 206/2005, possono utilizzare gli strumenti di tutela previsti dagli artt. 27, 139, 140 e 141-bis sempre del Codice del consumo (art. 79).
L’art. 27 del Dlgs 206/2005 disciplina la tutela amministrativa contro le pratiche commerciali scorrette di cui abbiamo già parlato nei paragrafi precedenti esercitata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato o “Autorità Antitrust”.
Gli artt. 139 e 140 sempre del Dlgs 206/2005 riguardano la legittimazione ad agire, cioè a promuovere un processo davanti al giudice civile a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, delle associazioni degli stessi consumatori rappresentative a livello nazionale inserite nell’elenco di cui all’art. 137 dello stesso Decreto, tenuto presso il Ministero delle Attività Produttive e di attivare, prima del ricorso al giudice, la procedura di conciliazione stragiudiziale (oggi di mediazione) prevista dall’art. 2, 2° comma, lettera g), della Legge n° 580 del 1993 (la Legge sull’ordinamento delle Camere di Commercio così come modificata dal Decreto Legislativo n° 23 del 2010), dinanzi alla Camera di Commercio competente ai sensi dell’art. 63 del Dlgs 206/2005 od agli altri organismi di composizione stragiudiziale delle controversie (oggi di mediazione, ai sensi del Decreto Legislativo n° 28 del 2010).
L’art. 141-bis del Codice del consumo, infine, disciplina l’azione di classe (o class action), cioè l’azione collettiva risarcitoria che tutela in modo unitario i diritti e gli interessi di una pluralità consumatori danneggiati da un comportamento dell’impresa.
Il 2° comma dell’art. 80 prevede che per la risoluzione delle controversie riguardanti i contratti definiti dall’art. 69 del Dlgs 206/2005, compresi i contratti accessori, entrambe le parti possono ricorrere alla procedura stragiudiziale della mediazione finalizzata alla conciliazione disciplinata dal Decreto Legislativo n° 28 del 2010 ed alle altre procedure di negoziazione volontaria e paritetica previste dal comma 2° dell’art. 2 di questo Decreto.
Il preventivo esperimento della procedura di mediazione prima di promuovere una azione davanti al giudice civile ordinario è obbligatorio per la parte che ha questo obbiettivo, ai sensi del comma 1° dell’art. 5 del Dlgs 28/2010, quando la controversia riguardante uno di questi contratti ha per oggetto un diritto reale. Ciò può succedere per i contratti di multiproprietà, di rivendita e di scambio, ma non per quelli relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine in cui può essere compreso il diritto di alloggiare in una struttura ricettiva ma non un diritto di godimento su un bene immobile finalizzato all’alloggio nello stesso che caratterizza, come abbiamo visto, il contratto di multiproprietà.
Se, invece, il contratto ha per oggetto un diritto di obbligazione avente ad oggetto il godimento su un bene immobile, allora esso è assimilabile alla locazione (definita dall’art. 1571 del Codice Civile come la concessione temporanea del godimento di una cosa mobile o immobile verso un determinato corrispettivo) che è anch’essa una delle materie per cui è obbligatorio il preventivo esperimento della procedura di mediazione prima di promuovere una azione davanti al giudice civile ordinario ai sensi del 1° comma dell’art. 5 del Dlgs 28/2010.
Per le controversie riguardanti i contratti definiti dall’art. 69 del Dlgs 206/2005 a cui non si applica il 1° comma dell’art. 5 del Dlgs 28/2010 sulla mediazione obbligatoria (essenzialmente a quelle sui contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, ma anche ai contratti di rivendita ed ai contratti accessori), dato che questi contratti sono qualificabili pressoché sempre come contratti di fornitura di servizi turistici si applica ad essi il 1° comma dell’art. 67 dell’Allegato I del Decreto Legislativo n° 79 del 2011, il “Codice della normativa statale in materia di turismo” o “Codice del turismo”, che ha previsto un caso di mediazione obbligatoria se l’esperimento di essa è previsto da una clausola di un contratto di fornitura di servizi turistici (per esempio, il contratto relativo ad un prodotto per le vacanze di lungo termine o ad un contratto ad esso accessorio, ecc.). Questo contratto deve avere forma scritta (requisito richiesto dalla legge per i contratti definiti dall’art. 69 del Dlgs 206/2005) e la clausola di mediazione delle controversie che da esso possono derivare deve essere specificamente approvata per iscritto dal consumatore – turista, come avviene per le clausole contrattuali vessatorie previste dal 2° comma dell’art. 1341 c.c. In questo caso, il procedimento di mediazione costituisce, per il 1° comma dell’art. 67 del Codice del turismo, “condizione di procedibilità della domanda giudiziale o arbitrale”, quindi il preventivo esperimento di esso è obbligatorio per la parte che voglia promuovere una azione davanti al giudice civile ordinario.
L’art. 81 del Dlgs 206/2005 prevede poi che, salvo che il fatto non costituisca reato, l’operatore che contravviene alle norme di cui all’art. 70, commi 1° e 2°, 71, 72, 72-bis, 75, 76 e 77, è punito, per ogni singola violazione, con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 Euro. Si applica, inoltre, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione dall’esercizio dell’attività da trenta giorni a sei mesi all’operatore che abbia commesso una ripetuta violazione delle norme citate (1° e 2° comma).
L’accertamento dell’infrazione e l’applicazione della sanzione sono effettuati ai sensi della Legge n. 689 del 1981 (che disciplina le sanzioni amministrative) dagli organi della Polizia Giudiziaria o da quelli della Polizia Amministrativa (Municipale o Provinciale) che hanno anche l’obbligo di presentare un rapporto su di esse alla Camera di Commercio della provincia in cui vi è la sede legale o la residenza del venditore (art. 62, comma 3°, del Dlgs 206/2005 richiamato dal 3° comma dell’art. 81 dello stesso Decreto).
Infine, l’art. 81-bis stabilisce che le disposizioni del Capo I del Titolo IV della Parte III del Dlgs 206/2005 che abbiamo esaminato in questo articolo non precludono né limitano i diritti che sono attribuiti al consumatore da altre norme dell’ordinamento giuridico e che, per quanto non previsto dal Capo citato del Codice del consumo si applicano le disposizioni del Codice Civile in materia di contratti.
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