Il decentramento produttivo, funzionale ad una maggiore agilità dell’impresa, comporta una netta attenuazione dei rapporti tra il soggetto che opera il decentramento e gli altri soggetti che prestano la loro attività nelle funzioni decentrate.
Non vi è dubbio che, anche nelle più lecite forme di decentramento produttivo, è insito il rischio di una sostanziale deresponsabilizzazione dei soggetti che stanno al vertice del processo produttivo.
Assistiamo così al rischio di svuotamento delle responsabilità del soggetto più forte e strutturato e – quindi – maggiormente in grado di far fronte ai propri obblighi, a favore di soggetti non sempre in grado di fornire adeguate garanzie di adempimento.
Ciò vale anche e particolarmente nel campo della sicurezza sul lavoro.
L’appalto è la forma di decentramento produttivo classico e regolato oltre che dal codice civile, da numerose disposizioni di legge, che ne hanno definito i contorni in tema di sicurezza e responsabilità, come dopo vedremo.
La normativa è sempre stata sensibile alla necessità di coinvolgere in qualche modo il soggetto committente, estraneo al rapporto di lavoro, nelle vicende concernenti la sicurezza sociale e le garanzie dei crediti retributivi.
Due sono i criteri adottati.
Da un lato abbiamo l’ambito degli appalti pubblici, dove forte e tipizzata legalmente è la posizione del committente: qui si è posta grande attenzione nella fase di scelta del contraente, nella valutazione dei costi di lavoro e della cosiddetta offerta anomala.
D’altra parte sono state attivate delle posizioni di garanzia a carico del committente.
Peculiare è la situazione degli appalti pubblici dove, come già accennato, la sicurezza diviene un elemento per la qualificazione del soggetto appaltatore e dove comunque nell’ambito dell’appalto pubblico sussistono importanti mezzi di controllo e di coesione, nonché oneri di pubblicità su appalti e subappalti idonei a favorire i controlli.
Nel restante ambito degli appalti (privati) la tutela per l’incolumità dei lavoratori è meno completa.
Poiché vi è, in primo luogo, un rapporto di lavoro unicamente tra l’appaltatore ed i suoi dipendenti, la responsabilità del committente è legata esclusivamente al generale principio del neminem laedere di cui all’articolo 2043 del codice civile o ad ipotesi omissive dove sul committente incomba in qualche modo un obbligo di fare.
Su tale base si afferma negli anni 80 e all’inizio degli anni 90 il principio c.d. della non ingerenza, riconosciuto dalla giurisprudenza della Cassazione (Ex pluribus: Cassazione sezione penale 2 marzo 1990 n. 2731 – Cassazione n.1284/1997). In base a tali pronunce, in caso di infortunio, il committente può essere associato alla responsabilità dell’appaltatore solo ove egli abbia limitato l’autonomia di quest’ultimo, ingerendosi nella gestione dell’appalto e quindi dando luogo ad una sorta di corresponsabilità debitoria nei confronti dei dipendenti dall’appaltatore.
Il concetto di ingerenza è destinato ad estendersi sino a ricomprendere l’ordinaria supremazia del committente insita nel contratto di appalto a clausole del contratto di appalto che, in qualche modo, evocano una responsabilità del committente.
In taluni casi, la giurisprudenza penale (Cassazione 3 marzo 1992 n.2392) evoca anche la responsabilità per la scelta di una appaltatore manifestamente incapace.
Va sottolineato come la sicurezza nell’ambito degli appalti presenti una peculiarità che potremmo definire fisiologica, data da una naturale frammentazione di responsabilità e da difficoltà di coordinamento tra centri imprenditoriali.E’ così evidenziata la necessità di un ruolo attivo dei soggetti.
Nell’iter che ha portato all’attuale disciplina, si inserisce il decreto legislativo 626/94, che appare un punto fondamentale verso questa evoluzione.
L’articolo 7 del decreto non impone solo attenzione nella scelta dell’appaltatore, ma anche degli obblighi di cooperazione del committente nel mantenere condizioni di sicurezza fornendo adeguate informazioni al committente.
Si profila così una responsabilità del committente per un’erronea scelta dell’appaltatore o per una coerente programmazione o informazione sui rischi.
Il tema della programmazione della sicurezza negli appalti era particolarmente sentito nei grandi cantieri mobili. Rilevante era pure l’obbligo generale di valutazione del rischio che in qualche modo poteva coinvolgere le lavorazioni in appalto.
A livello comunitario era così intervenuta la direttiva cantieri n.57/92 che trovava recepimento in Italia nel successivo DLGS 494/96 applicabile sia agli appalti pubblici, che a quelli privati, con riferimento ai cantieri edili ed alle attività svolte in tale ambito.
A differenza del DLGS 626/94 che vedeva come soggetto titolare dell’obbligo di sicurezza il datore di lavoro, il DLGS 494/96 individua il soggetto obbligato e programmare la sicurezza nel committente sin dal momento della progettazione.
Sono previste inoltre delle particolari figure che si affiancano al committente quali il responsabile dei lavori ed i coordinatori in fase di progettazione e di esecuzione.
Gli interventi legislativi che andremmo successivamente ad esaminare si pongono in una linea di continuità progressiva rispetto a quanto sinora delineato.
Il primo intervento in materia atto ad incidere sull’articolo 7 del DLGS 626/94 avviene con la legge 296/2006 che estende gli obblighi di sicurezza a carico del committente alle attività che si svolgono nel corso dell’intero ciclo produttivo.
La modifica più sostanziale operata da questo intervento è data però dall’introduzione del comma 3bis dell’articolo 7 del DLGS 626/94, con il quale è per la prima volta stabilita la responsabilità solidale di committente appaltatore e subappaltatore per tutti i danni che il lavoratore abbia subito e non risulti indenizzato ad opera dell’INAIL.
Il riferimento è intuibilmente volto a coprire il c.d. danno differenziale, ma potrebbe riferirsi anche al danno morale.
Con la successiva legge 123/2007, l’intervento nell’ambito della sicurezza negli appalti si fa ancora più penetrante. Viene infatti introdotto il comma 3ter dell’art. 7 DLGS 626/94, che impone l’obbligo per il committente di allegare al contratto di appalto la valutazione dei rischi nell’ambito dell’attività di coordinamento e cooperazione per la sicurezza dei dipendenti da soggetti appaltatori e dei lavoratori autonomi. Tale documento non è necessario, laddove i rischi siano propri ed esclusivi dell’attività dell’appaltatore. La stessa legge 127/2007 intervenendo sempre in tema di appalto, ma non nell’ambito dell’articolo 7 DLGS 626/94, impone infine al personale delle imprese appaltatrici di munirsi di apposita tessera di riconoscimento.
La nuova disciplina si applica a tutti i contratti stipulati dal 25 agosto 2007 e, in assenza di una norma transitoria, appare opportuno che anche gli appalti stipulati prima del 25.08.2007 vadano regolarizzati con il documento unico di valutazione.
Matteo Belli www.webalice.it/mattebelli
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