Il prevedere e controllare il nostro ambiente sociale richiede la possibilità di distinguere tra ciò che è stabile e ciò che non lo è, in altre parole devono essere possibili delle attribuzioni causali al comportamento osservato, per fare questo si procede ad inferenze particolari, delle attribuzioni, che consistono nell’utilizzo di una informazione per la creazione di un supplemento della stessa informazione, legata alla prima da una causalità di tipo induttivo ( Leynes ).
Il singolo diventa da elemento passivo che subisce l’informazione, elemento reattivo che inferisce, organizzando e riorganizzando ( Moscovic ), l’individuo analizza e struttura le informazioni provenienti dall’ambiente esterno per elaborare la sua risposta ( Georges e Richard ).
Secondo Heider, padre della psicologia sociale moderna, l’attribuzione rientra nella ricerca dell’equilibrio, rispondendo al bisogno dell’individuo di organizzare il proprio ambiente in modo da renderlo prevedibile e quindi gestibile sia da un punto di vista operativo che psicologico ( riduzione dell’ansia).
Le emozioni sono uno stato centrale dell’organismo ed hanno un carattere adattivo in termini di evoluzione, sebbene ogni emozione ha avuto origine da una pressione selettiva diversa esse si verificano simultaneamente e rinviano ad esperienze ricorrenti basate su contesti simili. Gli stimoli derivanti dal mondo esterno che raggiungono il nostro cervello, rispetto a quelli iniziali, sono limitati,ma vengono interpretati dal cervello, che ricostruisce l’immagine o l’evento si che la realtà oggettiva è ricostruita e tale diventa per il singolo, anche la memoria viene ricostruita da pochi stimoli e le tecnologie moderne non fanno che spingere il cervello a interpretare la realtà in modi diversi.
La percezione che il singolo ha dell’azione o delle caratteristiche di un’altra persona e che danno luogo all’attribuzione derivano dagli effetti specifici delle diverse azioni possibili, mentre gli elementi comuni vengono eliminati ( Jones e Devis).
Vi è da parte dell’osservatore una sensibilità particolare per quegli effetti considerati come desiderabili, dato che la desiderabilità sociale di una azione è circostanza che rende l’accadimento di tale azione molto più probabile ( Beauvis), vi è pertanto una sovrastima del determinismo personale dominante nei nostri meccanismi cognitivi.
Kelley ritiene che i soggetti si comportino come degli statistici, ossia mediante un’elaborazione oggettiva dell’informazione eliminando, pertanto, tutte le differenze particolari, al fine di conseguire una realtà oggettiva quale causata da elementi particolarmente stabili dell’ambiente.
Questo interessamento restrittivo alle relazioni interindividuali viene criticato da Thihauld e Riecken che nel sottolineare l’importanza del contesto sociale osservano che quello che dipende dall’attribuzione esterna nel caso di status-basso, viene ribaltato nell’attribuzione interna in caso di status – elevato.
Le sanzioni positive o negative di cui sono fatti oggetto, comporta la distinzione tra coloro che si ritengono responsabili di quello che loro capita ( Controllo interno ) e coloro che sono in qualche modo segnati dal destino ( Controllo esterno ) – Rotter.
Se il valore di una persona si ottiene razionalmente dalle sue condotte e dai suoi atteggiamenti, nei fatti la struttura della personalità di un individuo si trova specchiata nella sfera cognitiva di colui che giudica e non nel soggetto di cui si osserva la condotta, questo comporta una diversa valutazione dei diritti altrui in rapporto ai nostri, emerge chiaramente l’insufficienza della semplice conoscenza dei diritti individuali posseduti e riconosciuti.
Sebbene attualmente vi sia un declino della nozione di coscienza per diffidenza verso certezze che si pretendono infallibili e comunicabili, vi è una coscienza dei diritti posseduti, un rapporto di trascendenza ( Kant ) tra il sé e l’esterno.
La coscienza diventa principio creativo della realtà rivelando al contempo tale realtà all’essere ( Bergson), ma è anche una percezione differente delle esperienze vissute e quindi dei diritti riconosciuti secondo la differenza nella fenomenologia di Husserl tra percezione trascendente e immanente, questo nonostante la progettazione del mondo come possibili atteggiamenti e possibili azioni dell’uomo, quale trascendenza ( Heidegger ) del rapporto dell’uomo con il mondo.
La coscienza diventa semplice consapevolezza transitiva nel mondo, attraverso un sistema di significati costituenti e derivanti dalla formazione sociale. La condivisione ultima della coscienza è il dubbio quale senso di una situazione indeterminata di cui necessita la determinazione ( Dewey ).
I diritti quali eventi sono del momento e nel momento, quale possibili e probabili progetti nel mondo; del passato vengono colti solo alcuni eventi, momenti isolati necessari come materiali per la trascendenza del rapporto con il mondo, ognuno con una percezione differente delle esperienze.
I diritti come le norme che li riconoscono sono pertanto conseguenze di eventi, ma le norme che li codificano sono sonde, particelle elementari, dalla cui azione emergono nuovi eventi e quindi diritti, si che attorno a ciascun diritto si strutturano altri diritti e più un diritto viene usato più si consolida ma al contempo si modifica, in termini di una continua fluttuazione. Da pochi diritti iniziali si generano altri diritti, in un fascio di aiuto reciproco, per cui occorre un minore impiego di risorse economiche nel loro mantenimento unitario piuttosto che tutelarli frazionati.
“Quando un cinese e un americano osservano un quadro, vedono la stessa cosa? E quando i loro bambini imparano a parlare, leggere e scrivere vivono esperienze simili? I teorici di logica formale direbbero di sì, ma lo psicologo americano E. Nisbett non è dello stesso avviso. Basta la semplice comparazione di abitudini, sistemi educativi, approcci all’esistenza . . .un abisso separa i figli di Aristotele dai discendenti di Confucio; il modo di pensare dei primi, individualista, analitico e “lineare”, si scontra con quello “circolare” e olistico dei secondi” ( Managerzen, Richard E. Nisbett – Il Tao e Aristotele ), la bellezza dell’armonia di ogni sistema di pensiero è nell’occhio di colui che osserva.
Se questo vale per i grandi sistemi culturali altrettanto varrà per i sistemi minori che li compongono, fino a giungere alla singola dimensione umana, come è stato osservato liberarsi di alcune idee una volta messe in circolazione è come rimettere al suo posto il dentifricio dopo che è stato fatto uscire ( Krauss ).
Bibliografia
· A. Vulpiano, Determinismo e caos, La Nuova Italia Scientifica, 1994;
· R. Serra – G. Canarini, Sistemi complessi e processi cognitivi,Calderoni, 1994;
· H. Matura & F. Varala, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Marsilio ed., 1985;
· L. Galliano, L’incerta alleanza. Modelli e relazioni tra scienze umane e scienze naturali, Einaudi, 1992;
· L. M. Krauss, Dietro lo specchio, Codice Edizione, 2005.
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