Il 1° comma dell’art. 4 del Decreto Legislativo n° 99 del 2004 prevede che “la disciplina amministrativa di cui all’art. 4 del Decreto Legislativo n° 228 del 2001 si applica anche agli enti ed alle associazioni che intendono vendere direttamente prodotti agricoli”. Ciò significa che qualsiasi ente non commerciale (associazione riconosciuta o non riconosciuta, comitato, fondazione) che svolga una attività agricola1 in modo non esclusivo o principale ai sensi della lettera c) del 1° comma dell’art. 73 TUIR ed a scopo di autofinanziamento può, per la vendita dei suoi prodotti agricoli, giovarsi della disciplina amministrativa semplificata prevista per le imprese agricole, singole o associate2, dall’art. 4 del Dlgs 228/2001.
I commi dal 1° al 5° dell’art. 4 di questo Decreto prevedono che l’attività di vendita diretta di prodotti agricoli da parte di enti non commerciali che li producono può essere iniziata a partire dalla data di invio di una comunicazione di inizio attività indirizzata al Sindaco del Comune dove si intende esercitare la vendita su aree pubbliche3 od in locali aperti al pubblico od a quello del Comune dove è ubicato il fondo, se si vuole praticare questa attività per mezzo del commercio elettronico od in forma itinerante (commercio ambulante). In particolare, segnaliamo che l’attività di vendita diretta ambulante può essere esercitata in tutto il territorio nazionale con l’invio di una sola comunicazione di inizio attività (come è stato anche ribadito anche dall’ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) e che in essa occorre sempre specificare i prodotti che si intende vendere. Nei casi dell’attività di vendita effettuata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola o di altre aree private di cui l’ente non commerciale abbia la disponibilità e per quella esercitata in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali non è richiesta nemmeno la comunicazione di inizio attività.
Nell’ambito dell’attività di vendita diretta dei prodotti agricoli è consentito il consumo immediato dei prodotti oggetto di vendita, utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell’ente non commerciale che esercita anche attività agricola, con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione di alimenti e bevande e con l’osservanza delle prescrizioni di carattere igienico – sanitario di cui parliamo nel capoverso successivo. In altre parole, è consentita la degustazione a buffet, ma non il servizio di somministrazione di cibi ai tavoli [comma 8°-bis dell’art. 4 citato, introdotto dall’art. 30-bis del Decreto-Legge n° 69 del 2013 (il c.d. “Decreto del fare”), convertito in Legge n° 98 del 2013]. Si tenga presente che, data la definizione di attività agricola riportata in parentesi nel primo capoverso di questo paragrafo, i prodotti agricoli possono essere non solo consumati crudi, ma anche manipolati o trasformati (cioè cucinati, preparati in conserve, vinificati, ecc.).
Devono poi essere sempre rispettate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità (comma 1°). In particolare, ricordiamo che la lettera c) del comma 2° ed il comma 3° dell’art. 1 del Regolamento CE n° 852 del 2004 prevedono che la vendita diretta dei prodotti agricoli non sia soggetta al sistema di autocontrollo igienico dei prodotti alimentari HACCP, ma gli stati nazionali debbono stabilire norme che garantiscano l’igiene anche dei prodotti agricoli venduti direttamente dai produttori. E’ ovvio, infine, che questa attività può essere esercitata dall’ente per mezzo dei suoi associati, siano essi qualificabili come volontari ai sensi della Legge n° 266 del 1991 oppure no, sia dai suoi collaboratori o dipendenti.
Inoltre, l’attività di vendita diretta dei prodotti agricoli non comporta il cambio di destinazione d’uso (di solito, da fabbricato rurale in immobile commerciale) dei locali dove si svolge tale vendita ed essa può essere esercitata in tutto il territorio comunale a prescindere dalla destinazione urbanistica della zona in cui sono ubicati i locali a ciò destinati (quindi, per esempio, anche in una civile abitazione nella disponibilità dell’ente non commerciale produttore ubicata in una zona classificata dal Piano Urbanistico Generale del Comune di ubicazione come non agricola) (comma 8°-ter dell’art. 4 del Dlgs 228/2001 introdotto dall’art. 30-bis del DL 69/2013).
I prodotti agricoli così commercializzati devono provenire “in misura prevalente”, quindi per oltre il cinquanta per cento della quantità venduta, dall’azienda agricola gestita dall’ente non commerciale. Ad essi, per la quantità rimanente, si possono quindi affiancare prodotti agricoli freschi o trasformati acquistati da terzi fino, riteniamo4, al limite di valore di 160.000 Euro annui fissato dal 8° comma dell’art. 4 citato che prevede che oltre questa soglia si applichi la disciplina del commercio al dettaglio contenuta nel Decreto Legislativo n° 114 del 1998 e nelle Leggi Regionali sul commercio. E’ vero che tale limite più basso è previsto dalla norma citata per le imprese agricole individuali ma riteniamo eccessivo ritenere che sia applicabile agli enti non commerciali quello molto più alto di quattro milioni di Euro annui previsto dalla stessa norma per le società agricole5.
1 Cioè, ai sensi dell’art. 2135 c.c., di coltivazione del fondo, di selvicoltura, di allevamento di animali e di manipolazione, conservazione e trasformazione dei prodotti così ottenuti.
2 Si possono quindi associare a tale scopo anche gli enti non commerciali, solo fra loro o con imprese agricole.
3 In questo caso occorre allegare alla comunicazione la richiesta di assegnazione del posteggio sull’area pubblica.
4 Dal momento che l’art. 4 del Dlgs 99/2004 dice che si deve applicare agli enti non commerciali tutto l’art. 4 del Dlgs 228/2001 e non solo alcune sue parti.
5 Di qualsiasi tipo esse siano: società di persone, di capitali o cooperative.
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