- Normativa vigente – lo stato dell’arte
- La prassi del saldo e stralcio
- La modifica introdotta dalla riforma Cartabia
- La vente privée – o vendita diretta del debitore
- Aspetti critici e conclusioni
Normativa vigente – lo stato dell’arte
Nell’attuale prassi dei Tribunali Italiani non è infrequente che, a esecuzione iniziata, il debitore si attivi per trovare una via d’uscita per evitare la vendita all’asta dell’immobile specie nei non rari casi in cui si tratti della vendita all’asta della sua abitazione, e individui egli stesso soggetti disponibili ad acquistare “fuori asta” l’immobile, nel tempo che precede l’esperimento di vendita o che intercorre tra un esperimento di vendita e l’altro.
Accade allora che, trovato l’acquirente, esecutato e creditore chiedano, quando ne hanno la necessità, una sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 624-bis C.P.C. e che durante il periodo di sospensione ottenuta predispongano gli atti necessari a perfezionare il trasferimento. A quel punto, formulata istanza di riassunzione, le parti, l’acquirente ed il notaio rogante si recano in Tribunale il giorno dell’udienza e qui: il debitore firma l’atto di compravendita, l’acquirente consegna il corrispettivo al notaio, i creditori rinunciano all’esecuzione a norma dell’art. 629 C.P.C., il giudice della esecuzione dichiara estinta la procedura e ordina la cancellazione del pignoramento, il notaio consegna la somma ai creditori secondo gli accordi preventivamente intervenuti (dando, ove necessario, il consenso alla cancellazione di eventuali ipoteche), l’acquirente sottoscrive l’atto, ed il cerchio si chiude. Questo meccanismo di accordo tra i vari soggetti interessati si svolge al di fuori della procedura, spesse volte anche senza richiedere una sospensione ma solo la fissazione di un’udienza per depositare gli atti di rinuncia, senza interruzioni del processo e dilatazione dei tempi dello stesso ma soprattutto presuppone dall’inizio l’accordo di tutti i creditori.
La prassi del saldo e stralcio
Con il saldo e stralcio il debitore ha la possibilità di trattare direttamente con il creditore e trovare un accordo che gli consenta di sanare integralmente la propria posizione debitoria. Così facendo, le pretese del creditore verranno in parte soddisfatte e in cambio questi si impegnerà a rinunciare a qualsiasi altra pretesa, presente e futura, nei confronti del debitore.
I vantaggi per il creditore sono noti: le incognite legate alle aste costituiscono un grande rischio anche per lui. Se le prime aste vanno deserte, aumentano le probabilità che la casa venga svenduta a un prezzo molto inferiore al suo valore. Di conseguenza, anche il creditore dovrà fare i conti con l’eventualità di non rivedere più buona parte dei suoi soldi. Anche se con il saldo e stralcio deve accontentarsi di ricevere solo una parte di quanto gli spetta, il creditore ha il grande vantaggio di ricevere i soldi subito, senza dover attendere che la casa (o in generale qualsiasi immobile), venga aggiudicata all’asta con tutti gli interrogativi del caso. Il vantaggio per il potenziale acquirente è che ha la possibilità di comprare l’immobile ad un prezzo inferiore e sicuramente più conveniente rispetto a quello di libero mercato. Il debitore può eliminare il proprio debito tramite l’esborso di una cifra minore, senza subire pesanti conseguenze a livello finanziario, ad esempio l’impossibilità di chiedere un finanziamento in futuro.
La modifica introdotta dalla riforma Cartabia
Sulla scorta di tutte queste valutazioni la Legge n. 206/2021 prevede l’introduzione nel nostro ordinamento di un istituto processuale completamente nuovo al quale vale la pena rivolgere un momento di riflessione ovvero: l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione al debitore esecutato di procedere direttamente alla vendita dell’immobile pignorato (quindi una vendita diretta normata) per un prezzo non inferiore al prezzo base indicato nella relazione di stima. Più precisamente, l’art. 1 comma 12 lett. n) reca testualmente: «prevedere:
1) che il debitore, con istanza depositata non oltre dieci giorni prima dell’udienza prevista dall’articolo 569, primo comma, del codice di procedura civile, può chiedere al giudice dell’esecuzione di essere autorizzato a procedere direttamente alla vendita dell’immobile pignorato per un prezzo non inferiore al prezzo base indicato nella relazione di stima, prevedendo che all’istanza del debitore deve essere sempre allegata l’offerta di acquisto irrevocabile per centoventi giorni e che, a garanzia della serietà dell’offerta, è prestata cauzione in misura non inferiore a un decimo del prezzo proposto;
2) che il giudice dell’esecuzione, con decreto, deve: verificata l’ammissibilità dell’istanza, disporre che l’esecutato rilasci l’immobile nella disponibilità del custode entro trenta giorni a pena di decadenza dall’istanza, salvo che il bene sia occupato con titolo opponibile alla procedura; disporre che entro quindici giorni è data pubblicità, ai sensi dell’articolo 490 del codice di procedura civile, dell’offerta pervenuta rendendo noto che entro sessanta giorni possono essere formulate ulteriori offerte di acquisto, garantite da cauzione in misura non inferiore a un decimo del prezzo proposto, il quale non può essere inferiore a quello dell’offerta già presentata a corredo dell’istanza dell’esecutato; convocare il debitore, i comproprietari, il creditore procedente, i creditori intervenuti, i creditori iscritti e gli offerenti a un’udienza da fissare entro novanta giorni per la deliberazione sull’offerta e, in caso di pluralità di offerte, per la gara tra gli offerenti;
3) che con il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione aggiudica l’immobile al miglior offerente devono essere stabilite le modalità di pagamento del prezzo, da versare entro novanta giorni, a pena di decadenza ai sensi dell’articolo 587 del codice di procedura civile;
4) che il giudice dell’esecuzione può delegare uno dei professionisti iscritti nell’elenco di cui all’articolo 179-ter delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, alla deliberazione sulle offerte e allo svolgimento della gara, alla riscossione del prezzo nonché alle operazioni di distribuzione del ricavato e che, una volta riscosso interamente il prezzo, ordina la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie ai sensi dell’articolo 586 del codice di procedura civile;
5) che, se nel termine assegnato il prezzo non è stato versato, il giudice provvede ai sensi degli articoli 587 e 569 del codice di procedura civile;
6) che l’istanza di cui al numero 1) può essere formulata per una sola volta a pena di inammissibilità».
La vente privée – o vendita diretta normata
Conformemente a quanto sembrerebbe emergere anche dalla Relazione illustrativa alla riforma il legislatore si è ispirato alla vendita privata presente in altri ordinamenti, così come accade, ad esempio, in Francia, con la “vente privée” e ha provveduto a disciplinare quella che era una prassi ormai consolidata. Il risultato conseguito, però, è in realtà ben distante da quanto previsto in altri Paesi.
Così come la dottrina ha già avuto modo di evidenziare, con la legge delega in esame il legislatore «non introduce un meccanismo di vendita privata sul modello di quello previsto dalla legislazione di altri Paesi quanto un ulteriore modello di vendita interno alla procedura, che si pone in alternativa con quelli già previsti, come ulteriore esito dell’udienza ex art. 569 c.p.c.» .
Secondo la medesima dottrina, «l’innovazione finisce per introdurre solo un procedimento che viene introdotto su istanza del debitore e garantisce, all’esito di una vendita pubblica, che l’immobile sia alienato a un prezzo non inferiore al valore di stima, superando quindi l’ipotesi di vendita a prezzo ridotto attualmente prevista dall’art. 572 c.p.c. Non vi è alcun profilo privatistico, se non quello preliminare della ricerca di un potenziale offerente».
Dunque il legislatore, pur ispirandosi alla vendita privata presente in altri Paesi, ha in realtà introdotto nel nostro ordinamento qualcosa di diverso.
Tuttavia si è anche osservato per contro che appare eccessivamente riduttivo ritenere che, nel caso di specie, «non vi è alcun profilo privatistico, se non quello preliminare della ricerca di un potenziale offerente».
Volendo dare un significato al fatto che il giudice dell’esecuzione possa dare una autorizzazione a vendere al debitore ovvero possa autorizzarlo «a procedere direttamente alla vendita dell’immobile pignorato», sembrerebbe corretto ritenere che la vendita, nel caso di specie, sia altresì caratterizzata dal fatto che, a differenza di quanto avviene tradizionalmente, non si estrinseca nell’emissione del decreto di trasferimento da parte del giudice, ma nel ricevimento di un atto di vendita da parte di un notaio.
Ed infatti ciò emerge anche dalla lettera della previsione di cui al n. 4 dell’art. 1 comma 12 lett. n) nella parte in cui dispone che «il giudice dell’esecuzione può delegare uno dei professionisti iscritti nell’elenco di cui all’articolo 179-ter delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368» esclusivamente al compimento delle seguenti attività: «deliberazione sulle offerte … svolgimento della gara … riscossione del prezzo … operazioni di distribuzione del ricavato».
La disposizione non reca, infatti, alcun riferimento alla vendita e, segnatamente, alla predisposizione del decreto di trasferimento da parte del professionista. Ciò si spiega proprio in quanto, nel caso di specie, trattandosi di “vendita diretta” del debitore “autorizzata” dal giudice, non vi sarà un decreto di trasferimento e non vi potrà conseguentemente essere, neanche una delega ad un professionista; vi sarà un atto di vendita che potrà essere ricevuto solo da un notaio, in quanto notaio e non in quando professionista delegato dal giudice.
In definitiva, il nuovo istituto introdotto dal legislatore con riferimento al processo di espropriazione forzata, secondo alcuni, sembrerebbe presentare talune affinità con la vendita competitiva di cui alle procedure concorsuali e, segnatamente, con l’ipotesi in cui detta vendita si estrinseca, per l’appunto, nel ricevimento di un atto pubblico di vendita da parte di un notaio.
Aspetti critici e conclusioni
In conclusione l’intervento dei decreti attuativi dovrà chiarire vari punti critici in primis la natura privatistica o forzata della vendita.
Qualificare una vendita come coattiva o meno incide, non solo sul riconoscimento del potere purgativo (che in tal caso è previsto) ovvero la cancellazione di tutti i gravami pendenti sul bene, ma anche su una serie di discipline speciali applicabili alla vendita negoziale e non (quanto meno dal punto di vista sanzionatorio) alla vendita forzata.
Il Consiglio Superiore della Magistratura ha sollevato poi alcuni rilievi critici dal punto di vista procedimentale. Secondo il parere del CSM l’istituto si presta ad essere utilizzato dal debitore a fini dilatori, prevede un accertamento da parte del GE dai confini indefiniti e, infine, non distingue tra categorie di creditori ai fini del consenso relativo all’istanza di vendita.
Quanto al primo punto: l’istanza può essere depositata dal debitore fino a dieci giorni prima dell’udienza di cui all’art. 569 c.p.c., nella quale normalmente viene disposta la vendita del compendio. Invece, secondo detto parere, «al fine di garantire che l’offerta sia reale, sarebbe opportuno prevederne la redazione in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata con elezione di domicilio ai fini delle comunicazioni di cancelleria e del contraddittorio previsto dall’articolo in esame, nonché chiarire che la cauzione resti definitivamente acquisita alla procedura nel caso di mancata stipula dell’atto di trasferimento nel termine stabilito dal giudice». Inoltre, con lo scopo di scongiurare le finalità dilatorie, sarebbe probabilmente opportuno valorizzare la serietà dell’offerta prevedendo una cauzione più elevata rispetto a quella di 1/10 prevista nel caso di vendita competitiva dall’art 571 c.p.c., stabilendo contestualmente che, in caso di inadempimento, trovino applicazione le sanzioni previste dall’art 587 c.p.c.
Quanto al potere del Giudice dell’Esecuzione si evidenzia la previsione in base alla quale il giudice, nel contraddittorio tra le parti, può assumere sommarie informazioni sulla “effettiva capacità di adempimento dell’offerente”. Tale previsione, secondo detto parere, «appare eccessivamente generica introducendo nel procedimento esecutivo un accertamento dai confini non definiti».
Va da ultimo evidenziato che l’istanza di vendita del debitore è condizionata al consenso dei creditori. La norma sembra far riferimento a tutte le categorie di creditori, mentre, sempre secondo detto parere, andrebbero effettuate talune distinzioni tra le diverse tipologie di ceto creditorio (creditori ipotecari, chirografari, ecc).
Si precisa poi che la regola del consenso subisce una deroga, nell’ipotesi normativa, nei casi in cui il giudice “ritenga probabile che la vendita con modalità competitive non consentirebbe di ricavare un importo maggiore”. Pare di comprendere che attraverso questa disposizione il giudice possa prescindere dal consenso unanime di tutti i creditori quante volte ritenga che la vendita celebrata secondo il procedimento tipico del codice di procedura civile non assicurerebbe maggiori ricavi, il che si traduce nel fatto che se il prezzo massimo prevedibile attraverso la vendita senza incanto fosse pari a quello ricavabile dalla vendita eseguita in proprio dal debitore, dovrebbe essere preferita quest’ultima.
La scelta sembra condivisibile nella misura in cui, ipotizzando un identico prezzo di realizzo, accorda preferenza alla opzione più veloce ed economica, ma oblitera che in questo modo si abdica alla stimolazione del mercato e si colloca l’offerente autonomamente individuato dal debitore in una posizione di vantaggio rispetto a tutti gli altri potenziali interessati. A questo fine, i due obiettivi potrebbero essere conciliati prevedendo che non sia necessario il consenso di tutti i creditori quando il prezzo offerto sia superiore di un delta (che potrebbe individuarsi nella misura del 5%) rispetto a quello di mercato, determinato sulla scorta delle modalità sopra richiamate.
Inoltre, al fine di sottrarre la disposizione che richiede il consenso dei creditori a possibili profili di legittimità costituzionale, occorrerebbe probabilmente espungere dal novero quei creditori che, tenuto conto della cause di prelazione, sarebbero comunque integralmente soddisfatti dal ricavato dalla vendita al prezzo indicato nell’offerta: non si vede infatti per quale ragione il titolare di un credito di importo pari a 100 garantito da ipoteca di primo grado dovrebbe essere legittimato ad opporsi ad una vendita al prezzo di 120.
Inopportuna e fonte di incertezze appare infine la previsione per cui nel caso di autorizzazione alla vendita in proprio nonostante il dissenso (espresso o tacito) di taluno dei creditori debba essere garantita “l’impugnabilità del relativo provvedimento autorizzatorio”. Questa precisazione, invero, oltre ad essere superflua, in quanto ricavabile dal tradizionale principio per cui tutti gli atti del giudice dell’esecuzione sono impugnabili con lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi, potrebbe far dubitare della impugnabilità del provvedimento con cui la predetta autorizzazione sia negata.
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FONTI
1) Le modifiche in tema di esecuzione forzata di cui alla legge di riforma (n. 206/2021) della giustizia civile. Note a prima lettura di Ernesto Fabiani e Luisa Piccolo in www.giustiziainsieme.it
2) Consiglio Superiore della Magistratura, Disegno di legge governativo di riforma del processo civile: parere sulle ricadute in materia di amministrazione della giustizia (delibera 15 settembre 2021).
3)Entra in vigore la legge di delega per la riforma del processo civile – InExecutivis 23.12.2021
4)Si può vendere una casa pignorata? La legge per tutti 6.10.2019
5) Saldo e stralcio immobiliare – www.mioppongo.it
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